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Autore: Juliet    09/06/2009    5 recensioni
[dedicata ad Eliatheas]
“Prima risponderesti ad una domanda?”
Fu il mio turno di alzare lo sguardo al soffitto, mentre portavo le braccia al petto. La richiesta non mi entusiasmava molto, se dovevo essere sincera, e lui lo sapeva.
“Quale?” ribattei, forse più duramente di quanto fosse necessario.
Lui, ad ogni modo, non fece una piega.

[Jake/Bella]
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Isabella Swan, Jacob Black
Note: Alternate Universe (AU), What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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All Over You

All Over You

* Capitolo Quattro *

 

 

 

 

“Niente baci,” precisai.

Lui sorrise, apparentemente divertito, e poi annuì.

“Prometto. Niente baci. Oggi”.

Sollevai le sopracciglia e lui scoppiò a ridere.

“Sono seria, Jake!”

Con quello che parve davvero un grande sforzo, si ricompose.

“Va bene. Che c’è, sentiamo…”

Sospirai.

Era diventata una cosa abituale, ormai. Sembrava non potessi farne a meno. Dopo un attimo di esitazione, cercai la sua mano. Mi offrì il palmo bollente con naturalezza, mentre i suoi occhi scuri non lasciavano il mio viso.

“Ecco, io… in un certo senso ti ho mentito, Jake.”

Lo vidi aggrottare le sopracciglia, ma la sua mano rimase immobile nella mia stretta. Meglio così. Forse era infantile, anzi, lo era senza ombra di dubbio, ma se potevo stringere fra le dita qualcosa mentre mi apprestavo a portare a termine il discorso che avevo in mente, e possibilmente qualcosa che non si rompesse o che comunque non si rendesse conto del fatto che più che stringere mi stavo aggrappando ad essa, beh, era meno difficile che il coraggio mi abbandonasse a metà del percorso.

“Ti ricordi quando ti ho portato le moto da rimettere a posto, vero?”

Quasi sbuffò, come se avesse pensato che la mia domanda lo volesse prendere in giro.

“Ovvio.”

“Beh, il fatto che io mi sia interessata ad imparare a guidare una moto, il fatto stesso per cui le ho comprate… non è stato certo perché, che ne so, era sempre stato il mio sogno guidarne una, oppure—“

“Bells” mi interruppe Jacob, un mezzo sorriso sul volto “questa non è esattamente una sorpresa.”

Risi debolmente, guardando la trapunta del mio letto. Lui attese, ed ora, lo avvertivo anche senza guardarlo, era sinceramente spiazzato. Non che il mio discorso seguisse propriamente un filo logico, comunque.

Sospirai ancora, poi ripresi.

“Okay, tutte le cose pericolose che ho fatto in questi mesi, dalle moto al salto dallo scoglio,” alzai lo sguardo, cercando i suoi occhi mentre completavo la frase, “le ho fatte per una precisa ragione. E questa ragione, Jacob, non è il suicidio. Davvero, non ho mai cercato di suicidarmi.”

Cercai di imprimere in quell’ultima frase tutta la forza che potevo racimolare dentro di me. Avevo bisogno che ci credesse, che una volta per tutte si togliesse dalla testa quella stupida idea. Sembrò funzionare. Se non altro, Jacob prese sul serio le mie parole.

“Va bene, Bella. Sentiamo, allora.”

Anche se non l’avrei mai ammesso con nessuno, tantomeno con me stessa o peggio, con Jacob, temevo la sua reazione alla verità che mi stava domandando. Mentalmente, mi sforzai di parlare. Del resto, ero stata io ad iniziare la conversazione. Ero io a non volere che Jacob pensasse che volessi mettere fine alla mia vita, soprattutto attraverso attività che svolgevamo insieme e che lui aveva, sin dal primo giorno, portato avanti solo per farmi stare meglio.

“E’ così terribile?”

Feci una smorfia al suo tono mordace. Era ovvio che si aspettava qualcosa di terribile. Ed era altamente probabile che ciò che stavo per rivelargli gli sembrasse addirittura peggio della scusa della mia depressione.

“Non darai di matto, vero?”

Non rise alla mia ricerca di conferma, come avrebbe potuto fare se gli avessi domandato “Non ti succederà nulla, vero?” nel vederlo partire per l’ennesima caccia a Victoria. Altro brutto segno.

“Dammi la tua spiegazione e basta, Bella.”

Annuii.

“Quando faccio qualcosa di rischioso, qualsiasi tipo di cosa che possa essere considerata rischiosa, io… sento la sua voce.”

Di nuovo, non lo stavo guardando in faccia, e forse era un bene. La sua mano non stringeva più la mia, all’improvviso stava cercando di fondere le cinque dita in un’unica fettina di carne. Cercai di liberarmi, ma evidentemente lui nemmeno se ne accorse. Non aumentò la stretta, ma avvertii immediatamente che il letto aveva iniziato a tremare. Alzai finalmente lo sguardo su di lui.

“Jake…”

Non mi guardava. Stringeva le mascelle così forte che non mi sarei stupita di sentire i denti scricchiolare. Gli occhi erano rivolti al soffitto anche se sicuramente non lo vedevano davvero, quasi fossero proiettati in una visione personale, al di là della mia cameretta.

Ora mi stava davvero facendo male.

“Jake, calma. Lasciami la mano!”

Il mio non era stato un urlo vero e proprio, ma c’ero andata vicino. Senza dubbio, la voce stridula aveva aiutato. Jacob smise all’istante di tremare, così di colpo da farmi quasi sobbalzare sul letto improvvisamente di nuovo immobile sotto di me. Un attimo dopo, la mia mano era libera. Iniziai subito a massaggiarmi le dita con l’altra, sbattendo ripetutamente le palpebre per impedire alle lacrime di dolore di rigarmi le guance.

