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Autore: Sameko    08/05/2017    1 recensioni
Una Genocide rimasta incompleta.
Una Pacifist che si prospetta essere quella definitiva, quella che assicurerà il lieto fine a lungo sperato.
Ma gli ingranaggi erano già stati messi in moto da tempo. Fili che dal passato tendono verso il presente aspettano di intrecciarsi con un futuro ancora incerto. Ed è ora che iniziano le sfide più difficili, in cui anche una mano amica in più può fare la differenza.
L’importante è non perdere mai la propria determinazione.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Chara, Frisk, Sans, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo 17: Indipendenza
 
 



Non si era proprio alzata di buon umore quella mattina, Chara. E, diversamente da come spesso le accadeva, era di gran lunga consapevole di quale fosse la causa di questa scontentezza che si era infine concretizzata, dopo giorni, nel quieto nervosismo che le aveva intaccato occhi e labbra… e quella causa era la fatica con cui Frisk, ormai da qualche tempo a quella parte, si trascinava praticamente giù dal letto e per buona parte della mattinata solo per fare un piacere a lei. E ogni volta che accadeva, nonostante quanto palesemente stanca stesse diventando ogni giornata trascorsa, Frisk non mancava mai di sorriderle, darle il buongiorno, benché i suoi occhi ambrati tradissero la difficoltà che l’alzarsi a quell’ora del mattino ( la solita, oltretutto ) le stava ponendo davanti. E Chara evitava sempre di guardare quel sorriso un poco forzato, per non farle intendere quanto disappunto avesse dentro di sé, quanto con antipatia i suoi pensieri finissero per dirigersi sempre verso lo scheletro, quello scheletro odioso che era il solo colpevole di quanto Frisk stava passando.
Era solo colpa sua se la sua amica più sincera e leale stava faticando in questo modo, tra l’aiutare lui, tra il frequentare le persone a lei più care, tra gli impegni a cui non voleva comunque rinunciare, tra la vita che Frisk desiderava vivere con tutta sé stessa… la stessa vita con cui, adesso, stava chiaramente faticando a tenere il passo, perché se un mostro poteva facilmente recuperare la magia perduta in combattimento o in altro genere di attività, quando si trattava di umani e determinazione il discorso era ben diverso. La determinazione non era così semplice da recuperare se perduta, sottratta, o ceduta in quel modo, Frisk ne era più che consapevole, ma lo scheletro… lo scheletro ovviamente non ne era consapevole, non poteva saperlo visto che non era un essere umano, né mai lo era stato in passato e… e non si era mai preso il disturbo di chiedere in queste ultime tre lunghe settimane. E come poteva anche solo sospettare di star facendo solo danni che altro, se non era certo lui quello che doveva costringersi a svegliare Frisk la mattina, se non era lui quello che doveva vederla un poco più esausta ogni volta. Dovevano per forza arrivare al punto in cui Frisk sarebbe rimasta paralizzata a letto per un giorno o due affinché quel sacco d’ossa si accorgesse che qualcosa non andava?!
 Per i suoi problemi, per i suoi stupidi problemi di cui non voleva parlare, quel maledetto stava rovinando la sua amica, perché non le erano mai sfuggiti gli sguardi così pensierosi e così vuoti con cui l'altra ragazzina sembrava perdersi talvolta nelle sue riflessioni – e avrebbe scommesso il suo maglione che, a volte, quei pensieri dovevano essere diretti a lui.
Stava cominciando ad odiarlo un pezzetto in più ogni qualvolta ne incrociava il passo, ma tutto quello che faceva era sopprimere quel pezzetto di odio e sentirsi più frustrata di prima subito dopo. Non voleva assolutamente ricadere in quel circolo vizioso che aveva fatto venir fuori la parte più bassa di lei, non se lo sarebbe permesso – non ora, non proprio ora che stava cercando di uscirne. Dio se voleva quello scheletro fuori dalla sua vita e da quella di Frisk, ma Frisk si preoccupava per lui e non gli avrebbe mai rifiutato il suo aiuto e lui… lui, in cambio, ancora le diceva di non dir nulla, Frisk diceva ancora a lei di non dir nulla e di essere paziente e lei non diceva nulla perché glielo diceva Frisk. Un circo di menzogne in pratica, di cui non avrebbe mai voluto far parte, ma in cui era stata tirata dentro a forza dalle circostanze.
E quella mattina, dopo averle scosso gentilmente la spalla e aver visto Frisk girarsi dall’altra parte e farfugliare incomprensibilmente, Chara la aveva lasciata dormire. Non lo aveva considerato un problema, da Undyne per l’allenamento ci sarebbe andata da sola e le avrebbe spiegato il motivo dietro l’assenza di Frisk senza scendere troppo nei dettagli.
Aveva scarabocchiato due righe su un foglio per avvisare Frisk della sua decisione, lo aveva poi posato sopra il maglione piegato della sua amica e aveva silenziosamente richiuso la porta della loro camera.
Stava scendendo le scale, diretta in cucina per fare colazione con latte, cioccolato e qualunque altro cibo digeribile avrebbe trovato in frigo, quando a metà strada vide una delle componenti della colazione che aveva pianificato sparire dentro la bocca del maggiore dei fratelli-scheletro, stravaccato comodamente sul divano mentre guardava la tv.
Come se avesse messo erroneamente i piedi su del cemento, Chara si immobilizzò sul posto, con la bocca ridotta ad un’implacabile sottile linea. E, prima di dire qualunque cosa, tese le orecchie per assicurarsi che fossero solo lei, Frisk e quello scheletro in casa. Niente rumori dalla cucina, Papyrus doveva essere già uscito per il suo turno di pattuglia prima della lezione di cucina con sua madre: via libera ( e nessun motivo, di conseguenza, per mantenere intatta la facciata dei buoni amici ).
« Il MIO cioccolato. » Sibilò a denti stretti, che strinse ulteriormente quando vide lo scheletro voltare un poco la testa in sua direzione, con un angolo della bocca piegato verso l’alto. Oh no, non lo aveva.dannatamente.fatto.
« Buon giorno anche a te, mezza cartuccia. »
Ignorando il nomignolo irritante, si avvicinò di due passi al mostro, le mani chiuse in due pugni rigidi.
« Ti sei mangiato il MIO cioccolato. » Insisté, piegandosi finché non fu a pochi centimetri dal volto sorridente del nano fastidioso. Quanto avrebbe voluto far sparire quel perenne sorriso a forza di fargli ingoiare i denti a suon di mazzate, perché quel maledetto sacco d’ossa si era appena mangiato il suo cioccolato, e stava mettendo in difficoltà Frisk e stava facendo esaurire lei e quello era il suo cioccolato-
« Strano, credevo fosse di tutti, visto che non c’era il tuo nome sopra. » Commentò sarcasticamente lui, controllando sulla carta che era servita da copertura per il dolce, come per assicurarsi che davvero non ci fosse qualche nome scritto a caratteri cubitali che aveva oh così sbadatamente tralasciato. « No, nessun nome infatti. »
Chara strinse gli occhi.
« ‘No’ lo dico io, sacco d'ossa. Era MIO e stop. »
« Oh, non fare tante storie, Chara. Mi è rimasto ancora qualcosa per te. » Disse lo scheletro, aprendo completamente la carta del cioccolato per rivelare, al suo interno, la presenza di un ultimo quadratino.
« Che.cos’è.quello? » Ringhiò, tra i denti, Chara.
« Come non sai cos’è? È del cioccoangolo. » Rispose il mostro, con uno stupore palesemente falso in volto e una strizzatina d'occhio.
La ragazzina occhieggiò il cubettino superstite e notò, parecchio stizzita, che quello era davvero uno dei quadratini che aveva fatto da angolo all’ormai ex tavoletta di cioccolato.
E poi… cioccoangolo? Cioccoangolo? Seriamente?
