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Autore: There is always hope    25/04/2017    0 recensioni
La mia storia si colloca tra la fine della 3A e l'inizio della 3B di Once Upon A Time. Sappiamo che Killian è riuscito a sfuggire al sortilegio lanciato da Regina, Snow e Charming, per poi essere tornato nel nostro mondo in cerca di Emma grazie ad un fagiolo magico, datogli da Barbanera in cambio della Jolly Roger.
Ho sempre provato ad immaginare come fossero andate veramente le cose, così ho scritto questa storia.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Barbanera, Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, William Spugna
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Dopo essermi rifocillato con un ottimo pasto, riuscii a pensare con più calma al da farsi. Avevo la pozione della memoria, cosa che risolveva metà dei miei problemi; ma la situazione era ancora difficile. Come sarei riuscito a convincere Emma a berla? Se mi fossi ripresentato alla sua porta mi avrebbe sicuramente infilzato con un coltello. Maledizione a quel suo caratterino, alla sua testardaggine e anche ai miei istinti animaleschi. Mi ero comportato da perfetto decerebrato e adesso ne avrei pagato le conseguenze. Non potevo semplicemente presentarmi e chiederle di parlare come due persone civili? Perché dovevo sempre essere un pirata imbecille?L'unica cosa che mi restava da fare era pedinarla e cogliere il momento opportuno per parlarle, convincerla a bere quella dannata pozione e, così, andarcene insieme a Storybrooke.
“Un gioco da ragazzi” mi dissi, sarcastico.
Il signor Kitsis mi aveva dato la possibilità di restare nella sua casa fin quando avessi voluto, ma non volevo coinvolgerlo più di quanto non avessi già fatto. Era stato davvero gentile con me e non mi guardava come facevano le persone di solito, con un misto di disgusto e paura. Mi ero guadagnato la fama di pirata a discapito di molte persone, facendo cose orrende e, anche se odiavo ammetterlo, non sopportavo molto quegli sguardi che mi giudicavano. Per una volta non dovevo giustificarmi di ciò che avevo fatto per chiedere un favore a qualcuno.
“Allora signor Jones, ha pensato a come risolvere il suo problema?” mi chiese Kitsis. Era quasi calata la sera e avevo passato tutto il pomeriggio steso sul divano a rimuginare, ancora e ancora, sperando di trovare un modo per avvicinare Emma senza farla spaventare come avevo fatto la mattina.
“Non esattamente” risposi.
“Senta, non vorrei sembrare invadente ma le andrebbe di dirmi il nome della persona che ha bisogno di convincere? Se ho ben intuito deve abitare qui; io conosco l'intero palazzo. Magari posso darle una mano.” disse Kitsis.
Non era poi una così cattiva idea, pensai. Avrei potuto dirgli giusto qualcosa per farmi aiutare, tralasciando i particolari… assurdi.
“Il suo nome è Emma. Emma Swan.” dissi.
“Oh, la deliziosa ragazza del quarto piano che vive con il figlio Henry? Si, la conosco. A quanto so si è trasferita qui all'incirca un anno fa e che prima abitava a Boston.”
“Boston?” pensai “certo che Regina aveva fatto un incantesimo perfetto!”
Decisi di stare al gioco, e dissi: “Si, infatti. Non la vedo proprio da quel periodo. C'è stato...emh… l'incidente di cui lei parlavo poco fa, in seguito al quale lei ha riportato quei piccoli problemi alla memoria. Per questo è dovuta andare via. Da allora non ho più avuto sue notizie e non so come è andata avanti la sua vita.”
“Capisco. Quello che posso dirle è che ha un buon lavoro, il figlio frequenta un ottima scuola ed è sempre disponibile a dare una mano nel palazzo o a scambiare quattro chiacchiere. Ogni tanto lascia Henry da me quando la baby- sitter non è disponibile. Ah, inoltre qualche mese dopo il suo arrivo qui ha conosciuto un ragazzo; si frequentano da allora.”
A quelle parole mi alzai di scatto dal divano. Emma frequentava qualcuno? Sentii crescere dentro di me una strana sensazione, qualcosa che non provavo da tempo, qualcosa che mi dava voglia di distruggere tutto quello che avevo intorno... e di picchiare Kitsis per avermi dato quella notizia catastrofica. Chi era questo verme inutile che aveva osato posare gli occhi su Emma ed essersi introdotto nella sua vita? Avevo una tremenda voglia di trovarmi di fronte a lui e infilzarlo con il mio uncino!
“Si sente bene?” chiese Kitsis.
Lo guardai, senza vederlo davvero. La rabbia mi aveva offuscato i sensi, non capivo più nulla; il pasto di poco prima stava risalendomi per lo stomaco.
“SIGNOR JONES?” mi sentii strattonare al braccio. Kitsis mi fissava allarmato e anche un po' spaventato.
Mi accorsi che non stavo nemmeno respirando, quindi feci rientrare aria nei polmoni, prima di sentirmi male sul serio.
“Mi scusi. Questa notizia non mi ha reso particolarmente allegro.” dissi.
“L'ho notato” affermò Kitsis “Le prendo un bicchiere d'acqua. Per un attimo è diventato talmente rosso in viso che ho temuto le stesse per scoppiare il cervello…...” continuò a blaterare mentre si dirigeva verso la cucina. Non prestai la minima attenzione alle sue parole, tanto che quando fu di ritorno interruppi qualsiasi cosa stesse ancora dicendo, esclamando: “Mi parli di questo tizio!”
Kitsis mi porse il bicchiere d'acqua, lo afferrai meccanicamente, e ascoltai le sue parole: “Se devo essere sincero non so molto, non ho mai avuto l'occasione di parlare con lui faccia a faccia. Solo qualche buongiorno e buonasera. Sembra un tipo per bene, educato e non deve nemmeno passarsela male economicamente. Ah, quasi dimenticavo, si chiama Walsh.”
Avevo come la sensazione di aver già sentito quel nome, ma non sapevo dove.
“E poi?” dissi, furibondo “Non sa più nulla?”
“No, signor Jones. Mi spiace.” rispose Kitsis. “Forse dovrebbe calmarsi un attimo, tra un po' consumerà il pavimento col tanto fare avanti e indietro.”
Non mi ero nemmeno reso conto di essermi mosso. Mi fermai. Guardai fisso Kitsis e dissi una cosa che mai avrei pensato di poter dire: “Lei deve aiutarmi!”

