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Autore: Nephrite ekips    21/04/2017    1 recensioni
Fin da bambina ero una grande fan di questa coppia, e siccome nel contesto originale non hanno avuto il loro lieto fine ho voluto scriverlo per loro.
Premetto che non sono una scrittrice professionista, è la mia prima storia, dunque non mi insultate perché potrei piangere tantissimo. (xD ovviamente sono ironica)
Spero gradiate la mia storia e spero di non aver fatto troppi errori grammaticali. (E' stata scritta in tarda notte quando le persone normali dormono).
Ci terrei comunque a sapere tramite recensioni o messaggi se quantomeno la storia sia interessante o se vi stia coinvolgendo. Grazie mille e buona lettura.
Un ringraziamento particolare va a Medea Astra che mi ha sempre incoraggiata a scrivere, e che sempre mi ha sostenuta per ogni cosa, questa storia è dedicata a te.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Naru/Nina, Shitennou/Generali
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più serie
Capitoli:
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Mi svegliai allegra e ansiosa di affrontare quella giornata al meglio, scesi al piano inferiore assicurandomi che mia madre fosse già uscita da casa, poi mi diressi velocemente al tavolo e divorai la colazione.
 Infine mi occupai del “restauro”, non volevo apparire sempre con la solita espressione assonnata, estrassi dall'armadio una camicetta gialla con una gonna blu a pois bianchi ed un cinturino marrone. Volevo apparire quantomeno attraente.
Mi specchiai un ultima volta velocemente prima di lasciare casa.
Alla chiusura della porta notai che era già li, senz'auto come promesso. Restai senza fiato per quanto fosse bello. Indossava un trench beige con sotto una giacca viola (sì, quel tipo di viola) una camicia gialla (come la mia) e il pantalone bianco.
Mi dedicò un meraviglioso sorriso, poi si avvicinò lentamente ridacchiando.


 
 
«Cosa c'è che non va? Credo di non aver dimenticato nulla.»  Mi diedi un'occhiata veloce.


 
 
Alzò delicato con un dito il mio viso e diresse il mio sguardo verso i suoi occhi. «Abbiamo la stessa camicia.»


 
 
Sorrisi entusiasta, aveva notato anche lui quel dettaglio mi sentivo un po' meno banale e sentivo lui molto più vicino a me.


 
 
«Hai detto a tua madre che eri con me?»


 
 
«No, nessuno sa della nostra uscita-»


 
 
 
Calò lo  sguardo con delusione e per tutta la durata della nostra lunga escursione non ci fu alcun  tentativo di introdurre un discorso. Camminammo a lungo fino ad arrivare ad un sentiero, quella giornata era davvero calda decisi dunque di togliere lo spolverino e tenerlo tra le mani, notai che anche lui tolse il suo trench.
Restai incantata da quella visione ... sbottonò leggermente le maniche e le rigirò, poi passò al primo bottone della sua camicia.
Era bellissimo, quella camicia calzava perfettamente col suo corpo scolpito, era così muscoloso ed atletico, ed inoltre i raggi del sole illuminavano il suo bellissimo viso.
Mi morsi il labbro più volte mentre lo guardavo e arrossii copiosamente quando puntò il suo sguardo ancora irritato verso di me.
Anche se irato restava bellissimo, ancora non riuscivo a credere che davvero fosse interessato ad una come me.
Mi scrutava in modo curioso, probabilmente aveva notato la sofferenza nel mio sguardo, ma non capì da cosa fosse provocato, non si rendeva conto di quanto mi sconvolgesse, né di quanto soffrissi nello stare lì con lui senza potervi avere alcun contatto.


 
 
 
«Ti va ancora di stare qui con me, o vuoi tornare a casa? » disse ancora con un velo di acidità.


 
 
 
«No, voglio restare.»


 
Un forte odore di fiori invase le mie narici, e quando staccai lo sguardo da Nevius notai che il  sentiero in cui eravamo entrati adesso era circondato da piante e fiorellini, era tutto molto suggestivo ed affascinante, di tanto in tanto qualche scoiattolo ci passava davanti.


