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Autore: _Destinyan_    07/05/2017    0 recensioni
Inghilterra, 1945.
Antonio ha vissuto tutta la sua vita in un orfanotrofio, vorrebbe che la gioia trovata lì non finisse mai. Sarà però costretto a dover affrontare la realtà una volta capito che cosa significa crescere, conoscere il mondo... e affrontare qualsiasi tipo di viaggio pur di rivedere Lovino.
Genere: Angst, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dicembre, 1947.

I bambini più grandi si erano radunati attorno al camino per giocare. Antonio distolse lo sguardo dai suoi amici e vide Lovino correre per tutta la sala al piano inferiore. Ad ogni piccolo passo il vecchio edificio emetteva un piccolo lamento.
“Lovino, cosa stai facendo?” Antonio urlò. Il bambino si fermò e rispose in fretta.
“Non riesco a trovare Feliciano.” Mentre parlava continuava a guardarsi intorno. “Ero convinto fosse nella camera, invece non c’è!”
Francis intervenne “Ho visto poco fa Feli uscire fuori.”
“Perché lo hai lasciato fare?” Gilbert rispose subito “Fuori fa freddissimo, si ammalerà di questo passo.”
“Aveva detto di dover fare una cosa importante.” Rispose il biondo in sua difesa.
Antonio si alzò in piedi “Vado a chiamarlo.” Andò verso la porta e prese la giacca. Sorrise a Lovino il quale incrociò le braccia.
“Potevo andare io, non mi serve-“
“Lovi, va bene così.” Antonio rise e andò fuori. Gli piaceva comportarsi da grande.

Appena uscito dalla porta riuscì a sentire una voce cantare. Questa volta era una canzone che non aveva mai sentito fino ad allora.
“Parlami d'amore, Mariù!
Tutta la mia vita sei tu!
Gli occhi tuoi belli brillano
Fiamme di sogno scintillano”


Antonio camminò e si avvicinò sempre di più alla voce intonata di Feliciano. Il bambino se ne stava seduto in mezzo al giardino, sulla neve, tra la siepe ormai secca e alcuni ramoscelli, ad occhi chiusi.

“Dimmi che illusione non é
Dimmi che sei tutta per me!
Qui sul tuo cuor non soffro più
Parlami d'amore, Mariù!”


Continuava a cantare quella melodia, che Antonio trovò davvero carina, ma fu costretto ad interromperlo.
“Feliciano!” Il bambino quando si sentì chiamato aprì gli occhi.
“Veeh…” Guardò il suo amico per qualche secondo e poi sorrise “Antonio, cosa ci fai qua?”
“Feli, vieni dentro. Fa troppo freddo qui fuori.” Si strinse nella sua giacca cercando di risaldarsi. “Cosa stai facendo?”
Feliciano si alzò in piedi e staccò la neve dai vestiti “Avevo voglia di cantare qualcosa per le piante.”
Antonio scosse la testa, ormai era abituato ai comportamenti strani di Feliciano. “Che canzone era? Non l’avevi mai cantata fino ad ora.”
Il bambino sorrise “Me l’ha ricordata Lovino, deve averla sognata. In effetti papà la cantava spesso.”
Antonio poggiò la mano sulla spalla di Feliciano e lo accompagnò verso la porta “Vostro padre doveva essere molto bravo.”
“Per quello che ricordo… lo era.” Rise fra sé e sé.
La curiosità non riuscì a fermare Antonio “Ti mancano i tuoi genitori?”
Il voltò di Feliciano si scurì “Sì, certo.” Mise le mani nelle tasche “La mamma ci ha detto che sarebbe andata in un posto migliore.”
Antonio inarcò un sopracciglio “Quando ve lo ha detto?”
Feliciano alzò le spalle “Quando cadde davanti a me e Lovino, l’ultima volta che l’ho vista.”
Antonio rabbrividì “E vostro padre cosa fece?”
L’italiano tentò di ricordare “Non c’era con noi.” Poi annuì “Sì, era in Italia lui.”
La curiosità crebbe ancora di più dopo questa frase, Antonio non sapeva nulla della via dei due fratelli. Avrebbe voluto così tanto sapere di più ma…
“Feli, Antonio!” Francis sbucò dalla porta “Venite dentro, la signorina tornerà a momenti, si arrabbierà se vi troverà qui fuori con questo freddo.”
Feliciano corse dentro e Antonio rimase a fissare la porta.
“Ehy, entri sì o no?” Il ragazzino incrociò le braccia e iniziò a battere i denti “Farai entrare tutta l’aria gelida se non ti sbrighi.”
Detto questo Antonio si affrettò ad entrare.

