Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: SarcasticColdDade    12/04/2017    1 recensioni
Yuki Yoshimura è un medico, dedita alle sue routine e ad una vita tranquilla. Il suo unico scopo nella vita è sempre stato quello di aiutare gli altri, per non sentirsi mai un peso. Dentro di sé però sa di essere diversa dagli altri: non sa perché, come non sa se lo scoprirà mai. Almeno fino all'incontro con uno strano uomo.
O meglio, un demone.
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis, Un po' tutti
Note: Cross-over, Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Avevamo deciso di tenere per noi quello che avevamo scoperto durante la nostra visita all’orfanotrofio, anche se da allora non avevo smesso neanche per un momento di pensare a quella piccola verità.
Se anche i Norton avevano dalla loro un demone la situazione era decisamente peggiore di quello che avevamo pensato, e il nostro piano per affrontarli andava assolutamente rivisto. Sempre che ci fosse qualcosa da affrontare.
Nonostante quella recente scoperta, infatti, non potevamo fare molto se non erano loro i primi a muoversi in modo sospetto. Che avessero in mente, però, rimaneva ancora un mistero.
Quel non sapere mi metteva a disagio, e sapevo che la cosa mi stava tormentando perché ormai mi capitava persino di sognare i Norton, in particolar modo l’uomo che mi aveva aggredita al ballo. I sogni non erano mai ben definiti, tutto quello che riuscivo a vedere erano dei bambini, oltre a delle figure incappucciate.
Tutto quello scenario mi metteva i brividi, e ogni singola volta finivo per svegliarmi completamente madida di sudore.
Oltre ai Norton, tra l’altro, a darmi da pensare c’era stato anche il nuovo e inquietante -quanto utile- potere del mio ciondolo: nemmeno Sebastian aveva ancora ben capito cosa fosse successo in quella cantina, e io, dal canto mio, non ero arrivata a nessuna conclusione particolarmente brillante.
Possibile che in qualche modo l’altra fosse riuscita a parlarmi attraverso il ciondolo? E se sì, in che modo aveva fatto quello che aveva fatto?
Ormai non avevo più segni da lei da mesi, non dopo averla chiusa in quella gabbia di metallo, quindi che senso aveva che ora poteva manifestarsi così a suo piacimento?
E poi a che scopo aiutarmi?
Troppe domande per troppe poche risposte.
Due colpi alla porta mi fanno sobbalzare, mentre da sola sono ancora intenta a finire il mio pranzo nella sala omonima. In casa non c’è nessuno da quello che so, per questo rimango stupita per un momento nel vedere la testa di Abaddon fare capolino.
- Abaddon? - la apostrofo, facendo per alzarmi – Che ci fai qui? - le domando, afferrando allo stesso tempo il mio piatto per portarlo in cucina.
- Ciel aveva Sebastian, così mi ha ordinato di tornare qui – risponde – Dopo quello che è successo al ballo ha deciso che non lascerà mai più la Residenza senza qualcuno a sorvegliarla – aggiunge poco dopo, affiancandomi mentre faccio per uscire dalla stanza.
A quelle sue parole faccio immediatamente una smorfia: Ciel che improvvisamente preferisce Sebastian ad Abaddon?
- Come mai ha scelto Sebastian e non te? - le domando, anche se non mi aspetto questa grande risposta da parte sua.
- Magari si è accorto di essersi comportato da stronzo? - replica, stringendosi tranquillamente nelle spalle.
Okay, forse mi sbagliavo. - Dai dello stronzo al tuo padrone con così tanta tranquillità? - le domando allora, guardandola per un momento con quello che è un sguardo tra l’ammirazione e lo sconcerto.
- Beh, lo è, no? - mormora di tutta risposta, quasi come se fosse una domanda nei miei confronti.
- Solo a volte – rispondo solamente, quando finalmente raggiungiamo la cucina.
Dal momento che la servitù della Residenza si limita a Finny, Mey-Rin e Bard -non comprendendo i domestici occasionali che ogni tanto intravedo lungo i corridoi-, quando sono sola in casa tendo a fare tutto per conto mio, per questo non appena entro in cucina la prima cosa che faccio è avvicinarmi al lavandino, dove comincio a pulire il mio piatto.