« Mi stai prendendo in giro? »
« Nah, mai stato più serio. » Replicò il ladro farabutto, scrollando leggermente le spalle. Ovvio che la stava prendendo in giro, ovvio che la stava prendendo in giro, e lei doveva darsi una calmata perché era solo dello stupido cioccolato. E fu ciò che fece, socchiudendo brevemente le palpebre e sospirando molto internamente. Era calma, era calma
« Vuoi favorire? »
Ma lo scheletro non poteva non stare zitto e così non ricordarle che lui era ancora lì, in attesa con quel suo sorriso dispettosamente largo e gli scarti che aveva ben pensato di lasciare per lei.
« No. » Sbottò, dandogli le spalle per dirigersi in cucina a bersi almeno quel bicchiere di latte come aveva pianificato dall’inizio, cercando di lasciarsi alle spalle gli stralci di fumante nervosismo che quel dispetto le aveva lasciato addosso.
« Ah, una cosa, Chara. » La chiamò ancora lo scheletro, ricevendo in cambio un’occhiataccia di fuoco.
« Che vuoi ancora? »
Il sorriso che il buono a nulla le rivolse mentre parlava assomigliava più ad un sogghigno soddisfatto che ad un vero sorriso.
« Volevo solo avvisarti che, questo, era per le mie patatine. »
Chara aggrottò leggermente la fronte. Ma… quel tipo era dannatamente serio? Era per due patatine che aveva mangiato settimane prima che le aveva fatto un simile dispetto? Davvero?*
Sa che anche il tuo era stato un dispetto, gli sussurrò la sua stessa testa.
“ Certo, ma stavo anche morendo di fame per colpa di Papyrus. Ero più che giustificata. ” Pensò con un velo di irritazione, mentre si infilava in cucina. E ciò non cancellava il fatto che quella zucca vuota stava diventando sempre più ingestibile con i suoi scherzetti irritanti – e alcuni erano scherzi, ma altri erano palesi dispetti per lo più ingiustificati dal suo punto di vista, che lei non poteva assolutamente accettare passivamente. E non importava quanto Frisk avesse tentato di armonizzare le cose tra loro due, lei e quel sacco d’ossa non erano fatti per andare d’accordo, non ora, né tra un milione di anni. Oh, ma questo dispetto in particolare non sarebbe rimasto impunito. Nessuno mangiava il SUO cioccolato senza permesso e la passava liscia in maniera tanto eclatante.
“ Aspetta solo che arrivi alle tue scorte di ketchup o di qualunque disgustosa salsina ingurgiti, commediante. Vedremo chi riderà per ultimo allora-”
« Frisk sta ancora dormendo? »
Chara si fermò sull’uscio della cucina a quella domanda, posta con un tono che voleva e le sarebbe sembrato casuale, se solo non avesse percepito quella piccola inflessione che era chiaro segno di una celata preoccupazione. E non avrebbe potuto certo percepirla se fosse stata all’oscuro di tutto, tanto quello scheletro aveva ben modulato la voce per nascondergliela.
La sorpresa iniziale sul suo viso venne presto sostituita dal risentimento. Oh, solo adesso che era palese che Frisk non stava bene si interessava, mh?
Fu solo quando fu certa di aver represso quel nuovo germogliare di irritazione che si voltò a guardarlo. Aveva già percepito cosa c’era nella sua voce; adesso, invece, voleva vedere cosa c’era sul suo volto... e cosa poteva esserci, se non un sorriso che tradiva tutto tranne quello che era sicura di aver udito?
Chara non poté evitarsi di aggrottare le sopracciglia, perché quel tipo era… spiazzante. Persino ora che aveva saputo esattamente cosa aspettarsi era stata presa in contropiede... forse perché aveva sperato sotto sotto – ma davvero sotto – in qualcosa di diverso. Ma quell’inutile sacco d’ossa si era ancora una volta dimostrato la patetica, assurda faccia di bronzo che era davvero, abile nel nascondersi dietro a maschere che, una volta rivelate, erano solo cartapesta inconsistente. Ottimo lavoro come al solito.
« Sì. » Replicò infine, tra i denti. « E lasciala dormire. »
Che poteva anche essere interpretato nella sua mente come un ‘Non azzardarti ad entrare in camera nostra, o userò il tuo cranio come tazza per la colazione’. Ma lo scheletro non aveva bisogno di saperlo e, tutto sommato, era abbastanza intelligente per intuire da solo l'avvertimento implicito sotto le sue parole.
« Hai appena avvertito il mostro sbagliato, nanerottola. » Le replicò lui, con una mezza risata. « Chi meglio di me rispetta simili esigenze? »
Chara roteò apertamente gli occhi senza aggiungere altro, così da non ricevere un'altra risposta da quel bradipo pezzente e finire invischiata in una conversazione che non voleva portare avanti.
Meglio chiuderla lì finché era ancora in tempo.
 
 
« Bene, Papyrus, cosa ti piacerebbe cucinare oggi? »
Sorriso socievole e di una bontà equiparabile solamente a quella dei dolci che preparava, Toriel si era ripresentata anche quel giorno per dargli le sue sempre attese lezioni di cucina al posto di Undyne, impegnata in quell’ultimo periodo nell’addestramento delle piccole e nei suoi primi passi come fidanzata modello. Non che a Papyrus dispiacesse quella sana aria di novità, anzi, era stato così su di giri durante l’attesa della venuta di Toriel che era stato suo fratello a doversi sorbire tutto il suo incontenibile entusiasmo fino a poco prima di uscire di casa per il suo turno di lavoro ( chissà se avrebbe lavorato davvero, quel pigrone ). Ma era, in fondo, solo un modo di dire. Sapeva fin troppo bene quanto Sans adorasse vederlo così felice e quanto, allo stesso modo, lui stesso adorasse vedere suo fratello partecipe e interessato di tanto in tanto.
« Spaghetti ovviamente, signora del portone! » Rispose, aiutandola nel frattempo a sistemare gli ingredienti sul tavolo.
Il suo trafficare venne tuttavia interrotto dal ridacchiare intenerito di Toriel, a cui Papyrus guardò con un sorriso incerto.
« Certo, caro, ma io ho chiesto cosa piacerebbe cucinare a te, non cosa gli altri vorrebbero che tu cucinassi. »  Specificò l’ex regina, ricevendo una nuova occhiata perplessa dallo scheletro.
« A me piace cucinare ciò che so i miei amici gradirebbero mangiare… » Replicò, con una voce non intenzionalmente tendente al mormorare.
« E ai tuoi amici non piacerebbe mangiare ciò che sei felice di cucinare per loro? » Gli chiese Toriel, con un solidale, comprensivo incoraggiamento nel suo tono di voce. Sentirla parlare era come bere del latte caldo e zuccherino che riscaldava l’anima, e parole espresse con un simile riguardo meritavano di essere prese davvero in considerazione.
« Sicuramente, signora. »
« In tal caso, proviamo di nuovo. » Lo incitò lei, con un breve occhiolino. « Cosa ti piacerebbe cucinare oggi, Papyrus? »
Papyrus sorrise con rinnovato fervore ma, per rispondere alla domanda della sua mentore, dovette legittimamente rifletterci sopra qualche secondo. Doveva ammettere che il suo repertorio di ricette non era poi così vasto, ma se c’era un tipo di vivanda che aveva sempre adorato cucinare prima degli spaghetti, beh, quelle erano certamente le lasagne.
« Posso affermare, con una percentuale di insicurezza pari a zero, di voler preparare un buon piatto di lasagne, se lei non ha nulla in contrario! Nye heh! » Rispose, trovandosi nel frattempo in una silenziosa difficoltà nel cercare di ricordare l’ultima volta che le aveva preparate – certo non era stato recentemente, visto quanto la sua memoria lo stava miseramente tradendo.
L’intero muso caprino di Toriel si illuminò udendo la sua risposta allegra e spensierata.
