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Autore: Marge    21/04/2017    2 recensioni
Questa è una storia particolare, diversa dalle solite, un’idea che mi è venuta qualche anno fa ma solo ora ha trovato la via della luce.
L’umanità – o almeno quel che ne resta – vive in Navi organizzate in una grande Flotta spaziale. La Terra è perduta per sempre a seguito di una grande Catastrofe Naturale, e il Gran Consiglio controlla e coordina la vita delle persone, portandole alla ricerca di un nuovo pianeta dove vivere. Ma questo succede ormai da quattrocento anni, e Shui è depresso e triste di questa vita; Mahi invece sogna la terra e l’erba e il sole sulla pelle, con testarda speranza; oltre a loro una professoressa single quarantenne che forse ne sa un po’ di più degli altri, una quindicenne in piena crisi adolescenziale, navi spaziali, universo profondo, lotte di potere, e, ovviamente, i Domini. Ma che fine ha fatto l’Avatar? Come mai da secoli nessuno ne sente più parlare?
Una storia particolare per la quale serve un po’ di fiducia iniziale; non so dove arriverò, ma vi prometto un autentico stile Avatar; pubblicherò un capitolo a settimana e offro biscotti pieni d’amore a chi vorrà farmi avere il suo parere :)
Genere: Avventura, Science-fiction, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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LIBRO PRIMO: ACQUA



IX
Gli uomini volanti e gli uomini torcia



Goya aveva gli occhi spalancati e non riusciva a distoglierli dalle mani di Shui.
“Così mi fai sentire a disagio” si lamentò il ragazzo, ma non smise di creare spirali d’acqua tra le dita.
“So che può sembrare strano” continuò a spiegare Mahi. “Ma a quanto pare, questa era la normalità, per gli antichi abitanti della Terra.”
Avevano cominciato la storia dall’inizio, raccontando ogni particolare, ed erano arrivati alla dimostrazione pratica. Goya scosse la testa e la sua barba folta ondeggiò. “Non riesco a capire. Non è passato abbastanza tempo perché si sia persa totalmente memoria di tutto ciò. Abbiamo continuato a vivere esattamente nella stessa maniera, abbiamo il Gran Consiglio, le scuole, tutte le nostre abitudini…”
“Beh, non proprio allo stesso modo” sussurrò Mahi, come per paura che qualcuno potesse sentirli, anche se erano soli nello scantinato de Il sole nascente. “Quando vivevano sulla Terra, gli esseri umani potevano fare qualcosa senza che il Gran Consiglio lo sapesse. Potevano varcare una porta senza che il loro passaggio fosse registrato o prendere liberamente un passaggio su una Nave Bus. Potevano scrivere e leggere qualcosa senza che altri ne fossero al corrente.”
“Come fai a sapere queste cose?” chiese Shui. La guardava preoccupato, tanto che l’acqua cadde in terra e lì rimase in una piccola pozza.
“Ho letto qualcosa al riguardo. Ci sono pagine, sulla rete inter-Flotta, di gruppi che lottano per una maggior libertà…”
“Ma, come tu stessa hai detto, ora loro sanno che tu hai letto queste pagine. È stata una mossa avventata, Mahi” disse Goya. Shui annuì, grave.
Ma lei scosse le spalle: “Sono pagine visitate da tantissime persone. E non vengono neanche oscurate, quindi probabilmente il Gran Consiglio crede che siano innocue, esattamente come la nostra pagina sulle arti marziali. Io penso che ci concedano un po’ di queste libertà, per tenerci buoni.”
Shui sentì improvvisamente un senso di soffocamento, come se gli avessero stretto due mani attorno al collo. Inalò profondamente per combattere contro un panico serpeggiante.
“Qual è il vostro piano?” chiese Goya.
“Noi non abbiamo un…”
“Trovare gli altri come lui” lo interruppe Mahi. “Se ciò che dice la professoressa è vero, dovranno essercene tantissimi. Essere un dominatore di uno dei quattro elementi era praticamente la norma, un tempo.”
