Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Arydubhe    16/05/2017    2 recensioni
Levi non ha mai visto nulla più che una collega in Hanji, un individuo troppo singolare per poter rappresentare per lui alcunchè di più. Un tramonto, un titano e un aggettivo di troppo faranno sì che questa certezza crolli nella mente del Caporale.
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Dal testo:
“Giuro che credevo di averne viste di relazioni strambe in 40 anni della mia vita; ma due piccioncini che si scambiano titani come pegno d’amore …be’ credo che solo voi due potevate esserne capaci!”
Levi si girò a fulminare il proprietario di quella voce che conosceva benissimo. Erwin lo aveva raggiunto alle spalle, un ghigno sghembo sul viso, tipico di chi crede di saperla lunga.
“Deve farti ancora male la testa. Io le ho solo portato un titano. Fine. Non è successo altro” si limitò a replicare Levi indicando le bende che ancora avvolgevano la ferita sulla nuca di Erwin. Non aveva intenzione di cogliere le provocazioni dell’amico.
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hanji Zoe, Levi Ackerman
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 4: ERWIN O L'AMMIRAZIONE


«Dunque è andata così?»

 

«Sì.»

 

Levi sperava veramente di avere ottenuto il suo scopo. 

Erwin, dal canto suo, aveva ascoltato tutto il racconto di Levi con attenzione, soppesandone le parole. Ne aveva osservato ogni gesto forzatamente controllato, si era trattenuto dal sorridere a ogni palese tergiversazione, svincolamento, mezza verità circumnavigata di lontano e pure in parte ingenuamente spiattellata.

 

E di fronte a quel discorso aveva capito che Levi, le possibilità di ingannarlo, le aveva esaurite proprio tutte. 


“Dovrai impegnarti di più se vuoi convincere qualcuno. Di sicuro dovrai farlo se vuoi convincere me” aveva pensato, ma si era astenuto dall’esprimersi ad alta voce. 


Erwin aveva già compreso di averci davvero visto fin troppo giusto quando Levi, in tono polemico, si era messo a trotterellare dietro di lui, l’espressione più accigliata del solito per quella che, in fin dei conti avrebbe potuto essere presa per una semplice, innocua battuta sui “piccioncini”. 


Dopo quella ridicola scena in refettorio tra Levi e Hanji si era persuaso del fatto che ci fosse parecchio in sospeso tra i due, talmente tanto che nemmeno persone così riservate come loro erano più state in grado di nascondere la cosa. E non bisognava essere ascoltatori particolarmente perspicaci per aver colto parecchi sottintesi nel ringhiare del Caporale e nello squittire della Caposquadra. 


“Il nostro titano”. Ah, chi l’avrebbe mai detto! 


Lì per lì aveva deciso di ridersela tra i baffi e ignorare la cosa, fingersi cieco e sordo e far finta di niente, perché in quanto superiore gli sarebbe toccato un monito di fronte a quella scena -perché no, tra colleghi quelle cose non si fanno e sì, si deve mantenere un contegno e no, non la raccontavano palesemente giusta quei due… 

Una battuta di scherno gli era sembrata però quantomeno inevitabile, perché vedere Hanji lasciare Levi così disarmato era comunque qualcosa di notevole, una rarità. 

 

Una cosa per di più andava fatta: andavano avvertiti: perché nel caso in cui loro due non se ne fossero accorti avevano dato sin troppo spettacolo quella mattina e se lui era pronto a chiudere un occhio, anche due se necessario, altri avrebbero potuto non essere altrettanto clementi -e a buon diritto perché i regolamenti valgono per tutti e quello sulle relazioni tra commilitoni era piuttosto severo.

 

Erwin non si aspettava di aver colto Levi così in fallo da vederlo trasformarsi improvvisamente in un mastino pronto all’autodifesa. 

E no, di fronte a questo, non gli era stato più possibile fingere di non vedere e ignorare i fatti. Doveva fare chiarezza, per sé, per quei due, per tutti. Del resto era inevitabile quando si era contemporaneamente amici e superiori in grado. 