Lui camminava poco distante da me, tentavo disperata qualche contatto con la sua mano.
Quella lunga passeggiata nel bosco impegnò tutta la mattinata.
Avevo i piedi doloranti e gonfi, la scelta di mettere i tacchi non fu molto saggia.


 
 
Fissai Nevius in modo dolorante, «Dobbiamo camminare ancora per molto?»


 
 
 
«Siamo arrivati.»


Scostò dei rami con la mano e mi fece spazio in un piccolo tunnel d'alberi, la luce filtrava fioca, pareva tutto così irreale. Eravamo praticamente nel cuore del bosco, restai incantata da ciò che mi si presentò davanti, un enorme prato composto da qualunque tipo di fiore: viole, lavanda, fiori di campo rossi, gialli e blu enormi alberi e rampicanti, era tutto così meraviglioso.
Vi era perfino un piccolo laghetto scrosciante con qualche pesciolino al suo interno.
Mi girai alla ricerca di Nevius e lo trovai appoggiato ad un albero.  Girò il viso verso di me e mi fece segno d’avvicinarmi a lui, ovviamente non me lo feci ripetere.
Mi attirò a se nel tentativo di abbracciarmi, tuttavia prima di arrivarci inciampai probabilmente tra qualche ramo che non avevo notato, le sue forti mani m’impedirono di cadere.


 
 
Mi strinse forte tra le sue braccia e sorridendo disse. «Sei la persona più scoordinata che io abbia mai visto, signorina.»


 
 
 
Ci stendemmo sul prato fresco, i raggi caldi del sole ci illuminavano e ci riscaldavano.
Restai tra le sue braccia col viso rivolto verso di lui, aveva gli occhi chiusi sembrava pacifico e rilassato. Presi coraggio e con una mano gli sfiorai il viso si sottrasse irrigidendosi.


 
 
«T’infastidisco?»


 
 
«No.»
Disse tranquillo, poi lentamente aprì gli occhi e posò il suo sguardo su di me.


 
 
 
«Non immagini come mi sento.»


 
 
Il suo tono era malinconico, si scostò da me poggiandosi sul fianco, continuando sempre a fissarmi intensamente.
Ero totalmente affascinata dalla sua voce, dal suo corpo perfetto e dai suoi occhi magnetici, ancor più luminosi a causa dei raggi del sole.


 
 
«Non ho fatto altro che proteggerti da quando ci conosciamo, tuttavia sono colui che più potrebbe farti del male.
La tua amica non mi sopporta perché sa cosa sono, e cosa sono capace di fare.»


 
Si riferiva ovviamente a Bunny, ma come poteva sapere chi fosse lui?


 
 
«ciononostante lei non fa nulla per proteggerti, al momento sei qui con me, potrei fare qualunque cosa, non avresti neanche il tempo di reagire.
Mi guardi con quegli occhioni languidi perché sei attratta da me, il pensiero di fuggire non ti tocca minimamente, e in ogni caso non ci riusciresti, non potresti competere ad armi pari con me.» Disse aggraziato e sicuro.


 
L’inquietudine iniziò a farsi largo in me, era la prima volta che provavo certe sensazioni nei suoi confronti, perché mi stava dicendo queste cose?


 
 
 
«Non aver paura.» Disse  tranquillo.
 
«Ormai sono troppo coinvolto, però lo ammetto eri l'elemento più vicino al mio obbiettivo, avrei fatto di tutto pur di togliere di mezzo quella seccatura di Sailor Moon.»


 
Cosa? Stavo sicuramente perdendo il filo, ero ancora spaventata, e non ci stavo capendo più nulla, cosa c'entrava adesso Sailor Moon?
Si accorse del timore nei miei occhi ma soprattutto da come il mio copro s’irrigidì.


 
 
«Di cosa hai paura?»


 
Mi misi seduta, e tirai un sospiro alla ricerca delle parole adatte, giocherellai per qualche secondo con dei ciuffi d’erba e poi volsi il mio viso verso il suo.


 
 
«Beh, oltre ai comuni motivi, quello che al momento mi spaventa maggiormente è l'idea di perderti, mi rendo conto che la nostra situazione non è del tutto normale.»
Dall'espressione che assunse, dedussi che la situazione era nuova per lui così come per me, mi sentii leggermente sollevata.


