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Autore: Echocide    05/05/2017    6 recensioni
[Sequel di Miraculous Heroes e Miraculous Heroes 2]
La minaccia di Maus è stata sventata, ma non c'è pace per i nostri eroi: il mistero dell'uccisione degli uomini del loro nemico non è stato risolto e un nuovo nemico trama nell'ombra...
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Quantum Universe'
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Titolo: Miraculous Heroes 3
Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero, romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what if...?, original character
Wordcount: 3.334 (Fidipù)
Note: Buon venerdì! Eccoci qua con un nuovo aggiornamento di Miraculous Heroes 3! Or bene, a questo giro ho un po' di cosette da dire...in verità, rispetto al solito son poche, ma nell'aggiornamento del mercoledì ho sempre delle note così striminzite...vabbè, passiamo agli argomenti della giornata: dunque, dovete sapere che io vivo in Toscana e sono sempre stata appassionata dagli Etruschi, onde per cui...tadan! Indovinate chi compare in questo capitolo? Esattamente, proprio gli Etruschi! Sono solo accennati in una discussione fra Sarah e un certo professore ma...beh, ci sono! E ho pensato di far girare questa discussione sulle origini incerte degli Etruschi: sapete che c'è una corrente - molto misera, devo dire - che pensa che gli Etruschi siano giunti fino in Italia da Atlantide? Devo dire che ho colto la palla al balzo, quando l'ho letta e quindi l'ho infilata nel capitolo, per un piccolo accenno (in fondo, certi kwami provengono da un certo continente ormai andato) e...
Beh, non vi sto a dire altro di quello che succede in questo nuovo capitolo!
Come sempre, però,  vi voglio ringraziare tutti quanti per il fatto che leggete, commentate, inserite in una delle liste questa mia storia (e tutte le altre, anche!).
Grazie di tutto cuore!
E noi ci vediamo domani con un nuovo appuntamento di Lemonish!



Thomas sbadigliò, alzando poi la testa e osservando la strada lievemente in salita che portava alla scuola: «Voglio dormire…» mormorò, sentendo il kwami ridacchiare da dentro il giaccone: «Ehi, sono reduce da un combattimento…»
«Ci farai l’abitudine» dichiarò Nooroo, con una nota orgogliosa nella voce: «E poi ti stai anche allenando con Xiang. Sono certo che…»
«Thomas Lapierre.»
Il ragazzo si voltò, trovandosi davanti Manon Chamack: Thomas mantenne il contatto visivo con la compagna più piccola, ricordandosi che, in un documentario, aveva letto che non bisognava mai perderlo in uno scontro, altrimenti l’avversario avrebbe capito la sua superiorità.
Ok. Poteva farcela.
Sì, certamente.
Inspirò, abbassandolo pochi secondi dopo e maledicendosi mentalmente.
Chi doveva mantenere il contatto visivo per non dimostrare la propria debolezza?
Lasciò andare l’aria, alzando il mento e notando che Manon non si era mossa di un millimetro: «Che vuoi?» domandò e già immaginava Nooroo che lo fissava sconsolato, a quanto pareva il kwami viola ci teneva molto all’etichetta e al galateo.
La ragazzina sospirò, guardandosi attorno e poi annuendo con la testa, fissandolo nuovamente negli occhi: «Thomas Lapierre» ripeté, fermandosi un attimo e lasciando passare una signora che veniva dalla direzione opposta a quella in cui lei era: «Io so.»


Marinette picchiettò la matita sul foglio, osservando la bozza del disegno e storcendo le labbra, cercando di capire che cosa voleva fare della giacca maschile che stava progettando.
Un modello classico o sportivo?
Qualcosa di stravagante?
Inspirò profondamente, chiudendo gli occhi e immaginando Adrien…
Pessima idea.
Gabriel l’aveva avvertita di non fossilizzarsi su di lui e di pensare un modello X per creare così capi di abbigliamento che potevano essere indossati da chiunque e non solo da chi assomigliava al marito; il problema era che, ogni volta che chiudeva gli occhi, il volto e il fisico di Adrien apparivano chiari alla sua mente.
«Problemi?» domandò la voce di Nathaniel, facendole riaprire le palpebre e trovandosi il rosso davanti, che le sorrideva convinto: «Sembravi…»
«Volevo disegnare una giacca» spiegò Marinette, indicando le poche linee che aveva tracciato: «Solo che non ho le idee ben chiare e stavo provando a immaginarla.»
