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Autore: Maiko    07/05/2017    2 recensioni
Cinque brevi capitoli, ognuno incentrato su uno stato d'animo preciso che analizzerò in poche righe, tramite sole descrizioni, per tentare di richiamare a quell'emozione.
1. Angoscia. (Correva)
2. Ya'aburnee. (Tu mi sotterri)
3. Njuta. (Gratitudine)
4. Mamihlapinatapei (Uno sguardo)
5. Cafuné (Bianco)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash, FemSlash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Cafuné - in portoghese brasiliano indica l'atto di passare teneramente le dita tra i capelli di qualcuno.

5.

La stanza era di un bianco accecante; persino con le tapparelle abbassate e soltanto la luce della lampada al neon a rischiarare l’ambiente quel colore non aveva nulla di naturale. Come in ogni camera d’ospedale l’aria era pregna dell’odore del disinfettante e dei medicinali.
La sedia su cui era seduto ormai da quasi undici ore ininterrotte era talmente scomoda da avergli fatto addormentare gli arti inferiori, ma l’idea di alzarsi e andarsi a sgranchire le gambe con il rischio che ora potesse accadere lo distruggeva. Sedeva stancamente con lo sguardo rivolto al bianco – bianco, bianco, bianco – delle lenzuola fresche, i bip dei macchinari che a quel punto erano diventati un semplice e confortante rumore di sottofondo. Dal corridoio oltre la porta aperta i suoni dei passi frettolosi degli infermieri gli tenevano compagnia.
Sfiorò con le dita la mano pallida dell’uomo steso sul letto, ma non osò alzare gli occhi sul suo viso; non ancora. Faceva tutto troppo male, talmente tanto che era certo di aver oramai esaurito ogni lacrima durante la veglia che aveva tenuto. Eppure come poteva anche solo pensare di lasciare il suo capezzale?
La mano sotto la sua ebbe un fremito e lui alzò gli occhi sul volto smunto e dalla barba incolta dell’uomo che amava; non era pronto. Non sarebbe mai stato pronto.
Resisti ancora un po’. Dio, fallo smettere. Non andartene. Non voglio che tu soffra. Fa che non provi più dolore. Portalo via. Non lasciarmi.
I dottori lo avevano chiamato la sera prima per dirgli che era giunta l’ora; lo avevano addormentarlo per evitare che soffrisse.
Avrebbe voluto potergli dire addio. Perché non lo aveva fatto? Perché era peggiorato così?
Il suo viso era disteso, sembrava tanto sereno. Ma era ora, non era così? Lo sentiva nelle viscere. Il dolore era sempre più forte, immenso, ingestibile.
Gli strinse la mano, ne carezzò il dorso con le dita che tremavano incontrollatamente.
Le lenzuola bianche – bianche, bianche - si alzavano ed abbassavano a ritmo col suo debole respiro. Avrebbe voluto farlo cessare lui stesso.
L’orologio ticchettava, ancora e ancora. Tic toc. Tic toc. Tic toc. Dalla tapparella filtrava un po’ più di luce, ma il bianco era comunque fastidioso, ripetitivo, predominante.
Poi, così come erano stati esalati fino ad un istante prima, i sospiri si fermarono. Alzò lo sguardo su quel volto così pallido ed emaciato, sulle palpebre e labbra dischiuse nell’ultimo scintillio di vita prima della morte. Era successo. Era finita.
Deglutì, i propri occhi rossi che bruciavano e tornavano a gonfiarsi come se già non lo avessero fatto abbastanza. Portò una mano a quel viso che un tempo era stato così vivo e ne accarezzò il naso, le guance, la fronte. Infilò le dita tra i ricci neri e li lisciò con reverenza e dolcezza, come tante volte aveva fatto. Sarebbe stato così per sempre. I suoi capelli erano morbidi e ancora profumavano dello shampoo che aveva usato due giorni prima. Lavanda, considerò con labbra tremanti. Attorcigliò le ciocche sulle dita e pianse.
 

Spazio autrice:
Eccoci giunti alla conclusione di questa breve raccolta. È stata, devo dire, una bella esperienza! Mi è piaciuto potermi immedesimare in così tanti personaggi e provare le loro emozioni, seppure il più delle volte siano state di triste carattere.
Ho preso il termine "Ricochet" dall'omonimo titolo della canzone degli Starset rilasciata questo inverno, mia personale fonte di ispirazione per i primi due capitoli; la parola deriva dal francese ed ha come significato "rimbalzo", che rappresenta perfettamente l'idea che avevo per la raccolta, ovvero il saltare da un'emozione all'altra.
Partendo con Angoscia, quindi con uno stato mentale di estremo tormento, si passa a Ya'aburnee, che descrive il sentimento di malinconica dolcezza verso la persona amata e che guarda al lato sereno della morte; a seguire si ha Njuta, un semplice momento di allegria e spensierata gioventù che indica il punto più alto che l'arco possa raggiungere, e subito dopo Mamihlapinatapei prende l'innocenza della prima cotta e le da un gusto amaro, segnando la discesa inesorabile della curva. Infine, questa Cafuné torna alle emozioni più dolorose e da la chiusura perfetta per la raccolta così come l'avevo pensata. Da qui il nome ricochet.
Ora, nonostante io mi sia dilungata anche troppo, vorrei concludere ringraziando Megara X per le sue recensioni ed il suo supporto! Grazie mille anche a tutti i lettori silenziosi che sono arrivati fino a questo punto; mi auguro di ritornare a breve con nuove idee.
Maiko.
  
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