- E dimmi, come mai tu sei rimasta a casa? Non hai paura in questa enorme Residenza? - mi domanda, poggiandosi sul bordo del tavolo dove solitamente si prepara la cena, con entrambe le braccia incrociate al petto.
- Non è poi così male – rispondo – E poi sono stata già aggredita anche qui dentro, ed ha fatto più male degli scagnozzi dei Norton – aggiungo in fretta, rammentando improvvisamente il mio incidente con Grell lo Shinigami.
- Deduco che con la difesa personale non te la cavi molto bene – mormoro allora, poco prima che io riponga la pezza bagnata nei suo cestino.
Asciugandomi le mani, mi volto a guardarla. - Non ne ho mai avuto bisogno prima – rispondo, dal momento che è la verità. Peccato che della vita tranquilla che vivevo solamente qualche mese prima ormai non rimaneva poi molto.
L’unico lato positivo era Sebastian.
- La vita che facevo prima di tutto questo era molto più tranquilla – aggiungo, appendendo il canavaccio al suo gancio.
- Sei un medico, giusto? - mi domanda allora, continuando a tenere le braccia incrociate al petto.
- Sì, e visto il lavoro che mi sono scelta la difesa personale non mi è mai servita – rispondo – Ma ora le cose sono cambiate, devo migliorare se voglio sopravvivere a tutte le stranezze che vivo quotidianamente – aggiungo, pronunciando ad alta voce quel pensiero che per la prima volta mi attraversava la mente.
Non potevo fare la damigella in pericolo per sempre, in fondo.
- Già, devo migliorare – ripeto allora, in preda ai pensieri. Di scatto, sollevo allora lo sguardo, puntandolo immediatamente nel suo – Insegnami – aggiungo, senza pensarci due volte.
- Come? - domanda lei, presa completamente alla sprovvista: la sua espressione confusa mi fa quasi ridere.
- Tu sei un asso nella difesa personale – le rammento, come se già non lo sapesse di suo – Quindi potresti insegnarmi, no? - aggiungo, scoprendo definitivamente le mie carte.
- Beh sì, potrei.. - mormora in un primo momento, staccandosi dal bordo del tavolo per tornare ad assumere una posizione dritta. Sembra dubbiosa al riguardo.
- Hai detto che volevi dimostrare a Sebastian che eri cambiata, no? - le rammento ancora, pronunciando quelle stesse parole che lei aveva detto a me – Questo potrebbe essere un ottimo modo per farlo – aggiungo, cercando in tutti i modi di convincerla.
Perché non ho mai pensato prima che avevo bisogno di aiuto per qualcosa di fondamentale come la difesa personale?
- Non credo che a mio fratello questa cosa andrebbe proprio a genio – dice su due piedi, inclinando leggermente il capo di lato.
- Se la farà andare a genio allora – è tutto quello che rispondo. Ormai erano mesi che continuava a cercare di farmi cambiare idea su qualunque argomento, i Norton tanto per cominciare, e aveva sempre fallito. In qualche modo ero sempre riuscita ad ottenere quello che volevo, nonostante il suo continuo brontolare su ogni cosa.
Questa volta non sarebbe stato diverso.
In quello stesso momento, guardo l’espressione di Abaddon cambiare, trasformando il dubbio in un ghigno quasi vittorioso. - Penso di capire perché a mio fratello piaci tanto – mormora, questa volta prendendo me alla sprovvista.
Aggrottando leggermente le sopracciglia, la guardo allora senza capire. - Che vuoi dire? - le domando, incuriosita da quelle sue parole.
- Gli tieni testa, non lasci che sia lui a decidere – risponde – Per un tipo calcolatore come lui lasciarti fare le cose di testa tua deve essere davvero un sacrificio enorme – spiega, continuando a guardarmi con l’aria di chi è pienamente fiero di qualcuno – Potrebbe addirittura essersi innamorato di te – conclude, mentre quel suo ultimo commento mi fa arrossire di colpo.
- Ma n-no, che dici! - esclamo subito, cominciando a gesticolare come se fossi posseduta, agitando le mani in aria.
Quella mia reazione, ovviamente, la fa scoppiare a ridere. - Sei davvero esilarante – commenta allora, asciugandosi subito dopo una lacrime dalla guancia – E ora andiamo forza, troviamoti un’arma – aggiunge, dirigendosi a grandi passi verso la porta della cucina.
