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Autore: Altair13Sirio    14/04/2017    2 recensioni
Non è mai stato facile vivere la vita dell'eroe per Robin, così come per Cyborg, Stella, Corvina e BB. Nonostante tutto, i Teen Titans sono riusciti a superare quel senso di "strano" che li circondava ovunque andassero e hanno deciso di andare avanti; sono diventati una famiglia, le loro amicizie e i loro amori si sono intrecciati e dopo tanto tempo finalmente i cinque eroi hanno capito cosa dovevano fare.
Tutto questo può sembrare normale agli occhi di un adulto, capace di comprendere quali siano i doveri di un supereroe e le difficoltà che porta questo tipo di vita, ma agli occhi di una bambina? Una piccola bambina eccentrica e piena di vitalità, incapace di vedere il male nella gente, come può vivere una situazione simile e in che modo potrà mai crescere se non riesce a distinguere il bene dal male?
Luna è una bambina cresciuta sotto una campana di vetro e che è sempre stata a contatto con questo mondo, vivendolo in prima persona; il suo amore per la sua famiglia è eguagliato solo dal suo desiderio di vivere la vita liberamente, incontrando tante persone e amici nuovi. Ma sarà difficile attuare questo sogno, essendo lei la figlia di un supereroe.
Genere: Azione, Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Titans Legacy'
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L'alba di Jump City era meravigliosa vista dalla cima della torre. Quello era uno spettacolo che lei non si sarebbe persa per nulla al mondo.
Si sporse leggermente dalla ringhiera che suo padre aveva deciso di montare assieme a suo zio per la sua sicurezza e spalancò la bocca piena di meraviglia. Quella vista la lasciava sempre senza fiato, senza sapere nemmeno perché.
Tornò di corsa dentro e scese rapidamente le scale, indossando ancora quel pigiama di cotone che le piaceva tanto; sopportava il calore molto facilmente e quindi indossava quel pigiama anche nei periodi più caldi dell'anno. Ci stava comoda, e data la sua indole sfrenata era adatto a lei per quando si metteva a correre su e giù per la torre.
La bimba entrò nella stanza dei suoi genitori senza neanche aspettare che la porta si aprisse completamente; dopo la sua nascita avevano deciso di allargare il campo di azione delle fotocellule alle porte scorrevoli automatiche, dato che inizialmente la piccola sembrasse ignorare del tutto muri e porte, e visto che lei era sempre di corsa andavano aperte prontamente per evitare che lei vi sbattesse contro ogni volta.
Saltò sul lettone dei genitori e cominciò a gridare:<< Papà, papà! E' l'alba! Dobbiamo andare, presto! >>
Robin sbatté le palpebre con stanchezza e cercò di identificare il viso della figlia. << Non puoi aspettare un altro po'? Sono sicuro che non succederà niente questa mattina… >> E detto questo, cercò di girarsi dall'altra parte per ritrovare la quiete. In realtà sapeva che era tutto inutile e che il caratterino di Luna non gli avrebbe permesso di ritardare oltre la loro ronda quotidiana.
Le guance della bambina si gonfiarono quando lei sbuffò impazientemente e il loro colorito dorato per un attimo si arrossò. Afferrò con fermezza il cuscino che stava sotto la testa del padre e glielo sbatté sul lato della faccia scoperto, urlando:<< Svegliati papà, dobbiamo andare! >>
<< Ah… E va bene, sono sveglio! >> Protestò burbero Robin tirandosi su e massaggiandosi la tempia che Luna aveva colpito ripetutamente. << Dammi solo il tempo di vestirmi, e… >> Una risatina interruppe la voce dell'uomo mentre questi si sedeva sul bordo del letto e si passava le mani tra i capelli con aria esasperata.
Sia il padre che la figlia si girarono a guardare la donna riversa su un fianco nell'altro lato del letto e aspettarono qualche altro segno di vita. Stella Rubia si tirò su lentamente e mostrò la sua espressione gioviale mentre cercava di trattenere le risate; i lunghi capelli rosso fuoco arruffati le nascondevano parte del viso. << Siete sempre troppo divertenti, voi due! >> Detto questo tornò nella sua posizione di prima, girandosi dall'altro lato.
Robin ghignò e avvicinò il viso a un orecchio della moglie. << Potresti unirti a noi, o addirittura prendere il mio posto, per qualche volta. >> Suggerì con voce gelida, ma la risposta compiaciuta di Stella lo lasciò di sasso.
