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Autore: DjalyKiss94    17/05/2017    1 recensioni
Ambientata durante e subito dopo la caduta dalle cascate di Reichenbach, Sherlock Holmes sarà alle prese con un nuovo mistero:
Chi è Sherlock Holmes?
Senza memoria e senza il suo fedele Watson, che lo crede morto, il detective dovrà affrontare i suoi fantasmi e raccogliere tutti gli indizi, per riuscire a ricordare chi è veramente.
Ci riuscirà?
Ps. Storia ancora da scrivere e quindi potrebbe rimanere incompleta.
Genere: Azione, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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CAPITOLO 4                             NAUSEE E ACCERTAMENTI
 
POV HOLMES

 
La figura si allontana da me, come scottata, andando ad appiattirsi contro le tende.
Non ha emesso nessun suono.
 
Porto la mano destra sugli occhi, sfregandoli.
Ahio. Risucchio l’aria tra i denti.
Nel farlo ho tirato il tubicino della flebo.
 
Allora…
 
Un fantasma con le braccia!
No.
Uno spaventapasseri vestito di bianco, con la mascherina, la testa a forma di fungo e il grembiule!
 
Impossibile!
 
Sollevo la mano, lasciandola attaccata alla fronte e apro gli occhi, sbattendoli un paio di volte.
Mmmh, vedo ancora molto sfocato ma va meglio.
Almeno quello che ho davanti acquista un senso: non è un fantasma.
Allontano la mano dalla fronte.
 
Inclino la testa e assottiglio lo sguardo.
 
Scarpe bianche, completamente rovinate.
Abito bianco pesante a collo alto, lungo fino ai piedi, a mezza manica.
Grembiule verde chiaro con rouches sulle spalle; sgualcito, macchiato in più punti di bianco e di alcune spruzzate di acqua.
Cuffietta verde acido in testa.
Copri-bocca dello stesso colore che nasconde la parte inferiore del viso.
Una mascherina trasparente le protegge gli occhi, ora rivolti verso il basso.
Si tortura le mani, umide, che riflettono ancora la poca luce nella stanza; le ha appena lavate.
Tratti del viso e della mano, da quel che posso vedere, dolci.
Donna, molto giovane, tra i 20 e i 25 anni.
 
Una donna delle pulizie e lavandaia.
 
Ahia!
Una nuova fitta alla testa mi costringe a crollare di peso sul letto.
Tutto comincia a vorticare intorno a me.
Lo stomaco mi si chiude in una morsa.
Stringo di nuovo gli occhi sperando così di alleviare il dolore.
Mugugno qualcosa ma la bocca è secca, arida.
Non ho mangiato sabbia l’ultima volta, vero?
 
Comincio a tossire e la gola, riarsa, rende l’azione dolorosa.
Sento di nuovo i passi timidi e incerti della ragazza alla mia destra.
Un senso di nausea comincia a farsi strada nel mio corpo.
I colpi di tosse peggiorano diventando dei conati di vomito.
 
Sento un peso sulle gambe e una mano sulla fronte.
È fresca, da sollievo.
Stringo il bordo del catino in ceramica con le dita.
 
Dopo qualche secondo rimetto a vuoto; ogni tanto anche della bile.
Un lento massaggio circolare inizia lungo le spalle.
La bocca è amara, il sapore di acido è nauseante.
 
A poco, a poco i conati si calmano ma la tosse rimane imperterrita.
La gola è dolorante.
 
Prendo una traversa accanto a me e mi pulisco la bocca.
Crollo sul letto e chiudo gli occhi.
Sono sfinito.
 
All’improvviso non sento più la sensazione di fresco sulla fronte e il tocco sulla schiena.
Anche il peso sulle gambe è sparito.
Si è allontanata portando via il catino.
 
Sento che sposta qualcosa, poggiandolo in un piano vicino a me e poi il suono di uno scoscio.
Tra uno spasmo e l’altro, riapro gli occhi.
È lì, in attesa, che mi osserva con un bicchiere di acqua tra le mani.
 
La guardo impaziente e speranzoso.
Acqua!
Emetto un suono gutturale di gioia, strozzato, tentando di sollevarmi.
Ma i miei movimenti non fanno altro che peggiorare la tosse.
Trattengo a stento un nuovo conato.
 
Si avvicina titubante, mette una mano sotto la mia testa e me la inclina in avanti, portando il bicchiere alle mie labbra.
 