Ora, vederselo davanti a lui convinto di averlo magistralmente riempito di panzane assurde e che esse fossero sufficienti a fargli credere anche a una sola parola di quanto avesse detto, gli procurava quasi pena. Perché Levi non poteva davvero sperare che con un racconto pieno più di buchi che di fatti potesse convincerlo di alcunché. Si sopravvalutava o lo sottovalutava. Sbagliando comunque.
Levi taceva cose e male

E sicuramente lo stava facendo di proposito. Un sospetto, questo, che era diventato sempre più certezza in Erwin ogni minuto che passava.

A che pro, tuttavia, quello gli sfuggiva.

 

Il dramma infatti era che Erwin riconosceva impegno nell’agire di Levi e, sotto sotto, un fare sinceramente convinto di essere nel giusto. Come se fosse davvero certo di quello che diceva, pur sapendo che si trattava di una balla…

 

Sul serio, Erwin credeva di non avere mai visto un tentativo così patetico di provare a convincere gli altri per convincere sé stessi delle proprie parole. Perché Levi non gli mentiva, pur sapendo di mentire, allo scopo di nascondergli qualcosa; mentiva consapevolmente anzitutto a sé stesso, per superare così lui per primo il proprio dissidio interiore. Levi non muoveva un muscolo, ma si vedeva nei suoi occhi fiammeggianti quale tempesta stesse cercando di reprimere…si trovava palesemente in quella situazione di bilico in cui esiste un dubbio che si tenta di superare autoimponendosi una soluzione che si ritiene la più giusta...ma non per forza è quella vera. La prima persona verso cui Levi stava peccando di disonestà…era sé stesso.

 

Il che, se possibile, contribuiva semplicemente a peggiorare ancor più la situazione. 

La sentenza, per Erwin, era stata quindi tutto fuorché ardua. Bisognava aprire gli occhi a quel pover'uomo, dargli una svegliata. E c'era una sola maniera per farlo rinsavire: farlo ragionare sulle sue stesse parole. Perciò aveva deciso di stare al suo gioco.

 

Dopo alcuni secondi di silenzio passati a riflettere su dove cominciare il proprio discorso, Erwin posò uno sguardo indagatore su Levi, attento a ogni sua reazione. 

“…Quindi in pratica… hai promesso a Hanji un titano perché ti sei sentito in dovere di aiutarla?”


“Sì, che diamine, se lo merita, e ha ragione fondamentalmente!” 

 

“Dovere morale, insomma?”

 

“Be’ ovviamente. Non potevo certo snocciolare due frasi di circostanza e cavarmela così…mi ha sorpreso, di certo non me l’aspettavo, non mi aspettavo nemmeno che pensasse quelle cose. Mi ha preso alla sprovvista ed è andata così. Non che me ne penta. E poi avresti dovuto vederla…era difficile non sentire il bisogno di fare qualcosa…”

 

“Beccato” ghignò dentro di sè Erwin.

 

 “In altre parole il fatto che si fosse aperta con te…ti ha colpito?” 

 

Levi esitò a rispondere, aggrottando un sopracciglio, soppesando bene le parole con cui replicare.

 

Fece spallucce. “Mi ha stupito che avesse a priori qualcosa da confessare. E di quel tipo.

 

Dove voleva andare a parare il Comandante? Per un attimo il Caporale aveva pensato di averla finalmente spuntata…Evidentemente no. Possibile che quello scemo non volesse capire? 

 
Quando gli rispose, Levi notò un che di provocatorio nel tono di Erwin, e incalzante. “Insomma tu non le hai fatto una promessa così stupida…per vederla ancora una volta riconoscente nei tuoi confronti.” Non era una domanda, ma una bruciante affermazione antifrastica, che lasciò Levi punto sul vivo. 


Che razza di conclusione era quella?

 

“NO” lo sguardo di Levi era di ghiaccio. Si era risentito ferito da quella insinuazione. 

Cosa stava facendo quello stronzo, stava mettendo in discussione in suo onore? Per che razza di uomo l’aveva preso, Erwin? Pensava che traesse piacere dalle disgrazie altrui? Che si divertisse a giocare all’aiutante, a impersonare il ruolo del salvatore? 

