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Autore: Lady I H V E Byron    11/05/2017    1 recensioni
"Feel it all... don't look back, just let it go..."
Tutto quello che si impara, vivendo in un quartiere povero e malfamato, è essere egoisti e imparare a sopravvivere, non importa come. Bill e Tom, due gemelli inseparabili contro un intero quartiere, spesso adocchiati dalle varie gang, cercano ogni giorno di farsi strada in mezzo a quell'inferno vivente, fra droga, violenza e furti, e sopravvivere contro i mali che il mondo può offrirci. Fino a quando...
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Violenza
Capitoli:
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Note dell'autrice: scusate la lunghezza e gli errori di grammatica.
P.S.: non ho saputo resistere nel mettere una delle mie citazioni preferite di "The Mask"... Scusate.
 
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Se qualcuno voleva arricchirsi, anche se illegalmente, doveva entrare nel centro città, nel cuore della notte, sperando di evitare le pattuglie notturne.
Strutture importanti come la Banca Centrale dovrebbero essere fra quelle più sorvegliate, ma non c’era nemmeno l’ombra di un poliziotto. Forse facevano tutti affidamento alle telecamere e ai sistemi di sicurezza.
Una delle gang del Drogeviertel, un gruppo chiamato “die Totenköpfe”, “i Teschi”, costituita prevalentemente da africani, avevano proprio intenzione di svaligiare la Banca Centrale. Avevano rubato un furgone, per arrivare più velocemente alla meta. Fortuna che nel quartiere, almeno, non mancavano le armi. Anzi, vi circolavano più armi che cibo.
Non c’era da sorprendersi se alcuni degli abitanti aveva tante cicatrici.
I privilegiati o quelli più fortunati riuscivano a raggiungere il centro, forse la punta di diamante di Lipsia e, per loro, la punta di diamante del mondo. Nell’unica televisione di tutto il “Drogeviertel” venivano sintonizzati soprattutto i canali del calcio o quelli musicali. Mai sul telegiornale.
 E sapevano che gli abitanti di Lipsia, dopotutto, dovevano pur mettere i loro risparmi in un posto più “consono”.
“Beati loro.” verrebbe da dire. Soprattutto dai ladri.
La gang era ormai all’entrata della banca. Vennero subito inquadrati dalle telecamere di sicurezza, ma a loro non importava.
Volevano solo entrare, prendere i soldi e tornare nelle proprie abitazioni.
Alcuni fecero da vedette, altri già erano impegnati ad entrare nella grande porta a vetri, senza buttarla giù per non far scattare l’allarme. Stavano usando dei grimaldelli e un coltello, come si usava una volta.
Improvvisamente, un rumore di moto.
Ma non proveniva dalla strada; sembrava provenire, piuttosto, dall’interno della banca stessa.
Il rumore si faceva sempre più forte. Qualcosa stava venendo da loro.
Una moto uscì dalla banca, sfondando il vetro del portone. Una Harley Davidson, a giudicare dal suono.
Fece una derapata impeccabile, prima di fermarsi.
I membri della “Totenköpfe”, una volta protetti dalle schegge di vetro, riuscirono a scorgere chi vi era alla guida: due ragazzi, dal volto coperto da due caschi. Sul centauro era disegnato il volto di un demonio, mentre sull’altro un’aureola. Questi aveva nelle mani due sacchi enormi, molto probabilmente pieni di soldi.
Il primo alzò la visiera, mostrando due occhi color nocciola che esprimevano divertimento.
-Spiacente, ragazzi!- disse, con tono derisorio -Non c’è trippa per gatti!-
Entrambi si misero a ridere malignamente, mentre la moto ripartiva, dopo un’impennata, che fece quasi cadere il passeggero insieme ai sacchi.
Il capo della gang serrò le labbra carnose.
-Die Zwillinge…- mormorò -Der Teufel und der Engel …-
Der Teufel und der Engel. Il Demonio e l’Angelo. Erano uno dei tanti nomi con cui I Kaulitz venivano chiamati dalle varie gang del Drogeviertel. Uno di essi era la parola inglese “Twinzies”, messo più come presa in giro che per rispetto.