«Capisco. Alle volte succede anche a me…» mormorò il rosso, sistemandosi davanti a lei: «Ho in mente l’idea di un bracciale, solo che allo stesso tempo non ce l’ho. E’ frustrante devo dire» continuò, poggiando la testa contro il pugno chiuso e osservando il disegno: «Sono certo che sarà qualcosa di meraviglioso come sempre.»
«Lo spero.»
Nathaniel piegò le labbra in un sorriso, allungando una mano e sfiorando quella di Marinette, facendo passare il polpastrello sulla fede della ragazza: «Credi in te, Marinette» mormorò, continuando a toccarla e regalandole un’occhiolino, ritornando al suo posto sotto lo sguardo sbigottito della mora: dove era finito il ragazzo timido e impacciato che tanto le assomigliava?
Chi era quello che aveva davanti?
«S-stai bene?» domandò, tirandosi indietro e osservando l’amico, sotto una luce nuova: Nathaniel non era mai stato così sfrontato con lei, neanche quando le piaceva al collége. L’aveva sempre osservata da lontano e, solo quando era stato akumatizzato da Papillon, aveva fatto la sua mossa.
Possibile che…
Adrien l’aveva ipotizzato, gettandola lì come idea eppure…
Possibile che Nathaniel fosse sotto l’influsso del Dì Ren?
«Nath…»
«Sto bene, sto bene.» dichiarò il rosso, infilando le mani nella tasca della felpa che indossava e sorridendole: «Ti ho parlato della tipa con cui esco, no? Ecco, stare con lei mi ha reso più…mh, come dire? Espansivo. Mi ha dato fiducia in me e…» si fermò, mordendosi il labbro inferiore e scuotendo poi la testa: «Non volevo metterti in imbarazzo,  Marinette.»
«N-no, i-io…»
«Anche tu sei cambiata da quando stai con Adrien? Sei più aperta, più sicura…» Nathaniel assentì, abbassando lo sguardo: «Stare con chi si ama e ci apprezza ci cambia. Vero?»
«Già» mormorò la ragazza, sorridendo dolcemente e fissando il disegno, su cui poggiò entrambe le mani: «Sono contenta che hai trovato…» Marinette si bloccò, osservando Nathaniel mettere le dita sopra le sue e donandole un sorriso caloroso: «N-nathaniel?»
«Alle volte mi pento veramente di non essermi fatto avanti prima di lui…» sospirò il rosso, lasciandola andare e rialzandosi: «Beh, ormai è tardi. No? Ho una ragazza che amo ma tu sarai sempre speciale per me, Marinette.» dichiarò, passandosi la lingua sulle labbra: «Vado in classe.»
La mora annuì, osservandolo andare via e rilasciò il fiato: cosa era appena successo?
«Tutto bene, Marinette?» domandò Tikki, facendo capolino dalla borsa della ragazza e osservandola: «Nathaniel era…»
«Strano?»
«Io direi intraprendente» dichiarò la kwami sorridendo dolcemente: «Anche se non ha molte speranze, vero?»
«Io…io…»
«Calmati, Marinette. Lui ha parlato al passato.»
«Ti sembrava il comportamento di uno che parlava al passato?»
Tikki ridacchiò, osservando la sua Portatrice e inclinando la testa: «Mh. Forse Adrien dovrà stare attento: ha un rivale, a quanto pare.»
«Tikki!»
«Ma ovviamente, per quanto ci provi, Nathaniel non potrà mai farcela conto Adrien.»
«Ovviamente.» bofonchiò la ragazza, mostrandole la fede che portava al dito: «Mi sono sposata, ricordi?»
«Conosco uno che non si faceva problemi di fronte a una cosa come il matrimonio…» mormorò la kwami, sospirando: «Cosa mai ci avrò visto in lui, lo so solo io.»
Marinette ridacchiò, chiudendo l’album da disegno e riponendolo nella borsa: «Plagg poteva rivaleggiare con Rafael, eh?»
«E avrebbe vinto.»
«Immagino avesse l’aria da cattivo ragazzo…»
«Lo era.»
«…a cui non si sa resistere.»
«Tu hai resistito a Chat Noir» mormorò la kwami, sospirando: «Certo, Chat era molto più tranquillo rispetto a Plagg.»
«Davvero?» domandò la ragazza, scuotendo la testa: «Io ho saputo resistere a Chat Noir? Direi il contrario.»
