Capitolo 18
Quando Rip era
stato trascinato via, mai avrebbe creduto che sarebbe giunto in una sorta di
Nanda Parbat fittizia, frutto della mente di Sara, ove la versione di lei
Assassina regnava come una Regina e dove la sala principale del palazzo era
stata trasformata in una sorta di arena. Lì dove, dal suo trono oscuro, osservava
i contendenti lottare fino all’ultimo sangue. Tutti i presenti erano persone
che la Sara Assassina considerava nocivi per la sua esistenza, le stesse che
avevano permesso che la sua parte malvagia perisse. Ecco dunque che Oliver
Queen e Laurel Lance stavano combattendo uno contro l’altra,
fin quando la seconda non riuscì ad uccidere l’arciere senza alcuna pietà sotto
gli occhi inorriditi di Rip, rinchiuso in una delle
gabbie poste intorno all’area di combattimento, e di Laurel
che in quel momento era stata portata ad assistere alla scena.
Non riusciva a credere ai suoi occhi e non solo perché
si trovava di fronte alla sua zia defunta di cui portava il nome e conosceva
ogni cosa, ma perché adesso sua madre le stava chiedendo di combattere contro
di lei. Rip aveva preso a battere le mani sulla
gabbia disperato, cercando di evitare il peggio –se uno di loro due fosse morto
nella mente di Sara, sarebbe morto anche nella realtà- e poi perché non poteva
credere che la donna che amava potesse chiedere una cosa del genere a sua
figlia. La stessa che inorridita e spaventata come non lo era mai stata in vita
sua, aveva gli occhi bassi ad osservava il corpo senza vita di suo zio Oliver
venir portato via. Certo non era la realtà, ma spaventava in egual modo. Combattere
poi contro la sua omonima voleva dire combattere ad armi pari, sapeva
cavarsela, ma in egual modo non era certo suo desiderio ucciderla a sangue
freddo e senza un motivo. Farlo, seppur per finta, voleva dire comunque andare
contro i suoi principi ecco perché quando riuscì a metterla spalle al muro,
contro la gabbia in cui il padre era rinchiuso, fece cadere l’arma che le era
stata data per combattere e si rifiutò di mettere fine alla sua esistenza. Una
cosa che non piacque minimamente a Sara Assassina che con un solo gesto della
mano mise silenzio tra i suoi sudditi e alzandosi dal suo trono raggiunse la
ragazzina squadrandola da capo a piedi disgustata.
Sguainò il suo pugnale e minacciosamente lo puntò
verso di lei non prima che l’urlo della stessa e di Rip
squarciò il silenzio venutosi a creare quando questa trafisse il costato della
sorella mettendo fine alla sua esistenza.
«L’hai uccisa senza motivo… perché?» mai in vita sua Laurel si era sentita tanto impotente e spaventata,
piangeva non riuscendo a sopportare la vista della sua stessa madre che agiva
in quel modo. Sapeva che quella era l’oscurità che in lei celava e che con
fatica aveva seppellito, ma mai avrebbe creduto fosse tanto malvagia.
«In un’arena, da che mondo è mondo, un solo
combattente sopravvive. Oh… stupida ragazzina, quando imparerai che uccidi o
vieni ucciso? E’ sempre stato così!»
«Forse per questa versione di te, ma mia madre… lei mi
ha insegnato tutt’altre cose!»
Bastò quella frase per infastidire Sara Assassina che
con uno schiaffò di dorso ben assestato fece voltare il capo a quella nullità
per poi prenderla per i capelli e costringerla a guardarla.
«Non lo hai capito? Io sono tua madre… Questa sono la
vera io e… Oh questo è il tuo ultimo atto di clemenza, la prossima volta se
mancherai di dare il colpo di grazia lo stesso lo riceverai direttamente da me…»
La sua voce pungente trafisse le orecchie e il cuore
della ragazza che una volta lasciata andare barcollò fino ad appoggiarsi alle
sbarre della gabbia di Rip che non poté fare a meno
di cercare per quanto possibile le sue mani e stringerle. Da quanto non provava
un dolore simile? Forse da quando aveva perso Miranda e Jonas e aveva preso
consapevolezza che non aveva potuto fare niente per salvarli, ma questa volta
sperava che la storia fosse diversa. DOVEVA essere diversa.
I combattimenti proseguirono per ore e ore, le stesse
nelle quali Laurel, nella gabbia accanto a quella del
padre, assistettero inermi. Era sotto shock era innegabile, un conto dopotutto
era sapere che un tuo genitore aveva avuto un passato violento e macchiato dal
sangue, ma un altro conto era vederlo con i propri occhi.