Ma questo li rappresentava in pieno, rappresentava il loro modo di essere uguali, ma diversi: Bill era l’angelo, per il suo carattere mite, timido e la sua tendenza al pacifismo, mentre Tom era il demonio, per la sua violenza, la sua impulsività e il suo essere un po’ aggressivo.
La Harley era un altro dei regali da parte di Gordon: un mezzo per velocizzare le loro missioni, soprattutto quelle al centro di Lipsia.
Ma almeno erano liberi di personalizzarla come volevano: Bill aveva abbozzato delle fantasie su carta e Tom le aveva realizzate sulla moto con le bombolette spray.
La carrozzeria era nera, e i disegni erano delle fiamme, unico disegno che piaceva ad entrambi.
Lo stesso avevano fatto con i caschi.
Ridevano dietro di essi.
-Quella battuta è stata fenomenale, Tomi!- complimentò Bill, stringendosi di più al fratello.
-Beh, è stata improvvisata.- ribatté, modesto, Tom –Ma fenomenale è stata l’idea della rapina! Gordon è davvero un mago in questo!-
Come sempre, il piano era di Gordon; i gemelli erano solo gli agenti.
Per fare una buona rapina, la cosa migliore da fare era entrare nel luogo da rapinare di giorno, mescolandosi tra la gente comune, entrare in un luogo ben appartato, dove nessuno sarebbe mai entrato, e attendere fino a notte fonda.
Il luogo appartato in questione era il magazzino.
Potevano essere avvistati dalle telecamere, ma Gordon aveva assicurato loro che le avrebbe messe fuori uso il tempo necessario per rubare tutti i soldi che potevano.
Niente era andato storto. Era andato tutto esattamente come pianificato. Ovviamente, Trümper aveva anche indicato una via di fuga più efficiente per i suoi “beniamini”.
-…e trovando quella gang di negri, la polizia darà loro colpa di aver rapinato la banca, mentre noi ci godremo l’ennesima ricompensa di Gordon!- cercò di ricordare Tom, prima di ridere di nuovo, di gusto.
Anche la presenza della “Totenköpfe” era prevista nel piano: sapevano che avrebbero cercato di entrare nella banca, senza rischiare di far scattare l’allarme. Ma alla polizia serviva un capro espiatorio, quindi, perché non loro? Facendo scattare l’allarme e non trovando nessun altro di fronte all’edificio, sarebbero stati arrestati al posto dei veri colpevoli.
Infatti, i gemelli udirono delle sirene. Risero sotto i baffi, convinti di avere la via libera fino al Drogeviertel.
Tuttavia, i loro sorrisi svanirono: appena voltato l’angolo, sulla strada principale, c’era un blocco.
Un’intera fila di macchine della polizia erano posizionate appositamente per loro.
Bill e Tom sentirono i loro cuori sussultare.
-Scheiβe!- imprecò il secondo -Die Polizei!-
-Che facciamo, adesso?!-
Urgeva una via di fuga, e rapida, soprattutto. Lo sguardo del gemello maggiore fu rivolto a sinistra. Un vicolo. Sperando che non sia una strada senza uscita. Forse non era meglio che lasciarsi arrestare, ma tentare non nuoceva.
-Reggiti, Billy!- avvertì, eseguendo una curva brusca a 90°. Le gomme lasciarono la loro scia sull’asfalto.
Per fortuna la stradina presa non era un vicolo cieco. La via sembrava sgombra.
Se tutto fosse andato bene, sarebbero tornati al quartiere solo con un quarto d’ora di ritardo.
Erano vicini all’uscita quando le loro speranze si rivelarono vane: altre due macchine della polizia si misero proprio di fronte all’uscita, dalla parte opposta rispetto ai gemelli, proprio pochi secondi prima che la Harley Davidson uscisse.
Sguardi colmi di terrore si materializzarono dietro le visiere oscure.
Urtò contro le macchine, ma la moto non si fermò. Si ribaltò su se stessa e con essa Bill e Tom.
Questi eseguirono un volo di quattro metri, capriolando per aria.
Il tempo sembrò come rallentare, in quel breve istante. Mai come quella volta temettero di morire.
Ebbero un attimo per osservarsi negli occhi e cercare di prendersi per mano. Se proprio dovevano morire, dovevano farlo almeno restando insieme.
Atterrarono sulla strada, rotolando per almeno un metro. Si fermarono più o meno nello stesso punto.