«Per un breve tempo ce l’hai fatta» si corresse Tikki, ridacchiando: «E non dirò niente a tuo marito, vorrei evitare che si montasse la testa più di così.»
«Grazie mille.» dichiarò Marinette, sistemandosi la borsa sulla spalla e uscendo dall’aula studio ove si era rifugiata, dando poi un’occhiata all’ora: aveva lezione fra un bel po’ e magari poteva concedersi uno spuntino al bar…
«Marinette Dupain-Cheng!» esclamò una voce femminile, facendo voltare la ragazza verso la scala di metallo che dominava l’ingresso della scuola, mentre l’insegnante che l’aveva chiamata scendeva velocemente i gradini, seguita da un uomo: Agnès Leroux si sistemò gli occhiali dalle lenti quadrate, sorridendole calorosamente e, incurante del generoso seno, l’abbracciò stretta, quasi soffocandola: «O forse dovrei dire Marinette Agreste.»
«Co-come preferisce…» mormorò la ragazza, facendo un passo indietro: la professoressa Leroux era famosa in tutto l’istituto per i suoi abbracci al limite della molestia, soprattutto perché, se non eri dell’altezza giusta, la donna era capace di spalmarti in faccia il seno abbondante.
Sfortunatamente per Marinette, lei non era dell’altezza giusta ed era anche una delle preferite della donna.
«Volevo presentarti una persona…» gongolò Agnès, voltandosi verso l’uomo e sorridendogli: «Questa è la ragazza di cui le parlavo, monsieur Wong. Marinette, questo è uno dei nostri più cari finanziatori: Kun Wong ed è…»
«Sono cinese, sì.» dichiarò l’uomo che, dietro la donna, rimaneva composto e austero: «Madame Leroux mi ha parlato molto bene di lei, madamoiselle…»
«Madame, Wong. Marinette è sposata.»
«Oh. Così giovane?»
«Sì, ed è anche recente» tubò la donna, sorridendo a Wong: «Si è sposata due settimane fa – sono già due settimane, cara? – con il figlio di Gabriel Agreste, il noto stilista: Adrien Agreste, il modello di punta del padre. Ed è stato un matrimonio bellissimo: mi hanno detto che Marinette e Adrien sono innamorati fin da piccoli. Una vera favola d’amore.»
Ah. C’era anche la professoressa Leroux al suo matrimonio?
Ma possibile che non fosse stata attenta a nessuno tranne che Adrien?
Sì, ricordava che c’erano stati i suoi amici e i loro genitori ma…
Beh, fine delle persone che ricordava al suo matrimonio.
«Congratulazioni allora» dichiarò Wong, con un piccolo cenno del capo e sorridendole: «Ero intenzionato a invitarla a cena, madamois…volevo dire madame Agreste, per parlare dei suoi lavori ma penso che non sia…»
«No, per niente.» dichiarò prontamente Marinette, sorridendo impacciata: ma cosa stava succedendo? Perché tutti erano interessati a lei?
E dov’era quel gatto geloso quando c’era effettivamente bisogno di lui?
«Monsieur Wong si è innamorato del tuo abito da sirena.»
«Oh.»
«Un lavoro veramente eccellente, sinonimo di creatività e talento» dichiarò Kun Wong, prendendo un biglietto da visita dall’interno della giacca e porgendoglielo: «Ero intenzionato a farle una proposta di lavoro per il mio marchio.»
«In verità, io…»
«Deve sapere che Marinette è già sotto la protezione di suo suocero, Gabriel Agreste e verrà presa dalla sua maison non appena lascerà la nostra scuola» lo interruppe Agnès, sorridendo: «Inoltre anche Willhelmina Hart è interessata a lei.»
«Le farò una proposta che non può rifiutare, madame Agreste.»
«Oh, Marinette!» La professoressa Leroux chiocciò, sorridendole complice: «Sei così ricercata.»
«La ringrazio infintamente, ma non ho intenzione di accettare alcuna proposta» mormorò Marinette, abbozzando un sorriso: «Adrien ed io abbiamo un piano e…»
«E se con suo marito non andrà?»
«Ne dubito.»
«La prego di pensarci, madame Agreste. Se…»
«Non esistono se nella mia vita con Adrien» dichiarò Marinette, alzando la testa e fissando il cinese negli occhi: «Adrien è il mio amore e mio marito e non ho assolutamente intenzione di accettare alcuna offerta di lavoro, all’infuori di quella della maison Agreste.»