“Credevo che anche tu pensassi che Hanji fosse meritevole di aiuto” sputò Levi a metà tra accusa e incredulità. 

Erwin si limitò a sollevare un sopracciglio, pensando: “Non mi scapperai tergiversando…”

“Io – disse- non sto dicendo che non lo sia. Né che tu hai sbagliato a prometterle qualcosa che i generali hanno esplicitamente vietato, sai come la penso – bada bene, io non ho mai pronunciato queste parole. Mi conosci, Levi. Il mio punto è un altro: perché tu ti sei sentito in dovere di aiutarla?” 

Levi lo guardò allibito. Erano tornati al punto di partenza, al refettorio, alle battutine sceme. 

“Siamo colleghi!- ripeté il Caporale per la milionesima volta nelle ultime due ore – sai, lottare per uno scopo comune, tipo che da 8 anni circa ci facciamo il culo assieme in questo fottutissimo corpo d’armata – lei pure da più tempo? Mi sembra il minimo voler aiutare una delle poche persone davvero utili qui dentro… Non sono mai stato uno dedito alla causa, non come Hanji, non come te. Del resto io, qui, mi ci sono trovato quasi obbligato ad entrare, non mi sono arruolato come voialtri…ma non mi sembra di essermene mai fregato di questa guerra, delle mie responsabilità, della gente che mi avete affidato o con cui ho avuto a che fare. Né di non aver mai riconosciuto i dovuti meriti a chi ne poteva vantare. E lei ne guadagna fin pochi di fronte ai culi che si fa ogni singolo giorno. Fa quello che facciamo noi ufficiali e di più, con le sue ricerche. E sì, quante rotture di cazzo abbia per la testa l’ho capito appieno solo quella sera perciò in tutta sincerità le ho fatto quella promessa.” 

“Sarà. Io credo che tu non te ne renda conto.” 

“Di cosa?” 

“È palese.” 

“Cosa? Cosa è palese, Erwin?” il tono di Levi era giunto all'esasperazione. 

“C’è attrazione, tra voi due.” 

Levi si trovò a stringere ancora di più le braccia incrociate attorno al petto fino a farsi male e mozzarsi il fiato, sollevando gli occhi al cielo con sufficienza; scacciò via a pedate una vocina nella testa che gli urlava “Guarda che ha ragione!”.

 

“Ma manco mai!” la zittì con stizza.

 

Attrazione?

 

Cosa, davvero? Chi, loro? Bah... No, davvero, NO. 

 

Ma Erwin era deciso a non dargli tregua. 

“Levi, ci sono due opzioni, qui. O sei una persona che si bea della riconoscenza altrui e che gode a vedere altri sentirsi in debito nei propri confronti – ma sarebbe meschino, e, onestamente non è da te, semplicemente perché te ne freghi altamente del parere altrui, nel bene e nel male, e stimi più l’indipendenza che l’attaccamento; peraltro direi, a giudicare dalla tua reazione, che il solo pensiero di comportarti così ti disgusta - e non del tutto a torto; …oppure non ti sei reso conto che tu e lei passate la metà del tempo a flirtare.” 

Levi avrebbe preso a testate il muro. Con la testa ancora fasciata di Erwin, beninteso. Ci avrebbe messo meno tempo a spaccargliela, con il cranio già contuso. 

 

Flirtare?

 

Ahahah flirtare loro due, IMPOSSIBILE!

 

Certo quello che diceva dava senso ai suoi recenti pensieri ma…NO.

 

“Negare, Levi. Negare sempre e comunque.” Erwin non poteva avere ragione. Non doveva…ed era ancora in suo potere dimostrarlo, gli sussurrava quella parte di ragione convinta che fosse tutto un malinteso. Ma quel dialogo tra Levi, le vocine nella sua testa ed Erwin si stava dimostrando a quel punto davvero troppo estenuante. Era ora di finirla.