« Ottimo! Mettiamoci all’opera, allora! »
L’esortazione così traboccante di sincero entusiasmo dell’ex regina gli scaldò immediatamente l’anima nella cassa toracica. Adesso, comprendeva alla perfezione perché suo fratello voleva così tanto bene a quella vivace signora, essere insieme a lei era come avere una madre senza età sempre nei paraggi e pronta ad ascoltare ogni tuo bisogno con uno sguardo perennemente appassionato. Non potevi praticamente fare a meno della sua compagnia una volta che la conoscevi!
Papyrus non riusciva nemmeno ad esprimere a parole quanto in questi ultimi giorni si sentisse felice e temeva che, a breve, avrebbero cominciato a fargli male gli zigomi a forza di sorridere così tanto! Da quando le loro ospiti erano entrate a far parte della sua fantastica seppure piccola famiglia composta solo da lui e suo fratello, casa loro non era mai stata più vuota. Tante cose memorabili erano accadute da allora: due fantastiche amiche si erano aggiunte alla sua cerchia di amicizie, aveva una nuova insegnante che non aveva nulla da invidiare ad Undyne, aveva persino incontrato Mettaton, il suo idolo, e Sans… Sans non era cambiato un granché a dire il vero, era rimasto sempre pigro e quasi impossibile da tollerare quando in modalità battutacce-a-raffica… ma, se meglio ci pensava, qualcosa era cambiato anche con suo fratello e non… tanto in positivo. Ultimamente, lo aveva visto molto più esausto del solito durante il giorno e, nonostante alcune mattine le sue condizioni sembravano avere un miglioramento, Papyrus credeva fermamente che quella stanchezza così a volte evidente sul volto di suo fratello derivasse da una mancanza di riposo. E quando Sans non dormiva, solitamente, qualcosa lo stava preoccupando. E avrebbe voluto con tutto sé stesso capire cosa fosse esattamente quel qualcosa, ma suo fratello era davvero difficile da far aprire, con la testa dura che dimostrava poi di avere a volte!
Quanto avrebbe tanto voluto prenderlo da parte in alcune occasioni, guardarlo negli occhi e dirgli chiaramente in faccia Non sono più un bambino, Sans!. Tuttavia, sapeva fin troppo bene che avrebbe ferito entrambi se lo avesse fatto, perché Sans voleva solo il suo bene, lo aveva sempre voluto… ma anche lui voleva e aveva sempre voluto il bene di suo fratello maggiore. E non poteva più lasciar correre su certe questioni, era ormai uno scheletro adulto a tutti gli effetti e doveva far sì che anche Sans vedesse e accettasse ciò, che capisse che poteva essergli davvero d’aiuto ora che sapeva finalmente badare a sé stesso.
Per il momento, comunque, chiedere consiglio a qualcuno gli sembrava la strada migliore da percorrere per un primo, vero confronto con suo fratello… e chi meglio della sua compagna di battute tanto pessime da far rizzare i capelli poteva aiutarlo? Se c’era qualcuno che conosceva suo fratello almeno la metà di quanto lo conosceva lui, quella era sicuramente la signora del portone!
« Signora, mi permette di scambiare due parole con lei? » Esordì, rivolgendosi a lei con tono perfettamente educato.
Toriel lo guardò divertita con la coda dell’occhio, tirandosi su le maniche della tunica come era sua abitudine fare, un gesto che assumeva agli occhi dello scheletro un’aria di ormai conosciuta ritualità.
« Caro, chiamami pure Toriel o Tori, se può aiutare a sentirti più a tuo agio. » Gli disse Toriel, intanto che deponeva sul tavolo della cucina gli ingredienti necessari per le loro lasagne, con il suo ben più che volenteroso aiuto. « Di cosa desideri parlare? »
Papyrus, contento della sua disponibilità, decise di optare per ‘Toriel’ nel momento in cui riprese parola.
« Mi servirebbe un consiglio da parte sua, Toriel. Vede, mio fratello è un po’ giù di corda di questi giorni e vorrei parlargli senza farlo mettere immediatamente sulla difensiva… » Si ritrovò a distogliere inconsapevolmente lo sguardo nell’aggiungere la frase successiva. « Se capisce cosa intendo… »
La sua insegnante inclinò un poco il capo, una delle orecchie che sfiorava la guancia ricoperta di soffice peluria bianca, l’altra che dondolava da un lato.
« Sans non si sente bene, Papyrus? »
« Non… proprio. » Replicò con un margine di riluttanza lui, non volendo spiegarle nel dettaglio ma, d’altro canto, rifiutandosi anche di mentirle. « È un po’ affaticato, questo sì. »
La preoccupazione sul muso di Toriel si sciolse in un tiepido sorriso impensierito.
« Le piccole vi stanno dando troppo da fare? »
« Tutto il contrario! Siamo felicissimi io e mio fratello di averle qua in casa! » Ribatté immediatamente Papyrus, con occhi raggianti. « Spero che siano felici anche loro di stare con noi, a tal proposito. »
« Oh, di questo non ti devi preoccupare, mi sembrano più che entusiaste della loro attuale sistemazione. » Lo rassicurò l’ex regina. « Frisk non potrebbe adorarvi più di così, Chara si sta ancora abituando a voi, ma… come dire, ha solamente bisogno di una spintarella bella decisa per partire in quarta. »
Papyrus assentì vigorosamente con il capo davanti al movimento del gomito della sua insegnante, atto chiaramente a sottolineare il concetto di ‘spinta’ di cui gli aveva appena accennato. Un suo obiettivo futuro sarebbe sicuramente stato far ambientare con quanta più naturalezza possibile la più grande delle due piccole e si sarebbe naturalmente impegnato al massimo delle sue capacità per avere successo.
« In ogni caso, Papyrus... per il tuo consiglio… » Proseguì Toriel, con un’espressione seria ma non al punto da metterlo sgraditamente sulle spine. « Il dialogo è ciò che sta alla base delle relazioni più sane ed equilibrate. Dunque, ti suggerisco di provare a parlargli con calma, scegliendo con cura il momento giusto per farlo. Assicurati di non forzare troppo la mano, ma non lasciarti nemmeno respingere, mi raccomando. Se c’è qualcosa che pensi non stia andando per il verso giusto, è meglio che tu ti tolga ogni dubbio. »
Papyrus le sorrise grato per quelle dritte, che poteva mettere in pratica facilmente e senza particolari grattacapi. Spesso, non servivano soluzioni così intricate per risolvere un problema, pochi semplici accorgimenti potevano essere di gran lunga sufficienti.
« Grazie molte, Toriel. »
« Di nulla, caro. » Rispose lei, strizzando un occhio. « Orsù, se non hai altre domande, è tempo di preparare queste deliziose lasagne! »
Papyrus ridacchiò a cuor decisamente più leggero, confidando nel fatto che grazie ai consigli della sua insegnante se la sarebbe cavata benissimo con suo fratello. Trovare il momento più opportuno per parlargli sarebbe stata, praticamente, la parte più difficile. Cosa poteva andare storto?
A quel punto, alzò energicamente verso l’alto uno dei due mattarelli che avevano a disposizione, preso come sempre da una smania incontenibile ogni qualvolta si metteva ai fornelli in compagnia di qualcun altro.
« Sono emozionato al solo pensiero di cominciare, mia preziosa mentore! »
 
 
C’era un obiettivo in particolare che Undyne si era prefissata di farle raggiungere appena dopo la prima settimana di allenamento, spesa principalmente nel perfezionare il suo controllo sulla magia dello scheletro e migliorare la sua resistenza fisica. E questo obiettivo consisteva, primariamente, nel padroneggiare i tratti caratteristici solo della sua magia, piuttosto che quelli che aveva ereditato dal commediante. Questo aveva implicato l’esclusione di tutti gli attacchi che comprendevano l’utilizzo di ossa e quant’altro, per bensì favorire quelli che Undyne chiamava i suoi ‘punti di forza’ ancora acerbi, che Chara aveva poi scoperto essere delle abilità solamente sue comparse in seguito all’adattarsi della magia dello scheletro alla sua anima. Nonostante quelle positive aggiunte e quel passo in più che aveva fatto nel meglio conoscere il suo nuovo corpo, aveva tuttavia scoperto che c’erano abilità che non aveva ereditato da Sans, come la magia blu ad esempio, ed altre invece che poteva utilizzare con la massima parsimonia, come quella specie di teletrasporto o i suoi cannoni.