«Ma Marinette…»
«Ora, se mi volete scusare, dovrei andare a lezione» dichiarò la ragazza, salutandoli entrambi con un cenno del capo e prendendo la strada che portava al piccolo bar esterno.
«Marinette Agreste» la voce di Kun Wong la fermò, facendola voltare e osservare il cinese a pochi passi dalla professoressa: «Non sono un uomo che si arrende: ho visto i suoi lavori e mi sono piaciuti. Io l’avrò nel mio marchio.»
«Beh, buona fortuna.» sentenziò la ragazza, scuotendo la testa e andandosene velocemente, cercando il cellulare nella borsa e sorridendo nervosa alla propria kwami; si fermò, componendo veloce il numero di Adrien e attese che lui rispondesse: «Adrien?»
«La mia bella mogliettina non riesce a stare lontano da me, che deve chiamare per sentire la mia voce?»
Marinette sorrise, inspirando profondamente e socchiudendo gli occhi: «A quanto pare sì. Avevo proprio bisogno di sentirti.»
«Mh. Cosa è successo?»
«Di tutto.»
«Vuoi raccontarmi, my lady?»
«Stasera a casa, così potrai dare di matto tranquillamente.»
«Ah. Questo non mi piace…»
«Adrien?»
«Sì, mon coeur?»
«Tra noi andrà tutto bene?»
«No» mormorò il ragazzo, dopo una manciata di secondi in silenzio: «Io ti farò ammattire, tu me lo farai notare e forse litigheremo un giorno. Abbiamo mai litigato noi? No? Rafael dice che il ses…»
«Adrien.»
«Vedi? Hai già cambiato tono e solo perché stavo facendo un accenno a…»
«Adrien»
«Ti amo, Marinette. Sei la mia vita e il mio cuore. Sei il mio intero mondo e non potrei mai lasciarti andare. Quindi non andrà mai tutto bene fra di noi, è una cosa normale in ogni coppia ma saremo sempre insieme» mormorò Adrien, sospirando poi pesantemente: «E Rafael sta facendo il verso del vomito. Come se non l’avessi sentito prima con Sarah: oh, apettina mia.»
«Io non la chiamo apettina mia!» sbottò la voce dell’altro modello al telefono, facendo ridacchiare Marinette: «Marinette, sei autorizzata da tutta la squadra a mollare questo gattaccio!»
«Come se lo facesse, pennuto» bofonchiò Adrien, sbuffando poi nel telefono: «Stasera mi dici per filo e per segno come sei arrivata a certi pensieri, ok?»
«Ok.» mormorò Marinette, mordendosi il labbro inferiore: «Adrien?»
«Sì?»
«Ti amo.»
«Lo so, my lady. Me lo hai dimostrato anche stamattina quando sei venu…»
«Però voglio il divorzio!»
«Quanto sei suscettibile!»


Sarah si fermò davanti la cattedra, osservando l’uomo mentre stava sistemando gli appunti della lezione nella cartella di pelle: «Ho letto il suo libro sugli Etruschi» esclamò, stringendo la borsa contro il petto e sospirando: «La parte sulle ipotesi delle loro origini, poi mi ha completamente preso. Rafael ha dovuto togliermi il libro di mano, altrimenti non mi sarei mai addormentata.»
«Oh. Ed io che credevo che la gente comprasse i miei libri come alternativa al sonnifero» dichiarò Emilé, sorridendo alla ragazza: «E quando mi darai del tu, ragazza mia? Sei la fidanzata di mio figlio, una figlia per me quasi.»
«Veramente non c’è un’origine certa? Per un intero popolo?»
«No, purtroppo.» mormorò l’uomo, togliendosi gli occhiali e sorridendo: «Ci sono molte ipotesi ma nessuna prevale sulle altre. Per molto tempo ho sperato che provenissero dal lontano Occidente, un lascito di un antico impero che venne sommerso dal mare…»
«Atlantide?»
«Esattamente, Sarah» Emilé sospirò, scuotendo il capo: «Rafael ha rispolverato le mie ricerche sul continente perduto e ciò mi ha fatto tornare alla mente i miei voli pindarici su quella civiltà. Fantastica, certamente, ma sempre un sogno per ogni archeologo» si fermò, tossendo un po’ e poi riportando l’attenzione sulla ragazza: «Ma sentiamo: quale ipotesi ti sembra più adatta?»
«Direi l’ipotesi del popolo del mare, se proprio ne devo scegliere una.»
