Titolo:
Miraculous Heroes 3
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 3.334 (Fidipù)
Note: Buon venerdì! Eccoci qua con un nuovo aggiornamento di
Miraculous Heroes 3! Or bene, a questo giro ho un po' di cosette da
dire...in verità, rispetto al solito son poche, ma nell'aggiornamento del
mercoledì ho sempre delle note così striminzite...vabbè, passiamo agli
argomenti della giornata: dunque, dovete sapere che io vivo in Toscana e
sono sempre stata appassionata dagli Etruschi, onde per cui...tadan!
Indovinate chi compare in questo capitolo? Esattamente, proprio gli
Etruschi! Sono solo accennati in una discussione fra Sarah e un certo
professore ma...beh, ci sono! E ho pensato di far girare questa
discussione sulle origini incerte degli Etruschi: sapete che c'è una
corrente - molto misera, devo dire - che pensa che gli Etruschi siano
giunti fino in Italia da Atlantide? Devo dire che ho colto la palla al
balzo, quando l'ho letta e quindi l'ho infilata nel capitolo, per un
piccolo accenno (in fondo, certi kwami provengono da un certo continente
ormai andato) e...
Beh, non vi sto a dire altro di quello che succede in questo nuovo
capitolo!
Come sempre, però, vi voglio ringraziare tutti quanti per il fatto
che leggete, commentate, inserite in una delle liste questa mia storia (e
tutte le altre, anche!).
Grazie di tutto cuore!
E noi ci vediamo domani con un nuovo appuntamento di Lemonish!
Thomas sbadigliò, alzando poi la testa e
osservando la strada lievemente in salita che portava alla scuola: «Voglio
dormire…» mormorò, sentendo il kwami ridacchiare da dentro il giaccone:
«Ehi, sono reduce da un combattimento…»
«Ci farai l’abitudine» dichiarò Nooroo, con una nota orgogliosa nella
voce: «E poi ti stai anche allenando con Xiang. Sono certo che…»
«Thomas Lapierre.»
Il ragazzo si voltò, trovandosi davanti Manon Chamack: Thomas mantenne il
contatto visivo con la compagna più piccola, ricordandosi che, in un
documentario, aveva letto che non bisognava mai perderlo in uno scontro,
altrimenti l’avversario avrebbe capito la sua superiorità.
Ok. Poteva farcela.
Sì, certamente.
Inspirò, abbassandolo pochi secondi dopo e maledicendosi mentalmente.
Chi doveva mantenere il contatto visivo per non dimostrare la propria
debolezza?
Lasciò andare l’aria, alzando il mento e notando che Manon non si era
mossa di un millimetro: «Che vuoi?» domandò e già immaginava Nooroo che lo
fissava sconsolato, a quanto pareva il kwami viola ci teneva molto
all’etichetta e al galateo.
La ragazzina sospirò, guardandosi attorno e poi annuendo con la testa,
fissandolo nuovamente negli occhi: «Thomas Lapierre» ripeté, fermandosi un
attimo e lasciando passare una signora che veniva dalla direzione opposta
a quella in cui lei era: «Io so.»
Marinette picchiettò la matita sul foglio, osservando la bozza del disegno
e storcendo le labbra, cercando di capire che cosa voleva fare della
giacca maschile che stava progettando.
Un modello classico o sportivo?
Qualcosa di stravagante?
Inspirò profondamente, chiudendo gli occhi e immaginando Adrien…
Pessima idea.
Gabriel l’aveva avvertita di non fossilizzarsi su di lui e di pensare un
modello X per creare così capi di abbigliamento che potevano essere
indossati da chiunque e non solo da chi assomigliava al marito; il
problema era che, ogni volta che chiudeva gli occhi, il volto e il fisico
di Adrien apparivano chiari alla sua mente.
«Problemi?» domandò la voce di Nathaniel, facendole riaprire le palpebre e
trovandosi il rosso davanti, che le sorrideva convinto: «Sembravi…»
«Volevo disegnare una giacca» spiegò Marinette, indicando le poche linee
che aveva tracciato: «Solo che non ho le idee ben chiare e stavo provando
a immaginarla.»
«Capisco. Alle volte succede anche a me…» mormorò il rosso, sistemandosi
davanti a lei: «Ho in mente l’idea di un bracciale, solo che allo stesso
tempo non ce l’ho. E’ frustrante devo dire» continuò, poggiando la testa
contro il pugno chiuso e osservando il disegno: «Sono certo che sarà
qualcosa di meraviglioso come sempre.»