Con l’aiuto di Undyne, non ci aveva impiegato molto ad individuare quelle sue nuove abilità caratteristiche, consistenti nell’assorbimento della magia dell’avversario, immagazzinamento della stessa ed espulsione nei modi che più preferiva, e a mettere a punto esercizi che la avrebbero aiutata a svilupparle.
Purtroppo, seppur con l’allenamento la sua resistenza in combattimento stava migliorando, il problema dell’instabilità della sua anima ancora persisteva e la costringeva ad interrompere i suoi esercizi nel momento in cui sentiva quel dolore pungente e familiare serpeggiarle dentro. Chara era ogni volta frustrata da quelle interruzioni, ma mai le era passato per la testa il pensiero di continuare e spingere il suo corpo oltre un limite che, per ora, non poteva prevaricare. Rischiare un collasso della sua anima per cinque minuti di esercizio in più non valeva certamente la pena.
« Assorbi ancora la magia dalla lancia, forza! » La incoraggiò per l’ennesima volta Undyne, seduta a gambe incrociate davanti a lei, mani sopra le ginocchia e guardo attento nell’osservare i passaggi che aveva ripetuto almeno dieci volte quella mattina dopo il loro solito riscaldamento.
Chara annuì e raccolse da terra la nuova lancia che la guerriera aveva materializzato per lei, inspirando ed espirando per ristabilizzare il respiro, così da facilitare la sua concentrazione.
Strinse l’asta tra le dita di entrambe le mani, focalizzando gran parte della sua magia nei polpastrelli, allo scopo di individuare la frequenza a cui scorreva quella di cui era composta la lancia. Una volta che l’ebbe correttamente identificata e adattato la sua magia a quella frequenza, iniziò la fase dell’assorbimento.
Il successivo pizzicore nei suoi polpastrelli le indicò che, per il momento, aveva eseguito ogni passaggio correttamente.
« Fatto… ci sono. » Dichiarò lei, quando percepì la magia che aveva assorbito agitarsi in modo ormai familiare all’interno delle sue mani, segno che ne aveva prelevata a sufficienza.
« Bene. Ora, rilasciala! » Le diede il segnale Undyne, stringendo energicamente un pugno.
Ricevuto il comando, Chara tornò nuovamente a concentrarsi sull’esercizio. Il passo seguente era incanalare nuovamente la sua magia e quella in aggiunta di Undyne nelle sue dita, per poi rilasciarla nella lancia. Affinché l’esercizio venisse completato con successo, la lancia avrebbe dovuto frantumarsi del tutto, come quando aveva fatto uso di questa abilità inavvertitamente per proteggere Frisk, quella volta durante il suo primo incontro con Undyne. In quell'occasione, era stato l'istinto a guidarla nell'utilizzo di quella risorsa, e Chara aveva presto scoperto che eseguire consapevolmente quella sequenza di azioni era, di gran lunga, più complicato. Non sempre, quindi, riusciva a portare a termine l’esercizio con un esito positivo e questo tentativo in particolare si rivelò un parziale insuccesso. La lancia, infatti, si sbriciolò in frammenti solo limitatamente e restò quasi del tutto integra fra le sue mani luminescenti di magia vermiglia.
Chara emise un gemito seccato davanti al risultato scadente che ottenne. Le doveva mancare la concentrazione necessaria oggi, oppure la giusta calma per manipolare efficacemente la magia, ma non intendeva per questo darsi per vinta.
« Riproviamoci. » Disse, sperando di vedere l’approvazione che desiderava nello sguardo di Undyne. Tuttavia, la guerriera sembrava essere di tutt’altro avviso in quel momento.
« Nah, basta così, teppista. È il momento di fare una pausa. » Le rispose Undyne, sgranchendosi le braccia e il collo mentre si alzava.
« Posso ancora continuare. » Affermò sicura, in un vano sforzo di convincere la sua maestra a non interrompere l’allenamento proprio adesso, ma Undyne fu irremovibile.
« Ripetimi la seconda regola che ho stabilito. »
Chara roteò leggermente gli occhi di fronte al modo con cui Undyne posizionò le mani sui fianchi.
« ‘L’allenamento non termina finché non sarà il coach a deciderlo personalmente’. »
« Esatto. » Confermò la guerriera. « Di conseguenza, se decido che è il momento di fare una pausa, allora, una pausa si farà. E NON si discute! »
« Sissignora... » Replicò la ragazzina, con tono monocorde.
Undyne sciolse quindi la sua postura imperiosa e, senza preavviso, le avvolse un braccio intorno al collo, stritolandola affettuosamente contro la sua anca. Chara sentì ogni traccia d’aria scomparire istantaneamente dai suoi polmoni.
« Non tenere il muso, pesciolina! È bene fare una pausa ogni tanto quando ci si allena, altrimenti si rischia di ottenere più fallimenti che successi! Parlo per esperienza! »
« U-UGH… U-Undyne… n-non respir… o… » Rantolò Chara, le dita strette intorno al polso della donna-pesce nel disperato tentativo di farle allentare la presa letale intorno al suo collo.
Tempo un secondo e si ritrovò col sedere a terra, frastornata come ogni volta dalle eccessive dimostrazioni di affetto della sua maestra. C’erano voluti giorni e stritolate su stritolate perché arrivasse a comprendere che quelle erano effettivamente dimostrazioni di affetto – e non tentati omicidi in piena regola come aveva pensato per pochi, folli secondi la prima volta che aveva subìto una di quelle strette massacranti –, ma dubitava si sarebbe abituata tanto presto ad un carattere così esuberante. Non che non ci stesse provando s’intende, Undyne le piaceva in fondo, era tosta, intraprendente, coraggiosa, e stare in sua compagnia era generalmente piacevole per lei. Tra tutti gli amici bizzarri di Frisk, Undyne era stata la prima ad andarle a genio, forse perché avevano in comune lo stesso amore per l'esercizio fisico, o forse perché le era parsa di tutt’altro livello rispetto a chiunque altro già alla prima occhiata, o per diverse altre ragioni ancora di cui non era a conoscenza. Nonostante non avesse tutt’ora ben chiara in mente la natura del loro attuale relazionarsi, né tantomeno se considerare quell’indomita guerriera un’alleata, una mentore, o un’amica, si rendeva conto che l’intesa che si stava costruendo tra di loro aveva le giuste potenzialità per divenire, un giorno, più di una semplice intesa.
Afferrò la mano che Undyne tese verso di lei e la sfruttò per rimettersi maldestramente in piedi.
« Sai, dovresti proprio migliorare il tuo equilibrio. » Considerò scherzosamente la guerriera, battendole una pacca sulla schiena, sorprendentemente leggera considerati i suoi standard.
Chara la fissò con un sopracciglio alzato.
« Già, il mio equilibrio. » Bofonchiò, facendo ridacchiare l’altra.
« Su, seguimi dentro, pesciolina. » La spronò Undyne, poggiandole una mano sulla spalla. « Ti offro da bere. »
Chara guardò il sorriso disponibile della sua maestra con una velata incertezza. Non che l’idea di entrare in casa di Undyne la mettesse a disagio ( lo aveva già fatto in passato, d'altronde ). A renderla insicura era, infatti, la mancanza dell’elemento che aveva contraddistinto tutte le sue passate visite: Frisk. Non aveva mai passato del tempo da sola con Undyne all’infuori degli allenamenti e temeva che avrebbe finito con il rovinare un qualsiasi tentativo di conversazione.