«I Tereš o Turša…» mormorò Emilè, tossendo nuovamente: «Beh, sono un popolo citato anche dagli egizi e potrebbero essere un’origine per questo popolo misterioso che si è stanziato nell’antica Etruria. Inoltre, ciò li collegherebbe anche a un altro mito…»
«Quello della città di Troia!» esclamò Sarah gioiosa: «Perché se così fosse, potrebbero essere stati Enea e i suoi che giunti nell’Etruria via mare, poi avrebbero dato origine a questa popolazione.»
«Cantami, o Diva, del pelide Achille l'ira funesta che infiniti addusse lutti agli Achei…» recitò l’uomo, sospirando soddisfatto: «Questo sì, che era talento letterario» mormorò, poco prima che un attacco di tosse lo costrinse a piegarsi in due sulla cattedra.
Sarah fissò Emilé mentre, rosso in viso, cercava di respirare e venendo impedito dalla tosse che gli sconquassava il petto; rimase inerme, incapace di fare alcunché fino a quando l’uomo non si calmò e, respirando profondamente, si tirò su: «Perdonami.»
«Sta bene?»
«Ho preso una brutta influenza e sempre non volermi lasciare» mormorò Emilé, inspirando profondamente e lasciando andare l’aria con calma: «Dovrei veramente farmi vedere: è ora di superare la mia fobia per il dottore e andare.»
«Direi anch’io» mormorò Sarah, fissandolo seria: «Rafael lo sa?»
«Sì, per mia somma sfortuna, ha assistito a un attacco anche lui e ogni tanto – ogni tanto spesso, mi viene da aggiungere – mi ricorda di andare dal medico» dichiarò Emilé, sbuffando: «Come se lui ci andasse volentieri: ricordati, Sarah, se mai starà male va legato bene e portato di peso dal suo dottore.»
«Me lo segnerò.»
«Oh, Alain mi ha detto che sei andata a vivere con lui?»
«Co-cosa?»
«Sono veramente contento. Ho già detto a Rafael che ti voglio come nuora, quindi che si sbrighi a farti anche la proposta.»


Non usciva.
Thomas si affacciò, osservando gli alunni delle altre classi del Collége de Navarre uscire mentre Manon Chamack sembrava essere risucchiata in qualche buco nero: quella mattina l’aveva fermato, buttando lì che lei sapeva senza spiegare nulla.
Niente di niente.
Se n’era andata, lasciandolo come uno stupido.
Ma ora…
Ora avrebbe avuto la risposta alla domanda che lo attanagliava da quando lei avevi parlato: Manon Chamack sapeva. Ma cosa?
Fermò i propri pensieri, osservandola uscire con due sue amiche e inspirò profondamente: sapeva che, fermandola e portandola via, avrebbe suscitato chissà quali chiacchiere – già vedeva le due che erano con lei parlare di dichiarazioni o altro – ma la conoscenza superava tutto ciò.
Raddrizzò le spalle, alzò il mento e, a passo di marcia, la raggiunse e si fermò davanti a lei: «Dobbiamo parlare» dichiarò, squadrandola e notando come lei non mostrasse nessuna emozione: «Ora.»
«D’accordo» mormorò la ragazza, voltandosi verso le due e sorridendo: «Ci sentiamo dopo!» trillò allegra, prendendolo poi per una mano e trascinandolo fuori dalla scuola, in strada: e adesso perché era lei che aveva preso in mano la situazione? Doveva essere lui a portarla da qualche parte e farle domande.
La seguì docilmente, mentre lei lo conduceva nel piccolo parco vicino la scuola: lo stesso dove Thomas aveva incontrato per la prima volta Lila e Wei; Manon si fermò vicino a una panchina e si guardò intorno, accertandosi che non ci fosse nessuno nei paraggi: «Vuoi parlarmi di stamattina, vero?» bisbigliò, mentre si torceva le mani con fare nervoso.
«Io pensavo di parlare del tempo» bofonchiò Thomas, incrociando le braccia e fissandola male: «Certo che voglio parlare di stamattina! Te ne esci con ‘Io so’ e poi te ne vai…»
«Ti giuro, io non l’ho fatto apposta.»
«Cosa, Chamack?»
«Ero nello spogliatoio maschile perché mi stavo nascondendo Noèmie e so per certo che lei non entrerebbe mai lì e…»
«Spogliatoio maschile? Mi hai visto nudo?»
«Cosa? No!»
«E allora che…»
«Ti ho visto trasformarti…» dichiarò Manon, fissandolo negli occhi: «…in Hawkmoth.»