«Quella non è Sara…» esclamò improvvisamente Rip, come se stesse leggendo il corso dei pensieri di sua
figlia. Lo disse con lo sguardo per quanto rassicurante nei suoi confronti e un
sorriso appena accennato.
«Ne sei sicuro? Forse questa è davvero lei…» quanto
faceva male pensarlo? Tanto!
Perché lei aveva conosciuto una madre affettuosa una
che nei ricordi che aveva vissuto –e anche quelli che aveva recuperato di un’altra
linea temporale- sempre aveva combattuto per la sua famiglia. Una donna
coraggiosa, onesta, retta che sì le aveva insegnato a combattere e difendersi,
ma che l’aveva anche istruita a non uccidere per piacere né per vendetta. Che l’aveva
inculcato il senso della giustizia e le aveva sempre detto che l’amava sopra
ogni altra cosa.
Una madre che mai l’avrebbe educata a suon di violenza
e sofferenza, che mai l’avrebbe minacciata di morte solo per renderla più
forte.
Quindi sì Laurel Hunter
iniziava a dubitare, ad essere terrorizzata che quella fosse la possibile
realtà celata dietro a dei sentimenti che ora temeva fossero stati solo una
facciata e il suo sguardo non riusciva a nasconderlo. Lo stesso che, velato di
lacrime silenziose le scorrevano sulle gote e che Rip
asciugò con una mano che aveva fatto passare tra le sbarre. Dandole così una
carezza e un conforto.
«Ho paura papà… ho paura che questa sia davvero la
mamma e noi non possiamo fare nulla per salvarla…» ed ecco che tutta la sua
corazza di vigilante venuta dal futuro crollò e in quel momento si mostrò
solamente per la figlia spaurita che era, che non riusciva a dividere la realtà
dalla finzione e che aveva chiamato “papà” un uomo che ancora non lo era.
Ma questo rese Rip più
forte, nuovamente la donna che amava e sua figlia avevano bisogno di lui, ma se
con Vandal Savage aveva fallito ora non lo avrebbe
fatto.
«La salveremo e sai perché? Perché lei non è tua madre…
tua madre è la donna che anche quando non ricordava la tua esistenza mi ha
fatto promettere di salvarti… questa è tua madre Laurel
e non permettere alle circostanze di fartelo dimenticare…»
Indubbiamente sarebbe stato più facile a dirsi che a
farsi, ma questo è ciò che doveva a sua figlia. Non doveva essere lei a salvare
i suoi genitori, non è compito di un figlio. Ora lo capiva, ora lo percepiva e
avrebbe preso in mano la situazione per quanto complicata fosse! Ma il tempo
delle promesse era finito anche perché nel momento in cui gliela aveva fatta
delle guardie erano venute a prenderlo per portarlo al cospetto di Sara
Assassina in un’altra stanza, in un altro immaginario, ora quello della
prigione di vetro della Waverider.
Lei seduta sulla panca e lui in ginocchio di fronte a
lei. Una Sara Assassina però diversa, che negli occhi nascondeva il desiderio
di riportare a galla qualcosa che con tanta fatica Rip
aveva invece archiviato.
«Non deve essere facile stare nuovamente nella
posizione di incapacità di salvare la donna che ami e la tua propria progenie...»
la sua voce melliflua metteva con piacere il dito nella piaga, ma Rip non era intenzionato a cedere.
«Non ho complessi di inferiorità... non funzionerà
questo tuo giochetto con me...» il Capitano Hunter ne era più che sicuro. Dopo
che la League of Doom lo aveva spezzato si era reso
conto di essere molto più forte, ma la sua carceriera non sembrava del stesso
avviso infatti ora sorrideva soddisfatta piegandosi un poco verso di lui.
«Ed eccola lì la rabbia che cercavo... il tuo lato
oscuro che con tanta fatica cerchi di celare. Ti racconti ancora la storiella
che fu solo frutto di Thawne? Oh no caro Rip, lui ha tirato fuori solo qualcosa che già c'era...
appena nascosta sotto la superficie...» e lì Sara sapeva di aver colto nel
segno lo vedeva per come aveva abbassato lo sguardo a disagio di fronte a
quell'argomento.
«Ho visto quello di cui Darkseid
è capace...» una frase buttata lì per caso, ma solo apparentemente, perchè ottenne l'effetto sperato: Rip
era tornato a cercare il suo sguardo.
«Tu che cosa sai di lui?»
