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Solitario occhio di Urano,
pallida falce d'avorio che vegli sull'inerzia umana, sull'ebbrezza e sui postumi del vino,
di cui le coppe son sature e le vesti intrise,
coi tuoi raggi di mercurio
ubriachi chi la notte trascorre senza compagnia.
Perché allora, o Luna, se nulla ti sfugge
dalla vastità del manto stellato,
l'insonnia e l'amore non puoi consolar?
Non vedi dunque la soave amarezza dello struggimento, il languido tormento dei cuori innamorati
che intonano la loro passione
a te?
e spossati dal disio te ne affidano le cure,
sul tuo candido grembo di astro
le culli secondo la cadenza del vento che ronza.
Al sopraggiungere dell'alba, dalle rosee dita,
In punta di piedi lasci
al seguito d'una scia di lucciole,
l'etere infinito
e di nuovo
unico faro nell'oscurità assordante
dipanatrice di tenebre
ti nascondi dal Sole
che brucia ogni promessa notturna.
Ad ogni tramonto assurgi
raccogli incubi e speranze
per custodirli in gran segreto
laddove l'uomo perde il senno.
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