***

Gennaio, 1948.

Il primo dell’anno la signorina avrebbe invitato anche la sua famiglia, come al solito, e organizzarono un grande pranzo.
La signorina Bragiskaya, i suoi fratelli e sua madre non erano di buon umore. Il padre della signorina era venuto a mancare qualche settimana prima di natale, i bambini infatti si ripromisero di rendere l’anno di Katyusha bello e rilassato. Non potevano vederla in quello stato.
La mattina del due gennaio i bambini si svegliarono al solito orario, ma quando scesero trovarono al centro della sala un oggetto quadrato coperto da un telo.
Arthur andò avanti prima di tutti seguito ovviamente da Alfred “Che diavolo è?”
Antonio e Gilbert corsero verso l’oggetto “Sarà un regalo.” Disse il primo “Togliamo il telo.”
Ludwig si schiarì la voce “è una televisione?”
Kiku e Feliciano gli diedero ragione… avevano visto la signorina risparmiare molti soldi.
“Togliamo il telo!” Ripeterono Gilbert e Antonio.
Alla fine iniziarono a litigare. Alcuni non volevano toccare nulla altri volevano assolutamente scoprire che cosa ci fosse sotto quel telo.
“Potete toglierlo.” Sentirono la voce della signorina “Ci sono voluti molti risparmi, ma alla fine ce l’ho fatta!” Si mise a ridere.
Antonio si girò verso gli altri “Posso scoprirlo?”
Annuirono tutti.
Quando tolse il telo, scoprirono che Ludwig aveva ragione. Avevano finalmente un televisore. Fra diversi commenti di stupore iniziarono tutti a chiedere di poter accendere e capire come funzionasse quell’oggetto. Avevano sentito che la signora che abitava di fronte a loro ne aveva uno e non vedevo l’ora di usarlo.
Antonio si convinse che non avrebbe mai dimenticato quella giornata.

***

Maggio, 1948.

Nel mese di Maggio avvenne una cosa imprevista. Una giovane coppia continua a presentarsi per parlare con i bambini e con la signorina. Di lì a qualche giorno iniziarono a parlare sempre più spesso con Arthur.

Dopo una settimana Arthur dovette preparare la valigia.

