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Autore: Echocide    14/04/2017    5 recensioni
[Sequel di Miraculous Heroes e Miraculous Heroes 2]
La minaccia di Maus è stata sventata, ma non c'è pace per i nostri eroi: il mistero dell'uccisione degli uomini del loro nemico non è stato risolto e un nuovo nemico trama nell'ombra...
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Quantum Universe'
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Titolo: Miraculous Heroes 3
Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero, romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what if...?, original character
Wordcount: 3.221 (Fidipù)
Note: Devo ammtterlo: questo capitolo non era stato contemplato mentre pianificavo la storia, ma quando ho scritto quello precedente e ho lasciato quei poveracci allo strip-club...beh, sentivo che c'era il bisogno di tranquillizzarli, e quindi mi sono messa a fare questo, dando la possibilità a ogni coppia e, giusto per non restare ferma, mettere anche un elemento che sarebbe dovuto sortire fuori fra un po': in quanti si ricordano Miraculous Heroes? E soprattutto, in quanti si ricordano di una certa visione del nostro pavoncello mai avverata? Sì, tanto per cambiare non avevo messo un elemento a casaccio ma aveva un suo perché...
Io devo veramente smetterla di fare storie così contorte, seriamente, ne va della mia sanità mentale.
Prima di passare ai consueti ringraziamenti, vorrei rimandarvi al mio profilo dove troverete il calendario di aprile degli aggiornamenti: ho pensato di farlo, visto che in tanti mi chiedete 'ma quando aggiorni XXX?', per questo ho pensato di farlo e di aggiornarlo mese per mese.
Detto questo, come sempre vi ringrazio per i vostri commenti alle mie storie, per il fatto che le leggete e le inserite in una delle vostre liste.
So che è poco, ma non posso fare a meno di ringraziarvi tantissimo!



Marinette sospirò, mentre entrava nella cucina, sorridendo alla vista della madre che, seduta sopra uno sgabello, stava annusando il contenuto della tazza che teneva tra le mani: «Cos’è?» domandò la ragazza, fermandosi e allungando il collo per vedere cosa la donna stava bevendo.
«Long Jing. Me lo ha spedito lo zio dalla Cina» spiegò Sabine, sorridendo: «C’è un biglietto anche per te. E’ in cinese.»
«Lo farò tradurre ad Adrien.»
«Dice che è felice per te e che è contento che tu sposi Adrien.» dichiarò la madre, bevendo un piccolo sorso: «A quanto pare allo zio è piaciuto fin da subito» continuò, posando la tazza e allungandole il biglietto sul tavolino: «Dentro c’è anche il regalo dei tuoi nonni e dello zio. In Cina sono soliti donare denaro, sai?»
La ragazza annuì, prendendo la busta rossa e osservando la mazzetta di banconote al suo interno: «Mamma, ma…»
«Beh, non avevano euro, ovviamente. Basterà andare in una banca e scambiarli, tesoro.» dichiarò la donna, sorridendo alla vista delle banconote cinesi: «E’ una vita che non le vedevo» mormorò, prendendone una e sorridendo al volto stampato di Mao Tse-tung: «Sarebbe bello se tuo padre si prendesse un po’ di ferie e andassimo a trovare i miei.»
Marinette sorrise, sistemandosi davanti alla madre: «Sai com’è papà, no?»
«Sì, e lo amo anche per questo.» dichiarò Sabine, rimettendo la banconota a posto: «Com’è andata la serata? Quando le ragazze sono venute a prenderti non c’ero e…»
«Abbiamo festeggiato in perfetto stile di Parigi.»
«Oh, quindi vi siete…»
«Troppo freddo, mamma.»
«Almeno ti hanno fatto fare le prove?»
«Quelle sì: ho miagolato, ho detto a dieci persone che amo Adrien, ho urlato che i Bourgeois sono la rovina di Parigi…» mormorò Marinette, sorridendo: «Poi ho posato con un boa di struzzo, ho cercato un ristorante, ho flirtato con un ragazzo e sono entrata in uno strip-club.»
«L’ultima è la prova di Lila, vero?»
«No, quella di Lila era il flirtare con un ragazzo.» dichiarò Marinette, ridacchiando: «Lo strip club me l’ha proposto Xiang.»