«Co-cosa?»
«Io non volevo, davvero ma…» si fermò, scuotendo il capo: «Tu sei entrato, hai parlato con qualcuno al cellulare e poi con quella fatina e…Davvero, non volevo. Thomas, davvero.»
«Tu mi hai visto?»
«Non lo dirò a nessuno, lo giuro.»
«Tu…»
«Manterrò il tuo segreto.»
Thomas inspirò a fondo, sedendosi sulla panchina e prendendosi la testa fra le mani: «Ho il Miraculous da neanche due mesi e sono già stato scoperto. Gli altri mi uccideranno, ne sono certo.»
«Non lo dirò a nessuno e non voglio sapere chi sono gli altri eroi.»
«Ed io sono Babbo Natale.»
Manon sorrise, chinandosi davanti a lui e poggiandogli una mano sul ginocchio: «Il tuo segreto è al sicuro con me, Thomas Lapierre» mormorò, osservandolo mentre la guardava fra le dita: «E grazie per avermi salvato la vita. Io…» Manon si fermò, sorridendo: «Io cercherò di aiutarti quando dovrai trasformarti e...sì, ti aiuterò.»
Nooroo fece capolino dal giaccone, sorridendo alla ragazzina: «Sembra sincera, Thomas.»
«La fatina…»
«Sono un kwami, signorina. E, in verità, sono un maschio.»
«Nooroo, ma…»
«Io sento: è sincera, Thomas.»
«Lo sono! Davvero! Non lo dirò a nessuno, neanche se il nuovo nemico mi torturasse: il tuo segreto è al sicuro con me.»
«Mi uccideeranno…»
«Abbi fiducia in lei, Thomas.»
«La fai facile tu! Sei immortale!»
Nooroo abbozzò un sorriso, indicando poi con un cenno del capo la ragazzina che li ascoltava in silenzio: Thomas la fissò negli occhi, osservando le iridi dell’altra e cercandoci qualcosa, annuendo poi alla fine con un sospiro lugubre: «Sono nelle tue mani, Manon Chamack» dichiarò, alzando il mento e senza ricambiare il sorriso, che aveva illuminato il volto della ragazzina: «Ma se qualcuno…»
«Nessuno saprà niente.»
«Lo spero bene.»
«A meno che tu sia così idiota da trasformarti di nuovo senza controllare il luogo. Quello non è colpa mia.»
«Ti odio, Chamack.»
«Sono certa che andremo d’accordo. E tu fatina?»
«Sono un kwami.»
«Kwami» mormorò Manon, annuendo con la testa: «Me lo ricorderò…»


Lila studiò con occhio critico i boxer esposti, inclinando il capo e ignorando lo sbuffo che proveniva dalla sua borsetta: «Sai, credo che Wei si accorgerà che le sue mutande…»
«Sono cambiate in meglio» dichiarò la ragazza, alzando la borsetta e sorridendo al kwami: «E’ una vera fortuna che tu assomigli così tanto a un cane, posso portarti a spasso e non sembrare una malata di mente.»
«Tornando al problema principale, Wei…»
«Senti, non è colpa mia se la lavatrice aveva fame di boxer.»
«E adesso diamo colpa alla lavatrice…» borbottò Vooxi, fissandola sconsolato: «Posso capire l’emancipazione femminile e tutto, quindi comprendo che puoi anche non essere brava nelle faccende domestiche, ma…Lila è mai possibile che qualsiasi cosa tocchi la distruggi?»
«Non ho distrutto la lavatrice» mormorò la ragazza, prendendo alcuni boxer in colori differenti: «E’ lei…»
«Sì, sì.»
Lila sorrise, voltandosi nel negozio e sorridendo al manichino con addosso un impalpabile sottoveste di pizzo trasparente rosso: «Secondo te se mi faccio trovare con quella, quando arriva, mi perdonerà le mutande perdute?»
«Questo si chiama giocare sporco.»
«Questo si chiama: Wei facciamo…» Lila si fermò, osservando un nuovo cliente entrare: indossava una lunga casacca bianca che a Lila ricordava tanto quelle indiane, mentre nella mano destra si rigirava una pipa lunga e i capelli erano…
Possibile che fossero un ammasso di rose rosse?
«Buonasera» trillò il nuovo arrivato, guardandosi attorno e attirando l’attenzione delle clienti e del personale: «Sono qui per nome di Hundrun, generale del sommo signore. E voi sarete le mie vittime.»

   
 
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