Quel giorno era nuvoloso, Antonio si svegliò al solito orario. Ma ben presto Alfred urlò “Dov’è Arthur?”
Francis andò verso il suo letto e si accorse che il baule accanto al letto era ormai vuoto.
“Oh…” Sospirò.
Gilbert si massaggiò gli occhi “Arthur sta andando via?”
Alfred sobbalzò “No! Non è possibile!” E corse via dalla stanza.
Dopo qualche secondo lo seguirono tutti. Antonio non riusciva a crederci.
La signorina Braginskaya era accanto ad Arthur e continuava ad aggiustargli la camicia e le bretelle.
“Che succede qui?” Alfred corse verso il ragazzo biondo.
Arthur sorrise a lui e ai suoi amici “A quanto pare dovrò andare via.” Alzò le spalle.
La signorina si mise a ridere, doveva essere davvero contenta.
“Penso sia arrivato il momento dei saluti.” Tornò seria e fece avvicinare i bambini.
Antonio guardò Arthur negli occhi “Vai davvero via?”
Arthur annuì semplicemente. Quando vide tutti avvicinarsi per abbracciarlo arrossì di colpo e fece allontanare tutti.
Francis sorrise “Non ci mancheranno le tue sopracciglia!” Arthur storse il naso.
La signorina tossì e il bambino si scusò subito per la battuta.
Quando dal grande portone passò la coppia Arthur sfoggiò un grande sorriso. Antonio rimase senza parole.
Sarebbe andato via, quindi significava che sarebbe andati davvero via tutti prima o poi. La signorina si abbassò e baciò il bambino sulla guancia, il quale arrossì ancora una volta.
Si voltò verso i suoi amici “Ci si vede!” Fece un cenno con la mano, poi si avvicinò ad Alfred e lo abbracciò.
“Ci rivedremo Alfred, non preoccuparti.” Gli occhi gli diventarono lucidi “Oh, dannazione!” Si asciugò gli occhi e corse verso quelli che sarebbero diventati i suoi nuovi genitori. Sorrise nuovamente alle persone nella stanza e sparì dietro il grande portone dell’ingresso.
La signorina si asciugò le lacrime “ Oh, cielo!” Poi si girò verso gli altri “Non siete felici per Arthur?”
“Non lo rivedremo più.” Antonio disse.
Gilbert sbuffò “Non pensavo mi sarebbe mancato così tanto quello lì.”
Antonio non riuscì a smettere di pensare che prima o poi sarebbero andati via tutti come Arthur.

***

Giugno, 1948.

La cosa si ripeté il mese successivo.

Lovino era con Antonio quando venne chiamato dalla signorina “Vorrei che parlassi con delle persone.” Disse lei sfoggiando un grande sorriso. L’italiano guardò verso Antonio, il quale alzò le spalle e rimase lì ad aspettarlo. Lovino venne portato nello studio della signorina Braginskaya, quando entrò nella stanza rimase bloccato alla porta. Davanti a lui, seduti su delle sedie, si trovavano due persone. Una giovane donna con i capelli lunghi, castani e mossi, con una moletta a forma di fiore fra i capelli. Accanto a lei, quello che doveva essere suo marito, un ragazzo con i capelli corvini, gli occhiali rettangolari e un neo sotto il labbro. Lovino inarcò un sopracciglio quando vide che in mezzo alla coppia c’era anche Feliciano.
“Lovi!” Urlò quello, gli prese le mani e lo avvicinò agli sconosciuti “Lui è mio fratello.” e sorrise alla ragazza. La quale ricambiò il sorriso e aggiunse “Io sono Elizabeta.” Poi con la mano indicò l’uomo accanto a lei “Lui è mio marito, Roderich.”
Lovino era spaventato, perché quella coppia stava parlando proprio con loro? Che cosa volevano.
Spinse via Feliciano e incrociò le braccia, guardando con aria di sfida gli estranei.
La signorina intervenne subito “Lovino. Presentati come si deve.”
Il bambino sbuffò rumorosamente “Sono Lovino.” Disse semplicemente. Guardò per un attimo suo fratello, il quale continuava ad avere un’espressione felice, quasi più del solito.
Lovino rimase tutto il tempo in silenzio ad osservare, e ascoltare, aveva già capito che cosa volessero quei due. Anche Feliciano doveva averlo capito, ma a lui non importava.

***

“Lovino devi tenere davvero stretto quel segreto, va bene?” la mamma gli disse mentre gli accarezzava i capelli.
“Perché non posso farlo sapere a nessuno?”
La donna sospirò  “Tuo padre vuole solo salvare l’Italia, ma deve farlo in segreto, altrimenti quei tipi in divisa si arrabbierebbero molto.”
Lovino rise “Quelli che parlano in modo strano?”
“Sì, Lovi, non devi assolutamente parlare con loro.”
Il bambino aveva ancora molte domande da fare, ma si limitò a rispondere “Va bene.”