«Xiang?»
«E’ la quasi-ragazza di Alex.»
«E’ cinese?»
«S-sì.»
«Quel ragazzo deve avere una qualche passione per la Cina.» sentenziò Sabine, ridendo: «Qualche tempo fa mi aveva chiesto se conoscevo qualche ragazza originaria del mio paese…beh, sono felice che alla fine abbia trovato qualcuno che gli piace.»
«E’ solo Xiang che deve ancora accorgersene. Credo.»
«Prevedo tempi duri per il povero Alex, allora.» dichiarò Sabine, alzando la tazza e sorridendo malinconica: «Mi mancherà averti per casa, tesoro. Ma sono felice per te: Adrien è sempre stato importante per te e, per una madre, non c’è niente di più bello che vedere la propria figlia realizzare il proprio sogno d’amore.»
«Mamma…»
«Poi Adrien ti adora e ti venera. Si vede lontano un miglio. Non posso essere più felice: hai trovato un ragazzo fantastico che ti ama esattamente come tu ami lui.»
Marinette sorrise, chinando il capo e rimanendo in silenzio per una buona manciata di minuti, mentre la madre continuava a sorseggiare il proprio the: «Vado a dormire» sentenziò dopo un po’, alzandosi e avvicinandosi alla madre, baciandole le guance: «Domani dovrei andare a sentire una professoressa e poi…»
«Poi devi riposarti o arriverai al matrimonio con due occhiaie degne di un panda!»
«Sì, certo.»
«Ah, dev’essere caduto qualcosa.» mormorò Sabine, alzando la testa verso l’alto: «Prima ho sentito un tonfo.»
«Sarà caduta una delle scatole che sono rimaste…» risposte Marinette, alzando le spalle: «Wei ha detto che domani è libero e ci darà una mano a portare le ultime cose. Sarà brutto dormire domani e dopodomani: la stanza vuota, le mie cose sparite…»
«Pensa a dove sarai fra due giorni, tesoro.»
La ragazza sorrise, baciando nuovamente la madre e dandole la buonanotte, salendo poi le scale e, una volta giunta in camera, si accucciò e chiuse la botola dietro di sé; si morse il labbro inferiore, cercando di non ridere mentre si rialzava e si dirigeva alle scale del soppalco, sedendosi poi sul letto e legandosi i capelli in due codine: «Oh! Chat!» esclamò, vedendo il biondo, che aveva volutamente ignorato da quando era entrata, salire i gradini che portavano al letto: «Qual buon vento?»
«Qual buon vento?» ripeté il ragazzo, portandosi la mano guantata di nero al setto nasale e prendendoselo tra l’indice e il pollice: «Hai solo questo da dirmi?»
«Dovrei dirti altro?» domandò la ragazza, inclinando il capo e fissandolo in attesa: era dura, maledettamente dura, non sapeva se sarebbe riuscita a portare a termine la commedia che aveva improvvisato, soprattutto se lui continuava a guardarla cauto e con le orecchie feline abbassate ai lati della testa.
Mancava solamente che sbattesse nervosamente la coda per terra…
«Non posso farcela» mormorò Marinette, lasciandosi andare sul letto e iniziando a ridere, tenendosi le mani sulla pancia, sotto lo sguardo confuso di Chat Noir: «Hai una faccia…»
«Per caso avete bevuto? Fatto uso di sostanze? Hai battuto la testa e nessuno me l’ha detto?»
«Chat, ti prego…»
«No, Marinette. Ti prego io. Mi hai trovato in quel locale e ridi?»
«Non farmi pensare alla faccia che hai fatto!» esclamò la ragazza, iniziando nuovamente a ridere e rotolandosi sul letto: «Era troppo comica! Sembrava che avessi visto un fantasma.»
«Avrei avuto meno paura nel caso…» commentò il biondo, scuotendo la testa e scivolando sopra la ragazza, prendendole i polsi e trattenendoli contro il cuscino: «Devo dedurre che non rischio la vita, giusto?»
Marinette sorrise, muovendo un poco le mani e Chat la lasciò libera, socchiudendo le palpebre quando lei gli carezzò il viso e piegando le labbra in un sorriso, quando sentì quelle della ragazza sulle proprie: «Vi abbiamo rovinato il divertimento, eh?»