Jacob parlò di nuovo dopo qualche secondo, lentamente nonostante la rabbia nella sua voce fosse perfettamente riconoscibile.

“Stai bene?”

Annuii, non fidandomi della mia, di voce, continuando a frizionare le dita, provando anche a fletterle con delicatezza. Se non altro, non sembravano rotte. Niente ospedale, quindi. Era già qualcosa.

“Dovevi proprio distruggermi la mano?!” mi uscì di bocca all’improvviso, senza che l’avessi previsto. Ed avevo anche la voce arrabbiata.

“Sei stata tu a prendere la mia, in realtà,” fu il suo misurato commento.

Ero più che sicura che tenesse ancora gli occhi rivolti verso l’altro, come io non riuscivo a smettere di tenere i miei puntati sulla mia mano. Comunque, aveva ragione lui, quindi non risposi.

Che sia lui a dire qualcosa, pensai con uno strana ferocia.

Jacob, invece, rimaneva in silenzio esattamente come me. Dopo qualche minuto, non ne potevo davvero più. Odiavo non sapere che cosa pensava, le poche volte che me lo teneva nascosto. Oddio, per la verità avevo un’idea piuttosto chiara di quello che poteva pensare di ciò che gli avevo rivelato, ma avrei gradito che affrontasse l’argomento con me, invece che rinchiudersi in quell’ostinato, infantile silenzio.

Forse poteva essere strano, ma ora ero davvero arrabbiata. Gli avevo dato la spiegazione a cui lui da solo non sarebbe potuto arrivare perché non pensasse che io avessi tentato il suicidio e gliel’avevo data perché capisse. E lui non parlava.

“Scusa se quando ti ho preso la mano ho fatto affidamento al tuo tanto decantato autocontrollo…”

La frase mi uscì più velenosa di quanto avessi voluto. Okay, in realtà, era un vero e proprio colpo basso, ma in quel momento davvero, nonostante tutto, non riuscii a impedirmi di sbattergli addosso quelle parole.

Ottenni l’effetto desiderato, ad ogni modo. Gli diedi una scossa. Smise di guardare il soffitto, smise di stringere i denti, smise anche di fingere tranquillità. Ora non nascondeva più la rabbia.

“Ti prego, Bella, smettila. Parli del mio autocontrollo in tutta questa storia? Probabilmente fai anche bene, siccome sembro essere l’unico ad averne almeno un po’, visto che il tuo, chiaramente, non esiste…”

“Ma che diavolo--?!”

“Queste sono le conseguenze se vuoi stare con me e nello stesso tempo non vuoi lasciar andare quell’altro! A me manca l’autocontrollo? Parliamo del tuo, Bella, dov’è il tuo autocontrollo? Dov’è la tua razionalità in tutta questa storia? Ancora non capisci che quel ucciasangue ti ha lasciata qua, da sola?!”

Jacob si alzò in piedi, passandosi una mano fra i capelli cortissimi, probabilmente per impedirle di sbattere a pugno su una qualsiasi superficie che avrebbe potuto distruggere senza nemmeno accorgersi di averla colpita. I suoi occhi neri erano di nuovo sul mio viso.

“Una qualsiasi persona razionale avrebbe cercato di andare avanti! Ma tu no, tu pretendi di continuare a vivere come facevi prima, quando quei parassiti erano ancora qua! Ancora non capisci, nel tuo autocontrollo, che adesso le cose sono diverse?!”

La porta della mia stanza si spalancò di colpo. Il viso preoccupato di Charlie si materializzò davanti ai miei occhi. Mi alzai a mia volta, ma lentamente, dal letto, fronteggiando Jacob.

“Vai via, Jake. Vai via subito.”

Mio padre mi puntò lo sguardo addosso, fermo sulla porta, quasi una cornice della personificazione della confusione. Probabilmente non si sarebbe mai sognato che Jake e io avremmo potuto litigare, come le persone normali. O forse erano le parole che aveva udito ad averlo spinto ad arrivare addirittura ad interromperci. Si spostò di colpo solo quando Jacob, a seguito della mia richiesta, si diresse alla porta. Pochi istanti dopo, la porta d’ingresso sbattè così forte da far tremare anche i vetri della finestra della mia stanza.

Charlie fece qualche incerto passo verso di me, ancora in piedi, immobile, accanto al mio letto. Non so cosa lesse sul mio viso, ma scommetto che fu quello a dargli la spinta a raggiungermi e mettermi un braccio intorno alle spalle.

“Stai bene, Bells?”

Non risposi nemmeno, ma mi lasciai quasi cullare in quella specie di abbraccio imbarazzato in cui mio padre mi teneva. Dopo pochi istanti, lasciò ricadere il braccio lungo il fianco e mi chiese se ne volevo parlare. Scossi la testa.

Per quel giorno, di parlare ne avevo abbastanza.

 

 

 

 

 

 

Note dell’Autrice

 

Bene, direi che scusarsi sarebbe inutile, a questo punto, no?XD Spero soltanto che il capitolo non vi abbia schifato. Un po’ più breve dei precedenti, di transizione.

Un grazie di cuore a beab, Eliatheas (alla quale la fic è dedicata e che vede aggiornamenti moooolto lenti ma spero mi perdoni XD), Fede_Wanderer e trullitrulli che lo so, mi odia per l’immenso ritardo XD

Io vi adoro comunque XD

 

 

Jules

 

 

  
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