 
La mamma vide un grande affollamento nella piazza, prese in braccio Feliciano e cambiò strada. Mentre il padre afferrò Lovino.
“Non guardate.”
“Copritevi le orecchie.”
Iniziarono ad aumentare il passo.
Un rumore di pistola risuonò in tutto il viale.


“Lovino….”

“Lovi…”

Si svegliò con il fiatone.  Antonio accanto a lui lo stava chiamando con la mano poggiata sulla spalla.
“Che succede? Ti stavi dimenando mentre dormivi.”
Lovino si alzò dal letto, notò che anche gli altri lo stavano fissando. “Stavano sparando qualcuno.” Sussurrò nell’orecchio di Antonio. “E quindi la mamma e il papà hanno cominciato a correre con noi in braccio.”
“Ma è orribile.” Antonio commentò esclamando. Poi iniziò a massaggiare la schiena di Lovino e gli diede una pacca. “Ora alzati.”
Lovino si raddrizzò e riprese fiato.

Chi stava venendo sparato?

***

Lovino veniva costretto a passare del tempo con Elizabeta e Roderich. L’unica cosa che faceva era guardare quella coppia di giovani adulare suo fratello per tutti i pregi che aveva, e ridevano a tutte le cose buffe che faceva, mentre Lovino restava in disparte. Passavo il tempo nello studio della signorina e capitò che molte volte Elizabeta volesse passare del tempo anche con tutti gli altri bambini, eppure aveva occhi solo per Feliciano.

Un giorno la coppia rimase con loro in giardino, Lovino si nascose dietro un albero e si sedette lì. Mentre giocava con il terreno sentì dei passi. Pronto a rispondere male si dovette fermare quando vide i capelli lunghi e castani di Elizabeta, la quale gli sorrise e chiese “Posso sedermi un attimo qui?”
“Come le pare.” Lovino incrociò le braccia e si spostò un pochino. Il bambino voleva dirle alcune cose quindi iniziò subito a parlare “Che cosa vuole da noi due?”
Lei rise e rimase quasi sbalordita “Lovino, io vorrei solo potervi crescere come figli miei.”
“Non può avere dei figli suoi e basta?” non si accorse nemmeno di essere stato molto rude.
Elizabeta fece un sorriso amaro “Sei ancora troppo piccolo per sapere alcune cose.”
Lovino abbassò gli occhi, guardò il terreno scivolargli fra le dite “A lei io non piaccio.”
“Questo non è vero.”
“Allora preferisce Feliciano a me.” alzò lo sguardo e vide la donna in difficoltà. “Non le lascerò prendere mio fratello.” si accigliò e parlò in tono serio, eppure la ragazza scoppiò a ridere. Gli iniziò ad accarezzare la testa e Lovino arrossì. Il tocco della mano di Elizabeta gli ricordò sua madre, gli sembrò quasi di stare nel giardino di casa con sua mamma che gli accarezzava i capelli.
Con la brezza primaverile.
E i fiori.
Il bambino tornò in sé e allontanò la mano “Lei non potrà fare parte della famiglia, non potete rimpiazzare i miei genitori.” La donna rimase immobile, con la mano alzata. Si alzò in piedi e si allontanò.

***

Fine Giugno, 1948.

Antonio, finite le lezioni trovò Lovino seduto all’ingresso, nel cortile. Da un paio di giorni Lovino non parlava quasi più con nessuno, quindi approfittò di quell’occasione per passare del tempo con il suo amico.
“Ehy, Lovi!” salutò sedendosi accanto a lui. “Che stai facendo?”
“Vattene via.” Disse l’altro, senza dare nessuno spiegazione.
Antonio provò a dire qualcosa, ma vide Lovino nascondere la testa fra le gambe. “Vattene via.” Ripeté.
Lui fece come gli era stato detto e si allontanò per tornare da Gilbert e Francis. Prima di andare via notò Feliciano che parlava con la coppia di giovani sposati.
Non aveva bisogno di spiegazioni.

