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Autore: Cecilia    06/05/2017    0 recensioni
Le conseguenze di Flashpoint presentano il loro conto e toccherà alla Leggende, in un viaggio in un futuro prossimo, a pagarne il salato prezzo tra sconvolgenti verità ed inaspettate rivelazioni.
Fan Fiction in due momenti tra l'universo che conosciamo e quello nuovo che si crea dopo la guerra finale del tempo...
Genere: Angst, Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Nuovo personaggio, Rip Hunter, Sara Lance, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 18

Quando Rip era stato trascinato via, mai avrebbe creduto che sarebbe giunto in una sorta di Nanda Parbat fittizia, frutto della mente di Sara, ove la versione di lei Assassina regnava come una Regina e dove la sala principale del palazzo era stata trasformata in una sorta di arena. Lì dove, dal suo trono oscuro, osservava i contendenti lottare fino all’ultimo sangue. Tutti i presenti erano persone che la Sara Assassina considerava nocivi per la sua esistenza, le stesse che avevano permesso che la sua parte malvagia perisse. Ecco dunque che Oliver Queen e Laurel Lance stavano combattendo uno contro l’altra, fin quando la seconda non riuscì ad uccidere l’arciere senza alcuna pietà sotto gli occhi inorriditi di Rip, rinchiuso in una delle gabbie poste intorno all’area di combattimento, e di Laurel che in quel momento era stata portata ad assistere alla scena.

Non riusciva a credere ai suoi occhi e non solo perché si trovava di fronte alla sua zia defunta di cui portava il nome e conosceva ogni cosa, ma perché adesso sua madre le stava chiedendo di combattere contro di lei. Rip aveva preso a battere le mani sulla gabbia disperato, cercando di evitare il peggio –se uno di loro due fosse morto nella mente di Sara, sarebbe morto anche nella realtà- e poi perché non poteva credere che la donna che amava potesse chiedere una cosa del genere a sua figlia. La stessa che inorridita e spaventata come non lo era mai stata in vita sua, aveva gli occhi bassi ad osservava il corpo senza vita di suo zio Oliver venir portato via. Certo non era la realtà, ma spaventava in egual modo. Combattere poi contro la sua omonima voleva dire combattere ad armi pari, sapeva cavarsela, ma in egual modo non era certo suo desiderio ucciderla a sangue freddo e senza un motivo. Farlo, seppur per finta, voleva dire comunque andare contro i suoi principi ecco perché quando riuscì a metterla spalle al muro, contro la gabbia in cui il padre era rinchiuso, fece cadere l’arma che le era stata data per combattere e si rifiutò di mettere fine alla sua esistenza. Una cosa che non piacque minimamente a Sara Assassina che con un solo gesto della mano mise silenzio tra i suoi sudditi e alzandosi dal suo trono raggiunse la ragazzina squadrandola da capo a piedi disgustata.

Sguainò il suo pugnale e minacciosamente lo puntò verso di lei non prima che l’urlo della stessa e di Rip squarciò il silenzio venutosi a creare quando questa trafisse il costato della sorella mettendo fine alla sua esistenza.

«L’hai uccisa senza motivo… perché?» mai in vita sua Laurel si era sentita tanto impotente e spaventata, piangeva non riuscendo a sopportare la vista della sua stessa madre che agiva in quel modo. Sapeva che quella era l’oscurità che in lei celava e che con fatica aveva seppellito, ma mai avrebbe creduto fosse tanto malvagia.

«In un’arena, da che mondo è mondo, un solo combattente sopravvive. Oh… stupida ragazzina, quando imparerai che uccidi o vieni ucciso? E’ sempre stato così!»

«Forse per questa versione di te, ma mia madre… lei mi ha insegnato tutt’altre cose!»

Bastò quella frase per infastidire Sara Assassina che con uno schiaffò di dorso ben assestato fece voltare il capo a quella nullità per poi prenderla per i capelli e costringerla a guardarla.

«Non lo hai capito? Io sono tua madre… Questa sono la vera io e… Oh questo è il tuo ultimo atto di clemenza, la prossima volta se mancherai di dare il colpo di grazia lo stesso lo riceverai direttamente da me…»

La sua voce pungente trafisse le orecchie e il cuore della ragazza che una volta lasciata andare barcollò fino ad appoggiarsi alle sbarre della gabbia di Rip che non poté fare a meno di cercare per quanto possibile le sue mani e stringerle. Da quanto non provava un dolore simile? Forse da quando aveva perso Miranda e Jonas e aveva preso consapevolezza che non aveva potuto fare niente per salvarli, ma questa volta sperava che la storia fosse diversa. DOVEVA essere diversa.