 

“Oppure semplicemente volevo aiutare una compagna? Ascolta. Ci siamo sempre insultati e aiutati, io e lei. È il nostro modo di parlare. E non vedo cosa ti porta a credere che qualcosa sia cambiato nel nostro modo di relazionarci. Non posso garantire per lei perché non sono lei, ma dubito fortemente che veda in me più di un buon amico. Ha la lingua lunga e straparla - troppo-, ma quello si sa. E per me, essendo io me stesso, posso garantire che verso di lei non ho alcuna attrazione fisica se non quella di gettarla in una vasca per farle fare un cazzo di bagno ogni tanto. Andiamo d’accordo, alla nostra maniera, sbottandoci contro e facendoci dispetti. E va bene così. FINE.” 

 

Levi aveva sputato quelle parole tutto d’un fiato, finendo per rantolare con il fiatone. Sperava che Erwin spiegasse il fatto con l’irritazione crescente con cui aveva chiaramente condito il proprio tono. In realtà il solo pensiero di un’eventualità nella quale Hanji provava qualcosa per lui lo imbarazzava. Ma del resto che voleva dire? Era normale…certe insinuazioni

 

Il caporale si trovò ad arrossire ancor prima di essersene reso conto.

 

L’aveva usata mille volte quella battuta sulla vasca da bagno. Era andato sul sicuro nel tirarla fuori. Eppure perché improvvisamente ora gli sembrava un’enorme menzogna?

 

È vero, certe fantasie le aveva avute ma…no davvero, se lo era ripetuto fino alla nausea, niente di serio, come tutto il resto.

 

…Giusto?

O no?

 

Ma tanto bastava a quel punto per minare le convinzioni di Levi. Con un sonoro “Crack!” Levi sentì il proprio muro di certezze, sempre più in precario equilibrio, cominciare a cedere.

 

Dove cazzo era finita la vocina buona che gli aveva dato man forte in tutti quei giorni? Quella che lo aiutava quando gli serviva dimostrare che lui e Hanji erano sue capitoli a parte?

 

 “Per me siete ciechi. Se non è flirtare quello…” rincarava intanto Erwin.

 

Oh, no. E se…?


“Va bene. Ammettiamo fosse così e io e lei siamo due idioti di quindici anni incapaci di capire i propri sentimenti. Fondamentalmente sarebbero affari nostri.” 


“Mi dispiace deluderti. Fondamentalmente hai ragione, sarebbero affari vostri – lo contraddisse Erwin, pratico-  Ma lascia che ti dica questo. Primo: se i vostri sentimenti contrastati finiscono per causare danno alla mia divisione militare credo capisci anche tu che la questione non rimane più una faccenda privata tra voi due. Secondo: se uno dei due finisce per indisporre l’altro in una qualunque maniera sono affari miei. Terzo - e primo per importanza: fate tutti e due schifo nelle questioni sentimentali. Inoltre, io e te ci conosciamo da tanti anni quanto tu conosci lei e devi ammettere che sono sempre stato piuttosto bravo a leggere dentro di te. Sei un libro aperto, Levi, capisco quello che pensi molto più chiaramente di quanto tu stesso comprenda i tuoi stessi pensieri. Perciò ritengo sia mio dovere aprirti gli occhi, perché anche io ho dei legami, con entrambi: sì tu e Hanji siete colleghi…ma è chiaro che in fondo siete diventati qualcosa di più. L’hai detto tu stesso: Hanji non si è confidata con nessuno…tranne che con te. Vorrà pure dire qualcosa” 

Levi si permise un sospiro di sollievo. Cioè, tutto lì? Quella doveva essere la grande argomentazione rivelatrice?

 

“È stato un caso…se fossi salito tu su quella torre al posto mio probabilmente si sarebbe confessata lo stesso. Stava scoppiando. Ripeto: tu non l’hai vista.” 