- Arma? - ripeto, restando per un momento al mio posto senza capire. Mi sveglio dai mie pensieri solo quando sento i suoi passi allontanarsi nel corridoio – Hey aspetta! - esclamo poi, correndo verso l’uscita per raggiungerla.
 

***

Nel giro di mezz’ora avevano già provato gran parte dell’enorme arsenale di Abaddon: la quantità di armi che possedeva era impressionante, e nonostante ciò non ero stata in grado di usarne neanche una in maniera “naturale”, come diceva lei.

- La tua arma deve essere come un prolungamento della tua mano – mi spiega, riflettendo nel frattempo su cosa farmi provare da lì a poco – Devi usarla in modo naturale, come se facesse parte di te – aggiunge, passandomi questa volta quello che sembra un kunai decisamente pesante.
- Ecco, prova a lanciare questo – mi ordina.
Afferro il manico metallico tra le dita nel momento in cui me lo passa, stringendolo poi fortemente nel palmo della mano. - Dove dovrei lanciarlo? - le domando, guardandomi intorno nella sua camera.
- Oh, hai ragione – mormora, allontanandosi in quello stesso momento per raggiungere poi la parete di fronte a noi, segnando sul muro una grossa “x” rossa – Bene, lancialo qui, cercando di prendere la “x” - aggiunge, togliendosi poi dalla traiettoria di tiro per tornare al mio fianco.
- D’accordo – rispondo, mettendomi nella posizione che reputo più giusta.
“Ce la puoi fare, in fondo...non puoi mica essere negata per tutti i tipi di armi!” penso tra me e me, cercando di farmi coraggio da sola.
Piantando bene i piedi per terra, mi preparo a lanciare, tirando indietro il braccio più che posso: non appena lascio andare il kunai, per un momento penso davvero che colpirà il bersaglio, ma le mie speranze vanno sfumandosi quando lo guardo raggiungere i pavimento dopo aver toccato appena la parete. Il muro, ovviamente, non ha il benché minimo graffio.
- Eliminiamo anche i kunai – è il primo commento di Abaddon, improvvisamente demoralizzata.
- Perché elimini tutto così a priori? - le domando allora, guardandola allontanarsi per raggiungere il suo letto, dove ha poggiato la maggior parte del suo arsenale – Insomma, non c’è possibilità che io migliori? - le chiedo, confusa dal quel comportamento
- Per noi demoni è diverso – introduce allora, e già da allora capisco che sta per rivelarmi qualche altro piccolo segreto riguardante la nostra specie – Ognuno di noi ha un’arma che usa quasi sempre, un’arma alla quale è legato – continua, mentre il suo sguardo si posa per qualche secondo su quello che sembra un fucile decisamente pericoloso. In particolar modo tra le mie mani.
- Che intendi con legato? - le chiedo, stringendomi nelle spalle.
- Intendo che nel momento in cui afferri la tua arma, sai benissimo che sarà lei che userai per il resto dei tuoi giorni – risponde – Lei sarà il prolungamento della tua mano – aggiunge.
- Quindi.. - mormoro, abbassando poi lo sguardo sul fodero che ha appeso alla cintura – Il prolungamento della tua mano è la tua spada? - le chiedo, rivivendo nella mia testa il suo veloce combattimento con i tirapiedi dei Norton. La sua abilità, in effetti, mi aveva lasciato decisamente stupita.
Mentre attendo la sua risposta, questa volta sono io ad avvicinarmi al suo letto, posando lo sguardo sulle lame taglienti e sulle pistole cariche. Possibile che qui in mezzo non ci si davvero niente che faccia al caso mio?
- Esatto – risponde, quando ormai sono assorta nei miei pensieri – La mia spada – aggiunge, come se fosse sovrappensiero.
Decido di prendermi ancora qualche secondo per guardare singolarmente ogni oggetto posato sul letto, cercando di percepire un qualcosa da quelle armi di cui nella vita non avevo mai avuto bisogno. Per un momento mi sento stupida, ma so che le parole di Abaddon sono vere.
Semplicemente, forse per me che sono per metà umana questa cosa non funziona.