I combattimenti proseguirono per ore e ore, le stesse nelle quali Laurel, nella gabbia accanto a quella del padre, assistettero inermi. Era sotto shock era innegabile, un conto dopotutto era sapere che un tuo genitore aveva avuto un passato violento e macchiato dal sangue, ma un altro conto era vederlo con i propri occhi.

«Quella non è Sara…» esclamò improvvisamente Rip, come se stesse leggendo il corso dei pensieri di sua figlia. Lo disse con lo sguardo per quanto rassicurante nei suoi confronti e un sorriso appena accennato.

«Ne sei sicuro? Forse questa è davvero lei…» quanto faceva male pensarlo? Tanto!

Perché lei aveva conosciuto una madre affettuosa una che nei ricordi che aveva vissuto –e anche quelli che aveva recuperato di un’altra linea temporale- sempre aveva combattuto per la sua famiglia. Una donna coraggiosa, onesta, retta che sì le aveva insegnato a combattere e difendersi, ma che l’aveva anche istruita a non uccidere per piacere né per vendetta. Che l’aveva inculcato il senso della giustizia e le aveva sempre detto che l’amava sopra ogni altra cosa.

Una madre che mai l’avrebbe educata a suon di violenza e sofferenza, che mai l’avrebbe minacciata di morte solo per renderla più forte.

Quindi sì Laurel Hunter iniziava a dubitare, ad essere terrorizzata che quella fosse la possibile realtà celata dietro a dei sentimenti che ora temeva fossero stati solo una facciata e il suo sguardo non riusciva a nasconderlo. Lo stesso che, velato di lacrime silenziose le scorrevano sulle gote e che Rip asciugò con una mano che aveva fatto passare tra le sbarre. Dandole così una carezza e un conforto.

«Ho paura papà… ho paura che questa sia davvero la mamma e noi non possiamo fare nulla per salvarla…» ed ecco che tutta la sua corazza di vigilante venuta dal futuro crollò e in quel momento si mostrò solamente per la figlia spaurita che era, che non riusciva a dividere la realtà dalla finzione e che aveva chiamato “papà” un uomo che ancora non lo era.

Ma questo rese Rip più forte, nuovamente la donna che amava e sua figlia avevano bisogno di lui, ma se con Vandal Savage aveva fallito ora non lo avrebbe fatto.

«La salveremo e sai perché? Perché lei non è tua madre… tua madre è la donna che anche quando non ricordava la tua esistenza mi ha fatto promettere di salvarti… questa è tua madre Laurel e non permettere alle circostanze di fartelo dimenticare…»

 

Indubbiamente sarebbe stato più facile a dirsi che a farsi, ma questo è ciò che doveva a sua figlia. Non doveva essere lei a salvare i suoi genitori, non è compito di un figlio. Ora lo capiva, ora lo percepiva e avrebbe preso in mano la situazione per quanto complicata fosse! Ma il tempo delle promesse era finito anche perché nel momento in cui gliela aveva fatta delle guardie erano venute a prenderlo per portarlo al cospetto di Sara Assassina in un’altra stanza, in un altro immaginario, ora quello della prigione di vetro della Waverider.

Lei seduta sulla panca e lui in ginocchio di fronte a lei. Una Sara Assassina però diversa, che negli occhi nascondeva il desiderio di riportare a galla qualcosa che con tanta fatica Rip aveva invece archiviato.

«Non deve essere facile stare nuovamente nella posizione di incapacità di salvare la donna che ami e la tua propria progenie...» la sua voce melliflua metteva con piacere il dito nella piaga, ma Rip non era intenzionato a cedere.

«Non ho complessi di inferiorità... non funzionerà questo tuo giochetto con me...» il Capitano Hunter ne era più che sicuro. Dopo che la League of Doom lo aveva spezzato si era reso conto di essere molto più forte, ma la sua carceriera non sembrava del stesso avviso infatti ora sorrideva soddisfatta piegandosi un poco verso di lui.

«Ed eccola lì la rabbia che cercavo... il tuo lato oscuro che con tanta fatica cerchi di celare. Ti racconti ancora la storiella che fu solo frutto di Thawne? Oh no caro Rip, lui ha tirato fuori solo qualcosa che già c'era... appena nascosta sotto la superficie...» e lì Sara sapeva di aver colto nel segno lo vedeva per come aveva abbassato lo sguardo a disagio di fronte a quell'argomento.

«Ho visto quello di cui Darkseid è capace...» una frase buttata lì per caso, ma solo apparentemente, perchè ottenne l'effetto sperato: Rip era tornato a cercare il suo sguardo.