Ma Erwin scosse la testa. “Ti posso assicurare una cosa Levi: io non le avrei fatto alcuna promessa, non del genere.... Ah, insomma! Quello che sto cercando di farti capire – disse, finalmente alzandosi dalla sedia nella quale era stato finora composto – è che io vi vedo. Ti vedo. E sinceramente sei cambiato: fino a qualche tempo fa non avrei scommesso un guscio di noce vuoto che tu ti saresti proposto di fare qualcosa del genere. Per nessuno. Forse per me…- disse con un sorriso sornione– ma questo perché, ammettiamolo…ti sei sempre sentito in debito nei miei confronti. E io, a differenza tua, provo sì un certo compiacimento nel fare il “buono”, nel fare la cosa giusta; purtuttavia, non avrei mai promesso nulla del genere, nemmeno ad Hanji.” 

Levi era accigliato. Faceva male sentire dire quelle cose ad alta voce. Non che fossero sbagliate. Non che ci fosse niente di brutto. Tutti e due avevano sempre saputo che c’era un attaccamento tutto particolare da parte di Levi per Erwin, quella figura che negli anni era diventata un misto di capo-amico ma soprattutto salvatore, perché quello, in effetti, per Levi egli era stato; almeno tanto quanto era stato l’artefice della sua condanna a una vita spesa a combattere per la salvezza dai mostri di un’umanità che fondamentalmente disprezzava. Avrebbe potuto odiarlo, in tutti quegli anni, per ciò che gli aveva fatto…ma Levi non ci aveva mai pensato, nemmeno un secondo; del resto Erwin, quel giorno, offrendogli una possibilità di sopravvivenza arruolandosi, gli aveva forse concesso più di quanto in tutta la vita avesse meritato e anche solo sperato di ottenere. Era a lui se doveva il fatto di non essere più condannato allo squallore del sottosuolo né penzolava da una forca con l’accusa di aver attentato alla vita di un ufficiale, quello stesso ufficiale che la vita, una vita vera, gliela aveva donata. Vincolandolo a quel giuramento al corpo d’armata Erwin gli aveva concesso paradossalmente più libertà di quanta ne avesse avuto prima, da solo, senza un voto a cui prestar fede, senza un obiettivo per cui combattere. Quelle ali cucite alle sue spalle erano il simbolo di qualcosa che davvero prima di allora in tutta la sua vita non aveva mai conosciuto. Sentirselo sputare addosso però…faceva un certo effetto, ecco. Erwin sapeva davvero leggergli dentro. Quanto bene, però, spesso Levi lo dimenticava; e sentirselo ricordare così non era il massimo. Non era bello sapere che il proprio idolo era così consapevole della tua ammirazione nei suoi confronti. Faceva sentire patetici, almeno quanto tutto quel discorso faceva apparire Erwin ipocrita in quell’autoconfessione di orgoglio verso sé stesso. 

Non era confortante, soprattutto, accorgersi che effettivamente vista da una certa prospettiva un po’ il Comandante aveva centrato un punto fondamentale. 

Non c'era autocompiacimento in Levi per le proprie azioni. Aveva fatto tutto per Hanji e solo per lei. E a ripensarci, quasi paradossalmente, Levi di fronte alla confessione della donna non si era sentito affatto dalla parte del salvatore, bensì dalla parte di quello che si sente comunque in debito. Non voleva gratitudine da Hanji; era stato lui a sentirsi grato verso di lei per quella specie di…“dono” che gli aveva fatto condividendo con lui i propri pensieri. 

No, messa da quel punto di vista Levi non poteva che dargli ragione. Lui per primo si era stupito della propria offerta. Aveva dato la colpa a varie cose, al tramonto in primis, al fatto che non l’aveva mai vista così, al fatto che fino a 5 minuti prima se l’era immaginata morta spiaccicata al suolo. Aveva passato giorni a convincersi che tutta quella faccenda era colpa di fattori esterni a lui stesso, ai suoi sentimenti. 

E il fatto che per Hanji avesse sentito un moto di ammirazione lo aveva rassicurato in questo. Appunto, non sarebbe stata, Hanji, la prima persona verso cui mai gli fosse capitato di provare quel sentimento; proprio in quel momento stava in piedi innanzi a lui la prima persona per cui in assoluto l’ammirazione era cresciuta in lui sconfinata. E anche Hanji, per quanto strana e improbabile, era una persona davvero valida, affidabile, seria e a cui era in qualche modo affezionato.