Il sorriso di Undyne si appianò lentamente in mancanza di una risposta da parte sua.
« Ehi, ho detto qualcosa di sbagliato? » Le domandò, inclinando la testa, la coda di cavallo sventolò leggermente alle sue spalle.
Chara fu lesta a scuotere il capo, per far sparire qualsiasi traccia di insicurezza dal suo viso.
« No… anzi, mi farebbe piacere bere qualcosa. »
Le zanne di Undyne tornarono in bella vista quando la guerriera le sorrise nuovamente.
« Ottimo! Non perdiamo tempo, allora! »
Una pacca sulla schiena e un altro lamento più tardi, Chara si lasciò accompagnare fino alla casa ora di nuovo abitabile di Undyne, sopravvissuta all’incendio culinario causato dalla loro prima e ultima lezione di cucina, risalente al loro secondo giorno di permanenza in quella linea temporale.
La padrona di casa la fece accomodare a tavola e, presa dal suo frigorifero una lattina, gliela passò, accingendosi poi a tirarne fuori un’altra per sé.
« Spero non ti dispiaccia bere roba confezionata… la mia speciale bibita energizzante al lime è ancora, purtroppo, un work in progress. » Le disse la donna-pesce, chiudendo l’anta del frigorifero e poggiandosi contro il bancone della cucina.
« La assaggerò solo quando sarai assolutamente certa che non sia cancerogena. » Rispose Chara, mentre sollevava la linguetta della lattina per aprirla.
Undyne ridacchiò della sua ‘battuta’ e la ragazzina si sentì incoraggiata da quella reazione nell’accennare, a sua volta, un vago sorriso.
« Abbi pazienza, non sono per nulla tagliata per la cucina! » Ribatté la sua maestra, portandosi la lattina già aperta alle labbra.
« So chi devo ringraziare ora per i… manicaretti- « E, qui, Chara sentì distintamente il suo stomaco contorcersi in nodi indistricabili. « -che Papyrus cucinava per noi. »
Undyne sputò inorridita da bocca e naso il sorso di bevanda che era stata sul punto di ingoiare.
« Voi… per quanto tempo avete mangiato quelle cose? » Domandò, la voce ridotta quasi ad un sussurro.
« Tre giorni, più o meno, ma sta migliorando notevolmente grazie a Toriel. » Replicò Chara, astenendosi dall’usare appellativi compromettenti in presenza di Undyne. In verità, non le risultava particolarmente difficile usare ‘Toriel’ invece di ‘mamma’ o ‘madre’ quando si trovava in pubblico, considerato che per molti anni Toriel non era stata ‘mamma’ nella sua testa, ma molte altre definizioni poco carine. Il difficile era stato, infatti, pronunciare nuovamente quegli appellativi nel privato senza che suonassero sbagliati alle sue stesse orecchie.
« Fiuuu, per fortuna. Mi sarei sentita molto in colpa se una di voi due fosse stata male a causa mia. » Sospirò Undyne, asciugandosi il sudore freddo dalla fronte e gli schizzi di bibita con esso. « A parte quel plantigrade di suo fratello, non credo ci sia nessuno in grado di resistere a lungo ai suoi spaghetti. Suppongo che la mancanza di organi abbia pur sempre i suoi vantaggi. »
Alla sola menzione di Sans, Chara piegò le labbra in una smorfia che non passò inosservata alla padrona di casa.
« C’è qualcosa che non va? » Le chiese Undyne.
« Sì… » Mormorò Chara, non volendo aggiungere altro, poiché si rendeva conto che confessare di essere di cattivo umore perché qualcuno aveva messo le mani sul tuo cibo preferito era un po’ infantile ( dettagli che, sul momento, aveva visto la cosa come un grave affronto al suo onore ). E non poteva certo rivelare l'altra ragione per cui nominare quel nome era quanto di più sgradito potesse esserci in quel momento per lei.
« C’entra Sans? Ti ha fatto qualche dispetto? » Le domandò Undyne, alzando il sopracciglio dell’occhio buono, interessata e allo stesso tempo comprensiva nel suo atteggiamento.
Chara annuì, ma questo non bastò a placare le domande della guerriera.
« Che ha combinato? »
« Nulla. »
« Non me la stai raccontando giusta. »
« No, davvero, non è importante… »
Undyne arricciò leggermente le labbra in una smorfia, messa ancora più in risalto dal contemporaneo incresparsi delle scaglie sul suo volto.
« Insisto per saperlo comunque. » Disse, prendendo un altro sorso dalla lattina.
Chara sospirò, arrendevole. Tanto valeva dirglielo, prima che la sua maestra decidesse di organizzare una gita a casa dei fratelli solo per cantargliene quattro al nullafacente. Non voleva fare la figura della bambina che andava a chiamare un adulto per risolvere i suoi problemi, o quello scheletro le avrebbe riso in faccia per tutta la vita.
« Si è mangiato il mio cioccolato… e solo perché sapeva che mi avrebbe infastidito. » Mormorò, rompendo il contatto visivo con Undyne subito dopo. Non voleva vedere lo scherno farsi strada nell’occhio dell’altra.
Nella voce rassicurante della guerriera, tuttavia, non avvertì non una traccia dello scherno che si era aspettata di udire.
« Mh. Penserò a qualcosa con cui tu possa ripagarlo con la stessa moneta. »
« Tranquilla. Non è necessario. » Replicò Chara, muovendo su e giù la linguetta della lattina, il mento appoggiato sopra il palmo della mano. « Mi arrangerò da sola. »
Undyne vuotò la lattina con un solo sorso, la schiacciò contemporaneamente dall’alto e dal basso con i palmi, per posarla infine sul bancone alle sue spalle.
« Ci penserò in ogni caso. » Disse, sedendosi dall’altra parte del tavolo, di fronte a lei. « Qualcuno deve pur vendicare le nostre povere orecchie e la tua cioccolata. »
Chara sorrise leggermente per quel pizzico di ironia nella voce di Undyne, prima di decidersi a finire finalmente anche la sua bibita.
Proprio mentre stava per mettere da parte la lattina ormai vuota, Undyne riprese a parlare.
« C’è una domanda che mi frulla da un pezzo in testa e, sarò onesta, riguarda te. » Confessò, passandosi una mano tra le ciocche del ciuffo che le copriva parzialmente la benda.
La ragazzina aggrottò le sopracciglia, chiedendosi cosa potesse mai voler sapere Undyne da lei – parecchie cose probabilmente e troppe perché Chara potesse selezionarne una in particolare.
« Anche io ho una domanda. » Dichiarò, incrociando le braccia sopra al tavolo.
« Perfetto! A turno ci porremo ognuna la propria domanda. » Sorrise il Capitano della Guardia, appoggiandosi contro lo schienale della schiena. « Comincio io? »
La giovane assentì col capo, non avendo nulla in contrario ad andare per seconda.
La pupilla stretta e nera di Undyne divenne ferma come quella di un serpente e, complice forse l’assenza dell’altro occhio, il suo sguardo sembrò raggiungere un grado d’intensità che Chara conosceva bene: prima, durante e dopo un combattimento, Undyne aveva sempre quel particolare tipo di sguardo, che raccontava la concentrazione e la determinazione di una combattente eterna come il fuoco della guerra che le scorreva nelle vene.
« Chi sei, esattamente? » Le venne chiesto, infine.
Chara, doveva ammetterlo, si trovò davanti ad una domanda abbastanza spinosa. Chi era lei? Lei era tante persone, lei era tanti pensieri, lei era due razze differenti mescolate in una. Non sapeva se avrebbe potuto darle una risposta soddisfacente.
« Sono… un’amica di Frisk, credo. » Rispose, non nascondendo la sua insicurezza nel dare quella risposta.