«Quello che il Dottor Fate molto gentilmente ci ha
mostrato. In passato lo avevo già conosciuto, grazie a lui sono diventata ciò
che Sara con tanta fatica ha cercato di mettere da parte. Nemmeno lo ricordavo
il che è buffo, ma anche normale... Darskeid scivola
silenzioso dentro le anime peccatrici... e la mia, bè non sono mai stata una
santa!»
Sara si era alzata in piedi e adesso camminava
circolarmente intorno a Rip, quasi divertita.
«Certo all’epoca la sua influenza era minima, la
prigionia lo ha indebolito, seppur mai fermato nella sua crociata e adesso… Darskeid mi ha cercato o meglio ha cercato me, quella parte
che Sara tenta di tenere a bada e... bè mi ha promesso di ridarmi il controllo
totale, se lo aiuto a risolvere un piccolissimo problema...»
«White Canary...»
Per Rip stava iniziando a
divenire chiaro il perchè fosse finito lì con Laurel. Se Sara Assassina avrebbe vinto, la chiave per la
vittoria -la parte buona di Sara- sarebbe andata persa. Tutto si posava sulle
sue spalle.
«Darkseid ha delle ambizioni
per il tempo come lo conosciamo... I Signori del Tempo possono averlo momentaneamente
bloccato, ma ora che è libero riprenderà esattamente da dove ha lasciato e Battleworld diventerà l'unica realtà esistente...»
«... perchè è l'unica in cui
sa che può vincere...»
Rip
ricordava molto bene i racconti del Signor Snart e
della Signorina Stein, come attraverso il vizio e la disperazione aveva
ottenuto un potere senza pari. Aveva creato un acropoli di dei oscuri che
tenevano in mano la sorte degli uomini e che attraverso il loro dolore
accrescevano il loro dominio.
«Ancora illusi di poterlo battere?»
Sara Assassina lo aveva chiesto davvero divertita
quando inginocchiandosi di fronte a Rip liberò i suoi
polsi dalle catene solo passandoci sopra con una mano.
Sua la mente. Sue le regole.
«Sono milioni gli uomini pronti a cedere al suo volere
e tu sei uno di questi...»
L'indice di Sara aveva preso ad accarezzare il viso
tumefatto di Rip che al suo tocco tornò sano, mentre
lei si mordeva un labbro. Quasi eccitata.
«So esattamente cosa stai cercando di fare...»
«E tu sai che è la verità... è tutto nella tua storia.
Quando Miranda e Jonas vennero uccisi... la rabbia, il desiderio di vendetta...
li senti ancora vero? Quella forza oscura che ribolle, sotto la superficie e ti
terrorizza...» lo vedeva nei suoi occhi, Sara ricordava la sua malvagità e se
il "canarino bianco" aveva tentato di convincerlo che fosse solo un
plagio che aveva subito la sua mente, quella Sara Assassina gli stava dicendo
che invece quella era la sua vera natura.
«L'ho sconfitta una volta, lo posso fare ancora...»
«Troppo tardi!» Sara si era alzata in piedi lasciando
che lo facesse anche lui.
«Sei al soldo di Darskeid
ormai... una delle tante anime peccatrici al suo servizio... che ne penserebbero
i tuoi amici a sapere che sei stato marchiato?»
Fu lì che Rip perse un
battito. Barcollò e si toccò la fronte quasi sperasse di poter percepire il
marchio e cancellarlo. Se fosse stato vero, voleva dire che a nulla i suoi
sforzi erano serviti e che era vero... che ciò che la League of Doom gli aveva fatto non era stato manipolarlo, ma
semplicemente far emergere chi in realtà fosse.
«Loro... loro mi resterebbero accanto...» ma la voce
dell'uomo tremava, nemmeno lui ci credeva fino in fondo. Lui era salvo per
Sara, perchè tranne lei nessun altro si era sgomitato
per recuperarlo... anzi... ricordava ancora il Signor Jackson più che convinto
ad ucciderlo!
«Forse, ma la loro fiducia in te sarebbe compromessa e
la sfiducia aumenterebbe... come un cancro si dilagherebbe e inevitabilmente
saresti allontanato e trattato da reietto... Non capisci Rip?
Possiamo comandare... insieme... come amanti...» e ora la voce della donna si
era fatta più suadente, come il suo corpo si era fatto più vicino a quello di
Hunter. Ne accarezzava i lineamenti e ne studiava l'espressione.
«Quello che sono sempre andata cercando era un posto a
cui appartenere e seppur Sara pensa di averlo trovato nelle Leggende... si sta
solo illudendo... Non lo vedi Rip? Guardami? Questa
versione di Sara, io, noi abbiamo tutto in comune... Lascia che l'oscurità in
te ti guidi e trai forza da essa...» adesso la mano di Sara era sul suo petto,
sul suo cuore e lui la stava stringendo rapito dalle sue parole e dalle sue
promesse.