Bill gemette: i caschi avevano protetto le loro teste, ma non si poteva dire lo stesso del resto del loro corpo.
Sentiva un dolore straziante al braccio destro. Forse si era persino rotto.
I lamenti del fratello, fecero dimenticare a Tom le proprie di ferite, nel suo caso, un paio di costole rotte.
Strisciò verso di lui, toccando premurosamente il casco.
-Billy! Stai bene?-
Ma non udì risposta: solo dei lamenti.
La Harley aveva subito dei danni, ma non se ne curarono.
Notarono tre ombre avvicinarsi verso di loro: tre poliziotti. Due in divisa e uno vestito con giacca e cravatta. Doveva essere il capitano.
Fece un cenno con la testa e i due poliziotti rimossero il casco ai due gemelli, rivelando i loro volti.
Tom si avvicinò sempre di più a Bill, facendogli da scudo umano, osservando i poliziotti con aria da sfida.
Ma l’uomo al centro non si scompose: li osservava con aria fredda, strizzando gli occhi scuri.
Aveva sulla mezza età, tipo Gordon, ma aveva meno rughe di lui.
-Klausenburg Straβe…- mormorò, incrociando le braccia –Proprio come aveva detto quella chiamata anonima…-
I gemelli non dissero nulla: Bill aveva smesso di lamentarsi, appena sentito il contatto con le mani del fratello, ma osservava i poliziotti con aria sofferente, quasi supplichevole.
-Capitano Schultz!- esclamò un altro poliziotto, una volta avvicinatosi alla Harley –Ho trovato i soldi rubati alla Banca Centrale! Esattamente come ci è stato detto.-
Quella situazione si faceva sempre più sospetta.
Il capitano Schultz fece un sorriso quasi malefico.
-Davvero credevate di sfuggirci così, Zwillinge?- sibilò, come un serpente –Nessuno mi sfugge. Adesso vediamo cos’altro avete in quelle tasche…! Perquisiteli!-
Nonostante i loro danni, Bill e Tom furono bruscamente strattonati per rialzarsi.
Il dolore al braccio del primo si incrementò.
-Torcetegli un capello e io vi ammazzo!- minacciò il secondo, dimenandosi, prima di ricevere un pugno sulle costole già rotte.
 
Erano passati due anni da allora.
Bill e Tom ricordavano sempre con dolore quel momento.
Era mattina quando ricevettero la chiamata di Gordon.
-Spero abbiate dormito bene, Zwillinge…- disse, parlando al telefono. I destinatari avevano messo il vivavoce sul loro –Perché vi aspetta una lunga giornata e una missione impegnativa.-
I gemelli si osservarono l’un l’altro, poi si presero per mano, quella tatuata: lo scheletro strinse i numeri, ed essi ricambiarono.
-Di cosa si tratta?- domandò Bill, con aria come se stesse dicendo “Che altra scelta abbiamo, in fondo?”
Gordon, dall’altra parte del telefono, sorrise.
-Ecco la domanda che mi piace…- sibilò –Si tratta di un mio concorrente. Un altro trafficante di droga che, come me, ce l’ha sempre, tuttavia non la mette in vendita. Non in soldi, almeno. Cede la droga per prestazioni sessuali, da come avrete intuito, soprattutto se il cliente è di sesso femminile. E la gente preferisce farselo infilare gratis, piuttosto che cedere altri quattrini. In parole povere, questo tale mi sta rubando i clienti. Dovete ucciderlo. Stanotte.-
Uccidere. I gemelli non amavano compiere omicidi, ma se Gordon lo ordinava dovevano farlo.
Da quando avevano compiuto la maggiore età, più volte erano stati costretti ad uccidere nemici del loro “Protektor”, ogni volta in modo diverso: chi veniva annegato, chi avvelenato, chi colpito da una pallottola…
Tutto merito dei Kaulitz.
Entrambi si morsero il labbro inferiore, si guardarono nuovamente l’un l’altro, come se stessero cercando la propria forza, e strinsero ancor più le loro mani.