<< A me va bene restare in questo bel letto! >>
Le continue pressioni di Luna Bianca non diedero il tempo a Robin di trovare una risposta e in un attimo il supereroe si ritrovò in piedi e con i suoi abiti stropicciati lanciatigli addosso dalla figlia. La bambina gli disse con tono autoritario di vestirsi in fretta e di raggiungerla nel garage, da dove sarebbero partiti come tutte le mattine. Luna lasciò la stanza facendo ondeggiare i suoi lunghi capelli neri con aria di superiorità e si diresse con calma al piano terra.
Robin rimase qualche istante a fissare le spalle della bambina così piena di sé, poi quando uscì dalla stanza si sedette nuovamente sul materasso e si lasciò andare a un lungo sospiro. << Comincia una nuova giornata
… >> Mormorò  sorridendo, rivolgendosi alla moglie senza sapere veramente se lo avesse sentito oppure Stella fosse tornata nel mondo dei sogni. Anche se poteva sembrare insopportabile, era meraviglioso ricevere quella sveglia da parte di Luna tutte le mattine…
Quando Robin arrivò nel garage con indosso i suoi abiti e la maschera sugli occhi, si rese conto che Luna non si era lavata né vestita prima di scendere lì ad aspettarlo. La intravide in un angolo della sala, dietro all'automobile di Cyborg, mentre sembrava maneggiare animatamente con la marmitta dell'auto. La chiamò ad alta voce e Luna uscì allo scoperto ammiccando a suo padre.
<< Sono pronta, possiamo andare! >> Disse con vitalità mentre intanto si avvicinava al padre con piccoli salti. Aveva indosso una maglietta a maniche corte rossa e un paio di pantaloncini verdi sporchi, macchiati di olio. Robin la fermò all'istante quando vide come fosse abbigliata.
<< Dove credi di andare, conciata così? >> Le chiese indicandole i suoi vestiti sporchi.
<< Eh? >> Fece confusa mostrando di non vedere alcun problema nel proprio abbigliamento. << Che cosa non va? >>
<< E non ti sei neanche lavata i denti! >> Aggiunse inarcando un sopracciglio e assumendo un tono più di rimprovero.
Luna cercò di fuorviare la sua attenzione sulla sua igiene personale e agitò le braccia. << Ma… Dobbiamo essere uguali! >> Pronunciò le parole a fatica, non riuscendo a trovarne altre più chiare. Le piaceva la tuta di suo padre, per questo quando la mattina usciva di ronda assieme a lui voleva somigliargli il più possibile vestendo con gli stessi colori.
<< Niente storie, signorina! Se vuoi che ti porti in città, fila subito in camera e cambiati con qualcosa di pulito. Poi vai in bagno e datti una sciacquata! >> Fece dei rapidi gesti con la mano sinistra per indicare prima lei e poi alle proprie spalle, e dopo l'ultima frase la bambina non poté che arrendersi di fronte agli ordini del padre.
<< Uffa! >> Sbuffò lei piegando la schiena in avanti e rivolgendo lo sguardo dritto davanti a sé. << Un giorno riuscirò a illuderti! >> E detto questo lasciò il garage a passi pesanti per mostrare il proprio disappunto verso suo padre, che però si limitò a fissarla con sguardo duro per tutto il tempo che fu lì, ribattendo solo secco:<< Si dice "eluderti!" >>
Poi, quando Luna fu uscita, Robin si lasciò andare a un sorriso.
Era da parecchio tempo che si era inventato quella storia del potere che gli faceva capire chi si fosse lavato i denti e chi no, e la piccola Luna gli aveva sempre creduto. Il suo amore per lui, poi, era tanto grande da farle desiderare di diventare un tutt'uno con il padre, e così ogni giorno uscivano assieme, si allenavano assieme, e Luna addirittura cercava di imitare il più possibile il modo di vestire di Robin. Lui non poteva nascondere che questa ammirazione smisurata da parte della figlia lo rendesse felice, ma avrebbe preferito che Luna Bianca non prendesse la strada che i Titans avevano dovuto percorrere; era una strada piena di pericoli e incertezze, e una bambina come Luna non sarebbe sopravvissuta… Per questo a volte cercava di dare un contegno al suo entusiasmo e le nascondeva gli affari e i segreti delle loro pericolose vite.
Luna tornò di corsa dopo pochi minuti con indosso gli stessi vestiti di prima, ma rivoltati al contrario per nascondere le macchie di sporco per le quali Robin l'aveva ammonita al suo arrivo nel garage. L'uomo sospirò e alzò gli occhi al cielo, decidendo che avrebbe fatto finta di niente per quella volta. Luna era una testa calda, alla fine riusciva sempre a fare come voleva lei. Quando si mette in testa qualcosa…
<< Okay, fammi vedere i denti. >> Le disse piegandosi un po' in avanti e aspettando che la figlia aprisse la bocca.
