Lo
sguardo di Godey era una frusta, dura come ciottoli:
Alicia se la sentiva picchiare addosso a ogni parola. Non poteva fare
niente
per fermarla, e sopportava in silenzio con rassegnazione. E soprattutto
con una
traumatica delusione.
Non è vero.
“Alicia.”
Non può… non
può
essere vero.
“Alicia!”
Tu non sei come loro…
“Parla, Alicia!”
Gli ordini del vecchio architetto sembravano non sortire
alcun effetto sulla ragazzina, ormai più simile a una statua
di cera che a un
essere umano: l’unica cosa che ottenne da lei fu
un’espressione di puro
sconcerto che per un momento lo aveva quasi spaventato, seguita a ruota
da uno
sguardo carico di una tristezza che aveva visto ben poche volte in vita
sua. E
Alicia stessa si rendeva conto di non aver mai provato una tale
emozione paralizzante
nella sua breve vita: quel trauma la segnò profondamente da
allora, facendola
diventare ciò che sarebbe diventata 5 anni dopo.
Godey non le credeva. Allora Godey era proprio come tutti
gli altri? Come quelli che avevano sparato a Darkrai? La ragazzina
faceva uno
sforzo sovrumano per riuscire a credere a una cosa del genere: eppure
Godey era
lì, di fronte a lei, furioso; furioso con lei
perché aveva seguito la pietà che
l’aveva spinta a salvare la vita a un leggendario che la
gente, per un motivo
che non sarebbe mai stata capace di comprendere, odiava come il diavolo.
“Alicia, dì qualcosa!”
Dovette scuoterla per le spalle per farla reagire, reagire
in una maniera che non lo aiutò di certo a ritrovare la
calma. La sofferta
risposta che ottenne da lei fu: “Cosa…
desideri… sentire da me?”
Eri diverso… eri
diverso, zio Godey.
“Una spiegazione, perdiana!” Fu la reazione
esasperata
dell’architetto: “Perché diavolo hai
fatto una cosa del genere?! Rispondi!” La
piccola ragazzina che gli era stata affidata non rispose affatto: al
contrario,
abbassò le palpebre e si ritrasse dalla sua vicinanza. Il
che non fece che
mandarlo ulteriormente in bestia: “Sto perdendo la pazienza,
Alicia, e sappi
che questo non è mai successo in vita mia! Spiegami! E non
si tratta di un
invito!”
Dove sei, zio Godey?
Quello non era Godey: Godey non parlava così. Quello non era
il comprensivo e amichevole zio Godey con cui credeva di aver
finalmente
trovato il modo di costruirsi una vita completa: il cuore della piccola
Alicia
vedeva un estraneo che si divertiva a travestirsi da lui. Eppure, in
onore di
ciò che l’anziano architetto le aveva offerto dopo
che l’individuo che si
faceva identificare come suo padre l’aveva scaricata sotto
quel tetto per poi
sparire nel nulla, il giovanissimo talento musicale biondo rispose con
la
candida sincerità di una bambina:
“Perché…”
“Perché?!”
“Perché io… io so… io sono
sicura… quella era la scelta
giusta.”
“La scelta… giusta?!”
L’atteggiamento di Godey non subì
cambiamenti di alcun tipo: “Hai il coraggio di rispondermi
che quella, secondo
te, era la scelta giusta?!”
Alicia non aveva messo alcun coraggio in quello che aveva
detto: era pura e semplice sincerità, nient’altro.
Verità, pura verità. La sua giovane
mente non capiva il senso delle parole del suo tutore.
“Io… io lo sentivo…”
“Sentivi? Cosa sentivi?!”
“Male…” Godey continuava a mantenere un
perfetto ed
esterrefatto volto dell’incomprensione più totale:
“Faceva male. L’idea di
abbandonarlo laggiù… mi faceva male, tanto
male.”
Perché tu non ci sei
più, zio Godey?
“Ma sei completamente impazzita?!” Era esploso lui
in
definitiva: “Lo sai cos’era
quell’affare?!”
Uno…
che soffriva molto più… di quanto tu
possa
immaginare.
“… sì.” “Non
prendermi in giro!” Lei non lo aveva mai fatto
in vita sua: “Tra tutti i Pokemon che vivono in quei
luoghi… come ti è saltato
in testa di avvicinare proprio quella bestia?!”
“Lui non è… lui non è
diverso da loro.”
“Non è diverso…? Ma si può
sapere cosa stai dicendo?!”
Non voglio parlare con
te. Io devo parlare con lo zio Godey.
Cosa rispondergli? Non conosceva alcun rimedio o medicinale fra
quelli di cui era in possesso in grado di fargli aprire gli occhi alla
verità.
Fra lei e il vecchio architetto si era alzata una muraglia che non
sapeva come
abbattere, e di cui non aveva mai sospettato la presenza fino ad allora.