Qualche ora dopo mi trovavo di fronte un ristorante. Kitsis era salito a casa di Emma, con la scusa di chiederle come si sentisse Henry, visto che pochi giorni prima aveva avuto la febbre. Avevano parlato per un po' e la mia spia aveva scoperto che la sera Emma sarebbe andata a cena con quell'essere ripugnante, in uno “dei ristoranti più esclusivi di New York”.
Avevo un piano: ero deciso a seguirla e parlarle, con la speranza che non facesse una scenata in un luogo affollato. Mi ero anche preparato un asso nella manica che non poteva fallire. Dovevo assolutamente convincerla, dannazione!
Kitsis mi aveva consigliato di seguirla con una di quelle scatole gialle e mi aveva anche dato i soldi per pagare il viaggio. Arrivati al ristorante avevo fermato il conducente, lo avevo pagato e mi ero appostato vicino l'entrata del ristorante, cercando di non farmi vedere da Emma.
Lei si era diretta verso un tavolo, dove stava seduto un tizio: doveva trattarsi del famoso Walsh. Quando lei arrivò lui si alzò per salutarla, così potei guardarlo meglio in viso. “Maledizione!” esclamai. Si trattava dello stesso uomo contro cui ero andato a sbattere la mattina. Di nuovo provai la stessa strana sensazione: quell'uomo aveva qualcosa di pericoloso nel suo sguardo. Sentivo le braccia formicolare, mentre la voglia di irrompere dentro il ristorante e picchiare quel tizio cresceva sempre di più.
“Mantieni la calma, Killian. Non fare cose di cui poi potresti pentirti. Ne vale la fiducia e il bene di Emma” dissi tra me e me.
Aspettai e aspettai, mentre loro mangiavano e ridevano, e desideravo ardentemente di essere io a far ridere Emma in quel modo. Stavo bruciando di gelosia, ormai non potevo negarlo.
Ad un tratto Walsh si alzò e io ne approfittai: corsi dentro il locale e mi sedetti al suo posto. Emma era intenta ad utilizzare quell'aggeggio che serve a parlare a distanza con un'altra persona e non si accorse subito che ero io ad essermi seduto sulla sedia e non il suo accompagnatore.
Quando alzò lo sguardo la vidi raggelarsi e tentai subito di calmarla e zittirla, soprattutto. Mi scusai per ciò che le avevo fatto la mattina, ma lei mi intimò di andare via. Non le diedi retta: le dissi nuovamente che la sua famiglia era in pericolo, che, al momento, sapevo molte più cose io di lei, riguardo se stessa. E per provarle la verità sganciai l'esca: presi un biglietto su cui avevo scritto l'indirizzo di un luogo dove eravamo stati entrambi, l'appartamento di Neal. Le dissi anche che, se non voleva credermi, poteva usare il suo super potere e, così, avrebbe capito che non stavo mentendo. Capì dal suo sguardo che avevo fatto centro: qualche muro si stava sgretolando, ma lei continuava ad aggrapparsi alla logica, cercando di sfuggire alla verità. La guardai dritto negli occhi e le dissi di fidarsi del suo istinto e prima di andare via le diedi appuntamento a Central Park, che mi era stato consigliato da Kitsis.
Mi alzai e andai via, sicuro di essere riuscito nel mio intento; se conoscevo bene Emma la prima cosa che avrebbe fatto la mattina dopo sarebbe stata andare all'appartamento di Neal.
Ormai ne ero certo: entro domani sera sarei riuscito a far bere ad Emma quella maledetta pozione!

 

   
 
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