-Cosa vuoi che facciamo, quindi?- domandò Tom, facendosi serio –Se questo tale non cede la droga per soldi, come facciamo ad entrare in casa sua, senza rischiare che chiami la polizia? Non vorrai mica che gli succhiamo il cazzo o ce lo facciamo infilare nel culo…?-
-Tom!- rimproverò Bill. Quando era nervoso, Tom diventava più volgare del solito.
-Niente di tutto questo.- tagliò corto Trümper, impassibile –Quel compito spetta a una delle mie donnine. Voi dovete solo fare il resto, ovvero ucciderlo e dare fuoco al suo appartamento, mentre lei lo distrae. E, possibilmente, prendere la sua droga. Se volete sapere la vostra ricompensa… beh, diciamo la metà della droga che trovate. E un altro bel gruzzoletto.-
Un’offerta allettante. Dopotutto si trattava di uccidere un sessista, un trafficante di droga e ricattatore. Nessuno avrebbe pianto la sua morte. Tranne i suoi clienti, forse.
-Che altra scelta abbiamo, dopotutto?- sospirò Bill, con aria rassegnata.
Tom lo osservò: odiava vedere il fratello in quel modo. Avrebbe tanto voluto che almeno lui vivesse una vita migliore, libero, senza guinzagli.
Sentì Gordon sogghignare.
-Non se ne ha mai…-
Il gemello volle porre fine il prima possibile a quella chiamata.
-Dove si trova questo tizio?- domandò, aggrottando le sopracciglia.
-Vi invierò un messaggio, dove vi indicherò il suo nome e il suo indirizzo.-
-E cosa ci assicura che questo non sia un altro tuo trabocchetto?-
Seguì un breve momento di silenzio. Si riferiva a quanto accaduto due anni prima.
-Tutto dipenderà da voi, miei cari gemellini.- fu la risposta –Richiamerò a mezzanotte. E farete meglio ad aver compiuto la missione.-
Riattaccò senza sentire alcuna risposta o protesta.
Come promesso, il nuovo messaggio indicava un indirizzo e un cognome.
Si trovava dall’altra parte della città. Tra il centro e un’altra periferia.
Distava circa sei ore dal quartiere.
Ebbero il tempo di fare colazione in un bar vicino.
Una misera colazione: caffè praticamente salato e una brioche rafferma da chissà quanti giorni per 1 euro a testa.
Non mangiavano molto, durante il giorno, tra una missione e l’altra. Non c’era da stupirsi sul perché fossero così magri. Inoltre, sembrava preferissero sprecare soldi per tatuaggi e piercing (a volte per comprarsi la droga, se finivano le loro scorte prima delle missioni di Gordon) piuttosto che per comprare da mangiare o risparmiare per scappare da lì, come aveva suggerito Tom la sera precedente.
Usciti dal bar (dal quale ascoltarono con interesse una canzone di Alice Cooper, poiché il televisore era sintonizzato sul canale musicale), proseguirono per la via principale, dirigendosi verso la rimessa dove tenevano la Harley.
L’aria era umida e fredda; infatti, entrambi i gemelli si erano messi una felpa pesante per coprirsi dal freddo.
Avevano indosso dei jeans, Tom normali e Bill strappati sul ginocchio, che modellavano le loro gambe.
Come sempre, Tom si era legato i capelli in un codino basso.
La rimessa era lontana ancora un isolato. Passarono accanto ad una piazzetta, composta soprattutto da terriccio (o fango, considerando la pioggia del giorno prima).
Come sempre, vi trovarono una delle gang del quartiere.
Stavano fumando marijuana, a giudicare dall’odore, e ridendo.
Dopodiché, il capo alzò la testa, notando i Kaulitz, che continuavano a camminare.
-Ehi, Kaulitz!- esclamò; Tom sapeva si stava riferendo a lui –Sei già in lutto per la tua cara Harley?-
Il ragazzo accennò una risata, facendo uscire dell’aria solo da un angolo della bocca.
-Piuttosto, tu preparati alla sconfitta, Erik!- schernì, fermandosi un attimo a guardarlo negli occhi –Perché ti farò mangiare la mia polvere!-
A volte, nel “Drogeviertel” venivano organizzate gare abusive tra motociclisti e Tom vi partecipava sempre.
Gli piaceva molto farsi notare, essere temuto e conosciuto in tutto il quartiere. Era Bill quello che preferiva restare nell’ombra.
Uguali di aspetto, ma diversi di carattere.
