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Autore: Niacchan    16/04/2017    1 recensioni
L’umanità così come noi la conosciamo è dominata dal Bene e dal Male, dagli Angeli e dai Demoni. Un tempo, però le leggi che governavano questa mondo erano diverse, tutto era immerso nella Luce, nella Beatitudine, in molti hanno cercato una spiegazione, ma nessuno è arrivato alla Verità.
Questa è la storia di due entità dominate dalla Lussuria, dalla Superbia, dall’Amore e che per i loro capricci trascinarono l’umanità in una terra dominata dalla discordia, dalla guerra e dalla Morte. L’Amore li aveva condotti in una strada senza uscita in cui l’Oscurità era l’unica sovrana, e Oscurità divennero.
La loro pena fu peggiore della morte: Lui fu costretto a vagare per l’eternità, di corpo in corpo, nel mondo che aveva corrotto privato della propria memoria; Lei fu costretta a non dimenticare il tradimento subito e a ucciderlo ogni volta senza mai riconoscerlo.
Ma un segreto verrà svelato e un nuovo tradimento getterà di nuovo il mondo nel caos, la guerra investirà sia i Cieli che la Terra, nessuno verrà escluso.
Demoni e Angeli come non li avrete mai visti, in una storia che ha le sue fondamenta nell’origine dell’Universo.
Genere: Drammatico, Erotico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over, Lemon, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Violenza
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“‘Cause, darling,
I’m a nightmare dressed like a daydream.”
-Blank Space, Taylor Swift
 
In seguito quel che rimaneva dell’ora passò tranquillamente, con l’unica pecca che fui costretta a sedermi davanti al cacciatore, mentre Enlil era alla sua destra, e passare l’intera lezione con i suoi occhi puntati sulla mia schiena non fu molto rilassante.
Sudavo freddo e non per paura che lui potesse farmi del male, ero sicura di poterlo fare fuori, ma per paura che facesse qualcosa per indurmi ad attaccarlo e infrangere così le Regole, non ero molto brava a trattenermi.
Appena suonò la campanella scappai letteralmente fuori dalla classe, senza aspettare Enlil, che mi raggiunse in batter d’occhio vicino ai nostri armadietti. Mi appoggiai con la spalla sull’armadietto e cercai di calmarmi dall’affanno.  
“È un cacciatore” esordì Enlil, guardando dietro le mie spalle. Lentamente mi girai a guardare il punto che lui fissava. Il cacciatore era lì, vicino a un armadietto mentre afferrava un libro e ricambiava i saluti di vari studenti finché un ragazzo più basso di lui gli diede una pacca sulla spalla, che lui ricambiò subito e insieme si avviarono verso un’aula.
Anche visto da così lontano era bello da mozzare il fiato, era alto quanto Enlil e con un fisico tonico e snello, probabilmente dovuto ai duri allenamenti cui si sottoponevano tutti i cacciatori, messo in risalto dai jeans neri aderenti e dalla camicia dello stesso colore chiusa fino al collo, cui era annodata con un nodo lento una cravatta a righe rosse e nere. Le maniche erano arrotolate fino ai gomiti, mostrando gli avambracci muscolosi, di cui uno di essi era coperto di tatuaggi.
Era davvero un bellissimo esemplare di essere umano, proprio come la gran parte dei cacciatori.
“È Raziel…” dissi senza rendermene conto, come se fossi in una sorta di trans.
“Non metterti a sparare cazzate, Raziel non esiste più” ringhiò Enlil arrabbiato, sbattendo l’anta dell’armadietto dopo aver afferrato un libro.
Sussultai e mi girai di scattò verso di lui, guardandolo di traverso: “Che diavolo ti prende!”
“Che cazzo prende a te!” replicò afferrandomi il braccio e trascinandomi verso l’aula dove si sarebbe tenuta l’ora d’inglese.
“Quello è un cacciatore e l’ho visto più volte all’opera, è senza pietà, e tu devi stargli lontana”.