***

Era notte fonda quando Lovino decise di alzarsi ed andare nella camera della signorina. Poggiò silenziosamente i piedi sul pavimento, cercando di non farlo scricchiolare, nel frattempo sentiva che le cicale fuori continuavano a cantare. Aprì il portone con cautela, e si diresse verso la camera della signorina Braginskaya.
Bussò alla porta, ma nessuno andò ad aprire, quindi entrò senza permesso. Si avvicinò al letto, e iniziò a sussurrare “Signorina, signorina, si svegli!”
La donna aprì lentamente gli occhi, all’inizio sobbalzò, poi strizzò gli occhi e rimase confusa da quello che stava vedendo.
“Lo-Lovino? Cosa c’è?” Si raddrizzò con la schiena “Mi hai spaventata.”
“Signorina io devo dirle una cosa seria.”
La donna annuì e aspettò.
Prima di iniziare a parlare Lovino pensò molto.
Feliciano non faceva altro che parlare di Elizabeta e Roderich. Una volta aveva detto a Lovino che a lui faceva piacere stare con loro, avrebbe potuto restarci per sempre.
Quella coppia sembrava davvero voler bene a Feliciano.
Eppure la voce della mamma che ripeteva “Proteggi Feliciano.” Continuava a risuonargli in testa.
Lovino prese un respiro.
La signorina lo guardava fisso negli occhi mentre aspettava che il bambino parlasse.
“Signorina, lasci andare Feliciano senza di me.”
La donna spalancò gli occhi “Lovi, non posso fare una cosa del genere.”
“Io non voglio andare con loro, ma a mio fratello piace molto quella coppia.” Lui continuò cercando di persuadere la signorina.
Probabilmente i suoi occhi si inumidirono e abbracciò Lovino “Sei proprio un bravo bambino.”
Lui rimase in silenzio con gli occhi vitrei.

***

Luglio, 1948.

Il baule ai piedi del letto era vuoto, la valigia invece era stracolma. Feliciano era ben vestito, Lovino aveva una salopette qualunque con una vecchia camicia che prima era di Francis quando aveva la sua età.
Lovino rimase nella camera, non scese nemmeno a salutare. Sentì la porta aprirsi e Feliciano entrare nella stanza.
Fratello.” disse a voce bassa.
Lovino respirò profondamente e poi si voltò. Guardò attentamente il volto del fratello, memorizzò ogni piccolo particolare. “Feli.” Disse alla fine.
“Sei sicuro?” Il bambino disse “Non vuoi venire con me?”
“No.” Rispose in modo secco “Non voglio che siano la mia famiglia, ma tu vai pure.” Si avvicinò al fratello.
Feliciano iniziò a piangere e Lovino lo sgridò.
“Pregherò Elizabeta per venire a trovarti ogni mese.” Gli prese le mani e le strinse. “Ti scriverò anche delle lettere!”
Lovino si limitò a nascondere un sorriso.
Si abbracciarono fino a quando non sentirono la signorina chiamarli dal piano di sotto.
Feliciano andò verso la porta e poi si voltò. “Non mi accompagni giù?”
“No, starò qui.”
“Va bene.”
“Ci rivedremo, non ti preoccupare.”
Feliciano smise di piangere e annui.

Lovino rimase a fissare il portone chiudersi.

Dopo poco si voltò verso la finestra e vide Feliciano allontanarsi dall’orfanotrofio.
In quel momento le lacrime gli offuscarono la vista.

***

Dicembre, 1948

Caro fratello,

Ho deciso di scriverti in italiano, così che queste lettere saranno un segreto solo per noi!
Mi dispiace non essermi fatto vedere dalla mia ultima visita a settembre, scusa. Mamma (mi ha pregato di essere chiamata così, però ancora lo trovo strano.) ha detto che non potremo esserci a natale e capodanno, forse passeremo direttamente l’anno prossimo. Io ti ho comunque preso un regalo per natale, non vedo l’ora di potertelo dare.

Raccontami se ci sono novità nell’orfanotrofio.
Ancora auguri! Speriamo di vederci presto.
Con affetto,
Feliciano.


