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Autore: DarkLatias2000    06/05/2017    1 recensioni
La figura dell'Oscuro leggendario Darkrai è da sempre avvolta in una coltre di mistero; nessuno ha mai saputo veramente quale sia la sua vera natura: spietata? Fredda? O semplicemente piegata ad una realtà spietata che non può accettarlo?
I fatti rivelati nell'Ascesa di Darkrai' sono estremamente contraddittori. Inizialmente quest'essere sembra avere un'indole ostile, ma ciò che è scritto nel diario di Godey sembra spiegare che si tratta solo di una mera apparenza: si tratta forse invece di un essere solitario e ferito, rifiutato da mondo a cui appartiene e che tuttavia sembra incapace di sopportarlo, che ha forse più bisogno d'amore di quanto non lo abbia qualunque altra creatura vivente che lo abita?
Cosa ha determinato l'incontro tra l'Oscuro leggendario e una ragazzina diversa e innocente che si rivelò la chiave per salvare la propria patria dalla furia dei titani leggendari del Tempo e dello Spazio?
Ciò che mai fu raccontato del passato fra Darkrai e Alicia è qui raccolto e ideato dalla mia immaginazione, se siete pronti a scoprirlo, procedete pure...
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Darkrai, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Anime, Videogioco
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Lo sguardo di Godey era una frusta, dura come ciottoli: Alicia se la sentiva picchiare addosso a ogni parola. Non poteva fare niente per fermarla, e sopportava in silenzio con rassegnazione. E soprattutto con una traumatica delusione.
Non è vero.
“Alicia.”
Non può… non può essere vero.
“Alicia!”
Tu non sei come loro…
“Parla, Alicia!”
Gli ordini del vecchio architetto sembravano non sortire alcun effetto sulla ragazzina, ormai più simile a una statua di cera che a un essere umano: l’unica cosa che ottenne da lei fu un’espressione di puro sconcerto che per un momento lo aveva quasi spaventato, seguita a ruota da uno sguardo carico di una tristezza che aveva visto ben poche volte in vita sua. E Alicia stessa si rendeva conto di non aver mai provato una tale emozione paralizzante nella sua breve vita: quel trauma la segnò profondamente da allora, facendola diventare ciò che sarebbe diventata 5 anni dopo.
Godey non le credeva. Allora Godey era proprio come tutti gli altri? Come quelli che avevano sparato a Darkrai? La ragazzina faceva uno sforzo sovrumano per riuscire a credere a una cosa del genere: eppure Godey era lì, di fronte a lei, furioso; furioso con lei perché aveva seguito la pietà che l’aveva spinta a salvare la vita a un leggendario che la gente, per un motivo che non sarebbe mai stata capace di comprendere, odiava come il diavolo.
“Alicia, dì qualcosa!”
Dovette scuoterla per le spalle per farla reagire, reagire in una maniera che non lo aiutò di certo a ritrovare la calma. La sofferta risposta che ottenne da lei fu: “Cosa… desideri… sentire da me?”
Eri diverso… eri diverso, zio Godey.
“Una spiegazione, perdiana!” Fu la reazione esasperata dell’architetto: “Perché diavolo hai fatto una cosa del genere?! Rispondi!” La piccola ragazzina che gli era stata affidata non rispose affatto: al contrario, abbassò le palpebre e si ritrasse dalla sua vicinanza. Il che non fece che mandarlo ulteriormente in bestia: “Sto perdendo la pazienza, Alicia, e sappi che questo non è mai successo in vita mia! Spiegami! E non si tratta di un invito!”
Dove sei, zio Godey?
Quello non era Godey: Godey non parlava così. Quello non era il comprensivo e amichevole zio Godey con cui credeva di aver finalmente trovato il modo di costruirsi una vita completa: il cuore della piccola Alicia vedeva un estraneo che si divertiva a travestirsi da lui. Eppure, in onore di ciò che l’anziano architetto le aveva offerto dopo che l’individuo che si faceva identificare come suo padre l’aveva scaricata sotto quel tetto per poi sparire nel nulla, il giovanissimo talento musicale biondo rispose con la candida sincerità di una bambina: “Perché…”
“Perché?!”