«Lo spero.»
Nathaniel piegò le labbra in un sorriso, allungando una mano e sfiorando
quella di Marinette, facendo passare il polpastrello sulla fede della
ragazza: «Credi in te, Marinette» mormorò, continuando a toccarla e
regalandole un’occhiolino, ritornando al suo posto sotto lo sguardo
sbigottito della mora: dove era finito il ragazzo timido e impacciato che
tanto le assomigliava?
Chi era quello che aveva davanti?
«S-stai bene?» domandò, tirandosi indietro e osservando l’amico, sotto una
luce nuova: Nathaniel non era mai stato così sfrontato con lei, neanche
quando le piaceva al collége. L’aveva sempre osservata da lontano e, solo
quando era stato akumatizzato da Papillon, aveva fatto la sua mossa.
Possibile che…
Adrien l’aveva ipotizzato, gettandola lì come idea eppure…
Possibile che Nathaniel fosse sotto l’influsso del Dì Ren?
«Nath…»
«Sto bene, sto bene.» dichiarò il rosso, infilando le mani nella tasca
della felpa che indossava e sorridendole: «Ti ho parlato della tipa con
cui esco, no? Ecco, stare con lei mi ha reso più…mh, come dire? Espansivo.
Mi ha dato fiducia in me e…» si fermò, mordendosi il labbro inferiore e
scuotendo poi la testa: «Non volevo metterti in imbarazzo,
Marinette.»
«N-no, i-io…»
«Anche tu sei cambiata da quando stai con Adrien? Sei più aperta, più
sicura…» Nathaniel assentì, abbassando lo sguardo: «Stare con chi si ama e
ci apprezza ci cambia. Vero?»
«Già» mormorò la ragazza, sorridendo dolcemente e fissando il disegno, su
cui poggiò entrambe le mani: «Sono contenta che hai trovato…» Marinette si
bloccò, osservando Nathaniel mettere le dita sopra le sue e donandole un
sorriso caloroso: «N-nathaniel?»
«Alle volte mi pento veramente di non essermi fatto avanti prima di lui…»
sospirò il rosso, lasciandola andare e rialzandosi: «Beh, ormai è tardi.
No? Ho una ragazza che amo ma tu sarai sempre speciale per me, Marinette.»
dichiarò, passandosi la lingua sulle labbra: «Vado in classe.»
La mora annuì, osservandolo andare via e rilasciò il fiato: cosa era
appena successo?
«Tutto bene, Marinette?» domandò Tikki, facendo capolino dalla borsa della
ragazza e osservandola: «Nathaniel era…»
«Strano?»
«Io direi intraprendente» dichiarò la kwami sorridendo dolcemente: «Anche
se non ha molte speranze, vero?»
«Io…io…»
«Calmati, Marinette. Lui ha parlato al passato.»
«Ti sembrava il comportamento di uno che parlava al passato?»
Tikki ridacchiò, osservando la sua Portatrice e inclinando la testa: «Mh.
Forse Adrien dovrà stare attento: ha un rivale, a quanto pare.»
«Tikki!»
«Ma ovviamente, per quanto ci provi, Nathaniel non potrà mai farcela conto
Adrien.»
«Ovviamente.» bofonchiò la ragazza, mostrandole la fede che portava al
dito: «Mi sono sposata, ricordi?»
«Conosco uno che non si faceva problemi di fronte a una cosa come il
matrimonio…» mormorò la kwami, sospirando: «Cosa mai ci avrò visto in lui,
lo so solo io.»
Marinette ridacchiò, chiudendo l’album da disegno e riponendolo nella
borsa: «Plagg poteva rivaleggiare con Rafael, eh?»
«E avrebbe vinto.»
«Immagino avesse l’aria da cattivo ragazzo…»
«Lo era.»
«…a cui non si sa resistere.»
«Tu hai resistito a Chat Noir» mormorò la kwami, sospirando: «Certo, Chat
era molto più tranquillo rispetto a Plagg.»
«Davvero?» domandò la ragazza, scuotendo la testa: «Io ho saputo resistere
a Chat Noir? Direi il contrario.»
«Per un breve tempo ce l’hai fatta» si corresse Tikki, ridacchiando: «E
non dirò niente a tuo marito, vorrei evitare che si montasse la testa più
di così.»