Lo guardai con la coda dell’occhio rimanendo in silenzio, aveva il viso contratto in smorfia di rabbia e… e preoccupazione, pensava davvero che potessi avvicinami a un cacciatore senza l’intento di ucciderlo, a meno che…
“Enlil, hai visto qualcosa nel futuro che mi riguarda?” domandai stringendo una mano intorno al suo braccio, ma non ottenni nessuna risposta solo una sua occhiata fugace, che mi bastò. Non feci più nessuna domanda.
 
Fino all’ora di pranzo tutto trascorse tranquillo, con Enlil avevamo individuato altri tre o quattro cacciatori, ma nessuno mi intimoriva come Harry.
Eravamo seduti nel giardino interno alla scuola e non avevo toccato ancora cibo, l’ansia mi stava divorando e avevo lo stomaco chiuso, mentre Enlil si era già spazzolato due piatti di pasta al forno.
“Non mangi?” mi chiese Enlil con un sopracciglio alzato.
Scossi la testa e allontanai il vassoio da me: “Ho lo stomaco chiuso”.
“Dai non preoccuparti per quei cacciatori, ce la caveremo come sempre” replicò bevendo un sorso d’acqua dalla bottiglietta.
Sbuffai e non replicai, notando un gruppo di tre ragazzi che si avvicinava, sperai che non ci rompessero le scatole. Avevo già i nervi a fior di pelle.
Erano due ragazze e un ragazzo, che ci fissavano intimiditi, Enlil gli sorrise cordialmente mentre io continuavo semplicemente a osservarli.
“Vi serve qualcosa?” chiese mio fratello garbato.
La ragazza minuta dai capelli rossi e ricci, con gli occhi leggermente a mandorla marroni si fece avanti: “Pensavamo che essendo nuovi di qui vi potesse servire una mano”.
Diedi una sbirciata alla sua anima e notai che era un semplice essere umano, una sensazione di sollievo m’invase il petto. Continua a esaminarla attentamente, portava una minigonna di jeans scura e una camicetta celeste con i primi bottoni sbottonati da cui s’intravedeva il reggiseno di pizzo blu, portava sicuramente una terza o forse una quarta… mi morsi l’interno guancia gelosa, io portavo una seconda scarsa.
“Non abbiamo bisogno di nessun aiuto” risposi seccata, torturando il cibo con la forchetta.
La rossa sobbalzò e la ragazza mora alle sue spalle mi guardò accigliata afferrando il braccio dell’amica, ma mentre stavano per andarsene Enlil le fermò.
“Scusate mia sorella, non voleva. È che siamo sempre stati solo noi due e non ha mai avuto tanti amici, quindi non è brava a interagire con gli sconosciuti, un po’ mi prendo la colpa l’ho sempre protetta troppo”.
Lo guardai indignata, mentre l’altra ragazza si metteva di fronte a noi con le mani sui fianchi, era più alta dell’amica, ma non mi superava, era snella e aveva i capelli lisci e castani, gli occhi grandi e blu come le profondità dell’oceano, degli occhi davvero magnetici.
Era vestita in modo molto semplice, portava un normale paio di jeans e una felpa blu scuro, che non sembrava sua.
“Dovresti imparare le buone maniere a tua sorella” disse guardando Enlil negli occhi, senza la minima traccia di paura nel suo sguardo.
Scattai in piedi, come si permetteva di darmi della maleducata!
“Brutta stronza…”, Enlil mi afferrò per il braccio e con uno strattone mi fece tornare seduta, lo guardai sbalordita, ma era impazzito?
“Lucy, sta zitta” ringhiò stringendomi il braccio, facendomi quasi male e poi con un sorriso si rivolse alla ragazza di fronte a noi: “Hai ragione, scusatela. Se volete potete accomodarvi con noi”.
Se non fossimo stati in luogo pieno di studenti e non avessi già attirato abbastanza l’attenzione, gli avrei spaccato il setto nasale, feci per andarmene ma lui mi tenne il braccio stretto intimandomi con lo sguardo di rimanere seduta. I tre ragazzi si sedettero vicino a noi, ed io lanciai un’occhiataccia ad Enlil che mi mollò subito il braccio.