“Perché io… io so… io sono sicura… quella era la scelta giusta.”
“La scelta… giusta?!” L’atteggiamento di Godey non subì cambiamenti di alcun tipo: “Hai il coraggio di rispondermi che quella, secondo te, era la scelta giusta?!”
Alicia non aveva messo alcun coraggio in quello che aveva detto: era pura e semplice sincerità, nient’altro. Verità, pura verità. La sua giovane mente non capiva il senso delle parole del suo tutore.
“Io… io lo sentivo…”
“Sentivi? Cosa sentivi?!”
“Male…” Godey continuava a mantenere un perfetto ed esterrefatto volto dell’incomprensione più totale: “Faceva male. L’idea di abbandonarlo laggiù… mi faceva male, tanto male.”
Perché tu non ci sei più, zio Godey?
“Ma sei completamente impazzita?!” Era esploso lui in definitiva: “Lo sai cos’era quell’affare?!”
Uno…  che soffriva molto più… di quanto tu possa immaginare.
“… sì.” “Non prendermi in giro!” Lei non lo aveva mai fatto in vita sua: “Tra tutti i Pokemon che vivono in quei luoghi… come ti è saltato in testa di avvicinare proprio quella bestia?!”
“Lui non è… lui non è diverso da loro.”
“Non è diverso…? Ma si può sapere cosa stai dicendo?!”
Non voglio parlare con te. Io devo parlare con lo zio Godey.
Cosa rispondergli? Non conosceva alcun rimedio o medicinale fra quelli di cui era in possesso in grado di fargli aprire gli occhi alla verità. Fra lei e il vecchio architetto si era alzata una muraglia che non sapeva come abbattere, e di cui non aveva mai sospettato la presenza fino ad allora.
“Esattamente… ciò che ho detto.”
“Alicia, si può sapere che ti è preso?!” Con una punta di sollievo Alicia si rese conto che Godey non sapeva proprio più cosa dirle: ancora un po’ e non avrebbe potuto fare altro che rassegnarsi a un impotente silenzio: “Quella creatura ti poteva ammazzare! È un predatore a cui stanno dando una caccia disperata da decine di anni a questa parte, ti sei almeno chiesta il perché di quella ferita da arma da fuoco?! O credi che sia l’intera città a sbagliare mentre tu sei l’unica a comprenderne la vera natura?! La sicurezza ha sputato sangue per riuscire a prenderlo… e tu ti metti a soccorrere quel Darkrai?! Nel migliore dei casi il suo solo contatto fisico avrebbe potuto farti cadere in coma, lo capisci questo?!”
Non lo capisco. Non lo capirò.
“Lui… era debolissimo. A malapena riusciva a muovere un braccio… come avrebbe potuto farmi del male? Stava per morire.”
“Sì, è quello che sarebbe dovuto accadere!” Godey batté esasperato il pugno sulla superficie del tavolo senza curarsi minimamente del dolore: “Quel Pokemon è un pericolo pubblico per tutti noi, e tu non fai eccezione! I suoi sono poteri oscuri estremamente pericolosi che non possono essere controllati da niente e nessuno. L’ultima volta ha causato a un vigilante quasi 10 mesi di coma! E tu a cosa pensi? Salvargli la vita?!”
Ma sono stati loro a sparargli.
“Allora… ciò vuol dire che non l’ha ucciso… quell'uomo ora sta bene?” Godey non le rispose nemmeno. Alicia lo interpretò fiduciosa come una conferma: “Lo sapevo… sapevo che era vero. Lui allora ha davvero… paura degli uomini.” “Paura quello?!” Il suo anziano tutore non si era ancora arreso: “Siamo noi ora a tremare di paura per la sua sola presenza, altro che il contrario! Guarda in che stato è capace di ridurre un’intera città un demonio come quello! Che diavolo hai visto tu di così prezioso in quel mostro?! Spiegamelo!”
