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Autore: Jo The Strange    17/05/2017    3 recensioni
“E se la mia vita fosse basata su una menzogna?”
Questo è ciò che Aranel si chiede da quando era una ragazzina. Una fanciulla londinese, derisa da sempre per il suo aspetto, simile ad un Elfo, si ritroverà catapultata in un mondo sconosciuto grazie ad un ciondolo donatole dalla madre in punto di morte, lo stesso mondo dal quale provengono i suoi genitori. Tutti sembrano conoscere la sua storia, divenuta quasi leggenda, tranne lei stessa. Sarà per questo che Aranel si unirà alla bizzarra compagnia di Thorin Scudodiquercia, alla ricerca delle risposte di una vita e della sua vera identità. Ma il male trama nell’ombra e la strada da percorrere è lunga quanto pericolosa. Tuttavia tra fughe, battaglie, segreti e menzogne Aranel scoprirà di essere inesorabilmente parte di quel mondo e soprattutto imparerà ad aprire il suo cuore a dei nuovi amici e ad un nano molto speciale...
Spero di avervi incuriositi, buona lettura!
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Compagnia di Thorin Scudodiquercia, Gandalf, Legolas, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 3: LA LIBERTA' DI ESSERE SE STESSI

-A questo punto ritengo doveroso fare delle presentazioni – disse Gandalf sfregandosi le mani – Dunque mia cara, loro sono Balin e Dwalin – disse indicando il vecchio nano con la barba bianca e quello arcigno con la testa tatuata.

-Fili e Kili – due nani molto giovani, uno biondo e l’altro moro ma con le stesse espressioni beffarde stampate sul viso. I due fecero un profondo inchino, quasi toccando terra con la testa.

-Oin e Gloin – un nano dalla barba ispida e color fuoco e uno un po’ strambo con un cornetto acustico piantato nell’orecchio mi fecero un cenno con la mano.

-Bifur, Bofur e Bombur – notai con orrore che il primo aveva un’ascia conficcata nella tempia destra, il secondo era quello con il cappello buffo che mi aveva dato dell’elfo mentre il terzo assomigliava ad una montagna, dal tanto era massiccio.

-Nori, Dori e Ori- uno aveva una capigliatura molto strana, l’altro uno sguardo cordiale ed educato, mentre il terzo era giovane e aveva gli occhi molto grandi con un leggero strabismo.

-E per ultimo, ma non ultimo – riprese Gandalf in tono più serio – voglio presentarti il capo di questa spedizione: Thorin Scudodiquercia, figlio di Thrain, principe dei nani di Erebor –

Quello era rimasto nella penombra per tutto il tempo e non aveva proferito parola: capii immediatamente che era un nobile solo dal modo in cui camminava e teneva il mento alto. Non era superbo, affatto, solo fiero: aveva una barba scura, più corta rispetto a molti degli altri nani e una zazzera di capelli dello stesso colore, tenuti indietro sul davanti con delle treccine. Gli occhi di ghiaccio avevano un’aria penetrante. Sul viso aveva un’espressione vissuta, tipica di quelle persone che hanno visto orrori inimmaginabili, velata però da un certo orgoglio.

-Lieto di conoscervi Lady Aranel – disse lui, baciandomi il dorso della mano e accennando una smorfia simile ad un sorriso.

Quel gesto mi fece arrossire: mai vista tanta galanteria sulla Terra. Poi mi ricordai che era un principe, così mi inchinai goffamente: -Il piacere è mio, Vostra Maestà –

-Niente maestà, vi prego. Sono solo Thorin Scudodiquercia – disse lui, facendomi segno di alzarmi.

Mi sentivo un’idiota e il fatto di essere in camicia da notte di fronte ad un principe non aiutava affatto. Per fortuna Gandalf lesse l’imbarazzo sul mio viso e si precipitò a darmi una mano: -Bene mia cara, credo che ti servirà qualcosa di più caldo di quella maglia per il nostro viaggio! –

Tutti i nani tirarono fuori dalle loro sacche qualche capo di ricambio e in men che non si dica mi ritrovai ad essere vestita come loro sebbene la casacca e i pantaloni di pelle mi stessero un po’ larghi. Ero piuttosto esile di corporatura ma il fatto di non essere particolarmente alta aiutò molto, vista la bassa statura dei nani. Bombur si offrì di regalarmi il suo mantello, ma dovetti declinare, dal momento che era grande quanto una tenda da campeggio.