 

Ma non interessava quanto onesta, giustificabile, previdente, apprezzabile fosse la pazzia che quel sentimento lo aveva portato a compiere e ancora prima a promettere. Il problema che Erwin stava portando alla luce era la natura di quel sentimento.  Quello che Erwin stava mettendo in discussione era se davvero a spingere Leci a fare quella promessa era stata solo l’ammirazione, quella consapevolezza di rispetto ancora più alto e profonda stima che, a detta sua sembrava essersi risvegliato in lui a sentirla parlare, a vederla quel giorno fare e quelle cose…oppure se la “colpa” andava data appunto a quel tipo di affezione che negli anni era crescita tra di loro, che lui stesso aveva ammesso.

 

Era, cioè, la natura del senso del dovere che Levi aveva provato, ciò che Erwin stava sindacando; era davvero senso del dovere, come lo aveva chiamato?


Per quanto gli scocciasse ammetterlo, quella di Erwin era un’osservazione intelligente. Le insinuazioni del Comandante erano forse le uniche a dare un senso a quanto fosse accaduto su quella torre. Andavano a pescare nel sacco di dubbi che Levi aveva nascosto a sé stesso, di pensieri che aveva formulato, fugacemente e che con violenza aveva rinchiuso in un angolo della sua testa.  Era vero: si era dato del cretino, quella sera, perché si era trovato a pensare ad Hanji in maniera diversa, ad osservare in lei cose diverse, a farglielo presente pure ad alta voce; e aveva continuato ad insultarsi a quella maniera in seguito cercando di soffocare i dubbi facendo il vocione. Ma intanto, quei pensieri li aveva avuti e continuava ad averli.

 

E sebbene Levi fino a qualche secondo prima avesse negato, sorvolato, tenuto cose per sè…Erwin era stato capace di leggere tutto lo stesso, di trovare la verità nei suoi silenzi e la realtà nelle sue omissioni.  Un po’ perché era Erwin. Un po’ perché forse, dall’esterno, aveva potuto veramente giudicare tutto con occhio disinteressato.  Erwin aveva rivoltato contro Levi il suo stesso gioco: aveva dato veramente voce ai fatti in sè, nella loro interezza, senza opportuni campionamenti selettivi.

 

E se li si lasciava parlare quei fatti non mostravano affatto apparenze, ma evidenti realtà.


Gli occhi inquisitori del Comandante, puntati fissi nei suoi sembravano bruciare: pretendevano che Levi capisse. Se la loro relazione fosse stata un pelo più anomala e malata probabilmente si sarebbe potuto scambiare lo sguardo di Erwin per uno sguardo di superiorità. Ma la sua era semplice apprensione; interesse sincero che Levi realizzasse cosa stava accadendo. 


Levi si trovò suo malgrado a deglutire. 


E se Erwin, in fondo, avesse avuto ragione sul serio? 


Non si trattava di amore, sicuro. Quello, proprio, no. L'ammirazione, appunto, era stata la forma più alta di legame che nella sua vita sentiva di avere avuto, assieme all’amicizia. Ma poteva dire che fosse ammirazione quella che provava per Hanji adesso, quella che su quella torre gli aveva fatto fare una promessa che comunque metteva a rischio la sua vita e quella di una cinquantina di altre persone? Bastava l’amicizia?


Intuendo il misto di realizzazione, confusione e straniamento che attanagliava la mente del Caporale, Erwin rincarò la dose con un’altra osservazione. 


“Rifletti su questo: c’è differenza tra quello che provi quando pensi alla ammirazione che hai per me e per Hanji? E ti dirò di più: non ti ho mai visto compiere gesti del genere per Petra.” 

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E niente...stavolta sono stata puntuale, come vi avevo promesso ahah
Dunque in questo capitolo Erwin finalmente comincia a far girare nel verso giusto le rotelline di Levi...FORSE...Gliene servirà ancora un po', di dialettica, per persuaderlo.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Ci rivediamo nel prossimo: "Petra o la riconoscenza".
Fatemi sapere cosa ne pensate! Bye :3

  
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