Iniziarono a chiacchierare come se fossero vecchi amici, io non aprii bocca nemmeno una volta continuavo a guardare fissa il mio piatto, lo stomaco brontolò e mi costrinsi a mangiare l’unica cosa invitante sul vassoio; la frutta che avevo preso alla mensa sembrava buona ed io amavo la frutta.
Addentai la mela, mentre guardavo mio fratello, non potevo crederci che mi avesse umiliato in quel modo davanti a quei semplici umani. Sentendosi osservato Enlil si girò e mi guardò, strinsi gli occhi e gli rivolsi uno sguardo offeso, lui sospirò e riprese a parlare con la ragazza castana. Mi stava ignorando? Che bastardo.
“Lucy, giusto? Io sono Louis” disse il ragazzo seduto alla mia sinistra porgendomi la mano.
Guardai prima la sua mano, poi i suoi occhi azzurri e infine di nuovo la sua mano, lui sembrò capire e la ritirò subito.
“Abbiamo sentito che hai fatto stare zitta Emily” aggiunse, sorridendo divertito.
Inclinai la testa di lato, non capendo cosa ci fosse di divertente: “Sì”.
“Beh, ti sei fatta nemica la ragazza più popolare della scuola. Comunque io sono Abby” commentò la ragazza castana, sorridendomi gentilmente.
“Okay.” Non m’interessava più di tanto avevo nemici più pericolosi.
 “Renderà il tuo ultimo anno di liceo un inferno, io sono Su” aggiunse la rossa. Un ghigno m’increspò le labbra, io all’inferno ci vivevo.
“So difendermi” risposi, alzando le spalle mentre la campanella segnava la fine dalla pausa pranzo.
Ci alzammo da terra ed io seguii mio fratello per buttare i rifiuti nella pattumiera, gli sfiorai la spalla con la mia e lo guardai in cagnesco: “Non ti azzardare mai più a fare una cosa del genere, altrimenti…”.
“Altrimenti che fai mi spedisci a marcire nelle profondità del Tartaro?” replicò lui in tono ironico, facendomi innervosire.
“Ehi ragazzi, allora domani pranziamo insieme, siete i benvenuti al nostro tavolo” ci informò Su sorridendo gentilmente. Enlil ricambiò il sorriso e annuì, io la ignorai troppo concentrata a guardare male mio fratello.
“Ci vediamo a qualche lezione” salutò Louis, avviandosi con Su all’interno della scuola.
Vidi Abby e Enlil guardarsi negli occhi davvero troppo intensamente, che diamine stava succedendo? Mio fratello continuava a ignorarmi, faceva così solo quando era arrabbiato con me, che avevo fatto sta volta?
“En, allora andiamo?” chiese la castana, facendogli segno di seguirla.
“Dove vai?” domandai stringendo le cinghie dello zaino fino a farmi diventare nocchie bianche.
“Adesso io ho biologia e tu hai letteratura, Abby ed io frequentiamo la stessa lezione” replicò lui sorridendo alla ragazza. Non mi aveva degnato di uno sguardo.
“Che cazzo ti ho fatto?” quasi urlai fuori di me, non potevo sopportare che lui m’ignorasse per una stupida umana.
“Anzi non mi rivolgere più la parola stronzo e vai a farti fottere!” aggiunsi sbattendo il piede per terra con troppa forza da creare delle piccole crepe sul pavimento.
Girai i tacchi e me ne andai a passo spedito, lasciandolo là che mi fissava insieme alla sua nuova amica. Fanculo, mi ero di nuovo lasciata prendere dalla rabbia, ma non potevo farci niente odiavo quando Enlil si comportava così. Soprattutto m’infastidiva che lui preferisse un’umana a me, sua sorella gemella, quella con cui ha combattuto a fianco a fianco fin dalla nascita. Mi morsi il labbro, mentre, camminando, rovistavo nello zaino alla ricerca dell’orario con la mappa della scuola, non sapevo dove si trovasse quella fottuta aula.
