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Autore: Andrasil    10/05/2017    1 recensioni
Il mondo magico è sconvolto da un nuovo fenomeno, un'aberrazione che, agli occhi di tutti, deve essere contenuta, studiata e infine sradicata al più presto. Freya è una giovane maga da poco uscita da Hogwarts e dovrà affrontare la durezza della realtà quando verrà accusata di essere proprio quel mostro che la società magica teme.
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Altro contesto
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Eccomi tornato. Mi scuso per il ritardo e per la brevità del capitolo, ma sto avendo problemi a conciliare la scrittura con tutti gli altri impegni.
 
 
 
“Sono io! Maledizione Freya, sono Philip!”
Freya abbassò lentamente la bacchetta dalla gola del ragazzo. Era…al centro della Piana Nera.
Le cedettero le ginocchia.
“Freya, che cos’hai? Sei ferita?”
Guardò la bacchetta che stringeva nella mano: non era la sua.
“Will! Mi serve una mano! Credo che l’abbiano confusa o chissà cos’altro.”
“No” riuscì a dire con voce roca “Sto bene.”
“Cosa è successo?” chiese una seconda voce, più profonda e vibrante.
Freya alzò gli occhi. C’era un altro ragazzo davanti a lei, un ragazzo dai profondissimi occhi blu. William.
 
 
 
Quando i maghi in nero le avevano puntato contro le bacchette, Freya aveva completamente smesso di pensare. Di fronte a lei vi erano dei nemici che con ogni probabilità stavano per ucciderla.
Anche un non Abominio avrebbe sentito il morso del più grande istinto di ogni specie: quello di sopravvivenza.
Freya non aveva pensato. La sua mente si era come paralizzata.
E l’altra aveva preso il sopravvento.
Era bastato un secondo. Freya si era vista lanciarsi contro la parete trasparente facendola a pezzi, aveva visto il sangue…e poi più niente.
Non sapeva come, ma era riuscita a non perdere completamente il controllo. Quando aveva aperto gli occhi, era solo una ragazza rannicchiata in un corridoio macchiato di sangue e circondata da cadaveri. Era ancora lei.
Almeno nel corpo.
Poco lontano dai suoi piedi vi era una bacchetta. L’aveva presa e aveva corso verso la cella di Will. Non stava pensando di salvarlo. O forse sì? Non lo sapeva. Non vi era nessun pensiero lucido che la guidasse.
Aveva schiantato i primi maghi che le si pararono davanti giocando sull’effetto sorpresa. Si trovavano davanti alle celle dei fratelli; ma se Philip o Emily avevano provato a farle dei cenni, Freya non lo aveva notato.
Quando era arrivata davanti alla cella di Will, aveva visto un gruppo di almeno dieci dei loro torturatori davanti alla parete trasparente. Sapeva che era questione di attimi prima che la notassero, ma neppure in quel momento aveva pensato. No. Aveva agito con sicurezza, come se avesse progettato la cosa da tempo e, mentre sentiva i maghi urlare una formula disarmante e una incatenante nella sua direzione, aveva pronunciato per la prima volta in vita sua le due parole maledette:
Avada Kedavra”.
Perché una maledizione senza perdono andasse a segno, doveva essere scagliata con un forte intento omicida; ecco perché Freya non aveva fallito. In quel momento l’unica traccia di umanità nella sua mente risiedeva nei sentimenti; pertanto, per quello che provava, nell’odio. Un odio troppo forte per impedirle di portare a termine l’anatema, anche se aveva diretto la bacchetta da un’altra parte.
Il fascio di luce verde aveva fatto a pezzi la parete trasparente come se gli incantesimi che la proteggevano non esistessero; un attimo dopo dalla lastra infranta erano fuoriuscite acqua e morte.
Nuotando nell’acqua con una naturalezza incredibile, davanti a Freya era comparso uno splendido cavallo bianco. La ragazza aveva avuto solo un momento per ammirare li occhi della creatura, di un blu liquido e profondo quanto gli abissi dell’oceano, prima che essa aprisse la bocca rivelando delle zanne impressionanti al posto dei denti e facesse a pezzi il mago che gli si trovava più vicino.
Non ci era voluto molto e Freya non aveva dovuto nemmeno alzare la bacchetta: il Kelpie aveva massacrato l’intero gruppo con la semplicità e l’eleganza di un predatore esperto, spezzando le ossa con gli zoccoli e affondando le zanne nella carne tenera dei colli e dei ventri; poi, come se fosse la cosa più naturale del mondo, aveva estratto con precisione chirurgica le viscere ai cadaveri e le aveva lanciate in fondo alla sua cella.
Freya si era ritrovata in ginocchio, le mani affondate in quel poco di acqua che era rimasta sul pavimento senza defluire.
E neppure allora aveva pensato.
   
 
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