Undyne inclinò leggermente la testa da un lato, una scintilla di curiosità nello sguardo.
« È evidente che non hai le idee ben chiare e, onestamente, era quello che sospettavo. » Considerò, socchiudendo pensierosa l’occhio. « Ma, visto che l’hai nominata, allora Frisk può essere un punto importante da cui partire per avere le nostre risposte. »
« Che intendi dire? » Domandò, perplessa, Chara.
Undyne tornò a guardarla con le zanne scoperte in un lieve sorriso.
« Tra tutte le cose che potevi dirmi, hai scelto di dirmi che sei un’amica di una persona per te speciale. È una risposta già di per sé apprezzabile. Ho visto quanto le vuoi bene e quanto tu sei disposta a spingerti oltre ogni tuo limite per lei, anche rischiando la vita. » La guerriera distolse un poco lo sguardo dopo aver chiuso brevemente bocca, una luce strana, di riconoscimento forse, nel suo occhio. « Devo confessarlo, mi ricordi un po’ me stessa. »
In quel momento, a Chara parve di rivedere davanti a sé la Undyne in fin di vita della linea temporale precedente, quella che aveva urlato al mondo la sua determinazione, il suo rifiuto di morire e la sua volontà di mettere in salvo l’Underground dalle grinfie dell’umano che stava devastando la loro razza. Per il suo popolo, per i suoi amici, Undyne in quell’occasione aveva dato tutta sé stessa e anche oltre, una cosa che Chara si stava rendendo conto di ammirare forse più delle doti combattive della guerriera. In quella nobiltà, in quella forza, in quella determinazione, anche la giovane pareva quasi di riconoscere sé stessa.
« Stai dicendo che… io e te siamo più simili di quanto crediamo? » Azzardò.
« In un certo senso. » Rispose Undyne. « Vedila così: io, come ben sai, sono la paladina e la protettrice del regno e tu, come me ma su scala più ridotta, sei la paladina e la protettrice della piccola girina. Potrebbe essere questa la risposta che cerchiamo. »
Chara annuì lentamente.
« Sì… potrebbe. » Sussurrò. L’idea non le dispiaceva, in fondo, e combaciava perfettamente con i suoi pensieri, sentimenti e obiettivi attuali. In un certo senso, era quella l’immagine mentale di sé che si era creata inconsciamente da quando Frisk le aveva offerto la redenzione e la possibilità di essere di nuovo felice. Non aveva fatto altro che proteggerla da allora, a volte sbagliando, a volte no, ma l’intenzione era sempre stata una: non permettere che niente le facesse del male. E sì… forse, era davvero la ‘paladina e la protettrice della piccola girina', per quanto stucchevole suonasse quel titolo. « Grazie, Undyne. »
« Prego, pesciolina. È importante sapere chi siamo ora, per sapere chi vorremo essere in futuro. Soprattutto per te, che sei ancora così giovane. » Le rispose la guerriera, strizzandole l’occhio. « È il tuo turno, mi sembra. Sotto con la tua domanda! »
Chara strabuzzò leggermente gli occhi, non aspettandosi che il momento di soddisfare i suoi interrogativi sarebbe arrivato tanto presto. In realtà, non aveva una, ma ben due domande da porle, ma la seconda era destinata a non vedere mai la luce, a causa della natura stessa della domanda: chiedere di una trasformazione avvenuta in una situazione pressoché disperata, di cui l’interessata stessa poteva non essere a conoscenza, sarebbe stata una mossa francamente stupida.
« Volevo sapere… come hai perso il tuo occhio. » Disse, dopo aver scelto con cura le parole più adatte e dirette, curandosi nel frattempo di valutare ogni reazione, anche se minuscola, da parte della sua maestra.
Undyne restò in silenzio per un secondo denso di evidenti pensieri, prima di far intravedere le zanne in un sorriso mesto.
« È stato molti anni fa, quando ero ancora una pesciolina molto più piccola di te. Un altro umano come Frisk era caduto quaggiù e, beh, diciamo che la voce si era sparsa abbastanza velocemente in tutto il regno, fino ad arrivare a me. » Il sorriso della guerriera assunse, allora, una sfumatura imbarazzata. « Ero una vera testa calda a quei tempi, la più forte della mia classe e, forse, anche dell’intera scuola. Andavo fiera di questa mia qualità, già allora avevo deciso che la avrei usata per fare del bene una volta divenuta adulta. L’arrivo di quell’umano mi offrì un’occasione perfetta per dimostrare il mio valore e il mio coraggio. Mi convinsi che, se fossi riuscita a sconfiggerlo da sola, avrei avuto un posto assicurato nella Guardia Reale appena raggiunta la maggiore età. »
« Mi misi immediatamente sulle sue tracce e le mie ricerche diedero i frutti sperati. Davanti a me, avevo uno degli esseri che erano stati in grado di rinchiuderci per sempre qui, pronto a tutto esattamente come lo ero! » Undyne a quel punto si fermò e l’enfasi nel suo tono sparì quando riprese a parlare. « Ma, ripensandoci, forse l’unica ad essere pronta a tutto ero io. Non sapevo nemmeno che fosse un bambino esattamente come me, probabilmente impaurito e sotto shock. Lo attaccai senza pensarci, senza sapere che quella che si portava dietro fosse un’arma e… BANG! » Esclamò la guerriera, mimando con le dita la canna di una pistola. « Ricordo ancora quel rumore come se fosse ieri. Ci fu buio e dolore da lì in poi, finché non mi svegliai qualche ora più tardi. Avevo perso l’occhio ormai, nemmeno una magia curativa aveva potuto rimediare ad un danno tanto grave… ma, insomma, ero già stata fortunata a sopravvivere per raccontarlo, non potevo certo lamentarmi più di tanto. »
Chara rimuginò qualche secondo sul racconto che aveva appena ascoltato. Non era stupita dal fatto che Undyne non avesse riconosciuto una pistola per quello che era, i mostri erano rimasti per così tanto tempo isolati dagli umani che era comprensibile non avessero conoscenza di armi che sulla superficie, invece, erano diventate sfortunatamente parte di un distorto concetto di normalità. Il dettaglio che invece non le quadrava era un altro.
« Come hai fatto a sopravvivere? Qualcuno ti ha aiutata? » Chiese, alzando un sopracciglio. Per quanto i mostri fossero fisicamente più resistenti degli esseri umani, era abbastanza certa che neppure loro potevano sopravvivere ad un proiettile sparato direttamente nel cranio.
La guerriera annuì, come se si aspettasse una domanda del genere.
« Sì, qualcuno mi ha aiutata… non ti so dire di più però, non ricordo neppure che faccia avesse! » Rise di gola Undyne, spezzando l’aria tesa che si era venuta a creare durante il suo racconto. « Ma, chiunque fosse, gli sono comunque immensamente grata. Senza il suo aiuto, questa conversazione non sarebbe nemmeno mai avvenuta. »
Lo sguardo di Undyne assunse una sfumatura nostalgica a malapena percepibile e, nonostante non avesse immediatamente identificato quell’emozione, Chara era stata comunque in grado di intravederla nell’occhio della sua maestra.
« Quindi… è per questo che hai cominciato ad aiutare Asgore a raccogliere le anime umane? Per… il tuo occhio? » Domandò, cautamente.