Mostro.
Era la seconda volta che Alicia sentiva quella parola incomprensibile e insopportabile rimbombare nelle sue orecchie: non sapeva esattamente a cosa attribuirla, ma la sentiva brutta, marcia, cattiva. E la odiava, la odiava ai limiti del possibile, al punto da riempirla di rabbia. E lei raramente permetteva alla rabbia di prendere il sopravvento su di lei: aveva imparato fin da piccola che la rabbia è uno dei nemici peggiori dell’essere umano. Anche sua madre glielo ripeteva da sempre, anche quando era stata costretta all’immobilità per malattia, prima di essere trasferita in clinica: mai permettere alla rabbia di prendere il sopravvento. Rendeva una persona capace di tutto.
Ma quella parola così sporca non le permetteva proprio di trattenersi.
“Non è un mostro, Godey!”
Di fronte a quell’esplosione emotiva improvvisa da parte della sua protetta, dopo tutti i tentativi che aveva fatto per tirarle fuori spiegazioni con le pinze, Godey non aveva potuto fare a meno di tacere per la sorpresa. Alicia all’improvviso sembrava sul punto di mettersi a urlare, e la sua voce infantile di solito dolce e cristallina ora appariva stridula e disperata. Il suo sguardo tradiva qualcosa di effettivamente riconducibile alla disperazione: “Sono coloro che gli hanno sparato a sangue freddo ad essere dei mostri, non Darkrai! Voi… come potete pensare che sia giusto uccidere un Pokemon leggendario, uno dei guardiani naturali della Terra? Loro hanno il dovere di proteggerci, non di farci del male! È contro la legge della natura cacciare un Pokemon leggendario, un Pokemon che tra l’altro loro… tu… tu non conosci!” Godey fu sul punto di ribattere qualcosa, ma Alicia non gli permise di fermarla, e lo anticipò abbastanza in fretta da impedirgli di protestare: “In lui non c’era una sola traccia di cattiveria quando l’ho visto, quando l’ho toccato! Cercava solo di continuare a vivere, come avrei fatto anch’io… come avresti fatto anche tu al posto suo, come avrebbe fatto un qualunque essere umano! In quelle condizioni disperate lui non pensava a maledire il genere umano che lo aveva quasi assassinato, pensava solo a chiedere disperatamente aiuto!”
Nella mente della ragazzina tornò il ricordo di quelle strane e persistenti sensazioni mentali, quelle onde psichiche che aveva capito essere un tentativo di comunicazione mentale, che aveva percepito quando si trovava nei giardini a suonare le sue foglie ai Pokemon che amava. Era certamente stato lui, ora ne aveva la conferma.
“Lui ha chiamato me, ha chiamato me per essere aiutato! Faccio parte di un popolo che lo odia, eppure ha chiamato me! E quando due inverni fa sono finita giù da quel dirupo coperto di ghiaccio lui è stato l’unico a venire in mio soccorso!”
Da quanto tempo si era cucita la bocca su quello che era successo quell’inverno: era stata una delle uniche cose che nessuno aveva mai conosciuto di lei. Godey era rimasto paralizzato dalla sorpresa: “Mi stai dicendo che quando hai avuto quell’incidente..” “Lui mi ha salvato la vita!” Ormai la disperazione nel tono di Alicia era palese: “Quando nessuno aveva mosso un dito nemmeno per mandare qualcuno a cercarmi! E se tu lo avessi visto, in quel momento… non penseresti nemmeno di parlare così. I suoi occhi… erano terrorizzati. Aveva paura! Quelli che ho visto non erano gli occhi di un mostro, un demone o un assassino… quelli erano gli occhi di un bambino che piangeva!”