«Se per divertimento intendi fare amicizia con Cerise…beh, sì. Per la cronaca, Cerise era la barista e, mentre ci serviva – per la cronaca penso di aver sviluppato una certa simpatia per la Bonnets Rouges – ci ha raccontato un po’ della sua vita, della sua compagna…»
«Capito.»
«E tu? Ti sei divertita con le ragazze?»
Marinette annuì, spingendo leggermente il giovane e facendolo sdraiare sul letto, salendogli poi in grembo e prendendo la mano dove teneva l’anello, togliendolo e socchiudendo gli occhi davanti alla luce della trasformazione: «Lila ti ha mandato il video, vero?» domandò, carezzando il volto senza maschera di Adrien.
«Sì. Voglio che miagoli per me.»
«Miao.»
«Eri più convincente nel video…»
«Miao. Miao. Miao. Miao.» mormorò Marinette, chinandosi e strusciandosi contro il ragazzo, ridacchiando quando sentì le braccia di Adrien stringerla per la vita: «Miao. Miao. Miao. Miao.» continuò, crogiolandosi nelle carezze del fidanzato e fermandosi quando lui tastò la tasca della felpa che lei indossava: «Ah. Me l’ha dato mamma.» esclamò, sistemandosi di fianco a lui con la testa poggiata contro la spalla: «L’ha spedita lo zio Cheng.»
«Sono soldi?»
«In Cina è usanza regalare soldi agli sposi, così ha detto mamma.»
Adrien annuì, prendendo il cartoncino rosso all’interno della busta e sorridendo a ciò che era stato scritto: «E’ un peccato che non può venire…» mormorò il ragazzo, sistemando il cartoncino all’interno della busta e posandola per terra, girandosi poi verso la ragazza e giocherellando con i capelli: «Che altro ti hanno fatto fare poi?»
«A parte entrare in un certo locale e miagolare?»
«A parte quello sì.»
«Ho dovuto dire a dieci persone che Marinette ama Adrien, poi ho dovuto urlare davanti l’albergo dei Bourgeois che sono la rovina di Parigi…ah!» Marinette si allungò, recuperando il cellulare che aveva abbandonato vicino la cesta dove erano soliti dormire Tikki e Plagg, armeggiando poi con la galleria delle foto: «Voilà!»
«Hai un futuro come modella.» sentenziò Adrien, osservando la foto e baciandole poi la tempia: «Perché il boa?»
«Era la prova di Juleka.»
«Poi?»
«Ho dovuto trovare un posto dove sfamarci e…niente.»
«Niente?»
«Altre cosette.»
«Marinette…»
«Prometti che non ti arrabbi o diventi isterico?»
«Marinette…»
«Promettilo.»
«Lo prometto.»
La ragazza annuì, inspirando profondamente: «Houtofliareconuno.» mormorò tutto d’un fiato e sorridendo impacciata allo sguardo confuso del ragazzo: «Adrien?»
«Non ho capito cosa hai detto.»
«Devo ripeterlo?»
«Sì.»
«Ho dovuto flirtare con uno.»
«Cosa?»
«Adrien, hai promesso.»
«Prima di…» Marinette gli mise entrambi le mani sulla bocca, osservando lo sguardo verde arrabbiato e aspettando che il biondo si fosse calmato: «Quindi è per questo che non hai fatto storie per il locale, eh? Sapevi di essere colpevole anche tu.»
«Veramente non avrei fatto storie lo stesso.» bofonchiò Marinette, fissandolo male: «Anche se devo ammettere è stato divertente vedervi terrorizzati.»
«Beh, sai com’è…allora, questo tipo con cui…»
«Ciao, mi chiamo Marinette. Fai finta di stare al gioco perché le mie amiche mi hanno chiesto di flirtare con te. Ah, fra due giorni mi sposo. Ciao.» borbottò velocemente la ragazza, sospirando: «Gli ho detto così.»
«Questo non è…»
«Non è niente di cui preoccuparsi, vero?»
Adrien annuì, sistemandole una ciocca dietro l’orecchio e si chinò verso di lei, baciandole la punta del naso: «Ti ho già detto che ti amo, my lady?»
«Mh. Non ricordo.»