«Grazie mille.» dichiarò Marinette, sistemandosi la borsa sulla spalla e
uscendo dall’aula studio ove si era rifugiata, dando poi un’occhiata
all’ora: aveva lezione fra un bel po’ e magari poteva concedersi uno
spuntino al bar…
«Marinette Dupain-Cheng!» esclamò una voce femminile, facendo voltare la
ragazza verso la scala di metallo che dominava l’ingresso della scuola,
mentre l’insegnante che l’aveva chiamata scendeva velocemente i gradini,
seguita da un uomo: Agnès Leroux si sistemò gli occhiali dalle lenti
quadrate, sorridendole calorosamente e, incurante del generoso seno,
l’abbracciò stretta, quasi soffocandola: «O forse dovrei dire Marinette
Agreste.»
«Co-come preferisce…» mormorò la ragazza, facendo un passo indietro: la
professoressa Leroux era famosa in tutto l’istituto per i suoi abbracci al
limite della molestia, soprattutto perché, se non eri dell’altezza giusta,
la donna era capace di spalmarti in faccia il seno abbondante.
Sfortunatamente per Marinette, lei non era dell’altezza giusta ed era
anche una delle preferite della donna.
«Volevo presentarti una persona…» gongolò Agnès, voltandosi verso l’uomo e
sorridendogli: «Questa è la ragazza di cui le parlavo, monsieur Wong.
Marinette, questo è uno dei nostri più cari finanziatori: Kun Wong ed è…»
«Sono cinese, sì.» dichiarò l’uomo che, dietro la donna, rimaneva composto
e austero: «Madame Leroux mi ha parlato molto bene di lei, madamoiselle…»
«Madame, Wong. Marinette è sposata.»
«Oh. Così giovane?»
«Sì, ed è anche recente» tubò la donna, sorridendo a Wong: «Si è sposata
due settimane fa – sono già due settimane, cara? – con il figlio di
Gabriel Agreste, il noto stilista: Adrien Agreste, il modello di punta del
padre. Ed è stato un matrimonio bellissimo: mi hanno detto che Marinette e
Adrien sono innamorati fin da piccoli. Una vera favola d’amore.»
Ah. C’era anche la professoressa Leroux al suo matrimonio?
Ma possibile che non fosse stata attenta a nessuno tranne che Adrien?
Sì, ricordava che c’erano stati i suoi amici e i loro genitori ma…
Beh, fine delle persone che ricordava al suo matrimonio.
«Congratulazioni allora» dichiarò Wong, con un piccolo cenno del capo e
sorridendole: «Ero intenzionato a invitarla a cena, madamois…volevo dire
madame Agreste, per parlare dei suoi lavori ma penso che non sia…»
«No, per niente.» dichiarò prontamente Marinette, sorridendo impacciata:
ma cosa stava succedendo? Perché tutti erano interessati a lei?
E dov’era quel gatto geloso quando c’era effettivamente bisogno di lui?
«Monsieur Wong si è innamorato del tuo abito da sirena.»
«Oh.»
«Un lavoro veramente eccellente, sinonimo di creatività e talento»
dichiarò Kun Wong, prendendo un biglietto da visita dall’interno della
giacca e porgendoglielo: «Ero intenzionato a farle una proposta di lavoro
per il mio marchio.»
«In verità, io…»
«Deve sapere che Marinette è già sotto la protezione di suo suocero,
Gabriel Agreste e verrà presa dalla sua maison non appena lascerà la
nostra scuola» lo interruppe Agnès, sorridendo: «Inoltre anche Willhelmina
Hart è interessata a lei.»
«Le farò una proposta che non può rifiutare, madame Agreste.»
«Oh, Marinette!» La professoressa Leroux chiocciò, sorridendole complice:
«Sei così ricercata.»
«La ringrazio infintamente, ma non ho intenzione di accettare alcuna
proposta» mormorò Marinette, abbozzando un sorriso: «Adrien ed io abbiamo
un piano e…»
«E se con suo marito non andrà?»
«Ne dubito.»
«La prego di pensarci, madame Agreste. Se…»
«Non esistono se nella mia vita con Adrien» dichiarò Marinette, alzando la
testa e fissando il cinese negli occhi: «Adrien è il mio amore e mio
marito e non ho assolutamente intenzione di accettare alcuna offerta di
lavoro, all’infuori di quella della maison Agreste.»
«Ma Marinette…»
«Ora, se mi volete scusare, dovrei andare a lezione» dichiarò la ragazza,
salutandoli entrambi con un cenno del capo e prendendo la strada che
portava al piccolo bar esterno.