<< Sì, sì… >> Frettolosamente, Luna spalancò la bocca mostrando i denti appena lavati. << Possiamo andare ora? >> Chiese richiudendo le fauci un attimo dopo e cominciando a saltellare sul posto, desiderosa di partire prima che si facesse giorno. Il modo in cui la bambina fremeva per cominciare la loro ronda mattutina fece sciogliere Robin in un molle sorriso e il padre si diresse alla propria moto sulla quale erano posti due caschi; il primo era il suo casco rosso integrale con la "R" sulla fronte, mentre l'altro era un piccolo casco jet rosa con una stella in fronte.
Robin prese il proprio casco e lo indossò con dei rapidi e semplici movimenti, mentre invece aspettò che Luna fosse subito dietro di lui per poterle allacciare il suo piccolo casco. La bambina ricevette il casco in testa e per un attimo non riuscì a vedere niente; dopo essersi sistemata la visiera in modo da poter vedere di fronte a sé, Luna sentì uno scatto e il laccio le passò sotto al mento per tenere il casco ben saldo. Mostrò un sorriso puro e innocente al padre, che rispose con una espressione simile e salì sulla sua cavalcatura. << Salta su! >> Le disse spostandosi indietro sul sedile e tendendole la mano sinistra per aiutarla a salire.
Luna mostrò tutta la sua eccitazione saltellando un paio di volte prima di arrampicarsi sul fianco della moto per posizionarsi di fronte a suo padre, con la testa che raggiungeva l'altezza del cruscotto. Robin avanzò un poco sul sedile per proteggere al meglio la figlia e si piegò in avanti per sorriderle; la piccola gli mandò in risposta un grande sorriso emozionato.
Il pavimento al di sotto della moto cominciò a muoversi verticalmente e i due attesero alcuni secondi prima di muoversi dalla loro postazione: quando la moto fu nel seminterrato, poterono partire. Robin diede un paio di strattoni alla manopola del gas e sentendo il rombo del motore Luna lanciò un gridolino di piacere alzando la testa; lei amava quel suono come la sensazione di adrenalina che le trasmetteva correre a tutta velocità con suo padre. Un attimo dopo la moto partiva sgommando pesantemente con la ruota posteriore e inoltrandosi nel lungo tunnel sottomarino che collegava la torre dei Titans con il centro della città.
Luna Bianca girava lo sguardo meravigliata mentre il motociclo sfrecciava nel tunnel di vetro costruito dai Titans per raggiungere in pochi minuti la città al di là del mare. Guardava i pesci che aveva imparato a riconoscere con un solo sguardo e rimase incantata dal riverbero della luce del sole, che perforando l'acqua sopra le loro teste finiva per illuminare il tunnel. Sentendo un'inspiegabile nostalgia, la bambina tirò indietro la testa e poggiò la nuca al petto del padre con amorevole delicatezza; chiuse gli occhi e lasciò che il grido del motore accompagnasse quel breve viaggio che lei e Robin intraprendevano ogni mattina.
Era diventata una routine per loro, uscire all'alba per controllare che in città andasse tutto bene, e nonostante si trattasse di una piccola parte della loro giornata Luna adorava rimanere sola con suo padre in quei pochi minuti di tempo che dividevano la partenza dal ritorno alla torre; era uno dei pochi momenti della giornata in cui lei si sentiva veramente vicina a lui.
Per le strade di Jump City Luna sentiva il vento venirle incontro, i capelli svolazzarle dietro la schiena, l'inerzia del suo corpo spingerla indietro ogni volta che Robin accelerava in rettilineo; la divertiva vedere la vita di quelle persone partire tra quelle strade, in mezzo a quei palazzi alti e bassi e luminosi come specchi, dove una miriade di persone si incontrava, si mescolava e dava vita a un flusso infinito di vita alla quale Luna non partecipava spesso: chi si recava a lavoro, chi faceva sport di prima mattina, mentre le luci della città si spegnevano per lasciare spazio a quella del sole e il mondo intero si svegliava da quella notte che la bimba aveva salutato all'alba dalla cima della sua torre. Luna guardava quel mondo attorno a sé mentre suo padre la portava in giro per la città, vedeva la gente che si voltava meravigliata a salutare uno dei loro beniamini, e allora pensava che dovesse essere veramente bello, essere un Titan…
<< Papà, ci fermiamo a fare colazione? >> Chiese Luna alzando la testa verso il padre.
