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Autore: JeremyGender    20/04/2017    1 recensioni
Jeremiah Pule è un mago italiano che si divide tra il lavoro di custode in una riserva magica di ippocampi e quello di insegnante di Cura della Creature Magiche nella scuola di magia siciliana.
Ma i guai non finiscono mai e nuovi misteri riaffioreranno dalle segrete di Kairawan portando Jeremiah e i suoi amici a vivere un turbine di avventure!
Genere: Commedia, Fantasy, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altro personaggio, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto, Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'Le avventure di Jeremiah'
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Sono nell’infermeria della scuola quando apre gli occhi.
Si guarda attorno smarrita poi ci nota.
‘Emiro Von Grable, Professor Pule. Che è successo? Che ci faccio qui?’.
L’Emiro si avvicina al letto e le accarezza la testa bionda.
‘Non preoccuparti, hai avuto un malore. Prima di lasciarti riposare ho bisogno che rispondi una mia domanda.’
‘Ce-certo.’ dice Lilith Empusa mettendosi a sedere.
‘Voglio sapere qualcosa sulla tua famiglia. Ti dispiace parlarmi dei tuoi genitori? Della tua famiglia?’ chiede l’Emiro scrutando la ragazza.
‘Si certo. I miei genitori si chiamano Rufina Dora e Zaccheus Empusa, hanno un piccolo negozio d’abbigliamento a Perigoria. Mia madre si occupa di confezionare mantelli e abiti da donna mentre mio padre si occupa del reparto uomo e abiti da sposa. Ho un fratello maggiore, Jasper, che vive da qualche anno in Croazia e… non saprei. Ma è successo qualcosa?’ chiede lei preoccupata.
Mi sembra di vedere un luccichio strano negli occhi dell’Emiro.
‘Sai che io e tua madre siamo state amiche per alcuni anni qui a Kairawan? Aveva una grandissima intelligenza e cuore ancora più grande, e tu hai sicuramente preso da lei.’ dice l’Emiro facendo un sorriso dolce.
‘Ti ho fatto questa domanda solo perché è necessario che la scuola li avverta e li riassicuri sul fatto che stai bene. Ora riposati. La Signora Ossaforti si prenderà cura di te.’
Quando usciamo dall’infermeria seguo l’Emiro che silenziosa va verso il suo ufficio. Appena ci avviciniamo la porta compare all’istante; per questa volta non è necessario alcun sacrificio di sangue.
Appena varco la soglia dell’ufficio vedo Woland che corre rabbioso verso di me ma, basta uno sguardo della sua padrona, per arrestarlo e convincerlo, controvoglia, a tornare nel retro dell’ufficio.
‘Siediti Jeremiah.’ dice indicandomi la poltrona davanti la scrivania.
Lei si avvicina a un mobiletto di legno messo a fianco della scrivania e versa, su due bicchiere di cristallo, un liquido trasparente.
Quando me lo passa la guardo circospetto.
‘E’ acqua!’
Si appoggia sul tavolo e, dopo aver bevuto un sorso di acqua fa un lungo respiro.
‘Avevo un fratello, Jasper, di cinque anni più piccolo di me. Purtroppo Jasper aveva il tocco letale. Mi madre e mia nonna, che l’aveva aiutata a partorire, morirono il giorno della sua nascita.
Mio padre non riuscì mai ad accettare questo bambino, colpevolizzando della morte della sua amata e, dopo alcuni mesi dalla sua nascita, ci abbandonò.
Così toccò a me prendermene cura.
Venire a Kairawan fu una sofferenza, sapevo che mentre ero qui Jasper viveva una vita solitaria. Non potevo di certo denunciare la sua malattia; l’avrebbero rinchiuso nel reparto mattie pericolose della Clinica Hobo Esculapio.
Fu in quel periodo che conobbi Rufina Dora, la madre di Lilith, eravamo compagne di stanza. Divenne la mia prima e, per molti anni, unica amica qui a scuola.