Mikko fissò l’umana accanto a lei, comodamente seduta sul divano, mentre infilava il cucchiaio nel barattolo di gelato e teneva lo sguardo fisso sul monitor del pc: «Sarah…» mormorò, spostando l’attenzione verso la porta e sul silenzio momentaneo che era sopraggiunto.
Sarebbe durato poco.
Presto, avrebbe cominciato a bussare.
«Sì, Mikko?»
«Per quanto tempo hai in mente di tenere fuori Rafael?» domandò la kwami, mentre i colpi alla porta erano ripresi e la voce del ragazzo implorava di entrare.
«Quanto tempo è passato da quando è arrivato?»
«Dieci minuti.»
«Dici che è abbastanza?»
«Non sei neanche arrabbiata con lui.» sbuffò Mikko, scuotendo il capo: «Fai tutta questa scena per…»
«Divertimento?»
«Sei crudele, Sarah. Non l’avrei mai detto.»
La bionda sorrise, carezzando la testolina dello spiritello e si alzò, raggiungendo velocemente la porta dell’appartamento e aprendola: Rafael indossava ancora la camicia candida e i pantaloni scuri che gli aveva visto al locale, mentre lei…
Beh, si era messa più comoda dopo che era tornata.
«Ciao!» esclamò, posandogli le mani sulle spalle e baciandogli la gola, tirandolo poi dentro l’appartamento: «Stavo per mettermi a vedere qualcosa…»
«Sì, noto.» decretò Rafael, facendo vagare lo sguardo grigio sul portatile della ragazza e il barattolo di gelato, entrambi sul tavolino basso davanti al divano: «Sarah, perché mi hai…» mormorò, indicando la porta e scuotendo la testa: «Non sei arrabbiata.»
«Arrabbiata per cosa?»
«Sarah…»
«Davvero, non so come ho fatto a non scoppiarvi a ridere in faccia quando vi abbiamo trovato lì.» dichiarò, sospingendolo verso il divano ed esortandolo a mettersi seduto: «Vuoi metterti comodo? Dovresti aver lasciato qui…»
«Sarah, frena.»
«Non sono arrabbiata con te, tranquillo. Eri a divertirti con i tuoi amici e, anzi, come ha detto Marinette forse vi abbiamo rovinato la serata. Non pensavamo che eravate in quel locale, davvero» mormorò l’americana, sedendosi sulle gambe del moro e passandogli le mani fra i capelli: «Stavamo scherzando e chiacchierando, quando siamo giunte in zona e Xiang ha buttato lì di entrare come prova per Marinette…»
«Quindi…»
«Certo, se entravo e ti trovavo con quelle due mezze nude che si strusciavano addosso a te…» Sarah si fermò, sorridendo: «In quel caso saresti stato il bersaglio dei miei pungiglioni.»
«Ringrazio di avere avuto istinto di sopravvivenza, allora.»
Sarah sorrise, fissandolo negli occhi: «So come sei, Rafael, quando ci siamo conosciuti quello era il genere di locale che frequentavi e, alle volte, penso che tu…»
«Penso di aver capito, dopo stasera, che la mia idea di divertimento è veramente cambiata.» sentenziò Rafael, posandole le mani sui fianchi e allungandosi per sfiorarle le labbra: «Preferisco stare qui con te a farmi maratone di serie tv o film, piuttosto che stare da solo in un locale come quello.» dichiarò, facendola scivolare sul divano e alzandosi: «Che stavi per guardare?»
«Train to Busan.»
«Che sarebbe?»
«Un film coreano…»
«Tanto per cambiare.»
«…dove ci sono gli zombie.» dichiarò la ragazza, sorridendo: «Zombie.»
«Perché voi americani avete la fissa degli zombie?»
«Perché sono fighi. E perché penso che sia l’unica apocalisse che potrebbe succedere veramente: alla fine ci sono tantissime laboratori dove sperimentano virus o altro, no?»
«Giusto. Poi noi non combattiamo cose sovrannaturali che potrebbero distruggere tutto quanto.»
«Fuori da questa casa, miscredente dell’apocalisse zombie.»
Rafael ridacchiò, osservando il volto improvvisamente serio della bionda e il braccio che gli indicava la porta dell’appartamento, si allungò verso di lei, sfiorandole le labbra con le proprie: «Mi cambio e lo vediamo insieme?»