Bevo avidamente.
Sollievo.
Il liquido scorre lungo la gola alleviando finalmente quella tortura e mettendo fine alla tosse.
Istintivamente porto la mano sinistra sopra quella della ragazza per inclinare di più il bicchiere.
 
Ma dopo pochi secondi lei lo allontana da me.
Mugugno contrariato.
No, perché?
Ne voglio ancora.
 
Mi adagia delicatamente sul letto mentre io la trattengo ancora.
Mi guarda comprensiva e mi fa cenno di no con la testa.
 
Non ha ancora detto nulla.
 
Sospiro.
-La ringrazio.-
Spalanco gli occhi.
Che voce orribile!
 
La ragazza annuisce.
Schiarisco la gola.
-Voi… Non potete parlare.-
 
I suoi occhi, scuri mi sembra, nell’udire le mie parole, diventano sorpresi per poi volgersi verso il basso, dispiaciuti.
Si sente in colpa.
Lentamente la sua mano scivola dalla mia e va ad appoggiare il bicchiere sul comodino al mio fianco, vicino ai guanti.
Bianchi.
 
Inclino la testa, ispirando rumorosamente, e stiro le labbra, seguendo ogni suo movimento.
Si rimette i guanti e si allontana portando via il catino, per poi prenderne uno pulito.
 
Mi guardo di nuovo in giro.
 
Pareti bianche.
Lenzuola bianche.
Tende verde chiaro. Strano.
Odore di disinfettante.
Di gomma.
Sangue.
Metallo.
Medicine.
 
Tic. Plic. Tac. Plic.
-Codice rosso!! Presto, presto!-
 
Panico!
 
-Se io adesso decidessi di scappare, voi… non direste nulla giusto?-
 
Si volta verso di me con occhi sgranati e preoccupati.
Poggia il catino sotto il letto e si avvicina scuotendo energicamente la testa.
Raddrizzo la schiena e mi aggrappo ad un lembo del suo grembiule.
 
-La prego, mi aiuti a fuggire da qui. Tutto questo bianco mi soffocherà, le pareti si restringeranno e mi schiacceranno, l’odore del disinfettante diventerà così forte da impedirmi di respirare. Vede?- Indico i muri attorno a noi -Le vede le pareti? Stanno cominciando ad avanzare imperterrite a tempo del ticchettio dell’orologio appeso alla parete. Non c’è più speranza. La mia fine è vicina. - concludo con voce disperata a pochi centimetri dal suo viso.
 
Una nuova fitta alla testa e un conato mi costringono a serrare gli occhi.
 
La ragazza sospira, si toglie nuovamente i guanti per poi aiutarmi a stendermi sul letto.
Armeggia con il vestito e la vedo prendere una piccola agenda con una matita.
 
Sa scrivere.
Curioso visto l’elevato analfabetismo.
 
Cerco di sporgermi per vedere cosa scrive, senza riuscirci.
Dopo qualche secondo mi porge il quadernetto.
 
Aaah.
Le parole si muovono.
Stringo gli occhi e li riapro.
 
Si calmi, respiri lentamente.
Andrà tutto bene.
Deve recuperare le forze e poi potrà uscire di qui.
 
Ricado con la testa nel cuscino e mi metto a guardare il soffitto, rassegnato.
 
A quanto pare dovrò rimandare la mia fuga.
 
Lei ripone il tutto dentro le tasche della divisa.
Timidamente si avvicina.
Dopo aver indugiato qualche secondo, stringe la mia mano comprensiva per poi ricominciare a lavorare.
 
Mi volto lievemente su un lato per osservarla meglio.
 
I suoi movimenti sono decisi ma silenziosi e timorosi.
Conosce il suo mestiere, deduco lavori da tempo in questo settore.
Tuttavia la postura è curva, evita lo sguardo e tenta di nascondersi.
In tutto questo tempo non si è mai tolta la mascherina dal viso.
Segno di bassa autostima.
 
-Hai già deciso come passare le vacanze?-
-Non ancora!-
 
Non deve avere molte conoscenze all’interno dell’ospedale.
Né tra le sue colleghe né tra le infermiere.
Infermiere.
Scommessa.
 
Mmmh…
 
Chissà…
 
-Perdonatemi, signorina.-
Lei si volta e sobbalza; rimane per qualche secondo ferma per poi abbassare lo sguardo imbarazzata.
Forse non si era accorta che mi ero avvicinato così tanto a lei.
O probabilmente lo è perché sono praticamente nudo, coperto solo da un lenzuolo e da una fasciatura che stringe la mia spalla destra e il torace.
 