Aveva tre fratelli maggiori che avevano frequentato la scuola prima di lei e conosceva tutti i passaggi segreti del castello, quindi, quasi ogni notte, riuscivamo a uscire da Kairawan e raggiungere mio fratello. Diventarono subito amici ed ero felice che finalmente mio fratello potesse entrare in contatto con altre persone. Gli insegnavamo tutto quello che imparavamo a scuola. Studentesse di giorno e insegnanti di notte.
Nonostante non le toccasse, Rufina faceva questi sacrifici per me, ma soprattutto per Jasper, senza mai lamentarsi o farmelo pesare.
Anche se praticamente non riuscivamo mai a dormire entrambe eravamo ottime studentesse e, alla fine del terzo anno, l’Emiro ci propose di passare l’estate a Shambhala, a fare un corso di formazione. Era un’occasione unica; questi corsi erano destinati solo agli alunni del sesto e del settimo anno ma io subito rifiutai. Non potevo abbandonare mio fratello.
Durante uno dei nostri incontri notturni Rufina si lasciò sfuggire questa notizia e Jasper si arrabbiò molto. Non voleva che rinunciassi al mio futuro per stare con lui. Gli dissi che a me questo corso non importava ma mi conosceva troppo bene per capire che mentivo.
Qualche giorno dopo si tolse la vita.’
L’Emiro fa una pausa per bere un altro sorso d’acqua.
‘Lasciò solo un bigliettino con scritto ‘Realizzate grandi cose, fate grande il mondo e non dimenticatevi mai di me!
Ero distrutta dal dolore e stupidamente sfogai tutta la mia rabbia su Rufina.
Quando partì per Shambhala fu l’ultima volta che la vidi.
Prima di partire però mi promise che nella sua vita avrebbe sempre aiutato quelli che la società emargina e lo avrebbe fatto per Jasper.
Evidentemente ha mantenuto la promessa. Lilith è una Lamia e, probabilmente, è stata adottata come lo sono stati i miei bambini.
Non tocca a noi parlare con Lilith, ma è compito di sua madre. Insieme troveremo una soluzione.’
Una lacrima sorca il viso dell’Emiro.
Ricordo il nostro incontro prima che mi offrisse il posto come insegnante.
Nel farmi le condoglianze per la perdita di mio padre aveva detto di sapere cosa voleva dire perdere una persona che si ama. Che parlasse proprio di Jasper?
Con un fazzoletto bianco si asciuga la lacrima e si ricompone sedendosi sulla sua poltrona.
‘Eudora ho bisogno di te, dobbiamo spedire una lettera.’ dice in direzione della porta alla sua destra.
‘Puoi andare adesso Jeremiah, e mi raccomando. Massima riservatezza!’
Avrei voluto dirle che mi dispiaceva per suo fratello, che era riuscita a fare grandi cose, che Jasper sarebbe stato fiero di lei e avrebbe amato i suoi nipoti. Ma non ce ne fu bisogno. Dal suo sguardo avevo capito che sapeva quello che pensavo. Non erano necessarie le parole.
 
Sono sconvolto quando esco dall’ufficio dell’Emiro.
Non avrei mai immaginato che esistesse questo filo invisibile e così doloro che legava la vita dell’Emiro con quella della famiglia Empusa.
Lilith era una lamia e, a quanto pare, non lo sapeva.
Non era una cosa così rara che le lamie si accoppiassero con i maghi; se il gene lamia era dominante i figli nascevano direttamente con squame e coda, se recessivo poteva svilupparsi sotto forma di trasformazione o non manifestarsi mai.
Chi si trasforma, se non ha ricevuto prima un adeguata preparazione, tende a dissociare le due nature. L’umana non percepisce la lamia e viceversa.
Sarà sicuramente un trauma per Lilith scoprire la verità!
 
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