«Resti sempre un miscredente dell’apocalisse zombie.»
«Va bene, va bene.» sospirò il parigino, alzando gli occhi al cielo: «L’apocalisse zombie è l’unica che può succedere veramente. Insieme a quella per meteoriti, raffreddamento della terra, invasione aliena…»
«Fuori da questa casa, Rafael.»
«Dove hai messo la mia roba?»
«Secondo cassetto dell’armadio.» bofonchiò Sarah, mentre il ragazzo la faceva scivolare sul divano e lei si raggomitolava: «Puoi portartela via.»
«Mi cambio e poi ci vediamo il film, ok?» le sussurrò Rafael, baciandole la fronte: «Non farlo partire senza di me.»
«Vuoi anche il gelato?»
Il moro negò con la testa, strusciando il viso contro i capelli biondi: «Mangio un po’ del tuo.» dichiarò, sorridendole: «Non…»
«Aspetto te, ok.»


Tortoise incrociò le braccia, osservando l’eroina ferma, poco più avanti sul bordo del tetto: «Qualche problema?» le domandò, affiancandola e osservandola: «Non è bello ricevere un messaggio e…»
Volpina sorrise, avvicinandosi al giovane e poggiando la fronte contro la spalla: «Scusami, ti stavo aspettando a casa e…» si fermò, scuotendo la testa e facendo passare un braccio attorno alla vita dell’altro: «Ho sentito il bisogno di uscire.»
«Trasformata?»
«Raggiungo Place des Vosges più velocemente così. Ed evito di dover malmenare qualche malintenzionato.»
Tortoise sorrise, prendendo il volto della ragazza fra le mani e fissandola: «Quale è il problema?»
«Nessuno, tranquillo. Avevo solo bisogno di star fuori…» mormorò Volpina, allungandosi e sfiorando il naso dell’altro con il proprio: «Come stanno il mio piumino e il mio gattaccio? Tremanti di paura?»
«Diciamo che dopo che ve ne siete andate, hanno iniziato a capire quanto è bella la vita.»
«Tu, al solito, calmo e stoico, eh?»
«Conosco te. E tu conosci me.»
«Sì. So che sei leale e sempre pronto ad aiutare gli amici, tanto da entrare nel Fight Club del…come si chiamava il posto?»
«Non lo so.»
«Come non lo sai?»
«Non era qualcosa d’importante per me» decretò Tortoise giocherellando con uno dei ciuffi bicolore della ragazza: «Ero lì solamente per divertirmi con i miei amici e nient’altro. Anche se, devo dire, non siamo persone adatte per locali come quello…»
«Forse il nostro piumino…»
«Non credo lo sia più.»
Volpina sorrise, passando entrambe le braccia attorno alla vita dell’altro e alzando il posto: «Potrei organizzare uno spettacolo esclusivo per te, che ne dici? Visto che ti piace tanto osservare delle donne spogliarsi…»
«Mi piace osservare te. Solo te.»
«Sì, lo so. E’ per questo che mi piaci molto, sei così fedele…»
«Ti piaccio solamente?»
«Lo sai, Tortoise.» mormorò l’eroina, avvicinando le labbra tinte di arancio a quelle dell’altro: «Cosa provo.»
«Non mi dispiace sentirtelo dire, di tanto in tanto.»
«Io te lo dico ogni giorno, sei tu che non lo dici mai a me.»
«Ah, davvero?»
«Sì, davvero.»
L’eroe sorrise, chinandosi e strusciando il naso contro la tempia della compagna, sfiorando con le labbra il padiglione dell’orecchio: «Wo ai ni…» le bisbigliò, baciandole poi il profilo del volto e sorridendo, allo sguardo luminoso di lei: «Mi sono meritato uno spettacolo extra così?»
«L’ho detto e lo ripeto: la vicinanza con quei due ti sta facendo male, tesoro mio.»
«Forse è la convivenza con te? Sto imparando parecchio da te.»
«No, è la vicinanza con quei due.»
«Se lo dici tu…»
Volpina sorrise, stringendosi a lui e sentendo le braccia circondarla subito: «Ti sei guadagnato una fornitura illimitata di spettacoli…» mormorò, scivolando via dall’abbraccio e strattonando: «Andiamo a casa?»