Non era riuscita a trattenere quei pensieri decisamente personali: d’altro canto Alicia aveva capito che Godey non si sarebbe mai fatto convincere se non avesse confessato anche quelli. E lei non aveva più intenzione di nascondergli l’unica cosa che avrebbe potuto abbattere il muro che lui aveva eretto fra loro due: “Quegli occhi… i miei occhi…” Lo stupore stampato sulla faccia di Godey le confermò che stava riuscendo nel suo intento, anche se pagando il prezzo di umiliarsi in quella maniera davanti a lui.
“Vuoi sapere… vuoi sapere cosa ho visto in lui?” L’architetto stavolta non fece alcuna obiezione e la lasciò rispondere in silenzio.
“Io ho visto me stessa… ho visto me stessa in quel leggendario morente.”
Godey non obiettò. Rimase a fissarla esterrefatto nel più completo silenzio per almeno tutti i dieci minuti successivi. Alicia, dal canto suo, aveva sputato fuori di bocca così tante cose e con una tale esasperazione da non riuscire ad aggiungere altro, cadendo nel totale mutismo.
Quando finalmente era riuscito a riprendersi da quella rivelazione inaspettata, Godey era tornato a sedersi al tavolo piazzandosi una mano sulla fronte rugosa, gesto tipico che indicava i momenti in cui cercava di riordinare i suoi pensieri in disordine e che Alicia gli aveva visto fare parecchie volte quando tentava di buttare giù qualche nuovo schizzo architettonico. Aveva quindi preso fiato e cercato di dire qualcosa…
Quando alla porta aveva bussato qualcuno.
Qualcuno che, a giudicare dal suo modo di battere la maniglia, doveva essere parecchio impaziente e preso dalla fretta.
Alicia aveva sussultato a quel rumore: era almeno un anno che non ricevevano visite. E, a quanto lei ne sapeva, Godey non prendeva appuntamenti con qualcuno per lavoro da quando l’aveva accolta in casa sua; fatto che fu confermato dall’espressione del tutto sorpresa dell’anziano architetto: “A quest’ora? Ma che diavolo…” La maniglia batté di nuovo con più violenza.
Questo andava contro tutte le previsioni possibili, ed entrambi erano completamente impreparati a un imprevisto come quello. Godey tuttavia fu più rapido a reagire: lasciò perdere il discorso, si riscosse in fretta ed andò ad aprire sospettoso. Alicia sulle prime lo aveva accompagnato solo con lo sguardo, poi aveva subito appiccicato l’orecchio alla parete della cucina per ascoltare la conversazione.
“Buonasera, Godey.”
“Ah, è lei… buonasera… mi scusi, non avevo in programma alcuna visita per oggi, tantomeno a quest’ora. Perché non mi ha fatto sapere prima che sarebbe passato?”
“Non è stato qualcosa di programmabile, mi sono precipitato da lei appena possibile… ha colto impreparati tutti, in realtà.”
“Impreparati...? Ma di cosa sta…”
“Pareva andare tutto bene… per questo non sono riusciti a fare nulla. Nessuno si aspettava che le cose potessero mettersi così male.”
Godey aveva capito subito qual era l’argomento in ballo, e per questo aveva abbassato rapidamente la voce: “… si può sapere cosa è successo?”
Ad Alicia ora certo non bastava più origliare semplicemente quella conversazione a tono ancora più basso: quella visita inattesa aveva già steso su di lei l’ombra di un sospetto soffocante di cui non riusciva a comprendere la natura, e che tuttavia l’aveva riempita di nervosismo e preoccupazione.
Cosa è successo?
Forse lo sconosciuto aveva intuito il motivo di quel cambio di volume improvviso, perché lei non riuscì a udire la risposta che il visitatore diede a Godey, doveva avergliela riferita a voce veramente troppo bassa. E, come comprese subito dopo, per volere dell’architetto. Del tutto inutilmente, in realtà.
All’improvviso la voce di Godey esplose come un vulcano senza controllo: “… cosa? Sta scherzando?!”