“Forse hanno fatto in modo che non nascessero più” disse Goya con voce grave. Shui rabbrividì ancora. “Ma con quale scopo?”
Alzarono le spalle tutti e tre insieme. C’erano ancora troppe domande senza risposta.
“Al momento abbiamo un dominatore dell’acqua e uno del fuoco. Dobbiamo trovarne degli altri e dobbiamo scoprire cosa è accaduto.”
“E poi?” chiese Shui, senza risparmiare una vena di sarcasmo nella voce. Ma, in realtà, era solo per mascherare una sorda paura, incontrollabile e immotivata, che gli scorreva dentro.
“Se una persona è nata per essere un dominatore, deve esserlo” disse Goya e Mahi annuì con gli occhi accesi.
“È esattamente ciò che intendo!” esclamò. “Dobbiamo rivendicare la libertà di ciascuno di scoprire ed essere ciò che è. I domini potrebbero aiutare tutte le Flotte a trovare il nuovo pianeta!”
“Farò ciò che vuoi” disse Shui prendendole una mano. Spostò gli occhi verso Goya, che annuì, poi di nuovo verso di lei: “Ma non posso nascondere che questa faccenda puzza di losco. Ho l’impressione di fare qualcosa di sbagliato e illegale, e mettersi a tramare alle spalle del Gran Consiglio non è una grande idea.” “A questo proposito, credo di conoscere qualcuno che potrà aiutarci” disse Goya. “Un mio parente ha lavorato per un certo periodo come secondino nella prigione di una Nave Militare. Raccontava sempre delle storie interessanti. Posso portarvi da lui.”


Provarono a contattare Rin, ma la professoressa non aveva alcun modo di lasciare la propria Nave Universitaria con una scusa plausibile per raggiungerli.
“Verrò a presentarle i progressi per la mia tesina appena possibile” disse allora Mahi al comunicatore.
“Stavo pensando che intervistare alcuni soggetti potrebbe essere molto stimolante per…” si inceppò. Shui ammirava la sua capacità di parlare in codice, ma non sempre era facile trovare una parafrasi.
“Ma certo, le testimonianze dirette dei racconti familiari dei discendenti degli ultimi abitanti della Terra sono sempre molto interessanti” terminò Rin per lei. “Io nel frattempo continuerò a studiare quelle carte. Ho delle novità da mostrarti. Ti aspetto nel mio ufficio non appena potrai.”
“Non vedo l’ora” concluse Mahi, e già viaggiava con l’immaginazione e si vedeva al centro di un turbine di fuoco caldo. Si stava seriamente applicando nello Shaolin, ma finora senza alcun risultato.
Il parente di Goya abitava fortunatamente sulla loro stessa Nave. Goya li condusse al suo alloggio. Era un tipo smilzo, dal viso allungato e un paio di occhiali enormi. Non aveva affatto l’aria di un secondino.
“Oh, le celle delle Navi Militari sono talmente sicure” disse lui sventolando una mano. “E poi, anche potendo fuggire dalla cella, dove potrebbe andare, un prigioniero? In questa nostra società di Navi e computer non c’è molto spazio per la libertà.”
Shui notò che Mahi aveva corrugato le sopracciglia e storto la bocca.
“Ad ogni modo, gli amici di Goya sono miei amici, quindi accomodatevi. Io mi chiamo Pao e posso offrirvi una tazza di thé, se la desiderate.”
Di sicuro, aver lavorato per una Nave Militare aveva i suoi vantaggi, se Pao poteva permettersi di dividere la sua razione di thé con due sconosciuti. Ad ogni modo, Shui non avrebbe rifiutato un’offerta così generosa per nulla al mondo, quindi si affrettò a sedersi su uno dei divani dell’alloggio di Pao.
“Lei è Mahi” cominciò Goya, “e sta frequentando un corso universitario di Storia delle antiche popolazioni terrestri. Ricordo che mi avevi raccontato di alcuni prigionieri che parlavano di alcune vecchie tradizioni.”