Sospirando, non mi accorgo minimamente dei movimenti di Abaddon alle mie spalle, non prima che sia lei a chiamarmi. - Hey, Yuki! - esclama allora, costringendomi a voltarmi.
Dal momento in cui mi volto, ho giusto un paio di secondi per adocchiare la spada che ha appena lanciato nella mia direzione. Continua a roteare nell’aria come se fosse senza peso, e per un momento il mio primo istinto è quello di allontanarmi per evitarla.
Ma non è questo quello che fa il mio corpo: prima che me ne renda conto, infatti, ho eseguito un perfetto balzo verso l’alto, afferrando l’elsa tra le mie dita come se fosse un giocattolo.
Quando tocco di nuovo terra, faccio roteare la lama sulla mia testa, finendo poi per assumere una perfetta posizione da combattimento, il tutto senza aver minimamente pensato a mezzo movimento.
Ho il fiato corto, e il peso della spada si fa sentire improvvisamente quando mi risveglio da quel piccolo trans. - C-cosa è.. - provo a mormorare, senza trovare le parole giuste.
La risposta di Abaddon si riassume in un gridolino di vittoria, con tanto di braccia alzate al cielo. - Lo sapevo che eri fatta della mia stessa pasta! - esclama allora, puntandomi il dito – La tua arma non poteva che essere una spada – aggiunge in un secondo momento, quando finalmente riesce a calmare i bollenti spiriti.
- Quindi è così che succede? - le domando – Il mio corpo si muove senza che io me ne renda conto? - le chiedo, ripensando a quello che è appena successo, cercando di metabolizzare il tutto. Ormai ho perso il conto delle stranezze che ho vissuto fino a questo momento.
- In pratica, sì – risponde – E anche in teoria, in realtà – aggiunge, raggiungendomi di nuovo, questa volta per togliermi la spada dalle mani – Questa però la riprendo io – conclude poco dopo, riponendola in quello stesso momento nel suo fodero in pelle.
- Quindi so maneggiare le spade – commento, ancora sovrappensiero.
- Già – risponde lei – E penso di avere quella adatta a te – aggiunge, spostandosi velocemente verso un armadio a due ante. Una volta aperto, al suo interno non vedo né vestiti né altro, bensì ulteriori armi.
E di che mi stupisco?
Allungo subito il collo per vedere meglio, ma non serve a molto visto che dopo poco mi mostra -col solito sguardo trionfante- una spada a prima vista decisamente pesante. L’elsa è d’argento, mentre la lama è più larga rispetto a quello che avevo immaginato, e rispetto comunque a tutte le spade che avevo visto in vita mia.
Mi domando per un momento se sarò in grado di maneggiarla.
- Provala – mi consiglia lei, prima che possa anche solo spiccicare parola. Anche questa volta me la tira letteralmente addosso, ma essendo già pronto a quella eventualità non ho problemi ad afferrarla al volo.
Le mie dita stringono l’elsa come se fosse fatta su misura per me e riesco a farla roteare in aria proprio come avevo fatto con quella di Abaddon, senza tagliarmi accidentalmente come avrei fatto solo qualche tempo prima.
- Come spada è molto ben bilanciata, sono sicura che ti ci troverai benissimo – commenta lei, guardandomi all’opera con entrambe le mani sui fianchi.
Provo un affondo giusto per vedere se ne sono in grado, mentre la lama finisce per infilare da parte a parte il legno del letto a baldacchino della camera.
- Ops.. - mormoro subito, guardando il danno con rammarico, ma anche con un pizzico di fierezza.
In vita mi avevo sempre evitato le armi perché non facevano assolutamente per me: l’ultima volta che ne avevo presa in mano una mi ero procurata una bruciatura sul palmo della mano, della quale portavo ancora la cicatrice. Questo succede quando a 16 anni vuoi dimostrare agli altri che non hai paura di sparare con una pistola di dubbia provenienza.
Ora invece sentivo una vera e propria connessione con quello che solo poco tempo prima avrei definito dell’inutile metallo. Sentivo di poterla usare come meglio credevo, e che e sarei sempre stata in grado.
Quella spada ora era la mia arma, e sapevo che mi avrebbe difeso.