 
«Hai ragione.» Disse con tono ironico
 
 
«Voler stare con me è tutto fuorché saggio, qualunque donna con un minimo di senso del pericolo si sarebbe resa conto che aldilà del mio bel faccino ci sia qualcosa di molto più pericoloso.» Rise in modo sghembo, «Tuttavia ... non sei famosa per essere una persona che si tiene fuori dai guai.»


 
 
Gli concessi una risatina.


 
 
«Dovrei lasciarti andare.»  Disse addolorato.


 
 
 
«Ti prego, non farlo.» Il mio tono era a dir poco supplichevole.


 
 
 
«Non ne ho assolutamente intenzione.» Sorrise malizioso.


 
 
 
«Sono felice di ciò.»


 
 
Digrignò i denti. «Non mi piace sentirmi debole.»


 
 
 
«Non lo sei...»


 
 
«Un guerriero immortale di 100 anni, che manda tutto ciò per cui è nato all'aria solo per il senso del dovere che ha sviluppato nei confronti di una ragazzina del liceo, se non è essere debole questo, mi sono creato da solo un punto debole.» Canzonò il tutto in tono ironico.
Tuttavia queste sue parole buttate in modo vago non mi bastavano, volevo capirci di più, pretendevo chiarezza.
 
 
 
«Allora ... perché lo fai? Si insomma, perché perdi tempo con me? Prima hai detto che ero il tuo mezzo per colpire Sailor Moon, cosa ti ha frenato?»


 
Mi guardò in modo torvo, spostò il suo viso verso il cielo per qualche secondo.
«Ho conosciuto molte donne nella mia vita, dalle dame settecentesche, alle top model di New York e nessuna.
Nessuna mi ha mai guardato nel modo in cui tu mi guardi ogni volta, all'inizio non mi importava, la missione aveva la priorità ma successivamente quegli sguardi, le tue attenzioni, hai perfino rubato un cristallo pur di farmi felice, inoltre hai rischiato di morire quando ti sei contrapposta tra me e la tiara di Sailor Moon, mai mi sarei aspettato che qualcuno avesse rinunciato alla sua vita per me.
Non l'ho mai dimenticato Nina, sei più folle di quanto immaginassi.»
Si morse il labbro dopo quella frase.



 
Si prese una breve pausa e poi tornò al discorso originario. «Mi sentivo terribilmente attratto da qualunque cosa che avesse il tuo odore.
Ciononostante ero tormentato, come poteva essere possibile? Io attratto da una ragazza comune, e non era solo attrazione perché la tua presenza mi faceva distogliere l'attenzione da qualunque cosa avesse importanza, ho combattuto con me stesso, pensavo che sarei riuscito a far finta di nulla.
Credo di non aver mai peccato di arroganza come in quel periodo.
Mi contraddissi ogni volta. Ti vedevo e i miei sforzi erano del tutto vani, ero frustrato.
Attuavo un piano, sembrava funzionare ma c'eri sempre di mezzo tu, ogni volta, all'inizio andava anche bene Sailor Moon sarebbe arrivata in tuo soccorso ed io avrei avuto una nuova occasione per eliminarla.
Eri il mezzo per arrivare a lei dunque dovevo essere gentile, dovevi fidarti di me, dovevi essere attratta.
Alla fine l'unica cosa che ho ottenuto è stata la curiosità di scoprirti, di capire cosa ti spingesse a stare dietro ad uno come me.
Confessasti di amarmi e non capivo di cosa tu ti fossi innamorata.
Quando Zachar ti attaccò, venni in tuo aiuto perché sentì la tua voce sofferente, e sapevo che era colpa mia, tu avevi rischiato la tua vita per me la sera prima come minimo dovevo sdebitarmi.
Poi ci fu la giornata in centro, ad essere sincero ero in cerca di energia e mi imbattei nei pensieri di quei mostri, un fremito di rabbia attraversò il mio corpo. L'unica cosa che riuscivo a pensare era che non doveva succedere a te e mi precipitai ad aiutarti.»