In breve tempo il sole tramontò e la notte calò su di noi. Thorin ordinò che venisse acceso un fuoco e preparata la cena. Bofur si mise subito al lavoro, maneggiando pentole malandate e quel poco che avevano da mangiare per preparare una minestra. Non appena fu pronto tutti si accalcarono attorno al fuoco, ognuno con una scodella e un cucchiaio in mano.

Ringraziai Bofur quando mi passò una ciotola colma di zuppa fino all’orlo e mi misi a mangiare silenziosamente, mentre gli altri chiacchieravano animatamente.

Ad un tratto la voce di Kili ruppe il cicaleccio che si era venuto a creare: -Ehi Aranel, parlaci del tuo mondo! – esordì il giovane nano agitando il cucchiaio.

Io sospirai, alzando le spalle: -Beh, non credo ci sia molto da dire… Come vi ho anticipato la razza dominante è quella degli uomini. Elfi, nani e stregoni non esistono, sono solo delle leggende – lanciai un’occhiata a Bilbo – E credo che ignorino completamente cosa sia uno Hobbit-

-Non sembra un posto molto accogliente… - intervenne Ori timidamente, beccandosi addosso le occhiate di tutti.

Io accennai un sorriso: -Non è così male… La città da cui provengo, Londra, è un luogo meraviglioso, ricco di storia e arte. L’unico problema sono le persone – abbassai lo sguardo, prima di riprendere a parlare – Spesso non sanno accettare le diversità-  dissi, accennando alle mie orecchie.

Mentre parlavo mi tornarono in mente i giorni passati dietro i banchi di scuola, dall’asilo fino all’università, dove non c’era stata una sola persona che non fosse scoppiata a ridere guardandomi. Sentii le lacrime montare, ma cercai di ricacciarle indietro.

Balin, seduto di fianco a me, mi pose una mano sulla spalla con un sorriso pieno di affetto: -Qui non c’è motivo di preoccuparsi: per noi è normale vedere gente con le orecchie a punta. Dopotutto gli Elfi sono ovunque qui! – mi rassicurò Balin.

-Ehm, purtroppo… - disse Dwalin, fingendo di tossire e continuando a mangiare la zuppa. Gandalf gli tirò una gomitata nelle costole, che però non mi passò inosservata.

-Non ci sono buoni rapporti tra Elfi e Nani? – domandai io, pur immaginando la risposta.

-Diciamo che ci sono screzi millenari che vengono portati avanti ancora oggi – disse Balin, cercando di addolcire la pillola, ma il cipiglio severo di Thorin mi fece capire che era qualcosa di molto più grave.

–Sarei curioso di sapere come vedrebbero noi nel tuo mondo – disse Fili, cambiando completamente discorso. Probabilmente aveva notato che l’atmosfera stava iniziando a farsi tesa.

Io risi di gusto, finendo l’ultima cucchiaiata della minestra: -Credo che vi considererebbero subito dei mentecatti! –

-Ma noi siamo mentecatti! – disse Kili con sguardo sornione, iniziando a beccarsi insulti dalla maggior parte dei presenti, soprattutto da Nori che gli fece eco con un sonoro “Ehi, stupido a chi?!”.

Il resto della cena passò in maniera spensierata, all’insegna delle risate, fino a quando fu l’ora di andare a dormire.

-Posso farvi una domanda? – chiesi prima che i nani si coricassero.

-Spara- disse Kili con noncuranza.

In mezzo a tutto il trambusto di quella giornata mi ero completamente dimenticata di porgere loro la domanda più banale: -Per quale motivo siete in viaggio? –

All’improvviso gli occhi di ciascuno di loro si fecero umidi e un’espressione malinconica si impossessò dei loro volti. Fu Thorin a prendere la parola per primo: -E’ una storia molto lunga… -

Così mi raccontò di come il drago Smaug fosse sopraggiunto dal nord molti anni prima e avesse distrutto completamente la città di Dale degli uomini e occupato    Erebor, la Montagna Solitaria, sede del regno dei Nani. Thorin e il suo popolo avevano vagato a lungo, senza ricevere aiuti da nessuno per trovare una nuova terra in cui vivere. Ora erano in viaggio per riconquistare la loro casa, ciò che apparteneva loro di diritto e io in quel momento li ammirai molto. Nessuno sulla Terra avrebbe mai fatto una cosa simile per la propria casa.