***

Febbraio, 1949.

Antonio non poteva credere ai suoi occhi. Un’altra coppia arrivò all’orfanotrofio. Questi non erano giovani come Elizabeta e Roderich, la signorina li fece parlare con quelli più grandi.

Prima che se ne rendesse conto Francis doveva lasciare l’orfanotrofio.
La signorina diceva che era stato molto fortunato.
Gilbert e Antonio dicevano che non sarebbe dovuto andar via.

Il giorno della partenza di Francis, fu uno dei più brutti che Antonio potesse ricordare. Il suo amico stava preparando la valigia, aveva messo il suo gilet preferito, con una camicia celeste chiaro e i capelli biondi li aveva raccolti in una coda bassa.
Gli altri bambini erano seduti sui loro letti mentre lui continuava ad aggiungere cose nella valigia. Matthew, Antonio e Gilbert avrebbero voluto mostrarsi felici come tutti gli altri, ma non ci riuscivano. Quando Francis ebbe finito con i bagagli si alzò e guardò i suoi compagni.
“Ora… scenderò di sotto.” Si aggiusto la camicia e prese un grande respiro. Matthew si aggrappò a lui e parlò piano.
“Non mi dimenticherai vero?” e abbassò lo sguardo. Francis era l’unico che pensasse sempre al povero Matthew, ora che lui e sarebbe andato via, non avrebbe più avuto nessuno con cui passare il tempo. Alfred aveva Kiku con cui giocare, mentre lui veniva sempre lasciato in disparte con il suo peluche bianco.
“Non succederà” Francis si abbassò per abbracciarlo, poi si voltò per guardare Gilbert e Antonio “Non dimenticherò nessuno.”
Si avvicinò a loro e cacciò dalla tasca del pantalone un foglietto, prese la mano di Gilbert e vi poggiò il pezzo di carta. “Questo è l’indirizzo della mia nuova casa, l’ho chiesto appositamente per questo motivo.”
“Non capisco…” Gilbert disse mentre scuoteva la testa.
Francis alzò gli occhi al cielo “Con questo potete spedirmi lettere, o venirmi a trovare!”
Antonio prese il biglietto dalle mani di Gilbert, era il nome di una città molto lontana dal loro paese “Francis, come faremo a venire a trovarti?” chiese “È troppo lontano da qui!” era esasperato.
“Speditemi delle lettere.” Sorrise gentilmente “Io ne spedirò a voi.” Poi gli occhi gli divennero lucidi e abbracciò Antonio e Gilbert.
“Oh, andiamo! Non fare il drammatico!” Gilbert urlò mentre cercava di coprirsi gli occhi “Non è mica un addio questo.”
“Gil, stai piangendo?” Antonio iniziò a ridere e avvicinò l’albino a se.
“Non sto piangendo, tu stai piangendo!” e nel frattempo si copriva la faccia.
Accompagnarono Francis fino al cancello, o lo videro andare via, mentre salutava con la mano.
Antonio si voltò per guardare Gilbert, il quale a sua volta stava fissando il biglietto nel palmo della sua mano, lo strinse e poi ricambiò lo sguardo di Antonio.
“Non dobbiamo perderlo, mai.” Disse lui mettendo il biglietto nella tasca.

***

Settembre, 1949.

Feliciano non tornò più all’orfanotrofio, perché ormai era a Vienna.
Mandò qualche lettera: scriveva del negozio di fiori, della sua famiglia, della scuola, stava bene.
Lovino mandò qualche lettera: scriveva dell’orfanotrofio, dei suoi amici, e fingeva di stare bene.








----Angolo dell'autrice-----
Pubblico davvero in ritardo dall'ultimo aggiornamento, chiedo venia. Sono davvero molto impegnata con la scuola e altre cose, non trovo davvero mai il tempo per scrivere. Spero che il capitolo non vi sia sembrato troppo lungo, mi sono dilungata più del solito.
Al prossimo aggiornamento! 
   
 
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