« Beh… non proprio direi. » Replicò Undyne, passandosi con un lieve nervosismo una mano dietro al collo. « Occuparsi di dare la caccia agli umani è solo un compito secondario che mi compete… non se ne vedevano da un bel po’ e tu e la girina siete stati i primi che ho avuto occasione di affrontare in un vero combattimento, in verità. L’avversione che ho avuto dopo quell’incidente nei confronti degli esseri umani non è ciò che mi ha spinta a diventare Capitano della Guardia Reale. »
« Ma… Asgore non può averle recuperate tutte da solo, no? » Ribatté a quel punto Chara, stringendo inconsapevolmente i pugni contro la superficie del tavolo. « Deve essere stato aiutato… e se non sei stata tu… »
« Uhm… a quanto ne so, qualcuno di simile c’è stato alcuni anni fa. » Replicò la guerriera, portandosi una mano contro il mento, le unghie che grattavano leggermente la pelle squamosa. « Si parlava in giro di una specie di cacciatore di umani… ma, onestamente, non ho mai visto di persona questo fantomatico personaggio. Ai tempi in cui sono diventata Capitano della Guardia Reale, dare la caccia agli umani era già divenuto parte integrante dei doveri a cui dovevo assolvere. Magari era solo una diceria messa in giro da qualche fanatico. »
Chara annuì, con più rigidità nel collo di quanto volesse ammettere. Un cacciatore di umani, mh? Avrebbe dovuto immaginare l’esistenza di un mostro simile, suo padre in fondo non sarebbe stato capace di uccidere ben sei umani dopo aver allevato lei come una figlia… o, almeno, non da solo.
Fu Undyne a rompere il silenzio e a distrarla da quei suoi ragionamenti.
« Toglimi una curiosità, pesciolina. Sei un umano, o una nuova specie di mostro? »
Chara sospirò internamente. Immaginava che qualcuno le avrebbe fatto quella domanda prima o poi e, nel caso questa evenienza si fosse manifestata, aveva preventivamente deciso che si sarebbe tenuta per sé la verità, per tutelare sé stessa e Frisk. Tuttavia, con Undyne si sentiva abbastanza tranquilla per dar via qualche accenno di informazione.
« Ero umana ma, ora, suppongo di essere un misto di tutti e due. » Replicò, mostrandosi non intenzionata ad aggiungere altri particolari che avrebbero solamente portato a domande a cui non intendeva dar risposta.
« Fammi indovinare… è una storia che mi racconterai un’altra volta? » Disse Undyne, alzando genuinamente divertita un angolo delle labbra.
Chara annuì, ma non voleva prometterle nulla. Troppo rischioso raccontare cose che appartenevano al passato e che era meglio restassero segrete.
« Grazie comunque per aver chiarito la cosa. Alphys stava uscendo pazza in questi giorni per capire se tu fossi un caso di mutazione naturale, o qualche strano essere creato artificialmente! »
« Metti in chiaro con lei che non le farò da cavia né ora, né mai. » Replicò la ragazzina, volendo evitare di essere il prossimo caso di Amalgamate chiuso in un vecchio laboratorio sotterraneo. Dio se aveva brutti ricordi di quei… ‘cosi’?
« Sarà fatto. » Le assicurò Undyne, ridacchiando. « Beh, se abbiamo finito, io riprenderei l’allenamento, adesso. » Suggerì poi, schiacciando anche la lattina di Chara fra le mani e rialzando lo sguardo verso la giovane, con un sorriso fiducioso. « Se ti impegnerai a dovere – e sono sicura che lo farai – potrebbe esserci una sorpresa per te quando finiremo. »
Chara le rivolse uno sguardo interrogativo.
« Ovvero? »
« Lo vedrai. » Le rispose con aria misteriosa la sua maestra, circondandole amichevolmente le spalle con un braccio muscoloso. « E sono pronta a scommettere che ti piacerà! »
 
 
Fu verso mezzogiorno che terminò la sua sessione di allenamento con Undyne e, grazie al barcaiolo giù al fiume, era per fortuna riuscita a tornare in tempo per il pranzo a Snowdin, i cui abitanti si erano abituati velocemente alla presenza sua e di Frisk. Come fosse possibile che nessuno di loro le avesse ancora riconosciute come esseri umani restava inspiegabile, ma certo era che venivano ormai trattate come membri integranti di una comunità solidale e non come estranei, o forestieri. Nemmeno nei suoi sogni più irrealistici Chara si sarebbe mai immaginata di ricevere e dover ricambiare saluti mentre camminava per strada, figuriamoci di essere benvoluta da così tante – troppe – persone. Ma era rinfrescante per lei vedere per una volta espressioni socievoli, invece di sguardi sospettosi e diffidenti. Il rimorso di aver pensato un tempo di cancellare queste creature così gentili tornava a volte a tormentarla e dubitava che se ne sarebbe andato via tanto presto, ma ad esso si aggiungeva ora anche il sollievo che nulla di tutto questo era sparito per mano sua. No, questo luogo di pace era rimasto intatto, intoccato, e aveva potuto offrirle una ragione di vita. Le era occorso un po’ di tempo per trovarla, oltre che una lista infinita di errori vergognosi… ma, alla fine, Chara sentiva di aver finalmente trovato il suo posto in un mondo che pareva accettarla.
Entrò in casa – la sua casa – annunciando il suo ritorno con un Sono tornata, a cui gli altri occupanti dell’abitazione risposero con saluti più o meno entusiasti.
Frisk, con l’aria di una che si era alzata da poco a giudicare dai capelli spettinati e dallo sguardo un poco disattento, era seduta a tavola con Sans, ad attendere l’arrivo del pranzo cucinato come sempre da Papyrus.
Chara si sedette al suo solito posto di fianco a Frisk e davanti a Sans e non le sfuggì l’assenza quasi completa di rumori provenienti dalla cucina. Sua madre stava davvero facendo un lavoro miracoloso con Papyrus.
« Come è andata? » Le domandò Frisk, non appena si fu seduta.
« Bene. Non posso lamentarmi. » Rispose, accennando un sorriso.
Frisk annuì, contenta per lei, prima di abbassare leggermente lo sguardo.
« Mi dispiace di non essere venuta con te… »
Chara sentì, in quel momento, una lieve irritazione premere insistentemente agli angoli delle sue labbra – e non per causa di Frisk, mai per Frisk, ma a causa dell’ormai noto e vero responsabile di tutto – ma il fatto che la sua amica si sia sentita in dovere di scusarsi per lei, per una cosa su cui non aveva controllo, le fu utile per scacciare via quell’improvvisa irritazione e sostituirla con della genuina premura.
« Non fa nulla. Era giusto lasciarti dormire un po’ di più se ti sentivi stanca. » Disse e vide la sua amica rilassarsi visibilmente contro lo schienale della sedia. Spostò poi lo sguardo su quel burlone di uno scheletro, fin troppo tranquillo e quieto per i suoi gusti. Sembrava toccare a lei il compito di dare una smossa alla sua esistenza priva di stimoli e atta solamente a causare danni. « Commediante. Ho una comunicazione per te da Undyne. »
Lo scheletro alzò un’arcata sopraccigliare, voltando il capo in sua direzione.
« Mh? »
Interpretando quel suono svogliato come uno spunto per continuare, Chara infilò una mano nella tasca dei pantaloni, estraendo il foglio piegato in quattro che Undyne le aveva consegnato ad allenamento terminato. Per la prima volta, la ragazzina si ritrovò a dover contenere un sorriso, invece di uno sbuffo o una smorfia.
Lo distese sul tavolo, alzandolo poi per mostrarlo allo scheletro.
« Che cos’è? » Chiese Frisk, sporgendosi di lato per guardare, nel frattempo che l’espressione di Sans si faceva sempre più accigliata.
« È una disposizione ufficiale da parte del Capitano della Guardia Reale. » Le spiegò la maggiore. « In seguito alla sua recente mancanza di serietà durante i suoi turni di lavoro, Undyne ha deciso che Sans dovrà coprire tutti i turni in qualità di sentinella e pattuglia della giornata di domani, dal mattino presto fino all’orario di cena. » Si girò di nuovo verso il commediante, con un sorrisetto a malapena contenuto. « Inoltre, mi ha detto di comunicarti che non accetta proteste di alcun tipo. »
Sans spostò lentamente lo sguardo dal foglio, facendo capolino da dietro il documento con un sorriso a mezze palpebre.