-E’ di questo che parla il Canto del Fuoco? – mi ritornò alla mente una vecchia canzone che mia madre mi cantava sempre da bambina.

-Lo conosci? – domandò Bofur con gli occhi spalancati per la sorpresa.

Io annuii: -Me la cantava la mia mamma nei giorni di pioggia. Ho sempre odiato le giornate uggiose, così per migliorare il mio umore lei iniziava a cantarla accompagnata dall’arpa – sospirai a quel bellissimo ricordo – La sua voce sembrava quella di un angelo -

-Ti andrebbe di cantarla per noi? – domandò Bofur, con gli occhi lucidi, impugnando un flauto traverso di legno.

Inizialmente fui titubante all’idea, poi però alla vista di quegli sguardi supplicanti cedetti. Mi schiarii la voce, mentre anche Fili si preparò per suonare: estrasse dalla tasca del mantello una piccola arpa dorata e iniziò ad accordarla. Poi iniziammo.

"Oh Misty Eye of the Mountain below

Keep careful watch of my brothers soul

And should the sky be filled with fire and smoke

Keep watching over Durin's Son"                  

Il suono melodioso dell’arpa e quello del flauto crearono un’armonia dolcissima, ma allo stesso tempo malinconica: mentre cantavo, vidi chiaramente qualche lacrima spuntare negli occhi dei presenti, soprattutto di Balin, che più di una volta si strofinò con un lembo della tunica purpurea.

"Now I see fire, inside the mountain

I see fire, burning the trees

And I see fire, hollowing souls

And I see fire, blood in the breeze

And I hope that you'll remember me"

Quando finimmo, un silenzio tombale cadde su di noi.

-Per un momento ho creduto di avere di nuovo di fronte la bella Lilith – sussurrò Gandalf, asciugandosi le lacrime – E’ come se una parte di lei fosse ancora qui –

-Lei è qui – dissi a Gandalf, indicando il mio cuore – Lei sarà qui per sempre –

Lo stregone annuì, accennando un sorriso: -Ora è tempo di dormire. Domattina ripartiremo all’alba –

Salutai i miei nuovi compagni e mi coricai a fianco delle braci quasi spente del fuoco, godendo del lieve tepore che ancora emanavano e sentendo rimbombare nella mia testa le ultime parole di mia madre.

"Un giorno sarai in un mondo migliore, in cui sarai libera di essere chi sei veramente"

Spazio Autrice:

Buonsalve!
Cosa dire di questo capitolo? Per la mia gioia ( e spero anche per la vostra) Aranel ha conosciuto l'Allegra Brigata e (cosa imperativa) ha conosciuto *sospira* Thorin.  

Come potete aver notato è bastato passare cinque minuti in loro compagnia che il bel caratterino diffidente che aveva nello scorso capitolo è svanito del tutto. La mia principale intenzione per questo capitolo era quella di mettere a confronto il nostro mondo, un luogo in cui Aranel non riesce a vivere appieno, e la Terra di Mezzo, una terra Nuova, ma che subito offre tante speranze alla nostra protagonista. 

E non preoccuppatevi, vi prometto che dal prossimo capitolo inizieremo ad entrare nel cuore dell'avventura, con capitoli più emozionanti. Per chi se lo stesse chiedendo ( ma è così palese che ci sia arriva anche da soli) il "Canto del Fuoco" non è altro che "I See Fire" di Ed Sheeran, colonna sonora del secondo film della trilogia.

Vi avverto fin da ora che essendo una grandissima amante della musica, inserirò spesso qualche canzoncina, perchè diciamocelo, cos'è una storia senza la sua colonna sonora?

Anche per questa settimana credo di avervi detto tutto, perciò passerei subito ai ringraziamenti: ringrazio tutti i miei lettori silenzioni (ma per Durin, fatevi sentire!), tutti quelli che aggiungono ai preferiti, ai ricordati e ai seguiti.

Un ringraziamento particolare va alle nuove recensiste Lola1991 e Nobody Noemi2806.

Noi ci vediamo la prossima settimana con un nuovo capitolo, un bacione!

                                                                                                                       Jenny

   
 
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