«Marinette Agreste» la voce di Kun Wong la fermò, facendola voltare e
osservare il cinese a pochi passi dalla professoressa: «Non sono un uomo
che si arrende: ho visto i suoi lavori e mi sono piaciuti. Io l’avrò nel
mio marchio.»
«Beh, buona fortuna.» sentenziò la ragazza, scuotendo la testa e
andandosene velocemente, cercando il cellulare nella borsa e sorridendo
nervosa alla propria kwami; si fermò, componendo veloce il numero di
Adrien e attese che lui rispondesse: «Adrien?»
«La mia bella mogliettina non riesce a stare lontano da me, che deve
chiamare per sentire la mia voce?»
Marinette sorrise, inspirando profondamente e socchiudendo gli occhi: «A
quanto pare sì. Avevo proprio bisogno di sentirti.»
«Mh. Cosa è successo?»
«Di tutto.»
«Vuoi raccontarmi, my lady?»
«Stasera a casa, così potrai dare di matto tranquillamente.»
«Ah. Questo non mi piace…»
«Adrien?»
«Sì, mon coeur?»
«Tra noi andrà tutto bene?»
«No» mormorò il ragazzo, dopo una manciata di secondi in silenzio: «Io ti
farò ammattire, tu me lo farai notare e forse litigheremo un giorno.
Abbiamo mai litigato noi? No? Rafael dice che il ses…»
«Adrien.»
«Vedi? Hai già cambiato tono e solo perché stavo facendo un accenno a…»
«Adrien»
«Ti amo, Marinette. Sei la mia vita e il mio cuore. Sei il mio intero
mondo e non potrei mai lasciarti andare. Quindi non andrà mai tutto bene
fra di noi, è una cosa normale in ogni coppia ma saremo sempre insieme»
mormorò Adrien, sospirando poi pesantemente: «E Rafael sta facendo il
verso del vomito. Come se non l’avessi sentito prima con Sarah: oh,
apettina mia.»
«Io non la chiamo apettina mia!» sbottò la voce dell’altro modello al
telefono, facendo ridacchiare Marinette: «Marinette, sei autorizzata da
tutta la squadra a mollare questo gattaccio!»
«Come se lo facesse, pennuto» bofonchiò Adrien, sbuffando poi nel
telefono: «Stasera mi dici per filo e per segno come sei arrivata a certi
pensieri, ok?»
«Ok.» mormorò Marinette, mordendosi il labbro inferiore: «Adrien?»
«Sì?»
«Ti amo.»
«Lo so, my lady. Me lo hai dimostrato anche stamattina quando sei venu…»
«Però voglio il divorzio!»
«Quanto sei suscettibile!»
Sarah si fermò davanti la cattedra, osservando l’uomo mentre stava
sistemando gli appunti della lezione nella cartella di pelle: «Ho letto il
suo libro sugli Etruschi» esclamò, stringendo la borsa contro il petto e
sospirando: «La parte sulle ipotesi delle loro origini, poi mi ha
completamente preso. Rafael ha dovuto togliermi il libro di mano,
altrimenti non mi sarei mai addormentata.»
«Oh. Ed io che credevo che la gente comprasse i miei libri come
alternativa al sonnifero» dichiarò Emilé, sorridendo alla ragazza: «E
quando mi darai del tu, ragazza mia? Sei la fidanzata di mio figlio, una
figlia per me quasi.»
«Veramente non c’è un’origine certa? Per un intero popolo?»
«No, purtroppo.» mormorò l’uomo, togliendosi gli occhiali e sorridendo:
«Ci sono molte ipotesi ma nessuna prevale sulle altre. Per molto tempo ho
sperato che provenissero dal lontano Occidente, un lascito di un antico
impero che venne sommerso dal mare…»
«Atlantide?»
«Esattamente, Sarah» Emilé sospirò, scuotendo il capo: «Rafael ha
rispolverato le mie ricerche sul continente perduto e ciò mi ha fatto
tornare alla mente i miei voli pindarici su quella civiltà. Fantastica,
certamente, ma sempre un sogno per ogni archeologo» si fermò, tossendo un
po’ e poi riportando l’attenzione sulla ragazza: «Ma sentiamo: quale
ipotesi ti sembra più adatta?»
«Direi l’ipotesi del popolo del mare, se proprio ne devo scegliere una.»