 
 
 
Soffriva nel confessarmi le sue sensazioni, stava uscendo allo scoperto e non era facile per un uomo come lui.
Pensava di essere debole mentre mi confessava le sue sensazioni, ma io non potevo far altro che pensare che fin dall’inizio avessi fatto bene a riporre la mia fiducia in lui. A quel punto però avevo bisogno di altre informazioni, cercai di calmare un po' l'aria incandescente e gli chiesi la prima cosa che mi passò per la mente.


 
 
 
«I tuoi amici cosa pensano di questa situazione?»


 
Sorrise amaramente di fronte a quella domanda. «Kaspar e Zachar erano furiosi, pensavano che avessi perso la ragione, ecco perché Zachar cercò di ucciderti, questo è il suo modo di risolvere i problemi.
Jack invece fu subito dalla mia parte, tutto sommato non avevi raccontato nulla su di me neanche quando ti rivelai la mia vera natura, e poi anche lui iniziava a essere stanco della missione, ormai brancolavamo nel buio, stavamo portando avanti uno scopo che non ci apparteneva più. Sapevamo bene che alla fine saremo morti tutti e quattro, quindi perché non cercare di vivere in modo normale?»


 
 
Mi spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, poi posò la mano delicata sul mio viso.
 
 
«Sei l'unica cosa che per me ha senso, per la prima volta, in 100 anni.»
Scandii bene la sua età per rendermi più consapevole di ciò a cui stavo andando in contro, non me ne importava nulla, volevo solo che facesse parte della mia vita.


 
 
 
Ripensai poi alla sua età e iniziai a boccheggiare incredula, non mi aspettavo fosse così grande. «Ne dimostri di meno.» 


 
 
Rise di gusto e alzò lo sguardo al cielo.


 
 
«Non permetterò a nessuno di farti del male, ho bisogno di vederti arrossire e di sentirti sbuffare, soprattutto quando ti pongo domande scomode.
Tuttavia non potrò concederti tutto quello che un comune mortale potrebbe richiedere, dovrai aver pazienza.»


 
 
 
«Sopravvivrò». Dissi restando stoica. Lui sorrise, ed io m’ illuminai al cospetto delle sue labbra.


 
 
 
Si era appena dichiarato era chiaro, ma i suoi occhi cercavano qualcosa da parte mia, che volesse una risposta?


 
 
«Beh.. mi pare ovvio che io ricambi no? Mi avrai detto migliaia di volte che sei pericoloso, che rischio la vita, ciononostante preferirei morire anziché rinunciare a te, ed una volta ci sono quasi riuscita. Mettitelo in testa, non rinuncerò mai a te.
Lo so, adesso starai pensando che io sia un idiota però-»
 
 
 
M’interrusse. «Infatti, lo sei.»


 
 
 
 
Ridemmo entrambi in modo spontaneo, in quel momento eravamo due semplici ragazzi che stavano manifestando i loro sentimenti nel modo più naturale possibile.
Inaspettatamente poggiò la sua mano sulla mia, mi scrutava in modo malizioso, poi si avvicinò e mi fissò intensamente negli occhi.


 
 
 
«Posso?» Fu l'unica cosa che disse.
 
 
Non ebbi neanche il tempo di assimilare a pieno quella richiesta che poggiò delicatamente le sue labbra sulle mie.
Quel contatto mi fece tremare, non ero sicura del fatto che quello che stesse accadendo fosse reale oppure frutto della mia fantasia, temevo che quel bacio fosse il solito scherzo concepito dalla mia mente, ma il suo calore pervase il mio corpo, era tutto reale.
Quel bacio durò un'eternità, le sue labbra bollenti e la freschezza dell’aria pervadevano i miei sensi,  poi un tocco incandescente da parte di Nevius che dolcemente accarezzò la mia spalla, in seguito si spostò sui capelli, mi posai di nuovo sul suo petto e passammo buona parte del pomeriggio così.


Il cuore batteva furiosamente, una parte di me era ancora incredula temevo che da un momento all'altro mi fossi svegliata nella mia camera e che tutto questo fosse stato solo un bellissimo sogno.