- Non preoccuparti per il letto, non credo che a Ciel manchino i soldi – commenta lei, allungandomi poi un fodero completo di cintura, tutta interamente nera – Prendi anche questo, scoprirai col tempo che è la cosa più comoda del mondo – aggiunge poco dopo.
- Lo immagino – commento, sentendomi tuttavia improvvisamente strana.
Faccio una smorfia, mentre cerco di capire cosa c’è che non va, finché alla fine non mi sento come se dovessi dare di stomaco da un momento all’altro.
- Tutto bene? - mi domanda subito Abaddon, posandomi una mano sulla spalla.
Ora come ora, potrei anche perdere l’equilibrio e cadere a terra come un sacco di patate. - Non lo so, è una sensazione strana – mormoro, barcollando finché non riesco a sedermi sul letto.
- Di che tipo? - mi domanda, restando in piedi di fronte a me, guardandomi con curiosità.
- Sembra nausea, come se dovessi dare di stomaco – rispondo.
A quelle parole, lei fa subito un passo di fianco. - Di stomaco tipo...ora? - domanda, probabilmente calcolando quanto ci vorrebbe per farmi arrivare in bagno, se servisse.
- No, è passato – la rassicuro, posandomi ugualmente una mano sullo stomaco – Ma è stato davvero strano – aggiungo, scuotendo impercettibilmente il capo, cercando di mandare via quella sensazione.
- Ti era già capitato? - chiede, posandomi una mano sulla fronte per controllare la temperatura.
- No – rispondo subito – E’ la prima volta – aggiungo, cercando comunque di ricordare qualche precedente episodio. Fin da quando ero nata, avevo sempre avuto una salute di ferro: la mia influenza media durava massimo una settimana, e non avevo mai sofferto di qualcosa di più grave della febbre.
Eppure quel giramento di testa faceva supporre che qualcosa che non andava in fondo ci fosse.
- Credo che possa centrare con l’aver trovato la tua arma – mormora all’improvviso Abaddon, riflettendoci su allo stesso tempo – Si, se non ricordo male è una cosa che accade, e dal momento che tu sei solamente per metà un demone può darsi che per te sia più fastidioso – aggiunge.
- Lo credi? - le chiedo, visto che da questo punto di vista è decisamente lei l’esperta, insieme a suo fratello ovviamente.
L’unica possibilità che ho è crederle sulla parola.
- Lo credo – risponde poco dopo – Vedrai, non è niente di grave – aggiunge – Appena ti sentirai meglio faremo qualche allenamento, forse sei addirittura in grado di tenermi testa! - conclude, facendomi per un momento rimuginare su quell’eventualità.
Certo, tenere testa ad Abaddon non sembrava una cosa semplice, ma forse non era poi così complicato come mi era parso la prima volta che l’avevo vista combattere. - Vedremo, in fondo ho comunque bisogno di allentamento – commento.
Con quelle parole, mi congedo dalla sua camera, ancora pensierosa su quanto appena successo. Quella sensazione era durata sola un momento, eppure mi aveva scosso parecchio, soprattutto non conoscendone la causa.
Da quando avevo scoperto di essere in parte un demone, però, me ne erano successe di cose, e questa non era decisamente quella più strana; decido lì su due piedi di dar retta ad Abaddon, continuando a ripetermi che è stato tutto dovuto al possesso della mia nuova arma.
Ripetendomi quelle parole nella mente come un mantra, mi dirigo verso la mia camera, desiderosa di riposarmi anche solo per cinque minuti.


***

Abaddon.

 

Avevo tranquillizzato Yuki su quel suo improvviso giramento di testa, misto a quello che lei aveva descritto come un senso di nausea, dicendole che era tutta colpa dell’affinità con la sua nuova arma. Ma più pensavo a come era successo, e più mi convincevo che forse quello non era il solo motivo.
Per i demoni tutto è più amplificato: la rabbia, il dolore, persino l’amore, quindi magari quel fastidio improvviso non era poi così strano nemmeno per una persona particolare come lei.
- O questo, oppure.. - mormoro, riflettendo per un momento su quella che giudico un’altra ipotesi più che probabile – Oppure.. - ripeto, con due dita sotto il mento, pensierosa.
No, sono io che esagero come al solito, sicuramente è tutto apposto.
Nel caso non lo fosse stato, prima o poi ce ne saremmo accorti tutti.

  
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