“Vorrei tanto poterlo dire.”
Anche una talpa avrebbe capito che la cosa in realtà non gli faceva né caldo né freddo. Ciò non fece che peggiorare lo stato d’animo di Alicia.
“Ma… come è potuto succedere? E così, all’improvviso?”
“Gliel’ho detto, siamo stati tutti colti impreparati. Non è un fatto a cui hanno potuto rimediare… è andato tutto contro ogni previsione.”
“Quando è successo?”
“Proprio questo pomeriggio… non abbiamo idea di come sia potuto accadere. C’è ancora il caos lì dentro, ancora nessuno riesce a spiegarselo.”
“Lo credo bene! Mi dica lei come io possa credere a una cosa simile su due piedi! E suo padre? Che fine ha fatto? Perché non è venuto di persona, si può sapere?!”
“Purtroppo non sono a conoscenza dei motivi dell’assenza del signor…”
Alicia non era riuscita più a sopportare quella tensione, ed era irrotta nell’ingresso prima ancora che il visitatore potesse inventare scuse di alcun tipo sull’assenza dell’uomo di cui ormai aveva capito benissimo l’identità. Il visitatore in questione, lo riconobbe immediatamente, era lo stesso tipo che l’aveva accompagnata a casa di Godey la prima volta per affidarla ufficialmente a lui, per poi volatilizzarsi e sparire per un anno. L’architetto cercò inutilmente di rimandarla dentro, ma lei, in preda a sospetti che non avrebbe mai voluto provare, lo aveva respinto con violenza.
“Cosa è successo?”
Godey la fissò allarmato. Alicia conosceva quella reazione: seguiva a quelle rivelazioni che Godey considerava troppo traumatiche per farle conoscere anche a lei. Ma c’era di mezzo suo padre: neanche uno come Godey aveva il diritto di tenerle nascosto qualcosa che aveva a che fare con la sua famiglia.
“Cos’è successo? Cosa c’entra mio padre?”
“Lui sta bene,” Le aveva risposto subito il visitatore senza farsi problemi: “Anche il lavoro va bene. È tutto ciò di cui sono al corrente.” “Tutto ciò di cui è al corrente?!” Godey era visibilmente irritato: “Mi faccia il favore! Come può passare quell’uomo un periodo così favorevole se non si degna di tornare neanche per una cosa del genere?!”
Alicia aveva sgranato gli occhi, riuscendo a malapena a contenersi.
Ditemi la verità!
“Cosa è successo?!”
Godey cercò inutilmente di evitare di darle la risposta, ma l’estraneo si fece decisamente meno scrupoli. Così Alicia ricevette la cruda risposta che le fece cadere il mondo addosso.
“Tua madre è morta, Alicia.”










Continua...

 

Nota dell'autrice: sappiate che l'autrice di questa storia è una fanatica incallita di Kyashan e altre cose strazianti simili, per cui abituatevi a finali di questo tipo, che la sottoscritta è terribilmente, incorreggibilmente sadica.
E credo che tutti i lettori intelligenti di questa storia avessero capito molto bene già da tempo che sarebbe andata a finire così... e dai, vi ho dato indizi in praticamente tutti i capitoli...
Oh, certo, so perfettamente cosa state pensando. O meglio, cosa state contando. So anche io quanti decadi sono passati dall'ultima volta che ho scritto qualcosa...
Ma pretendo un minimo di comprensione, sfido chiunque a scrivere regolarmente a pochi mesi dal suo diploma! XD Quindi giù quei forconi!
Intanto, come promesso, Annales è stata cancellata definitivamente. Ma prometto un'alba decisamente migliore per quella tetralogia... magari in un'altra lontana epoca...
(... ehi, scherzavo! XD)
Vedrò di portare altri capitoli... magari quando avrò finito di sorbirmi il Paradise Lost di Milton!
Nel frattempo, auguro bellissimi incubi a tutti voi ;-)

   
 
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