Eravamo stretti l’uno all’altra, ci guardavamo intensamente mentre con la punta delle dita accarezzava le mie braccia.
Avevo il cervello totalmente resettato, non riuscivo a elaborare un pensiero che avesse senso, cercai di abbozzare qualche parola per sentire ancora la sua voce.


 
 
 
 
«Che tipo di poteri hai oltre alla lettura del pensiero?»


 
 
 
 
«Sono in grado di volare e di teletrasportarmi, posso evocare le costellazioni e usufruire del loro potere, posso lanciare sfere di energie e posso assumere sembianze diverse, ovviamente ho anche il potere della telecinesi e infine... posso ipnotizzare chiunque.»
Lo guardai in modo attento ed immaginai le costellazioni prender vita, tuttavia mi concentrai sull'ipnosi.


 
 
«Hai mai...» Mi interruppe all'istante, capì subito dove stavo andando a parare.


 
 
 
«Sì, al ballo ricordi? Avevi quel vestito verde mare, dopo la nostra chiacchierata sul terrazzo ti ipnotizzai reclamandoti di portarmi il cristallo della principessa. Non l'ho mai più rifatto, non era giusto.»
Era sinceramente rammaricato per le sue azioni passate, gli si leggeva negli occhi.


 
 
«Grazie.»


 
 
 
Il pomeriggio proseguì tranquillo, non ci staccammo mai da quell’eterno abbraccio, purtroppo però la notte stava calando, troppo velocemente per i miei gusti. Nevius riaprì gli occhi e li indirizzò verso di me.


 
 
«Dobbiamo tornare a casa.»


 
 
 
«Purtroppo». Aggiunsi in modo afflitto.
Mi sollevò tra le sue braccia e mi strinse al suo petto.


 
 
«Mi teletrasporterò così arriveremo più in fretta, chiudi gli occhi per favore».


 
 
Lo feci, non sapevo cosa mi aspettasse, ma ancora una volta fui fiduciosa. Quell'azione istantanea mi causò una sensazione di nausea, mi girava la testa e lo stomaco.
Nevius mi reggeva stretta, quando riaprii gli occhi, notai la mia camera e il silenzio di casa, ipotizzai che mia madre non fosse ancora presente. Alzai la testa e vidi i suoi occhi splendenti collocati su di me.


 
 
 
«Mi gira la testa Nevius.»


 
 
 
 
Rise sornione. «E' questo l'effetto che ti faccio?»


 
 
 
feci una smorfia di finto disprezzo «Che presuntuoso.»


 
 
 
Rise di gusto poi mi adagiò delicatamente sul letto.


 
Averlo lì nella mia stanza mi riportò al giorno in cui dormii a casa sua, tutte quelle foto, il ritratto di quella donna, avevo ancora un sacco di domande che necessitavano una risposta.


 
 
 
«Che fine ha fatto la tua famiglia?»


 
 
 
 
Mi guardò sorpreso, non si aspettava di dover toccare un argomento del genere ciononostante non si ritrasse dal rispondermi.


 
 
 
 
«Di mio padre so poco, lasciò mia madre prima di scoprire che fosse incinta, anche lui era un guerriero ed evidentemente non voleva metterla in pericolo, o forse era solo troppo preso dalla sua missione.
Mia madre invece è la donna che hai visto raffigurata nel dipinto in camera mia, lei era una persona prodiga e amabile.
Anche lei era una guerriera ed era la guardiana delle stelle.
Ha sempre messo la mia felicità di fronte alla sua ed ha smesso di sognare per lasciar sognare me.» Increspò le labbra quando pronunciò quest'ultima frase, c'era tanta amarezza in lui.


 
 
 
 
«In che senso? Se ti va di raccontarmelo ovviamente.»


 
 
 
Restò in silenzio qualche secondo, poi riprese «Quando avevo 12 anni un demone del caos scoprì che ero destinato ad essere uno dei quattro re celesti nonché cavaliere del principe, quindi pensò bene di eliminarmi, scagliò un attacco fulmineo verso di me, che ai tempi ero debole e poco cosciente del mio potenziale, non avevo alcuna speranza di sopravvivere.... tuttavia mia madre contrappose il suo corpo tra me e il colpo inferto da quel mostro.
superfluo dire che le fu fatale.
Prima di andarsene disse che non aveva rimpianti, "rammenta Nephrite andarsene per la persona che ami è una scelta più legittima".»
Nevius deglutì e chiuse gli occhi.
Era opportuno cambiare argomenti, leggevo il dolore sul suo viso.