“Oh, i prigionieri in quelle celle fanno presto ad impazzire: è la mancanza di stimoli, sapete” cominciò Pao. Volteggiava da un lato all’altro della sua stanza per preparare le tazze di thé come se camminasse sulle punte. Shui notò che non portava gli abiti civili forniti a tutti gli abitanti delle Navi, ma un pigiama morbido e delle babbucce a punta. Chissà dove si era procurato abiti così strampalati.
“Meno stimoli addirittura che su una qualsiasi Nave?” commentò ironico.
Pao si voltò a guardarlo agitando un cucchiaino: “Giovanotto, su quante Navi sei stato nella tua breve vita? Immagino tu non abbia mai messo piede in una Militare.”
“Ringraziando l’Universo, ancora no. Sono magazziniere di questa Nave Alimentare, e tanto mi basta” rispose lui alzando le spalle. Giovanotto? Pao non poteva avere più di trentacinque anni, non erano poi così distanti.
“Anche io lavoro sulla Nave Alimentare” intervenne Mahi con tono conciliante. “Settore cucine. Ma allo stesso tempo desidero continuare i miei studi, e trovo affascinanti le civiltà terrestri. Credo che dovremmo studiare com’eravamo, per prepararci all’atterraggio sul nuovo pianeta.”
“Se mai succederà, che lo voglia l’Universo” sentenziò Goya. Shui trattenne una risatina per il tono formale che aveva assunto, neanche si trovassero al cospetto del Primo Consigliere in persona.
“Prima o poi accadrà” annuì Pao. “Quindi, dicevamo, vecchie civiltà?”
“Ricordi quella volta in cui mi raccontasti di un prigioniero impazzito che vaneggiava di uomini volanti e uomini torcia?” disse Goya.
Mahi e Shui si guardarono in tralice.
“Sì, era un povero folle. Dichiarava di aver visto uomini volare proprio come accadeva sulla Terra un tempo, testuali parole. Quanto agli uomini torcia, sosteneva di esserne uno lui stesso, ma in tutto il tempo che è rimasto in quella cella, nessuno gli ha mai visto neanche accendere un fiammifero. Del resto, non ci mettiamo certo a fornire del fuoco a dei prigionieri.”
Posò davanti a loro le tazze fumanti.
“Per quale motivo era in prigione?” chiese Mahi.
Pao aggrottò le sopracciglia, restio, ma le rispose: “Organizzazione a delinquere e sovversione. Veniva da una di quelle piccole Navi che viaggiano sempre alla periferia delle Flotte. Per fortuna presto verranno smantellate e i loro pochi abitanti ridistribuiti nelle Navi più grandi.”
“Non conosco queste Navi” disse Shui.
“Oh, si tratta di quelle che erano partite per l’Universo prima della Catastrofe. Si sono riunite alle Flotte in seguito ma continuano a voler mantenere una certa, come dire… indipendenza.” Pronunciò la parola con una smorfia, come se avesse trovato un capello nella sua tazza di thé.
“Ricorda altri prigionieri che parlavano delle antiche civiltà terrestri?” chiese Mahi, dopo un momento di silenzio carico.
“Oh, in quelle condizioni si mettono tutti a frignare di mammina o di quanto erano belle le favole della nonna. E qualche volta queste sono ambientante sulla Terra, ovviamente, come tutte le antiche favole tramandate. Ma di uomini volanti non ho più sentito parlare.”
“La leggenda della Regina di Ghiaccio!” esclamò allora Shui. Si voltarono tutti a guardarlo. “Mia nonna la raccontava sempre: c’era questa Regina che si era costruita da sola un grande palazzo di ghiaccio con le sue sole mani, plasmando la neve e…”
“Non è questo il momento” lo fulminò Mahi. Shui tacque perché vide il suo sguardo complice.
“Signor Pao, ci racconti ancora, se può.”
Passarono ancora mezzora nel suo alloggio, ma Pao non tirò fuori nulla di più interessante, continuando invece a starnazzare contro qualsiasi forma di ribellione alle Flotte. Quando si congedarono, lungo il corridoio, Shui prese la mano di Mahi e gliela strinse forte.


  
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