«I Tereš o Turša…» mormorò Emilè, tossendo nuovamente: «Beh, sono un
popolo citato anche dagli egizi e potrebbero essere un’origine per questo
popolo misterioso che si è stanziato nell’antica Etruria. Inoltre, ciò li
collegherebbe anche a un altro mito…»
«Quello della città di Troia!» esclamò Sarah gioiosa: «Perché se così
fosse, potrebbero essere stati Enea e i suoi che giunti nell’Etruria via
mare, poi avrebbero dato origine a questa popolazione.»
«Cantami, o Diva, del pelide Achille l'ira funesta che infiniti addusse
lutti agli Achei…» recitò l’uomo, sospirando soddisfatto: «Questo sì, che
era talento letterario» mormorò, poco prima che un attacco di tosse lo
costrinse a piegarsi in due sulla cattedra.
Sarah fissò Emilé mentre, rosso in viso, cercava di respirare e venendo
impedito dalla tosse che gli sconquassava il petto; rimase inerme,
incapace di fare alcunché fino a quando l’uomo non si calmò e, respirando
profondamente, si tirò su: «Perdonami.»
«Sta bene?»
«Ho preso una brutta influenza e sempre non volermi lasciare» mormorò
Emilé, inspirando profondamente e lasciando andare l’aria con calma:
«Dovrei veramente farmi vedere: è ora di superare la mia fobia per il
dottore e andare.»
«Direi anch’io» mormorò Sarah, fissandolo seria: «Rafael lo sa?»
«Sì, per mia somma sfortuna, ha assistito a un attacco anche lui e ogni
tanto – ogni tanto spesso, mi viene da aggiungere – mi ricorda di andare
dal medico» dichiarò Emilé, sbuffando: «Come se lui ci andasse volentieri:
ricordati, Sarah, se mai starà male va legato bene e portato di peso dal
suo dottore.»
«Me lo segnerò.»
«Oh, Alain mi ha detto che sei andata a vivere con lui?»
«Co-cosa?»
«Sono veramente contento. Ho già detto a Rafael che ti voglio come nuora,
quindi che si sbrighi a farti anche la proposta.»
Non usciva.
Thomas si affacciò, osservando gli alunni delle altre classi del Collége
de Navarre uscire mentre Manon Chamack sembrava essere risucchiata in
qualche buco nero: quella mattina l’aveva fermato, buttando lì che lei
sapeva senza spiegare nulla.
Niente di niente.
Se n’era andata, lasciandolo come uno stupido.
Ma ora…
Ora avrebbe avuto la risposta alla domanda che lo attanagliava da quando
lei avevi parlato: Manon Chamack sapeva. Ma cosa?
Fermò i propri pensieri, osservandola uscire con due sue amiche e inspirò
profondamente: sapeva che, fermandola e portandola via, avrebbe suscitato
chissà quali chiacchiere – già vedeva le due che erano con lei parlare di
dichiarazioni o altro – ma la conoscenza superava tutto ciò.
Raddrizzò le spalle, alzò il mento e, a passo di marcia, la raggiunse e si
fermò davanti a lei: «Dobbiamo parlare» dichiarò, squadrandola e notando
come lei non mostrasse nessuna emozione: «Ora.»
«D’accordo» mormorò la ragazza, voltandosi verso le due e sorridendo: «Ci
sentiamo dopo!» trillò allegra, prendendolo poi per una mano e
trascinandolo fuori dalla scuola, in strada: e adesso perché era lei che
aveva preso in mano la situazione? Doveva essere lui a portarla da qualche
parte e farle domande.
La seguì docilmente, mentre lei lo conduceva nel piccolo parco vicino la
scuola: lo stesso dove Thomas aveva incontrato per la prima volta Lila e
Wei; Manon si fermò vicino a una panchina e si guardò intorno,
accertandosi che non ci fosse nessuno nei paraggi: «Vuoi parlarmi di
stamattina, vero?» bisbigliò, mentre si torceva le mani con fare nervoso.
«Io pensavo di parlare del tempo» bofonchiò Thomas, incrociando le braccia
e fissandola male: «Certo che voglio parlare di stamattina! Te ne esci con
‘Io so’ e poi te ne vai…»
«Ti giuro, io non l’ho fatto apposta.»
«Cosa, Chamack?»
«Ero nello spogliatoio maschile perché mi stavo nascondendo Noèmie e so
per certo che lei non entrerebbe mai lì e…»
«Spogliatoio maschile? Mi hai visto nudo?»
«Cosa? No!»
«E allora che…»
«Ti ho visto trasformarti…» dichiarò Manon, fissandolo negli occhi: «…in
Hawkmoth.»
«Co-cosa?»