 
 
 
 
«Come hai conosciuto gli altri generali?» deviai il discorso in una direzione meno dolente. 


 
 
 
 
«Essendo ancora molto piccolo fui spedito in un orfanotrofio, nessuno si sarebbe preso cura di me. Li incontrai gli altri generali, prima del mio arrivo non si erano mai nemmeno parlati tra loro, avevano età troppo distanti, anche se eravamo già tutti e quattro connessi.
Kaspar era il più grande Jack il più piccolo. Facemmo amicizia quasi subito, Zachar si legò molto a me, forse troppo, lei mi vedeva come un fratello ... o forse qualcos'altro non l'ho mai capito.»


 
 
Quando parlò di Zachar il suo sorriso era a dir poco aspro, chissà cos'era capitato tra loro.


 
 
 
 
«Abbiamo servito il principe per moltissimi anni, eravamo amici. Ciononostante Metallia stava conquistando sempre più potere, aveva bisogno di alleati, e ne trovò uno fondamentale proprio nel castello di Endymion.
Vi era una cameriera, da sempre innamorata di lui, ed anche lui sembrava ricambiare, purtroppo però Endymion restava un principe, e lei era solo una cameriera, quell’amore era a dir poco irrealizzabile, non sarebbe mai stato approvato.
In seguito arrivò Serenity che devastò totalmente il cuore di Endymion. Berly non lo accettò mai e fu facile per Metallia corrompere il suo animo fragile.
Ci fu una grande guerra molti morirono, anche Endymion rischiò grosso fortunatamente per lui lo scopo vitale dei generali era di tutelarlo, pertanto donammo a lui le nostre quattro anime per consentirgli di vivere una nuova vita.
Per noi quattro ci fu solo il sonno eterno.
Fummo risvegliati in seguito alla grande guerra, eravamo già nel Dark Kingdom, Berly si proclamò regina e noi eravamo diventati i suoi quattro generali con la memoria mezza lacerata.
Alla fine ognuno di noi ha avuto la sua seconda possibilità. Nel bene e nel male.»


 
 
 
Lo fissavo sconcertata, aveva vissuto una vita tutt'altro che facile.


 
 
 
 
«Pensavo di aver perso ogni traccia di umanità, ma da quando ti conosco, sono più che convinto di avere ancora una piccola parte dell’umano che ero.»
Sorrisi a quell’affermazione, mi guardai per un attimo intorno. Eravamo soli nella mia stanza, stanza che aveva già visto quando mi confessò la sua vera identità, e da quel pensiero mi venne spontaneo porgli quella domanda.


 
 
 
 
«Quante volte sei stato nella mia camera? Oltre a quelle che so.»


 
 
 
 
 
«Quasi tutte le notti.»


 
 
 
Fui sorpresa da quella confessione, perché venire nella mia camera ogni notte cosa lo interessava tanto?


 
 
 
«Hai visto qualcosa di entusiasmante?»


 
 
 
«Ti ho visto dormire, per me è abbastanza interessante.»
Il suo sguardo era appagato.


 
 
«Vorresti restare qui?» sfortunatamente in parallelo a quella richiesta sentii la voce di mia madre dal piano inferiore che era appena entrata in casa.


 
 
«Magari un'altra volta.» Disse sereno.


 
 
«Ci conto». Risposi dispiaciuta.


 
 
Non feci neanche in tempo a pronunciare il suo nome che era già svanito, decisi dunque di accogliere mia madre. Scesi al piano inferiore chiedendole subito della sua giornata. Cercai in tutti i modi di reprimere l’immensa felicità che ancora mi sentivo dentro, mi tremavano ancora le mani, il mio sguardo era a dir poco sognante.


 
 
 
«Tesoro una bella e calda pizza per te.» Disse briosa.