“Esattamente… ciò che ho
detto.”
“Alicia, si può sapere che ti è
preso?!” Con una punta di
sollievo Alicia si rese conto che Godey non sapeva proprio
più cosa dirle:
ancora un po’ e non avrebbe potuto fare altro che rassegnarsi
a un impotente
silenzio: “Quella creatura ti poteva ammazzare! È
un predatore a cui stanno
dando una caccia disperata da decine di anni a questa parte, ti sei
almeno
chiesta il perché di quella ferita da arma da fuoco?! O
credi che sia l’intera
città a sbagliare mentre tu sei l’unica a
comprenderne la vera natura?! La
sicurezza ha sputato sangue per riuscire a prenderlo… e tu
ti metti a
soccorrere quel Darkrai?! Nel migliore dei casi il suo solo contatto
fisico
avrebbe potuto farti cadere in coma, lo capisci questo?!”
Non lo capisco. Non lo
capirò.
“Lui… era debolissimo. A malapena riusciva a
muovere un braccio…
come avrebbe potuto farmi del male? Stava per morire.”
“Sì, è quello che sarebbe dovuto
accadere!” Godey batté
esasperato il pugno sulla superficie del tavolo senza curarsi
minimamente del
dolore: “Quel Pokemon è un pericolo pubblico per
tutti noi, e tu non fai
eccezione! I suoi sono poteri oscuri estremamente pericolosi che non
possono
essere controllati da niente e nessuno. L’ultima volta ha
causato a un
vigilante quasi 10 mesi di coma! E tu a cosa pensi? Salvargli la
vita?!”
Ma sono stati loro a
sparargli.
“Allora… ciò vuol dire che non
l’ha ucciso… quell'uomo
ora sta bene?” Godey non le rispose nemmeno. Alicia lo
interpretò fiduciosa come
una conferma: “Lo sapevo… sapevo che era vero. Lui
allora ha davvero… paura
degli uomini.” “Paura quello?!”
Il
suo anziano tutore non si era ancora arreso: “Siamo noi ora a
tremare di paura
per la sua sola presenza, altro che il contrario! Guarda in che stato
è capace
di ridurre un’intera città un demonio come quello!
Che diavolo hai visto tu di
così prezioso in quel mostro?! Spiegamelo!”
Mostro.
Era la seconda volta che Alicia sentiva quella parola
incomprensibile e insopportabile rimbombare nelle sue orecchie: non
sapeva
esattamente a cosa attribuirla, ma la sentiva brutta, marcia, cattiva.
E la
odiava, la odiava ai limiti del possibile, al punto da riempirla di
rabbia. E
lei raramente permetteva alla rabbia di prendere il sopravvento su di
lei:
aveva imparato fin da piccola che la rabbia è uno dei nemici
peggiori dell’essere
umano. Anche sua madre glielo ripeteva da sempre, anche quando era
stata
costretta all’immobilità per malattia, prima di
essere trasferita in clinica:
mai permettere alla rabbia di prendere il sopravvento. Rendeva una
persona capace
di tutto.
Ma quella parola così sporca non le permetteva proprio di
trattenersi.
“Non è un mostro, Godey!”
Di fronte a quell’esplosione emotiva improvvisa da parte
della sua protetta, dopo tutti i tentativi che aveva fatto per tirarle
fuori
spiegazioni con le pinze, Godey non aveva potuto fare a meno di tacere
per la sorpresa.
Alicia all’improvviso sembrava sul punto di mettersi a
urlare, e la sua voce
infantile di solito dolce e cristallina ora appariva stridula e
disperata. Il
suo sguardo tradiva qualcosa di effettivamente riconducibile alla
disperazione:
“Sono coloro che gli hanno sparato a sangue freddo ad essere dei
mostri, non Darkrai!
Voi… come potete pensare che sia giusto uccidere un Pokemon
leggendario, uno
dei guardiani naturali della Terra? Loro hanno il dovere di
proteggerci, non di
farci del male! È contro la legge della natura cacciare un
Pokemon leggendario,
un Pokemon che tra l’altro loro… tu… tu
non conosci!” Godey fu sul
punto di ribattere qualcosa, ma Alicia non gli permise di fermarla, e
lo
anticipò abbastanza in fretta da impedirgli di protestare:
“In lui non c’era
una sola traccia di cattiveria quando l’ho visto, quando
l’ho toccato! Cercava
solo di continuare a vivere, come avrei fatto
anch’io… come avresti fatto anche
tu al posto suo, come avrebbe fatto un qualunque essere umano! In
quelle condizioni
disperate lui non pensava a maledire il genere umano che lo aveva quasi
assassinato, pensava solo a chiedere disperatamente aiuto!”