Quando lo trovai per poco non saltai dalla gioia, lessi velocemente dove si trovava la mia aula per quelle due ore e la raggiunsi in breve tempo. Spalancai la porta ed entrai ad ampie falcate, mi scostai i capelli dalla spalla e mi fermai vicino alla cattedra.
“Scusi non riuscivo a trovare l’aula, sono nuova” mi giustificai per il ritardo.
La stanza si riempì di brusii, le voci correvano velocemente in quella scuola sembravano tutti sapere bene chi ero per via della faccenda di Emily, sorrisi entusiasta. La professoressa abbastanza in sovrappeso, seduta davanti alla cattedra sbatté la mano sul tavolo per riportare il silenzio nella classe.
Si girò verso di me e mi scrutò da sotto gli occhiali con i suoi occhi verde chiaro e si presentò: “Io sono Miss Valéry, l’insegnante di letteratura avanzata e tu sei?”
“Lucy. Lucy Underworld”.
Tra le insegnanti di quella scuola andava di moda portare i capelli corti? Riflettei trattenendo una risata, anche Miss Valéry come Miss Alex portava i capelli ricci tagliati a caschetto anche se poco più lunghi, ma lei non aveva un’anima pura come l’insegnate di filosofia.
“Bene, Signorina Underworld, per sua grande fortuna si è aggiudicata il posto vicino a Styles”. Mi girai a guardare il posto che mi aveva indicato e sgranai gli occhi, già ero proprio fortunata. Strinsi le cinghie dello zaino e mi avvicinai al mio nuovo banco, dove il mio compagno mi aspettava con un ghigno stampato in faccia. Gli avrei volentieri spaccato quel bel viso a suon di pugni.
Buttai lo zaino e mi sedetti composta sulla sedia, spostandomi i capelli dietro le spalle cercando di ignorare il meraviglioso ragazzo dagli occhi verdi seduto al mio fianco.
Presi un quaderno dello zaino e feci finta di prestare attenzione, se solo la professoressa avesse saputo che con gran parte dei poeti che lei ammirava, io ci bevevo un thè insieme. Sbuffai stare in questo mondo si proiettava essere piuttosto noioso, volevo tornare a casa mia, alla mia normale routine.
“Nervosa, bambolina?” mi girai di scatto verso il cacciatore al mio fianco e il mio cuore perse un battito. Se ne stava lì con la guancia appoggiata al palmo della mano mentre si rigirava una mia ciocca di capelli tra le dita e mi guardava intensamente.
Scossi la testa, dovevo riprendermi. Gli levai i capelli dalle dita e lo guardai alzando un sopracciglio: “Come scusa?”
“Ho detto, nervosa bambolina?” rispose lui, con un ghigno sfacciato sul volto. Quanto avrei voluto… ah dovevo controllarmi, inclinai la testa di lato e seccata replicai: “Avevo sentito, ma primo non chiamarmi mai più bambolina, secondo non toccare mai più i miei capelli e terzo non rivolgermi più la parola”.
“Oh, sei proprio irascibile” ridacchiò lui, continuando a guardarmi.
Feci appello a tutta la mia forza di volontà per ignorarlo, non dovevo cadere nella sua trappola. Lui era un cacciatore ed io un demone. Lui era stato creato per uccidermi.
“Appena Emily lo verrà a sapere, te la farà pagare” sussurrò la ragazza bionda seduta di fronte a me, guardandomi turbata da sotto gli occhiali.
Ma che diavolo aveva di strano ‘sta gente? La guardai perplessa e poi alzai le spalle, questa Emily non mi faceva paura.
“Non m’interessa”
“Hai appena toccato la sua proprietà privata” aggiunse indicandomi Harry al mio fianco e tornando poi, a prestare attenzione alla lezione.
Guardai il cacciatore accigliata e lui alzo le spalle svogliatamente.
 “Mi considera di sua proprietà, è una lunga storia” spiegò lui, prima di concentrarsi veramente sulla lezione con mio grande stupore.