« Bello scherzo, mostriciattola. Ammetto di esserci quasi cascato. » Disse, con una breve ma pungente risata.
Chara alzò un angolo delle labbra, oltre che entrambe le sopracciglia, in un’espressione tanto, davvero tanto compiaciuta.
« Esamina pure il foglio, se non mi credi. E, se anche allora sarai ancora convinto che sia uno scherzo, sei libero di bighellonare come al solito, ma a tuo rischio e pericolo. »
« Accetto la sfida, Chara. » Replicò lui, poggiando la testa sopra il palmo della mano sinistra. « Permettimi, però, di chiamare in causa un esperto per l’esaminazione del tuo presunto documento. »
La ragazzina appoggiò la schiena contro lo schienale della sedia, incrociando con nonchalance le braccia.
« Fai pure. »
Lo scheletro credeva di essere furbo, di dover sempre avere lui l’ultima parola su scherzi e battute, ed era una convinzione probabilmente fondata… ma non avrebbe avuto l’ultima parola in questo particolare caso, dove lo scherzo non c’era fin dall’inizio.
Papyrus venne richiamato dalla cucina dal fratello maggiore e, quando gli fu consegnato fra le mani guantate il documento, si mise immediatamente all’opera per trovare il minimo segno di contraffazione.
Dopo due minuti di silenzio, Papyrus diede il suo responso.
« Beh, Sans, non puoi dire che non ti avevo avvertito. Il Grande Papyrus ha perso il conto di quante volte ti aveva spronato a fare del tuo meglio sul lavoro. Ora, è bene che tu affronti le conseguenze della tua pigrizia! »
« Mi stai dicendo che è autentico? » Domandò attonito Sans, il suo sorriso si sfaldò come neve al sole.
« Precisamente e assolutamente! » Rispose Papyrus, alzando solenne un dito.
Fu con un sorrisetto soddisfatto che Chara assaporò lo sguardo sbigottito di Sans, crogiolandosi in una nuova sensazione di completezza. Non avrebbe mai pensato che incastrare per bene quello scheletro sarebbe stato così appagante – e dire che non era nemmeno stata lei ad insistere per portare a termine quel piano fin dal principio, ma proprio Undyne. Doveva ammetterlo, l’essere allievi del Capitano della Guardia Reale aveva i suoi cospicui vantaggi, dopotutto.
« Non ti sembra un tantino esagerato? » Le bisbigliò sottovoce Frisk, accostandosi al suo orecchio.
« Non molto. Impegnarsi seriamente per una volta gli farà bene, testuali parole di Undyne. » Replicò Chara, cercando nel mentre di rendere meno evidente il suo compiacimento. Undyne sarebbe stata contenta di conoscere tutti i dettagli della scena quando, l’indomani, si sarebbero riviste.
In quel momento, Papyrus si schiarì la voce per richiamare l’attenzione di tutti i presenti.
« Caro fratello e care ospiti, quest’oggi ho il piacere di presentarvi una mia nuova e speciale creazione! » Annunciò e il suo sorriso era una vera esplosione di entusiasmo. « Riprendete posto a tavola e preparatevi a rifarvi gli occhi! »
Appena Papyrus si fu allontanato per ritornare in cucina, Chara lasciò che un aperto sogghigno affiorasse sulle sue labbra, mentre Sans era colui che, per una volta, le stava scoccando un’occhiataccia seccata. Doveva prendere l’abitudine di essere un po’ lei quella ad avere il coltello dalla parte del manico in quella guerra di passiva aggressione, se le soddisfazioni che derivavano da una momentanea vittoria erano così memorabili.
Papyrus tornò dalla cucina dopo qualche secondo e depose al centro del tavolo apparecchiato un vassoio sormontato da un coperchio a cupola.
Chara, come forse chiunque altro, si preparò mentalmente e fisicamente per qualunque piatto le sarebbe stato presto presentato davanti, probabilmente una variante dei suoi famosi spaghetti se doveva tirare ad indovinare.
Creando una suspence che sarebbe stata ben accompagnata da un rullo di tamburi, Papyrus sollevò il coperchio dal vassoio.
E Chara alzò un sopracciglio.
« Lasagne? »
Il minore dei fratelli-scheletro annuì felicemente.
« Esatto! Toriel mi ha spronato a dare una seconda chance a questa favolosa tipologia di pasta, apportando alcune significative modifiche nella ricetta! » Chiarì, allargando un braccio come se fosse l’orgoglioso testimonial di una campagna pubblicitaria. Il suo sorriso, però, si abbassò di tono a distanza di pochi secondi. « Ma, se non sono di vostro gradimento, sarò ben lieto di tornare alle vecchie tradizioni! »
« Siamo contenti di vedere che stai imparando tante cose nuove invece, Papy. » Intervenne Frisk, con un sorriso positivamente entusiasta in viso. « Non vediamo l’ora di assaggiarle! »
« Lo penso anch’io... » Concordò spontaneamente Chara, guadagnandosi così l’attenzione di Papyrus, intento a guardarla come se cercasse di ricevere del sincero apprezzamento persino da lei. La ragazzina si stupì di ciò, ma decise che rivolgergli un sorriso pieno per una volta, invece che mezzi sorrisi smorti, non poteva far troppo male a quello scheletro iperattivo.
E capì di averlo sorpreso con quel gesto quando vide una meraviglia piena e vivace inondare i suoi occhietti neri. E non si pentì di aver rivolto quel tipo di sorriso anche a Papyrus, invece di riservare quel privilegio solo a Frisk.
« Se posso dire la mia, manca sempre quel tocco di ketchup che lo renderebbe ancora più speciale. » Si fece infine sentire il commento di Sans, che pareva essersi ripreso per ora dal trauma che gli aveva causato.
Meraviglia ed entusiasmo vennero immediatamente soppiantati da irritazione e indignazione sul volto di Papyrus.
« URGH, sei sempre il solito, Sans! » Si lamentò lo scheletro più alto, mettendosi le mani tra i suoi metaforici capelli, suscitando in tal modo il riso di entrambe le ragazzine.
Era questa la quotidianità a cui Chara si sentiva oramai legata e a cui per nulla al mondo avrebbe mai rinunciato. Perché vivere non è solo sentire dolore; vivere è anche sentirsi bene insieme agli altri, nonostante i loro e i tuoi difetti.
 

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Note: 
* "Importante avvenimento" risalente al capitolo 7. Dubito seriamente che qualcuno se lo ricordi a questo punto della storia.




Sameko's side
Ciao a tutti ed eccoci qui, come al solito, in questo piccolo spazietto dopo un capitolo pressocché interminabile vi prego, ditemi che avete fatto una pausa durante la lettura, o continuerò a sentirmi in colpa. Oh, ribadisco anche qui che tra il capitolo 16 e il capitolo 17 c'è un salto avanti nel tempo di più di due settimane, nel caso a qualcuno fosse sfuggito! ^^
Personalmente, ho adorato scrivere questo capitolo e mostrare finalmente a voi qualche concreto miglioramento con Chara ( oltre che qualche peggioramento in altri settori, eh ) e uno spaccato della sua nascente amicizia con Undyne. :) 
Piccola curiosità, il POV di Papyrus era originariamente inserito nello scorso capitolo, ma per questioni di lunghezza ho preferito spostarlo in questo aggiornamento ( ed è stato un serio caso di ora, o mai più XD ). 
Infine, ho una notizia non tanto piacevole da dare: causa impegni scolastici, non aggiornerò la fanfiction se non dopo la fine della scuola. Vi chiedo quindi di avere pazienza, purtroppo non riesco proprio ad aggiornare regolarmente in questo periodo. Faccio inoltre i miei migliori auguri a chi, studente come me, si trova nella mia stessa situazione. :) 
Devo scappare ora!!
Alla prossima e baci!

Sameko
 
 
   
 
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