-Ah, già, è vero…- disse Erik, prima di schioccare le dita –Dimentico sempre il tuo trucco per vincere le gare: una bella passata di mano e poi una bella lubrificata al pistone principale dal tuo gemellino.-
Bill divenne tutto rosso in faccia dall’imbarazzo, specie quando si accorse che il giovane aveva accompagnato la frase con uno strano movimento della lingua, come se stesse leccando qualcosa.
Ciò fece infuriare Tom.
SI rimboccò le maniche, in procinto di avvicinarsi a lui.
-CIUCCIATI IL CAZZO, STRONZO!- urlò, con aria minacciosa.
Il gemello lo prese per un braccio, per fermarlo.
-Calmati, Tom!- lo esortò, portandolo via di lì –Non ne vale la pena…-
Il ragazzo moro si calmò all’istante. Solo perché c’era Bill.
Non era la prima volta che i gemelli venivano accusati di incesto, ma la reazione di Tom era sempre la stessa.
-Lo fanno solo perché sanno che reagisci così…- proseguì il biondo, guardando in basso. Non aveva mollato la presa sul gemello, per timore che tornasse indietro per dare inizio ad una rissa.
-Non mi piace che ci trattino così…- fu la risposta, ancora con una punta di ira sulla lingua –E non mi piace vivere qui. Se mi avessi lasciato vincere, a quest’ora saremo già in viaggio verso la libertà, fuori da questa merda, vivere in un buon appartamento, ci saremo trovati un lavoro degno e ogni mattina berremmo succhi di anguria freschi accompagnati da un buon toast.-
Bill si fermò all’improvviso: solo Tom sapeva scavargli nel profondo e conoscere i suoi punti deboli.
Non voleva farlo sentire in colpa per la sera prima, ma sembrava che la rimproverata ricevuta non fosse stata abbastanza.
-Tom! Non lo sapevo!- ribatté, seccato, e guardandolo con le folte sopracciglia aggrottate.
L’altro sospirò.
-Hai ragione.- ammise –E’ colpa mia. Avrei dovuto dirtelo.-
Bastò solo uno sguardo per capire che tutto era ormai perdonato.
Le loro braccia si separarono. Furono le loro mani, a quel punto, ad intrecciarsi.
-Anch’io non ne posso più di vivere qui…- concluse il biondo, facendo strappare un sorriso all’altro -Solo una cosa... Perché proprio l'anguria?-
-Era il primo frutto che mi era venuto in mente...-
 
Era già sera quando raggiunsero la meta.
“Il soggetto si fa chiamare “Little John”.” ricordarono dalla chiamata di Gordon “E’ un afro-americano trasferito a Lipsia per problemi con la legge americana. Vive in un appartamento al quarto piano di un palazzo a Lipsia nell’indirizzo che vi indicherò con il messaggio che invierò dopo la chiamata. Il nome con cui si è registrato nel citofono non ha alcuna importanza per voi: voi dovete solo raggiungere il retro e raggiungere la finestra del salotto dall’esterno.”
La Harley parcheggiò proprio dove indicato dall’uomo. Il palazzo era molto alto, almeno sette piani.
I gemelli lo contemplarono, seri in volto.
Tom constatò di vivere in un luogo simile, non appena avrebbero raccolto i soldi necessari per scappare dal “Drogeviertel”.
-Lo stronzone non si è neppure disturbato di fornirci di rampini per scalare questo castello…- mormorò il moro, prima di controllarsi le tasche: pistola e coltello. In quelle di Bill c’erano le stesse cose. Per il resto dovevano arrangiarsi con quello che trovavano –E’ una fortuna che hanno inventato le grondaie…-
Infatti, senza aggiungere altro, si accinsero ad arrampicarsi sulla grondaia d’acciaio. Pregaarono Dio affinché reggesse il loro peso, seppur leggero.
Raggiunsero il piano destinato. La finestra del salotto era molto grande. Non ci sarebbero stati problemi ad irrompere. Sperando che non fosse a doppi vetri.
Per loro fortuna, c’era un piccolo cornicione, di fronte alla finestra, dove i gemelli poterono camminare, prestando estrema attenzione a non cadere.