Per le due ore che seguirono, Harry non faceva altro che prendere appunti su appunti, aveva riempito quasi tre pagine sulla biografia di Milton.
Il ragazzo sembrava seriamente interessato all’argomento che Miss Valéry stava spiegando con tanta passione.
Mentre scriveva notai il tatuaggio sulla sua mano sinistra, due segmenti neri di diversa misura che s’intersecavano formando una croce latina attraversata da altri due segmenti rossi molto più fini e che uscivano di poco da quelli neri, due ali d’angelo nere partivano dal punto di intersezione dei due segmenti e arrivavano fino alla fine della croce.
Harry non era un semplice cacciatore, apparteneva Sommo Ordine. L’ordine che discendeva dai templari e che era addestrato a uccidere gli Antichi. Gli Antichi come me. Merda.
La campanella suonò e segnò così la fine della mia prima giornata scolastica, raccolsi tutte le mie cose e uscii a passo veloce dall’aula. Mi diressi al mio armadietto per posare i libri che non mi sarebbero serviti e vidi Enlil che mi aspettava spazientito vicino a esso. Lo ignorai e presi il giubbotto di jeans dall’armadietto, lo guardai con la coda dell’occhio e lo osservai spostare il peso da una gamba all’altra nervosamente, mentre si guardava intorno preoccupato come se stesse aspettando qualcuno.
Probabilmente attendeva Abby.
Sbattei l’anta dell’armadietto, avviandomi verso l’uscita senza preoccuparmi se lui mi seguisse o no, potevo benissimo tornare a casa da sola.
Sentii un tuonò in lontananza, questa volta non si trattava dello Zio, stava per scoppiare un temporale con i fiocchi. Perfetto.
Mi guardai intorno gli studenti erano quasi tutti usciti di corsa dalla scuola per paura di prendere la pioggia, a me i temporali non dispiacevano affatto. Da dove venivo, non si vedevano mai e la pioggia era una delle poche cose che mi mancava dei giorni passati nell’Eden.
Non mi voltai a guardarmi le spalle, avvertendo una presenza dietro di me pensando che si trattasse di Enlil. Grande errore. Neanche un secondo dopo ero bloccata con il viso e il petto premuti contro i freddi armadietti di metallo, le braccia tenute strette dietro la schiena da una presa solda. Grugnii irritata cercando di liberarmi, ma dov’era Enlil quando serviva?
Più mi muovevo però, più la presa sui miei polsi aumentava e più ero schiacciata contro gli armadietti.
Imprecai, quando vidi il tatuaggio sulla mano sinistra appoggiata di fianco al mio viso. Ero nei guai.
“So benissimo chi sei, bambolina” sussurrò al mio orecchio con voce rauca.
I suoi capelli mi solleticarono il collo e il suo profumo m’invase le narici, era una fragranza che non riuscivo a riconoscere abituata com’ero all’odore nauseate di zolfo, ma era tremendamente buona. Eravamo troppo vicini, sentivo il suo corpo premuto contro il mio e un brivido di eccitazione mi corse lungo la schiena. Maledizione, dovevo togliermi dalla testa quelle fantasie davvero poco caste! Uno strano calore m’invase il corpo e avvertivo le guance avvampare. Che diamine mi prendeva? Non stavo mica provando imbarazzando?
“Wow, allora sei più intelligente di quello che sembra” replicai sarcastica, cercando di nuovo di liberarmi.
Mi tirò per i polsi facendomi distanziare qualche centimetro dagli armadietti e dopo mi ci sbatté contro con violenza. Mi morsi il labbro trattenendo un gemito di dolore, era davvero forte.
“Non sto più scherzando, demone, questo era un avvertimento” sussurrò, tirandomi i capelli con la mano libera.
La rabbia iniziò a ribollirmi nel sangue, strinsi i denti cercando di trattenermi mentre sentivo una vocina nella mia testa che mi mormorava di farso a pezzi. Brutto segno.