 
 
 
«Grazie mamma, sei un tesoro.»


 
 
passammo tutta la serata a chiacchierare finché non le diedi la buonanotte e tornai in camera mia.
Tornai in stanza leggermente sconfortata, avevo ancora bisogno della sua presenza. Mi distesi sul letto e fissai il soffitto, quella giornata era passata davvero troppo velocemente, iniziai a sospirare e pronunciai dolcemente il suo nome. «Nephrite...» Un fruscio delicato accanto alla finestra apparve fulmineo davanti a essa.


 
 
 
«Sono qui.»


 
 
 
«Mi piacerebbe chiacchierare ancora un po' se ti va.»


 
 
 
«Per me va bene.»


 
 
 
La sua espressione era rilassata e serena, pareva una persona totalmente discordante da quella conosciuta sei mesi fa.


 
 
 
«Potresti concedermi qualche minuto?»


 
 
 
 
«Fai con calma, posso aspettare.»


 
 
 
 
«Mettiti pure comodo.»


 
 
Raccolsi il pigiama da sotto il cuscino e lasciai la stanza, feci una doccia per tentare quantomeno di rilassarmi, ero estremamente su di giri. Lui era nella mia camera con mia madre in casa, non mi ero mai sentita così gioiosa e tormentata allo stesso tempo.
Uscii rapidamente dalla doccia, mi lavai i denti e diedi una pettinata ai capelli. Fortunatamente per me mia madre sostituì il vecchio pigiama con quello nuovo e meno “puccioso”, così almeno non rischiavo di fare la figura della bambina.
Uscii dal bagno camminando in punta di piedi, non volevo assolutamente che mia madre si svegliasse e ritornai in camera, Nevius aspettava appoggiato sul mio letto, squadrava attentamente ogni angolo della camera.
Poi si voltò e m’indirizzò un sorriso rovente, le mie gambe persero la loro stabilità ed iniziarono a tremare, temevo che da un momento all'altro mi fossi ritrovata sul pavimento.
Se solo uno sguardo riusciva a rendermi così fragile, figuriamoci il resto.
Mi distesi sul letto accanto a lui che di tutta risposta mi strinse a sé.


 
 
 
«Sei calda.»


 
Arrossii a quell'affermazione, cosa intendeva per calda? Si riferiva alla doccia o intendeva altro... non sapevo mai come interpretarlo ... tuttavia quell'esclamazione non riusciva a farmi concentrare, non riuscivo a elaborare un pensiero che avesse un minimo di senso, inconsapevolmente mi contrassi, ed ovviamente se ne accorse.


 
 
 
 
«Qualcosa ti ha dato fastidio?»


 
 
 
«No, però... questa situazione ... la tua presenza ...» Lo guardai negli occhi e mi morsi il labbro con tormento.


 
 
 
«Temo di impazzire ogni volta che mi guardi». Rise compiaciuto e fece spallucce per darmene atto.


 
 
 
«anche tu.» Disse deciso, mi fissava senza battere le palpebre.


 
 
 
 
«Io... cosa?» Dissi confusa, non capivo esattamente a cosa si riferisse i pensieri facevano a botte tra loro, seriamente come poteva impazzire per una come me?


 
 
 
«Mi fai impazzire». Poi fece una smorfia «Non mi è mai capitato di sentirmi così, ed ho vissuto abbastanza...»


 
 
 
 
«Hai avuto altre donne?» La domanda sorse spontanea, e fu anche l'unica cosa sensata che riuscì a dire dopo quella confessione.


 
 
 
 
«Troppe.» Rispose seccato.
 
 
 
«Prima hai parlato di dame settecentesche, com’è possibile, non hai solo 100 anni?»


 
 
Sorrise malizioso, «Ho cercato la mia donna in qualunque epoca, i vantaggi di poter viaggiare nel tempo.» si fermò per qualche secondo prima di riprendere, «Ma non è questo che vuoi sapere vero?»


A volte pensavo che leggesse ancora il mio pensiero, ma aveva dato parola ed ero sicura del fatto che la stesse rispettando.