-Fortuna che non soffriamo di vertigini…- notò Bill, camminando con cautela, restando praticamente incollato al vetro, come il fratello –Sennò sarebbe stata una vera tragedia…-
Videro ciò che stava accadendo all’interno. Il salotto era ben arredato. “Little John” doveva avere molti soldi per aver comperato tutti quei quadri e quei ninnoli sui soprammobili. I mobili stessi parevano valere molto.
C’era un divano verde scuro di fronte a loro, che dava loro le spalle. Su di esso, una testa marrone, quasi calva, stava come dondolando. I gemelli capirono subito il motivo: c’era una donna, con la testa tra le sue gambe, in ginocchio.
Lo stava distraendo per dare ai gemelli via libera.
Presero le proprie pistole; era uno dei rari momenti in cui Bill usava un’arma.
-Pronto, Billy?-
-Sì, Tomi.-
Spararono dei colpi al vetro, senza colpire il loro obiettivo o la “collega”.
Quegli spari servivano solo per sfondare più facilmente il vetro. Infatti, dopo due colpi dei gemelli, si frantumò e loro entrarono nel salotto, in mezzo ad una cascata di frammenti di vetro.
L’uomo, allarmato dagli spari, si voltò di scatto all’indietro, chiudendosi la patta dei pantaloni.
La prostituta, vedendo i Kaulitz, fece un cenno con la testa e uscì dall’appartamento.
“Ok, il resto spetta a voi.” sembrò dire.
“Little John” non si accorse neppure dei rumori della porta, spaventato com’era dell’irruzione dei gemelli.
Aveva un completo da sera, senza cravatta, e diversi anelli sulle dita, come Trümper. Ma lui era largo il doppio e la sua espressione dura incuteva timore al primo sguardo. Aveva gli incisivi storti.
-E voi chi cazzo siete?- domandò, con accento americano.
I gemelli si guardarono l’un l’altro, per darsi coraggio e supporto a vicenda.
-Siamo qui per portarti un messaggio…- iniziò Bill, scrutando in una tasca della felpa -Gordon Trümper ti manda i suoi saluti.-
-Niente di personale, “Little John”…- mormorò Tom, avvicinandosi, sguainando il coltello –Ma siamo qui per ucciderti.-
Già sentire il nome “Gordon Trümper” fece sobbalzare l’uomo. Senza avere il tempo di contrastare o prendere il telefono per chiamare la polizia, due lame affondarono una nel cuore l’altra nella gola.
Un lavoro talmente rapido che non si era nemmeno accorto dell’estrema vicinanza dei ragazzi.
Guardarono da un’altra parte, per non osservare di nuovo il volto della morte di una delle loro vittime.
Morì quasi senza rendersene conto.
Cadde di pancia, mentre una pozza di sangue si estendeva intorno a lui.
Ora c’era la seconda parte del piano.
-Diamine…- imprecò Bill, nonostante il tono calmo della voce –Lo abbiamo ucciso subito, invece che legarlo e chiedergli dove teneva la droga…-
-Sì, magari anche offrirgli un tè con i biscotti…- canzonò Tom –Andiamo, non è un appartamento così grande! La terrà pure da qualche parte…-
Si divisero, cercando in vari angoli della casa. La trovò il moro, entrando nella sua camera da letto: era nascosta nel suo armadio. Diversi sacchetti di carta messi in un angolo nascosto.
Bill, invece, trovò i nomi dei fornitori: poteva essere utile per Gordon.
Procedettero verso la terza fase del piano: bruciare l’appartamento.
“Peccato…” pensò Tom, storcendo la bocca “Era carino. Poteva essere adatto per noi due…”
Iniziarono con un fiammifero, poi sparsero tutta la casa con l’alcool comunemente usato per disinfettare le ferite. L’ossigeno fece il resto. Se non avessero sfondato il vetro, avrebbero preso in considerazione l’idea di usare il gas dei fornelli per causare un’esplosione.
Quando le fiamme fuoriuscirono dall’appartamento, i gemelli erano già sulla moto, con i loro caschi indosso e con il loro bottino.
Uno spacciatore in meno.
Non lo avevano fatto per Gordon, ma per loro stessi.
Lui li aveva usati per i suoi scopi; ora toccava a lui essere usato per gli scopi dei suoi sottoposti prediletti.
   
 
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