“Tu, non sai contro chi ti stai mettendo, bastardo” ringhiai a denti stretti, stringendo i pugni.
La sua presa aumentò e voltandomi, incrociai il suo sguardo sicuro, un ghigno gli arricciava le labbra carnose: “Oh si che lo so, tu sei un Antico, anche se non ho mai visto un’esemplare femmina, lo percepisco. Tu, non sei un comune demone”.
Sogghignai, io ero l’unico demone antico femmina di tutto l’Inferno e il cacciatore di fronte a me non aveva idea di chi io fossi veramente. Poteva cercarmi in tutti i libri sui demoni che le biblioteche dei cacciatori possedevano, ma non mi avrebbe mai trovato; nessuno aveva mai scritto o immaginato che Lucifero fosse una donna, gli esseri umani erano troppo sicuri della superiorità dell’uomo, ma nel nostro mondo non esistevano distinzioni di sesso, ma solo tra forti e deboli, ed io ero la più forte.
“Tu non hai la minima idea di chi io sia veramente”.
Vidi il suo sguardo sicuro vacillare e sorrisi entusiasta. Subito si riprese, ma il suo ghigno era sparito: “Non m’interessa chi tu sia veramente, a me basta sapere che tu sei un demone e appena farai un passo falso… ti ucciderò”
Ci girammo di scatto verso il corridoio, dei passi spediti rimbombavano in lontananza, mi lasciò i polsi e si avviò verso l’uscita della scuola.
Si girò un’ultima volta e incrociò i suoi occhi con i miei, fui scossa da un tremito di sgomento, nei suoi occhi non c’era traccia di emozioni.
“Terrò d’occhio sia te che tuo fratello” disse prima di sparire oltre le porte di vetro.
Mi toccai i polsi doloranti e raccolsi lo zaino che mi era scivolato dalla spalla, imprecai e mi avviai verso l’uscita.
“Cazzo, ti ha fatto qualcosa?” strillò mio fratello dietro di me, correndomi incontro.
Scossi la testa, senza aprire bocca, un brutto presentimento mi fece accapponare la pelle, non ci avrebbe tenuto d’occhio solo a scuola. Come avremmo fatto con la missione?
Abbassai lo sguardo ai miei polsi, erano arrossati e notai piccoli tagli su uno di essi, mi aveva infilato le unghie nella carne? Non me n’ero nemmeno accorta.
Enlil mi prese le mani tra le sue e con i pollici me le accarezzò delicatamente.
“Lo sapevo che sarebbe successo e ti stavo per raggiungere, ma la preside mi ha fermato e…” cercò di scusarsi, ma con gesto fulmineo mi divincolai dalla sua presa e indietreggiai, ero ancora arrabbiata con lui e non poteva importarmene di meno di quelle ferite, si sarebbero rimarginate in massimo due minuti senza lasciare il minimo segno e anche il problema del cacciatore era passato in secondo piano in quel momento, ero abituata alle minacce e non avevo paura.
“Ti ho detto di non rivolgermi la parola, torna da quella tua stupida amichetta” mormorai irritata, sistemandomi lo zaino sulla schiena.
“Sei ancora arrabbiata?” domandò lui, affiancandomi.
Non risposi e lo sentii sospirare sconsolato, il guaio l’aveva fatto lui e adesso doveva risolverlo.
Ci incamminammo in silenzio verso casa, la pioggia ci bagnava i vestiti e il viso, ma noi non importava. La gente attorno correva in cerca di un riparo o si affrettava ad aprire gli ombrelli, le macchine sfrecciavano senza sosta di fianco a noi e in quel momento pensai che dovessimo assolutamente comprarci una macchina.
 
L’angolo dell’autrice
Salve a tutti!
Innanzitutto Buona Pasqua,
visto che mi trovo senza far niente ho deciso di aggiornare la storia!
Fatemi sapere che ne pensate e magari lasciatemi una recensione,
ma anche piccola piccola!
Ancora tanti auguri di Buona Pasqua
e grazie a tutti quanti hanno letto la mia storia!
Baci.
   
 
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