-Lei, per caso, non ha sentito quanto hanno puntato le infermiere sul colore dei miei occhi?- le chiedo inclinando la testa.
 
Solleva lo sguardo confusa e sorpresa, si volta verso al porta indicandola e per poi tornare su di me scuotendo negativamente la testa.
 
-Immaginavo non ne fosse a conoscenza.- inspiro tra i denti -Che peccato, mi sarebbe piaciuto sapere il valore della posta!- Si volta nuovamente verso l’entrata per poi scuotere la testa rassegnata; per la prima volta vedo i suoi occhi sorridere.
 
-Le sono davvero riconoscente signorina, mi avete salvato la vita.- continuo tornando a sdraiarmi.
Ahi! Incenerisco con  lo sguardo il tubicino.
Maledetta flebo.
Mi guarda di nuovo confusa.
-Avete strappato i miei occhi dalla crudele tortura della luce. E vi siete presa cura della mia persona anche se non è di vostra competenza.-
 
Annuisce ma tenta di allontanarsi.
-Non dovete sentirvi a disagio. È la verità.- dico cercando il suo sguardo, mentre ricomincia a torturarsi le mani.
-Lei è stata molto gentile e professionale!-
Solleva lo sguardo, i suoi occhi brillano felici.
-Signorina lei è un angel-
 
-Che sta facendo?-
 
___
 
 
-Che sta facendo?-
 
Vedo la ragazza irrigidirsi sul posto, stringere le mani sul davanti e raddrizzare la schiena.
 
Mi volto verso l’entrata.
 
Camice bianco.
Bene.
 
-Occupatevene voi del paziente della stanza 1. Ci sono casi molto più urgenti che richiedono il mio intervento.- si rivolge ad un altro medico, con tono superbo, per poi entrare dentro la camera.
 
Inspiro rumorosamente dal naso e assottiglio gli occhi.
Vedo ancora molto sfocato.
 
Uomo sui 40 anni.
Capelli corti castani, quasi rossicci.*
Una leggera stempiatura sulla fronte.*
Portamento altezzoso.
Schiena dritta.
Sguardo severo, scrutatore e schizzinoso.
Passo sicuro.
Troppo sicuro per un semplice medico.
 
-Lei non dovrebbe essere qui. Non è compito suo occuparsi dei pazienti. Torni  al lavoro. Finisca qui e poi vada ad occuparsi delle sue mansioni.-
Anche il tono della voce è intimidatorio, accusatorio.
 
La ragazza, sempre con i muscoli tesi, annuisce.
Si volta verso di me chinando la testa prima di ritirarsi.
 
-Siamo davvero felici che abbia ripreso conoscenza.- esordisce chiudendo la porta. -Sono il Dottor Bianchi e ora le farò qualche piccola domanda di routine e controllerò che i suoi parametri siano apposto.-
Non gli do molta importanza, continuo a seguire con lo sguardo la giovane che, con passo felpato, torna alla sua posizione iniziale, nel carrello a sinistra della stanza.
 
Cerca di stare il più lontano possibile dal dottore.
 
-Perdonate l’attesa, sono stato trattenuto per un’emergenza.- dice avvicinandosi -Spero che durante la mia assenza la signorina non l’abbia importunata. In caso contrario provvederò a-
-Assolutamente.- lo interrompo voltandomi verso di lui.
Il suo sguardo è fisso e insistente sulla giovane.
È irritato, duro… un pizzico di vendetta?
 
-La signorina ha tenuto una condotta assolutamente professionale.- continuo tornando anche io a guardare la cameriera.
 
-Eccellente.- esclama stringendo i denti.
Sta aspettando un suo passo falso.
Perché tutto questo astio verso di le-
 
-Chi ha chiuso le tende?-
 
Oh no.
Non aprire quelle tende, non aprir-
 
Ah!
 
Emetto un grugnito di disappunto, stringo gli occhi infastidito dalla luce.
 
Sento due schiocchi. Si sta mettendo i guanti.
Dopo qualche secondo tento di riaprirli, sentendo dei passi avvicinarsi alla mia destra.
 
-Bene. Sa dirmi che giorno è oggi?-
 
Non faccio in tempo a rispondere che mi ritrovo con una luce puntata sul viso e il dottore che mi apre forzatamente prima un occhio e poi l’altro.
 
Ma è una congiura contro la mia persona?
 
Sono ancora troppo debole per opporre resistenza e lo lascio fare.
Concentriamoci su altro nel mentre che lui continua a torturarmi.
 
Sento una striscia metallica fredda a contatto con la fronte.
Sta nella sua mano sinistra.
 