Una luce accecante però in quel momento avvolse tutto
e tutti, tanto che quando Rip riaprì gli occhi si
trovò di fronte a Laurel. Entrambi liberi e non più
feriti o sporchi del posto ove era antecedentemente. Ora erano in un luogo
neutro, una spiaggia, la stessa sulla quale in una realtà alternativa tutto era
finito e tutto era iniziato.
Di fronte a loro due Sara, White Canary,
che nella sua suit li guardava sorridente non potendo
fare a meno di sentirsi in colpa per quello che avevano dovuto affrontare.
«Perdonatemi se ci ho messo tanto…» non era stato
facile scoprire dove fossero, la sua mente era un vero e proprio labirinto
anche per lei.
Laurel però scosse il capo e osservandola attentamente cercò
nel suo sguardo tutte le certezze che le erano venute meno, ma le bastò incrociare
i suoi occhi per far sì che queste tornassero forti e solide.
Rip dal
canto suo era immobile, ancora scosso da quello che era successo, da quello che
aveva scoperto e dal cedimento che aveva avuto seppur nessuna delle due donne
ne sembrava a conoscenza.
«Ora possiamo andare via da qui?»
Laurel lo aveva chiesto innocentemente muovendo un passo
verso la madre, ma fu allora che Sara alzò le mani come ad avvertirla di non
avvicinarsi ulteriormente.
E mentre l’inquietudine nell’anima di Rip non accennava a volersene andare, tutto intorno a loro
cambiò e si ritrovarono in una grotta. Sara al centro di una specie di gabbia
dorata di luce.
«Ma cosa…»
«Dopo aver parlato con mia sorella al covo di Arrow mi
sono trovata intrappolata qui dentro. Vi ho cercato con la mente per portarvi
qui sani e salvi, ma anche per quello…»
La donna alzò la mano e indicò una colonna sulla quale
vi era il disegno di un arco.
«Quando Dottor Fate mi ha colpito con la sua magia mi
ha mostrato che con quello, l’Arco di Orion, sarebbe stato possibile
sconfiggere Darkseid, ma per qualche ragione dovevo
venire qui per trovarlo…»
Tutto stava divenendo sempre più onirico e assurdo, ma
a quanto pare la razionalità li aveva abbandonati da un pezzo.
Rip e Laurel si guardarono intorno e nemmeno stettero a fare
domande sul dove Sara era stata e con chi aveva parlato, ma proprio l’assurdità
della situazione iniziò a renderla chiara.
«Forse ti ha portato qui perché…»
«Darkseid non ha accesso a
questo posto…»
Padre e figlia si erano completati a vicenda. All’inizio
erano stati sì nella mente di Sara, ma lei non era intrappolata lì. Dottor Fate
aveva portato la donna in un luogo senza tempo e senza spazio, fuori dai
confini del corpo, lì dove la forza oscura di Darkseid
agiva e ora anche Sara lo comprendeva.
«Ecco perché mi è costato tanto trovarvi e portarvi
qui…»
Ripensando a questo si guardò intorno osservando di
nuovo la colonna con il simbolo dell’arco e di fronte ad essa quella con il
simbolo dell’omega.
«Ricordo delle parole che accompagnavano la visione “Deve esserci equilibrio tra luce ed
oscurità e per esercitare il potere dell’arco e salvare il mondo, le mani
devono tenere in equilibrio i piatti della bilancia”»
Toccare i due simboli era ciò che andava fatto e
adesso tutto acquisiva senso. Sara aveva bisogno di Laurel
e Rip per riuscirci e così fecero, seppur per grazia
divina nessuno si chiese come mai il piano funzionò. Rip
aveva toccato il simbolo dell’omega, ma solo se fosse stato marchiato dallo
stesso avrebbe funzionato a contro bilanciare la purezza di Laurel
che toccò l’arco… e così fu. La Sara Assassina che aveva incontrato aveva
ragione.
Laurel corse incontro alla madre, una volta libera, non
resistendo ad abbracciarla e trovare in lei nuova linfa vitale, la stessa che
avrebbe voluto ritrovare anche Rip seppur ora non si
sentiva degno di poter stare accanto loro.
«Ci siete riusciti!»
«Servivano solo due persone per bilanciare…» aveva
minimizzato Hunter non preferendo approfondire cosa in realtà davvero ciò
significasse, ma non riuscendo a respingere Sara quando questo l’abbracciò.