«Tu che cosa sai di lui?»

«Quello che il Dottor Fate molto gentilmente ci ha mostrato. In passato lo avevo già conosciuto, grazie a lui sono diventata ciò che Sara con tanta fatica ha cercato di mettere da parte. Nemmeno lo ricordavo il che è buffo, ma anche normale... Darskeid scivola silenzioso dentro le anime peccatrici... e la mia, bè non sono mai stata una santa!»

Sara si era alzata in piedi e adesso camminava circolarmente intorno a Rip, quasi divertita.

«Certo all’epoca la sua influenza era minima, la prigionia lo ha indebolito, seppur mai fermato nella sua crociata e adesso… Darskeid mi ha cercato o meglio ha cercato me, quella parte che Sara tenta di tenere a bada e... bè mi ha promesso di ridarmi il controllo totale, se lo aiuto a risolvere un piccolissimo problema...»

«White Canary...»

Per Rip stava iniziando a divenire chiaro il perchè fosse finito lì con Laurel. Se Sara Assassina avrebbe vinto, la chiave per la vittoria -la parte buona di Sara- sarebbe andata persa. Tutto si posava sulle sue spalle.

«Darkseid ha delle ambizioni per il tempo come lo conosciamo... I Signori del Tempo possono averlo momentaneamente bloccato, ma ora che è libero riprenderà esattamente da dove ha lasciato e Battleworld diventerà l'unica realtà esistente...»

«... perchè è l'unica in cui sa che può vincere...»

Rip ricordava molto bene i racconti del Signor Snart e della Signorina Stein, come attraverso il vizio e la disperazione aveva ottenuto un potere senza pari. Aveva creato un acropoli di dei oscuri che tenevano in mano la sorte degli uomini e che attraverso il loro dolore accrescevano il loro dominio.

«Ancora illusi di poterlo battere?»

Sara Assassina lo aveva chiesto davvero divertita quando inginocchiandosi di fronte a Rip liberò i suoi polsi dalle catene solo passandoci sopra con una mano.

Sua la mente. Sue  le regole.

«Sono milioni gli uomini pronti a cedere al suo volere e tu sei uno di questi...»

L'indice di Sara aveva preso ad accarezzare il viso tumefatto di Rip che al suo tocco tornò sano, mentre lei si mordeva un labbro. Quasi eccitata. 

«So esattamente cosa stai cercando di fare...»

«E tu sai che è la verità... è tutto nella tua storia. Quando Miranda e Jonas vennero uccisi... la rabbia, il desiderio di vendetta... li senti ancora vero? Quella forza oscura che ribolle, sotto la superficie e ti terrorizza...» lo vedeva nei suoi occhi, Sara ricordava la sua malvagità e se il "canarino bianco" aveva tentato di convincerlo che fosse solo un plagio che aveva subito la sua mente, quella Sara Assassina gli stava dicendo che invece quella era la sua vera natura.

«L'ho sconfitta una volta, lo posso fare ancora...»

«Troppo tardi!» Sara si era alzata in piedi lasciando che lo facesse anche lui.

«Sei al soldo di Darskeid ormai... una delle tante anime peccatrici al suo servizio... che ne penserebbero i tuoi amici a sapere che sei stato marchiato?»

Fu lì che Rip perse un battito. Barcollò e si toccò la fronte quasi sperasse di poter percepire il marchio e cancellarlo. Se fosse stato vero, voleva dire che a nulla i suoi sforzi erano serviti e che era vero... che ciò che la League of Doom gli aveva fatto non era stato manipolarlo, ma semplicemente far emergere chi in realtà fosse.

«Loro... loro mi resterebbero accanto...» ma la voce dell'uomo tremava, nemmeno lui ci credeva fino in fondo. Lui era salvo per Sara, perchè tranne lei nessun altro si era sgomitato per recuperarlo... anzi... ricordava ancora il Signor Jackson più che convinto ad ucciderlo!

«Forse, ma la loro fiducia in te sarebbe compromessa e la sfiducia aumenterebbe... come un cancro si dilagherebbe e inevitabilmente saresti allontanato e trattato da reietto... Non capisci Rip? Possiamo comandare... insieme... come amanti...» e ora la voce della donna si era fatta più suadente, come il suo corpo si era fatto più vicino a quello di Hunter. Ne accarezzava i lineamenti e ne studiava l'espressione.