«Come desideri.»


Xiang inspirò profondamente, abbassando la spada e osservando il display del suo cellulare illuminato; rinfoderò l’arma e l’appoggiò sul letto, sedendosi poi sulla superficie morbida e sorridendo al messaggio di Alex: aveva passato l’ultima mezz’ora a rassicurarlo che non le interessava il luogo dove l’aveva trovato.
Non era una persona possessiva e, in verità, non aveva nessun motivo per dichiarare il possesso dell’americano.
Dunque, dato che non sei arrabbiata con me per i miei istinti maschili, dobbiamo parlare del tuo nome in codice
Non posso essere chiamata Xiang?
No!
E perché?
Perché devi proteggere la tua identità
Lui sa già chi sono
Ma se qualcuno sentisse gli altri chiamarti per nome, poi farebbe due più due
E quindi?
Pensa a Felix, pensa a tutti noi. Metteresti in pericolo la nostra segretezza

Xiang sospirò, scuotendo il capo: «E come dovrei farmi chiamare, allora?» sbottò, digitando le parole che aveva appena detto ad alta voce e attendendo il messaggio del ragazzo.
Avevo pensato a Katana o Katana Girl, ma la prima è in Suicide Squad e la seconda in Heroes Reborn
La katana è una spada giapponese, io sono di Lemuria. In ogni caso non centra niente con il Giappone
, digitò la risposta e rimase in attesa, osservando la lama con cui si allenava: era una spada dalla linea dritta e dal doppio filo. Un regalo che Kang le aveva portato, secoli addietro, da uno dei suoi viaggi.
L’aveva usata ogni giorno, allenandosi con costanza e dedizione, imparando a conoscerla: poteva sentire anche in quel momento le forme dell’elsa nella propria e il peso che la spada aveva quando la impugnava: un giorno ti sarà utile, le aveva detto Kang, quando gliel’aveva donata.
E adesso aveva compreso.
Alex
Alex
Stavo facendo qualche ricerca, un attimo
Che ne dici di Jian?
Cosa?
Il mio nome in codice, come hai detto tu
Jian?
Sì.
Può andare
E’ la spada che uso, me l’ha regalata Kang
Allora non c’è nome più adatto di Jian



La città era immersa nella distruzione, volute di fumo scuro si alzavano verso il cielo mentre lui osservava la devastazione: i monumenti che caratterizzavano la ville lumière erano andati perduti, le voci disperate delle persone gli giungevano alle orecchie mentre l’odore acre di bruciato gli riempiva le narici.
Attorno a lui poteva sentire la presenza dei suoi compagni.
Gli altri Portatori.
Quella era l’ultima battaglia, lo sapeva.
Quella era…
«Rafael!»
Il ragazzo aprì gli occhi, osservando il soffitto della camera di Sarah e accorgendosi di avere il respiro ansante: «La visione…» mormorò, passandosi una mano sul volto: «La visione…»
«Cosa? Non sei trasformato, Rafael.»
«E’ quella visione, Rafael? Quella che avevi prima di…» mormorò Flaffy, fluttuando davanti il volto del proprio umano e fissandolo sconvolto: «Quindi non era il frutto di un errato uso del Miraculous.»
«Flaffy, ma cosa…»
«Ma non può essere. Non sei trasformato e…»
«Trasformato o no, ho di nuovo visto Parigi distrutta.» mormorò Rafael, mettendosi seduto sotto gli sguardi preoccupati di Sarah, Flaffy e Mikko: «E penso che sarà quello che succederà se non fermeremo Dì Ren.»
Sarah annuì, alzando una mano e carezzando il volto del ragazzo: «Domani…»
«No, facciamo passare il matrimonio di Adrien e Marinette, ok? Lasciamoli in pace almeno per quel giorno…» mormorò il parigino, prendendole la mano e portandosi il palmo alla bocca: «Proteggono Parigi da quando avevano quattordici anni, hanno diritto a un po’ di pace nel giorno del loro matrimonio.»
«Ma…»
«Sto bene, Sarah.» Rafael le sorrise, sdraiandosi nuovamente e tirando la ragazza con sé, stringendola poi in un abbraccio e posandole le labbra contro la fronte: «Proteggi i miei sogni, apetta. D’accordo?»

   
 
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