 
 
 
 
«Nessuna mi ha fatto provare ciò che sto provando adesso e all'epoca ero molto più umano.» Stavolta fui io a fare spallucce come per vantarmi del mio potere. Rise di gusto ed io gioii a pieno di quel suo sorriso.


 
 
 
 
 
«Magari però questo avviene solo perché sto passando le mie intere giornate con te e quindi mi sembra normale provare certe cose, probabilmente se non ci vedessimo per un paio di giorni, i miei sentimenti varierebbero ancora.»


 
 
 
 
«Allora resta.» Dissi speranzosa.


 
 
 
 
«Buona idea.»
Dal modo in cui lo disse, evinsi che non aspettasse altro, ero felice come una bambina diventava sempre più parte della mia vita, non potevo essere più felice di così.


 
 
 
 
Lo guardai in modo ironico e dissi: «Devi essere davvero di buon umore, non sei mai così accondiscendente.»
Sorrise ancora una volta ed io mi sciolsi, poi tornò serio. «Approfittane allora.»
Afferrai al volo e lo baciai, non si sottrasse anzi, la situazione divenne sempre più incandescente, gli passai le mani tra i capelli ed anche lui non smetteva di stringere le mie braccia, nel trasporto del bacio si ritrovò sopra di me, ero sicura che sarei morta schiacciata dalle innumerevoli sensazioni che pervadevano il mio corpo, tuttavia Nevius si allontanò di botto da me come colpito da una scossa elettrica.


 
 
 
«Per il momento limitiamoci ai baci, non credo di riuscire a mantenere il controllo della mia forza, e questo non sarebbe un bene per te». Aveva lo sguardo cauto e deciso, ciononostante tentai di stuzzicarlo un ultima volta.


 
 
 
«Invidio il tuo autocontrollo ... fosse stato per me ..»


 
Rise sghembo e occupò di nuovo il suo posto accanto a me.


 
 
Non avevo alcuna voglia di dormire dunque continuammo a parlare per il resto della notte, ad un certo punto mi raccontò dell'unione simbolica fra Zachar e Kaspar, dunque la domanda sorse spontanea e come una bambina curiosa la buttai fuori.
 
 
 
«E tu? Hai mai pensato al matrimonio, funziona come il nostro?»


 
 
Intuì la mia vera intenzione e scoppiò a ridere. «Vuoi sposarti con uno come me? A tua madre verrebbe un infarto e non si avvicinerebbe neanche alla metà della mia vera età.»


 
Si accorse della delusione nel mio sguardo e divenne serio.


 
 
 
«Vedi Nina, purtroppo sono sottoposto ad uno sforzo immenso con la mia potenza, controllo la mia  energia anche per farti una carezza, sei così piccola e fragile, se noi due ci dovessimo sposare dovremmo andare incontro ad una notte di nozze ed al momento il solo pensiero mi fa scalpitare. Ti prometto però che ci proveremo. Adesso però ho io una domanda.»
Sospettavo il tipo di domanda, arrossii in anticipo, ovviamente lo notò.


 
 
 
«Puoi non rispondere.»


 
Gli feci cenno di proseguire, poteva chiedermi qualunque cosa.


 
 
«Hai mai ...?»


 
 
 
«No.» La mia risposta arrivò in modo fulmineo.


 
Sorrise, probabilmente era felice di quella risposta. Mi voltai verso di lui e gli chiesi improvvisamente.


 
 
 
«Mi trovi attraente? Intendo in quel senso...» arrossii copiosamente mentre lui sogghignava.


 
«Sono pur sempre un uomo, e tu sei bellissima, come potrei non essere attratto da te.» E mi fece l'occhiolino.


 
 
 
 
Chiacchierammo per altre due tre ore, ma a un certo puntò mi bloccò notando probabilmente che i miei occhi restavano aperti a stento. Dopo il centesimo sbadiglio mi ordinò di addormentarmi.


 
 
«Mi prometti che resterai qui?» Dissi implorante.


 
 
 
«Lo prometto.»


 
Mi abbandonai sognante tra le sue braccia, e chiusi delicatamente gli occhi.Un altro giorno stava per arrivare, e sarebbe stato un altro giorno insieme a lui.
   
 
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