«Quello che sono sempre andata cercando era un posto a cui appartenere e seppur Sara pensa di averlo trovato nelle Leggende... si sta solo illudendo... Non lo vedi Rip? Guardami? Questa versione di Sara, io, noi abbiamo tutto in comune... Lascia che l'oscurità in te ti guidi e trai forza da essa...» adesso la mano di Sara era sul suo petto, sul suo cuore e lui la stava stringendo rapito dalle sue parole e dalle sue promesse.

Una luce accecante però in quel momento avvolse tutto e tutti, tanto che quando Rip riaprì gli occhi si trovò di fronte a Laurel. Entrambi liberi e non più feriti o sporchi del posto ove era antecedentemente. Ora erano in un luogo neutro, una spiaggia, la stessa sulla quale in una realtà alternativa tutto era finito e tutto era iniziato.

Di fronte a loro due Sara, White Canary, che nella sua suit li guardava sorridente non potendo fare a meno di sentirsi in colpa per quello che avevano dovuto affrontare.

«Perdonatemi se ci ho messo tanto…» non era stato facile scoprire dove fossero, la sua mente era un vero e proprio labirinto anche per lei.

Laurel però scosse il capo e osservandola attentamente cercò nel suo sguardo tutte le certezze che le erano venute meno, ma le bastò incrociare i suoi occhi per far sì che queste tornassero forti e solide.

Rip dal canto suo era immobile, ancora scosso da quello che era successo, da quello che aveva scoperto e dal cedimento che aveva avuto seppur nessuna delle due donne ne sembrava a conoscenza.

«Ora possiamo andare via da qui?»

Laurel lo aveva chiesto innocentemente muovendo un passo verso la madre, ma fu allora che Sara alzò le mani come ad avvertirla di non avvicinarsi ulteriormente.

E mentre l’inquietudine nell’anima di Rip non accennava a volersene andare, tutto intorno a loro cambiò e si ritrovarono in una grotta. Sara al centro di una specie di gabbia dorata di luce.

«Ma cosa…»

«Dopo aver parlato con mia sorella al covo di Arrow mi sono trovata intrappolata qui dentro. Vi ho cercato con la mente per portarvi qui sani e salvi, ma anche per quello…»

La donna alzò la mano e indicò una colonna sulla quale vi era il disegno di un arco.

«Quando Dottor Fate mi ha colpito con la sua magia mi ha mostrato che con quello, l’Arco di Orion, sarebbe stato possibile sconfiggere Darkseid, ma per qualche ragione dovevo venire qui per trovarlo…»

Tutto stava divenendo sempre più onirico e assurdo, ma a quanto pare la razionalità li aveva abbandonati da un pezzo.

Rip e Laurel si guardarono intorno e nemmeno stettero a fare domande sul dove Sara era stata e con chi aveva parlato, ma proprio l’assurdità della situazione iniziò a renderla chiara.

«Forse ti ha portato qui perché…»

«Darkseid non ha accesso a questo posto…»

Padre e figlia si erano completati a vicenda. All’inizio erano stati sì nella mente di Sara, ma lei non era intrappolata lì. Dottor Fate aveva portato la donna in un luogo senza tempo e senza spazio, fuori dai confini del corpo, lì dove la forza oscura di Darkseid agiva e ora anche Sara lo comprendeva.

«Ecco perché mi è costato tanto trovarvi e portarvi qui…»

Ripensando a questo si guardò intorno osservando di nuovo la colonna con il simbolo dell’arco e di fronte ad essa quella con il simbolo dell’omega.

«Ricordo delle parole che accompagnavano la visione “Deve esserci equilibrio tra luce ed oscurità e per esercitare il potere dell’arco e salvare il mondo, le mani devono tenere in equilibrio i piatti della bilancia”»

Toccare i due simboli era ciò che andava fatto e adesso tutto acquisiva senso. Sara aveva bisogno di Laurel e Rip per riuscirci e così fecero, seppur per grazia divina nessuno si chiese come mai il piano funzionò. Rip aveva toccato il simbolo dell’omega, ma solo se fosse stato marchiato dallo stesso avrebbe funzionato a contro bilanciare la purezza di Laurel che toccò l’arco… e così fu. La Sara Assassina che aveva incontrato aveva ragione.

Laurel corse incontro alla madre, una volta libera, non resistendo ad abbracciarla e trovare in lei nuova linfa vitale, la stessa che avrebbe voluto ritrovare anche Rip seppur ora non si sentiva degno di poter stare accanto loro.

«Ci siete riusciti!»

«Servivano solo due persone per bilanciare…» aveva minimizzato Hunter non preferendo approfondire cosa in realtà davvero ciò significasse, ma non riuscendo a respingere Sara quando questo l’abbracciò.