Robin si guardò intorno e cominciò a rallentare. << Si può fare… >> Disse lui portando la moto in una corsia meno veloce della strada. C'era poca gente per strada, ma Robin aveva già adocchiato un chiosco aperto; ciò significava che l'idea di Luna era fattibile.
Accostò la moto al marciapiedi e alzò il cavalletto per farla rimanere in piedi; Luna saltò giù senza aspettare il segnale del padre e scendendo dalla moto finì fuori dal parcheggio, al bordo della carreggiata. Robin alzò lo sguardo e vide un'automobile avvicinarsi a gran velocità:<< Luna, attenta! >> Urlò lanciandosi dalla moto per afferrare sua figlia e impedire così che venisse investita. La afferrò da una mano e la bimba venne tirata di nuovo dentro al parcheggio, ma Robin non poté arrestare la propria spinta; facendo una capriola e mettendo forza nelle braccia per spingersi, si lanciò in aria piroettando e atterrando dall'altro lato della strada.
Luna era spaventata; dopo essere stata spinta indietro aveva perso l'equilibrio ed era caduta a terra, ma ancora non aveva capito cosa fosse successo: non aveva neanche visto l'automobile passarle a fianco di pochi centimetri e temeva di aver fatto qualcosa di sbagliato. I suoi occhioni impauriti fissarono il padre per tutto il tempo, finché non tornò da lei e la aiutò a rialzarsi da terra; a quel punto la bambina scoprì di non riuscire a trattenere il tremore delle proprie gambe. << Quando sei per strada devi sempre fare attenzione ai dintorni. >> Le spiegò lui senza assumere un tono di rimprovero; Luna già era abbastanza spaventata, non serviva intimorirla ancora di più. << E' pericoloso muoversi in città, avresti potuto farti male… >>
La piccola Luna si morse un labbro per cercare di trattenere i lacrimoni che le si formarono agli angoli degli occhi e strinse forte il petto del padre. << Scusami! >> Gridò cercando di non far vedere che stava piangendo.
<< Non c'è niente di cui scusarti… >> Cercò di farle capire Robin. Aspettò che sua figlia si calmasse e concluse dicendole che avrebbe dovuto fare attenzione da quel momento in poi. << E ora che ne dici se andiamo a prenderci un po' di frittelle? >> Chiese con tono emozionato per far tornare il buonumore a Luna.
<< Sì! >> Gridò eccitata la bambina dopo che il padre la ebbe rimessa a terra. Come volevasi dimostrare, Luna Bianca era così sbadata che aveva già smesso di pensare all'accaduto di qualche secondo prima; bastava pochissimo per farle cambiare umore in un attimo e questa cosa si poteva vedere anche nei suoi movimenti: subito dopo aver rischiato di essere investita Luna aveva cominciato a tremare come una foglia, in attesa che Robin la tirasse su e la facesse calmare; dopo le parole del padre, però, la bambina si era trasformata di nuovo in quella peste piena di vitalità che si svegliava ogni giorno prima dell'alba per assistere al sorgere del sole e andava a tirare le coperte dei genitori per farli alzare dal letto, e si era messa a saltellare allegramente tenendo la mano del papà lungo il marciapiedi.
Ordinarono una trentina di frittelle, dieci per Robin e le restanti venti per Luna. Non si poteva certo dire che la piccola non avesse un buon appetito… Ne prendeva dalla madre anche in quello: tra i Titans, lei era l'unica a mangiare con gusto le ricette Tamaraniane di Stella Rubia, e qualunque cosa le mettessero nel piatto i suoi genitori la avrebbe mangiata in pochi minuti. Robin e Stella non avevano dovuto passare attraverso lotte interminabili per farla mangiare, come invece avevano pensato che sarebbe andata dopo la sua nascita.
Robin pensava che Luna si sarebbe saziata con la sua porzione di frittelle, ma quando lui era ancora a metà della sua pila la bambina aveva già finito di mangiare le sue e fissava il padre con occhi persi nel vuoto, fissi sul suo piatto di frittelle calde e con un rivolo di saliva che le colava da un angolo della bocca. Mosso dalla compassione nel vedere la figlia così affamata, Robin decise di lasciarle il resto della sua colazione e spinse il proprio piatto nella sua direzione; vide tornare il luccichio negli occhi di Luna quando la bimba capì che quelle ultime frittelle erano per lei e rimase a guardarla sorridendo, mentre divorava con aria totalmente innocente e spensierata ciò che rimaneva della colazione di Robin, somigliando nei movimenti e nel portamento a un cucciolo di leone che divorava goffamente la preda passatagli dal genitore.
   
 
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