-Fine novembre… forse inizio dicembre.- rispondo grugnendo infastidito.
 
Sposato.
 
Inspiro.
 
Colonia maschile.
Molto costosa.
Troppo per un semplice dottore.
 
-Mmmh. Ora diamo un’occhiata alla ferita alla testa. Sa dove ci troviamo?-
 
Sento la morsa delle bende allentarsi e il dolore attenuarsi lievemente. Sospiro.
 
-Da qualche parte nel nord del Regno d’Italia.-
 
Qualcosa di semirigido mi pizzica il braccio destro.
Oltre alla flebo.
Apro gli occhi.
 
È ancora tutto bianco e sfocato.
Davanti a me la tasca superiore sinistra del camice; all’interno una matita.*
Un lungo e riccio capello nero incastrato in una spilla raffigurante la bandiera del Regno d’Italia.*
Con gli inserti d’oro.*
Scendo con lo sguardo fino a vedere l’origine del fastidio.
Un biglietto rosa custodito dentro la tasca inferiore del camice.
 
Il dottore tasta la ferita.
 
Mugolo.
 
Una fitta si propaga lungo la testa, costringendomi a serrare gli occhi.
Inspiro con forza col naso.
E un profumo mi arriva alle narici, familiare.
 
-Qual è l’ultima cosa che ricorda?-
 
Uno spaventapasseri con la testa a forma di fungo e il grembiule?
 
Scuoto la testa. -Cosa mi è successo?-
 
-È stato trovato sotto la pioggia in stato di incoscienza e con un principio di ipotermia circa una settimana fa.
Ha un trauma cranico, oltre a delle ferite, meno recenti e in via di guarigione, alla spalla destra e alla gamba sinistra.-
 
Bussano alla porta.
-Avanti.-
-Mi scusi dottore, è permesso?-
Accento svizzero.
L’infermiera di prima.
-Signorina Ginevra! Tempismo perfetto, entrate pure. Necessito della vostra assistenza per medicare questa ferita. Procuratemi pinze, disinfettante e bende pulite, per favore.-
 
Un rumore di tacchi.
Riapro gli occhi, sbattendoli un paio di volte.
L’infermiera torna con tutto l’occorrente in un vassoio di acciaio; chiude la porta.
 
Il dottore tasta di nuovo la ferita.
Comincio a credere che si diletta nel vedermi soffrire!
 
Socchiudo le palpebre a causa del dolore.
La signorina si ferma al mio fianco sulla sinistra.
Inspiro.
Bergamotto.
 
 
Medicano la mia ferita.
-Ancora qualche giorno e potremo togliere i punti-
E io posso confermare che sia il dottore che l’infermiera sono sadici.
Ne sono certo!
Gioiscono nel vedermi soffrire!
 
 
-Signore, la mia diagnosi è complessivamente positiva. Soffre di una leggera forma di amnesia retrograda ma è normale visto il colpo alla testa.- dice chiudendo la fasciatura intorno alla mia testa -Comunque non deve preoccuparsi: un paio di giorni e recupererà la memoria.- conclude togliendosi i guanti.
 
-Noto che vi rivolgete a me usando la parola “Signore”; mai con il nome di battesimo o cognome. Deduco che non li sappiate. Quindi… non avevo documenti con me quando mi hanno portato qui, è corretto?-
-Esattamente!- risponde stupito -Speravo ce lo potesse dire lei, signor…-
-Bene.- mi volto verso il dottore -Il mio nome è…-
 
Nero.
 
Io sono…
 
Sgrano gli occhi.
A, B, C…
Mmmh…
 
-In verità io…- aggrotto le sopraciglia -Non lo so… -
 
 
 
____________________________
Spazio dell’Autrice
 
Ciao a tutti!! =D
Scusate il ritardo!
Ieri era il mio compleanno e volevo farvi un regalo: un capitolo che ne vale 2 messi insieme… ma alla fine tra una cosa e l’altra non ho trovato un minuto per postarlo!
Dopo aver scoperto cosa aveva visto il nostro Holmes (lo spaventapasseri col grembiule! Povera ragazza delle pulizie!) ecco che arriva la brutta notizia per il nostro amato detective: non si ricorda chi è!
Nella prossima puntata salterà fuori qualcosa riguardante l’ospedale… Avete capito cosa? ;)
 
Grazie ancora a chi legge e/o recensisce!! =D
Alla prossima settimana (o al massimo tra 2 settimane).
Baci baci Djaly!! :*
  
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