Nella mente della ragazzina tornò il ricordo di quelle
strane e persistenti sensazioni mentali, quelle onde psichiche che
aveva capito
essere un tentativo di comunicazione mentale, che aveva percepito
quando si
trovava nei giardini a suonare le sue foglie ai Pokemon che amava. Era
certamente stato lui, ora ne aveva la conferma.
“Lui ha chiamato me,
ha chiamato me per essere aiutato!
Faccio
parte di un popolo che lo odia, eppure ha chiamato me!
E quando due inverni fa sono finita giù da quel dirupo
coperto
di ghiaccio lui è stato l’unico a venire in mio
soccorso!”
Da quanto tempo si era cucita la bocca su quello che era
successo quell’inverno: era stata una delle uniche cose che
nessuno aveva mai
conosciuto di lei. Godey era rimasto paralizzato dalla sorpresa:
“Mi stai dicendo
che quando hai avuto quell’incidente..”
“Lui mi ha salvato la vita!” Ormai la
disperazione nel tono di Alicia era palese: “Quando nessuno
aveva mosso un dito
nemmeno per mandare qualcuno a cercarmi! E se tu lo avessi visto, in
quel
momento… non penseresti nemmeno di parlare così.
I suoi occhi… erano
terrorizzati. Aveva paura! Quelli che ho visto non erano gli occhi di
un
mostro, un demone o un assassino… quelli erano gli occhi di
un bambino che
piangeva!”
Non era riuscita a trattenere quei pensieri decisamente
personali: d’altro canto Alicia aveva capito che Godey non si
sarebbe mai fatto
convincere se non avesse confessato anche quelli. E lei non aveva
più
intenzione di nascondergli l’unica cosa che avrebbe potuto
abbattere il muro che lui aveva eretto fra loro due: “Quegli
occhi… i miei occhi…” Lo
stupore stampato sulla faccia di Godey le confermò che stava
riuscendo nel suo
intento, anche se pagando il prezzo di umiliarsi in quella maniera
davanti a
lui.
“Vuoi sapere… vuoi sapere cosa ho visto in
lui?”
L’architetto stavolta non fece alcuna obiezione e la
lasciò rispondere in
silenzio.
“Io ho visto me stessa… ho visto me stessa in quel
leggendario morente.”
Godey non obiettò. Rimase a fissarla esterrefatto nel
più completo
silenzio per almeno tutti i dieci minuti successivi. Alicia, dal canto
suo,
aveva sputato fuori di bocca così tante cose e con una tale
esasperazione da
non riuscire ad aggiungere altro, cadendo nel totale mutismo.
Quando finalmente era riuscito a riprendersi da quella
rivelazione inaspettata, Godey era tornato a sedersi al tavolo
piazzandosi una
mano sulla fronte rugosa, gesto tipico che indicava i momenti in cui
cercava di
riordinare i suoi pensieri in disordine e che Alicia gli aveva visto
fare
parecchie volte quando tentava di buttare giù qualche nuovo
schizzo
architettonico. Aveva quindi preso fiato e cercato di dire
qualcosa…
Quando alla porta aveva bussato qualcuno.
Qualcuno che, a giudicare dal suo modo di battere la
maniglia, doveva essere parecchio impaziente e preso dalla fretta.
Alicia aveva sussultato a quel rumore: era almeno un anno
che non ricevevano visite. E, a quanto lei ne sapeva, Godey non
prendeva
appuntamenti con qualcuno per lavoro da quando l’aveva
accolta in casa sua;
fatto che fu confermato dall’espressione del tutto sorpresa
dell’anziano
architetto: “A quest’ora? Ma che
diavolo…” La maniglia batté di nuovo
con più
violenza.
Questo andava contro tutte le previsioni possibili, ed
entrambi erano completamente impreparati a un imprevisto come quello.
Godey
tuttavia fu più rapido a reagire: lasciò perdere
il discorso, si riscosse in
fretta ed andò ad aprire sospettoso. Alicia sulle prime lo
aveva accompagnato
solo con lo sguardo, poi aveva subito appiccicato l’orecchio
alla parete della
cucina per ascoltare la conversazione.
“Buonasera, Godey.”
“Ah, è lei… buonasera… mi
scusi, non avevo in programma
alcuna visita per oggi, tantomeno a quest’ora.
Perché non mi ha fatto sapere
prima che sarebbe passato?”
“Non è stato qualcosa di programmabile, mi sono
precipitato
da lei appena possibile… ha colto impreparati tutti, in
realtà.”
“Impreparati...? Ma di cosa sta…”
“Pareva andare tutto bene… per questo non sono
riusciti a
fare nulla. Nessuno si aspettava che le cose potessero mettersi
così male.”
Godey aveva capito subito qual era l’argomento in ballo, e
per questo aveva abbassato rapidamente la voce: “…
si può sapere cosa è
successo?”