Il momento di ricongiungimento tra i tre venne però
interrotto da un nuovo colpo inferto alle loro menti e che proiettò nelle
stesse una sequenza di immagini: la guerra di cui Dottor Fate aveva parlato tra
Apokolips e Nuova Genesi, il sovrano del secondo
mondo voler fermare diplomaticamente il conflitto, lo scambio dei propri figli
tra Darkseid e Altopadre. Da
lì poi fino alla vita misera condotta da Scott Free sotto il primo e quella
piena di virtù e giustizia di Orion sotto il secondo… era stato durante questo
periodo che aveva forgiato il suo arco, quello con cui era riuscito a
sconfiggere l’oscurità… il suo stesso padre.
Quando le immagini smisero, i tre barcollanti si tennero
alle rocce per non cadere. Invasi da una quantità di informazioni senza pari,
ma che stavano rendendo sempre più chiaro il loro percorso e il nemico che dovevano
combattere.
«Orion era suo figlio…» mugugnò Laurel
sconcerta.
«Sua è l’arma che ci permetterà di vincere questa
guerra…» aggiunse Sara.
Ma il più sconvolto di tutti era Rip,
vedendo come Scott Free era finito e tutto per colpa di Darkseid,
del suo giogo e del suo marchio.
«Il simbolo omega fa presa sul lato oscuro che abbiamo
già in noi. Si nutre dei nostri dubbi e delle nostre debolezze. Sfrutta le
stesse per distruggerci…» ora gli erano chiare le parole della Sara Assassina
su di lui e di come sconfiggerlo sarebbe stato impossibile, ma ora lì c’era la
SUA di Sara, quella che capendo esattamente cosa stesse pensando gli prese il
volto tra le mani e lo costrinse a guardarla.
«Non ci provare Hunter! Non osare pensarci… quello che
ti è successo non eri tu… Non lasciarti avvelenare da quello che hai visto…»
Peccato che era troppo tardi ormai.
Laurel che però non aveva assistito a quel piccolo
interscambio tra i suoi genitori, perché attratta da qualcosa sul muro, li
chiamò ben prima che potessero portare a conclusione quel confronto. Sara non
ne era felice e infatti continuava a lanciare sguardi perplessi a Rip che dal canto suo minimizzava e le diceva che stava
bene.
«Qui c’è rappresentato Orion che lancia una freccia… e…
seguendo la direzione…» tutti prestarono attenzione a Laurel,
a ciò che aveva notato e a come avesse ragione.
«Lì c’è un bersaglio…»
«E lì due postazioni di tiro! Un’ennesima prova?»
Era chiaro che la ragazza ci aveva visto giusto, ma se
così fosse avevano bisogno di qualcosa per tirare e… il tempo di pensarlo che apparirono
due archi ad ogni postazione, cosa che sorprese tutti e tre.
«Ehm… ottimo… chi ha una buona mira?»
La giovane guardò i genitori che a quanto pareva erano
i candita per quel gesto. Tutto appariva abbastanza chiaro: una volta raggiunti
i posti –di cui uno portava il simbolo dell’arco e l’altro l’omega- avrebbero
dovuto tirare le frecce alle due colonne con gli stessi simboli di fronte a
loro.
«E’ un tiro di sponda… mamma mira all’omega e papà all’arco…
se fate bene dovreste riuscire a prendere il bersaglio all’unisono!»
La familiarità della situazione aveva un non so che di
piacevole. Laurel non ci stava pensando, agiva ormai
abbandonata alla necessità di non tenere le distanze, mentre Rip e Sara si sentivano stranamente comodi in quella
posizione di genitori.
Fu così che misero in atto ciò colpendo nel segno:
Sara da sopra il simbolo dell’arco colpì l’omega e Rip
viceversa, fu dunque nel riuscirci che questo causò una crepa sulle rocce di
fronte a loro, le stesse che aprendosi mostrarono ciò che stavano cercando.
«L’arco di Orion!»
Esclamò Sara entusiasta di vedere finalmente qualcosa
che appariva tangibile. Tutte quelle profezie, magie ed esperienze oniriche le
avevano fatto venire il mal di testa. Lei era una persona d’azione, di fatti e
avere qualcosa di concreto la faceva sentire più sicura.
Fu però nel momento in cui si avvicinò per prenderlo
che un fascio di luce enorme li accecò e quando i tre ripresero conoscenza erano
nell’infermiera della Waverider e apparentemente
senza alcun arco con loro.
Posso dichiarare con fierezza che questo è uno dei
miei capitoli preferiti, forse perché dedicati completamente alla Famiglia
Hunter! Ci ho messo un po’, ma è stato un vero parto scriverlo e… bè siamo
sempre più vicini alla fine… cosa succederà? Si accettano ipotesi!