«Io non volevo, davvero ma…» si fermò, scuotendo il capo: «Tu sei entrato,
hai parlato con qualcuno al cellulare e poi con quella fatina e…Davvero,
non volevo. Thomas, davvero.»
«Tu mi hai visto?»
«Non lo dirò a nessuno, lo giuro.»
«Tu…»
«Manterrò il tuo segreto.»
Thomas inspirò a fondo, sedendosi sulla panchina e prendendosi la testa
fra le mani: «Ho il Miraculous da neanche due mesi e sono già stato
scoperto. Gli altri mi uccideranno, ne sono certo.»
«Non lo dirò a nessuno e non voglio sapere chi sono gli altri eroi.»
«Ed io sono Babbo Natale.»
Manon sorrise, chinandosi davanti a lui e poggiandogli una mano sul
ginocchio: «Il tuo segreto è al sicuro con me, Thomas Lapierre» mormorò,
osservandolo mentre la guardava fra le dita: «E grazie per avermi salvato
la vita. Io…» Manon si fermò, sorridendo: «Io cercherò di aiutarti quando
dovrai trasformarti e...sì, ti aiuterò.»
Nooroo fece capolino dal giaccone, sorridendo alla ragazzina: «Sembra
sincera, Thomas.»
«La fatina…»
«Sono un kwami, signorina. E, in verità, sono un maschio.»
«Nooroo, ma…»
«Io sento: è sincera, Thomas.»
«Lo sono! Davvero! Non lo dirò a nessuno, neanche se il nuovo nemico mi
torturasse: il tuo segreto è al sicuro con me.»
«Mi uccideeranno…»
«Abbi fiducia in lei, Thomas.»
«La fai facile tu! Sei immortale!»
Nooroo abbozzò un sorriso, indicando poi con un cenno del capo la
ragazzina che li ascoltava in silenzio: Thomas la fissò negli occhi,
osservando le iridi dell’altra e cercandoci qualcosa, annuendo poi alla
fine con un sospiro lugubre: «Sono nelle tue mani, Manon Chamack»
dichiarò, alzando il mento e senza ricambiare il sorriso, che aveva
illuminato il volto della ragazzina: «Ma se qualcuno…»
«Nessuno saprà niente.»
«Lo spero bene.»
«A meno che tu sia così idiota da trasformarti di nuovo senza controllare
il luogo. Quello non è colpa mia.»
«Ti odio, Chamack.»
«Sono certa che andremo d’accordo. E tu fatina?»
«Sono un kwami.»
«Kwami» mormorò Manon, annuendo con la testa: «Me lo ricorderò…»
Lila studiò con occhio critico i boxer esposti, inclinando il capo e
ignorando lo sbuffo che proveniva dalla sua borsetta: «Sai, credo che Wei
si accorgerà che le sue mutande…»
«Sono cambiate in meglio» dichiarò la ragazza, alzando la borsetta e
sorridendo al kwami: «E’ una vera fortuna che tu assomigli così tanto a un
cane, posso portarti a spasso e non sembrare una malata di mente.»
«Tornando al problema principale, Wei…»
«Senti, non è colpa mia se la lavatrice aveva fame di boxer.»
«E adesso diamo colpa alla lavatrice…» borbottò Vooxi, fissandola
sconsolato: «Posso capire l’emancipazione femminile e tutto, quindi
comprendo che puoi anche non essere brava nelle faccende domestiche,
ma…Lila è mai possibile che qualsiasi cosa tocchi la distruggi?»
«Non ho distrutto la lavatrice» mormorò la ragazza, prendendo alcuni boxer
in colori differenti: «E’ lei…»
«Sì, sì.»
Lila sorrise, voltandosi nel negozio e sorridendo al manichino con addosso
un impalpabile sottoveste di pizzo trasparente rosso: «Secondo te se mi
faccio trovare con quella, quando arriva, mi perdonerà le mutande
perdute?»
«Questo si chiama giocare sporco.»
«Questo si chiama: Wei facciamo…» Lila si fermò, osservando un nuovo
cliente entrare: indossava una lunga casacca bianca che a Lila ricordava
tanto quelle indiane, mentre nella mano destra si rigirava una pipa lunga
e i capelli erano…
Possibile che fossero un ammasso di rose rosse?
«Buonasera» trillò il nuovo arrivato, guardandosi attorno e attirando
l’attenzione delle clienti e del personale: «Sono qui per nome di Hundrun,
generale del sommo signore. E voi sarete le mie vittime.»