Ad Alicia ora certo non bastava più origliare semplicemente
quella conversazione a tono ancora più basso: quella visita inattesa
aveva già steso su
di lei l’ombra di un sospetto soffocante di cui non riusciva
a comprendere la
natura, e che tuttavia l’aveva riempita di nervosismo e
preoccupazione.
Cosa è successo?
Forse lo sconosciuto aveva intuito il motivo di quel cambio
di volume improvviso, perché lei non riuscì a
udire la risposta che il
visitatore diede a Godey, doveva avergliela riferita a voce veramente
troppo bassa.
E, come comprese subito dopo, per volere dell’architetto. Del
tutto
inutilmente, in realtà.
All’improvviso la voce di Godey esplose come un vulcano
senza controllo: “… cosa? Sta
scherzando?!”
“Vorrei tanto poterlo dire.”
Anche una talpa avrebbe capito che la cosa in realtà non gli
faceva né caldo né freddo. Ciò non
fece che peggiorare lo stato d’animo di
Alicia.
“Ma… come è potuto succedere? E
così, all’improvviso?”
“Gliel’ho detto, siamo stati tutti colti
impreparati. Non è
un fatto a cui hanno potuto rimediare… è andato
tutto contro ogni previsione.”
“Quando è successo?”
“Proprio questo pomeriggio… non abbiamo idea di
come sia
potuto accadere. C’è ancora il caos lì
dentro, ancora nessuno riesce a
spiegarselo.”
“Lo credo bene! Mi dica lei come io possa credere a una cosa
simile su due piedi! E suo padre? Che fine ha fatto? Perché
non è venuto di
persona, si può sapere?!”
“Purtroppo non sono a conoscenza dei motivi
dell’assenza del
signor…”
Alicia non era riuscita più a sopportare quella tensione, ed
era irrotta nell’ingresso prima ancora che il visitatore
potesse inventare
scuse di alcun tipo sull’assenza dell’uomo di cui
ormai aveva capito benissimo
l’identità. Il visitatore in questione, lo
riconobbe immediatamente, era lo
stesso tipo che l’aveva accompagnata a casa di Godey la prima
volta per
affidarla ufficialmente a lui, per poi volatilizzarsi e sparire per un
anno. L’architetto
cercò inutilmente di rimandarla dentro, ma lei, in preda a
sospetti che non avrebbe mai voluto provare, lo aveva respinto con
violenza.
“Cosa è successo?”
Godey la fissò allarmato. Alicia conosceva quella reazione:
seguiva a quelle rivelazioni che Godey considerava troppo traumatiche
per farle
conoscere anche a lei. Ma c’era di mezzo suo padre: neanche
uno come Godey
aveva il diritto di tenerle nascosto qualcosa che aveva a che fare con
la sua
famiglia.
“Cos’è successo? Cosa c’entra
mio padre?”
“Lui sta bene,” Le aveva risposto subito il
visitatore senza
farsi problemi: “Anche il lavoro va bene. È tutto
ciò di cui sono al corrente.”
“Tutto ciò di cui è al
corrente?!” Godey era visibilmente irritato: “Mi
faccia
il favore! Come può passare quell’uomo un periodo
così favorevole se non si
degna di tornare neanche per una cosa del genere?!”
Alicia aveva sgranato gli occhi, riuscendo a malapena a
contenersi.
Ditemi la verità!
“Cosa è successo?!”
Godey cercò inutilmente di evitare di darle la risposta, ma
l’estraneo si fece decisamente meno scrupoli. Così
Alicia ricevette la cruda
risposta che le fece cadere il mondo addosso.
“Tua madre è morta, Alicia.”
Continua...
Nota dell'autrice: sappiate che l'autrice di questa storia è una fanatica incallita di Kyashan e altre cose strazianti simili, per cui abituatevi a finali di questo tipo, che la sottoscritta è terribilmente, incorreggibilmente sadica.
E credo che tutti i lettori intelligenti di questa storia avessero capito molto bene già da tempo che sarebbe andata a finire così... e dai, vi ho dato indizi in praticamente tutti i capitoli...
Oh, certo, so perfettamente cosa state pensando. O meglio, cosa state contando. So anche io quanti decadi sono passati dall'ultima volta che ho scritto qualcosa...
Ma pretendo un minimo di comprensione, sfido chiunque a scrivere regolarmente a pochi mesi dal suo diploma! XD Quindi giù quei forconi!
Intanto, come promesso, Annales è stata cancellata definitivamente. Ma prometto un'alba decisamente migliore per quella tetralogia... magari in un'altra lontana epoca...
(... ehi, scherzavo! XD)
Vedrò di portare altri capitoli... magari quando avrò finito di sorbirmi il Paradise Lost di Milton!
Nel frattempo, auguro bellissimi incubi a tutti voi ;-)