Il momento di ricongiungimento tra i tre venne però interrotto da un nuovo colpo inferto alle loro menti e che proiettò nelle stesse una sequenza di immagini: la guerra di cui Dottor Fate aveva parlato tra Apokolips e Nuova Genesi, il sovrano del secondo mondo voler fermare diplomaticamente il conflitto, lo scambio dei propri figli tra Darkseid e Altopadre. Da lì poi fino alla vita misera condotta da Scott Free sotto il primo e quella piena di virtù e giustizia di Orion sotto il secondo… era stato durante questo periodo che aveva forgiato il suo arco, quello con cui era riuscito a sconfiggere l’oscurità… il suo stesso padre.

Quando le immagini smisero, i tre barcollanti si tennero alle rocce per non cadere. Invasi da una quantità di informazioni senza pari, ma che stavano rendendo sempre più chiaro il loro percorso e il nemico che dovevano combattere.

«Orion era suo figlio…» mugugnò Laurel sconcerta.

«Sua è l’arma che ci permetterà di vincere questa guerra…» aggiunse Sara.

Ma il più sconvolto di tutti era Rip, vedendo come Scott Free era finito e tutto per colpa di Darkseid, del suo giogo e del suo marchio.

«Il simbolo omega fa presa sul lato oscuro che abbiamo già in noi. Si nutre dei nostri dubbi e delle nostre debolezze. Sfrutta le stesse per distruggerci…» ora gli erano chiare le parole della Sara Assassina su di lui e di come sconfiggerlo sarebbe stato impossibile, ma ora lì c’era la SUA di Sara, quella che capendo esattamente cosa stesse pensando gli prese il volto tra le mani e lo costrinse a guardarla.

«Non ci provare Hunter! Non osare pensarci… quello che ti è successo non eri tu… Non lasciarti avvelenare da quello che hai visto…»

Peccato che era troppo tardi ormai.

Laurel che però non aveva assistito a quel piccolo interscambio tra i suoi genitori, perché attratta da qualcosa sul muro, li chiamò ben prima che potessero portare a conclusione quel confronto. Sara non ne era felice e infatti continuava a lanciare sguardi perplessi a Rip che dal canto suo minimizzava e le diceva che stava bene.

«Qui c’è rappresentato Orion che lancia una freccia… e… seguendo la direzione…» tutti prestarono attenzione a Laurel, a ciò che aveva notato e a come avesse ragione.

«Lì c’è un bersaglio…»

«E lì due postazioni di tiro! Un’ennesima prova?»

Era chiaro che la ragazza ci aveva visto giusto, ma se così fosse avevano bisogno di qualcosa per tirare e… il tempo di pensarlo che apparirono due archi ad ogni postazione, cosa che sorprese tutti e tre.

«Ehm… ottimo… chi ha una buona mira?»

La giovane guardò i genitori che a quanto pareva erano i candita per quel gesto. Tutto appariva abbastanza chiaro: una volta raggiunti i posti –di cui uno portava il simbolo dell’arco e l’altro l’omega- avrebbero dovuto tirare le frecce alle due colonne con gli stessi simboli di fronte a loro.

«E’ un tiro di sponda… mamma mira all’omega e papà all’arco… se fate bene dovreste riuscire a prendere il bersaglio all’unisono!»

La familiarità della situazione aveva un non so che di piacevole. Laurel non ci stava pensando, agiva ormai abbandonata alla necessità di non tenere le distanze, mentre Rip e Sara si sentivano stranamente comodi in quella posizione di genitori.

Fu così che misero in atto ciò colpendo nel segno: Sara da sopra il simbolo dell’arco colpì l’omega e Rip viceversa, fu dunque nel riuscirci che questo causò una crepa sulle rocce di fronte a loro, le stesse che aprendosi mostrarono ciò che stavano cercando.

«L’arco di Orion!»

Esclamò Sara entusiasta di vedere finalmente qualcosa che appariva tangibile. Tutte quelle profezie, magie ed esperienze oniriche le avevano fatto venire il mal di testa. Lei era una persona d’azione, di fatti e avere qualcosa di concreto la faceva sentire più sicura.

Fu però nel momento in cui si avvicinò per prenderlo che un fascio di luce enorme li accecò e quando i tre ripresero conoscenza erano nell’infermiera della Waverider e apparentemente senza alcun arco con loro.

 

Posso dichiarare con fierezza che questo è uno dei miei capitoli preferiti, forse perché dedicati completamente alla Famiglia Hunter! Ci ho messo un po’, ma è stato un vero parto scriverlo e… bè siamo sempre più vicini alla fine… cosa succederà? Si accettano ipotesi!

 

   
 
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