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Autore: Stella Dark Star    19/05/2017    1 recensioni
Per Andrea Pazzi e Lucrezia Tornabuoni è amore a prima vista quando s’incontrano nella basilica di San Lorenzo durante il funerale di Giovanni de’ Medici. Il problema è che entrambi sono sposati e per di più le loro famiglie sono nemiche naturali. Ma questo non basterà a fermarli. Tra menzogne e segreti, l’esilio a Venezia cui lei prenderà parte e il ritorno in città della moglie e i figli di lui, sia Andrea che Lucrezia lotteranno con tutte le loro forze per cercare di tenere vivo il sentimento che li lega. Una lotta che riguarderà anche gli Albizzi, in particolar modo Ormanno il quale farà di tutto per dividerli a causa di una profonda gelosia, fino a quando un certo apprendista non entrerà nella sua vita e gli farà capire cos’è il vero amore.
Consiglio dell'autrice: leggete anche "Delfina de' Pazzi - La neve nel cuore", un'intensa e tormentata storia d'amore tra la mia Delfina e Rinaldo degli Albizzi.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo diciannove
A volte ritornano
 
Dopo che l’accusa di Rinaldo aveva messo in croce ogni speranza di Cosimo di salvarsi dalla forca, Andrea già pregustava il giorno in cui avrebbero dominato la Repubblica di Firenze insieme e cacciato i Medici una volta per tutte. Nel suo caso, avrebbe anche preso Lucrezia con sé come favorita e si sarebbe costruito una nuova vita con lei. Certo, ora lei era arrabbiata, ma una volta libera dalle catene di quella famiglia di usurai sarebbe stata felice.
Fu con questo spirito che entrò nello studio di Rinaldo, trovando l’amico di fronte al caminetto acceso e con un sorriso forse troppo compiaciuto sulle labbra.
“Rinaldo, spero accetterete di nuovo i miei complimenti. Stamane siete stato eccelso. Cosimo non può nulla contro di voi.”
Rinaldo, dopo aver ascoltato volentieri le lodi, fece un passo verso di lui e…rovinò tutto.
“Ditemi, Pazzi. Siete ancora infatuato della vostra sgualdrina?” Prima che Andrea potesse rispondere, Rinaldo gli mise una mano sulla spalla e riprese subito la parola: “Mi piacerebbe saperlo perché sembra che la ragazza e sua suocera stiano tramando alle nostre spalle.”
Dopo una breve attesa per essere certo di poter rispondere, Andrea optò per un tono neutrale: “La risposta alla vostra domanda è sì, Rinaldo. Per quanto riguarda la vostra accusa, invece, dubito che sia fondata. Lucrezia non è una donna del genere.”
Rinaldo sfoggiò un sorriso perfido: “Ne siete sicuro?” Ritirò la mano e la volse altrove, in un punto della stanza in penombra: “Mia cara Maria, dite al nostro Pazzi quello che avete detto a me.”
Dalla penombra ne uscì una donna di grande eleganza, vestita di un incantevole abito porpora e con in mano una lettera aperta che teneva in bella vista. Si avvicinò ad Andrea con un sorriso forse anche più perfido di quello di Rinaldo: “Lieta di rivedervi, Pazzi. Sono anni che non avevamo occasione di incontrarci e scambiare qualche parola.”
Andrea non nascose di essere infastidito dalla presenza di quella donna. Le lanciò un’occhiata sospettosa: “Maria, venite al dunque.”
Lei fece un cenno col capo e gli porse la lettera che lui prese in malomodo. Subito vide il sigillo dei Medici sulla ceralacca spezzata. Lesse la lettera velocemente, quindi gliela restituì: “Cosimo ha cercato di corrompere vostro marito Sandro. C’era d’aspettarselo da un uomo come lui.”
Rinaldo si avvicinò ai due, intromettendosi nella conversazione: “Vero. Infatti più tardi andrò io stesso a dirgli che abbiamo scoperto l’inganno. E ovviamente gli farò portare via tutto il materiale da scrittura. Poi procederemo come stabilito. Ormanno ha già incaricato il giovane apprendista di preparare un veleno non mortale da far bere a Cosimo, di modo che domani non sia in grado di esporre la propria difesa al processo.”
“Bene. Se avete già pensato a tutto, per quale motivo mi avete fatto venire qui?” Voltò lo sguardo verso Maria e aggiunse: “Credo sappiate che certe presenze non mi sono gradite.”
Rinaldo gli lanciò un’occhiata di sfida: “Ripensandoci, andrò subito. Non vorrei che Cosimo sentisse la mia mancanza! Vi lascio soli.” Fece un cenno col capo a Maria e si dileguò prima che Andrea potesse protestare.
Ritrovandosi solo con lei nello studio, Andrea si fece più severo: “Cosa volete da me, Maria? Credevo che evitarvi per anni bastasse per farvi capire quello che penso di voi.”
Maria, stranamente, non si offese per quelle parole e anzi ne parve deliziata: “Albizzi mi ha raccontato tutto, sapete? Non credevo che sareste caduto così in basso.” Rise: “Una Medici!”
“Tornabuoni, maritata Medici. Se non vi dispiace.” Sottolineò lui.
“Una sgualdrina anche con un altro nome resta sempre una sgualdrina.” Azzardò Maria, con la conseguenza che Andrea fu lì per perdere la pazienza e colpirla. Ma fermò la mano, non ne valeva la pena.
Maria gli prese il braccio e se lo passò attorno alle spalle, con malizia: “E’ passato molto tempo, mio amato Andrea.”
“Risparmiatemi la cantilena, non servirà a nulla. Non ho nessuna intenzione di tradire Lucrezia. Io la amo.” E quell’ultima frase la ringhiò tra i denti, come un cane.
Lei ridacchiò: “Vi capisco! Gambe lunghe, bel visino, capelli ammirevoli. Io purtroppo non sono più altrettanto graziosa.”
Andrea la guardò attentamente, sul viso sfiorito si poteva contare ogni ruga e, guardandola dall’alto della propria statura, constatò che anche i seni non erano più floridi come un tempo. Non si risparmiò: “Credetemi, Maria, voi non eravate piacente nemmeno da giovane.”
Questa volta l’offesa la punse sul vivo, infatti gli artigliò il petto con le unghie: “Eppure sono stata la vostra amante.”
In effetti la gatta aveva le unghie affilate, ma nulla poteva contro la lama della verità che stava brandendo lui: “I mesi più noiosi della mia vita. Errore mio. Porgete le mie scuse a vostro marito.”
“Carogna!” Gli gridò, giunta al limite della sopportazione.
“Maria, fatevene una ragione. Tra me e voi non vi è mai stato nulla di importante.”
Lei abbassò il viso e prese respiro per calmarsi, quindi nel sollevarlo rivelò un’improvvisa sicurezza. Rinfoderò gli artigli e usò quella stessa mano per accarezzare il viso di lui: “Vi siete coperto dietro ad un buon scudo, complimenti.” Quindi gli afferrò il mento e gli abbassò il viso per guardarlo dritto negli occhi: “Ma sappiamo entrambi la verità. Quando vostra moglie vi ha tradito voi siete venuto da me. Avete pianto tra le mie braccia come un bambino e poi per vendetta avete cercato conforto tra le mie gambe. E io questo non lo dimentico.”
“Voi avete tradito la mia fiducia rivelando a Rinaldo della nostra relazione. E non ne ho mai capito il motivo.” Sibilò tra i denti Andrea.
Maria abbozzò un sorriso: “Siamo alleati. Mi sembrava scorretto tenerlo all’oscuro. Dobbiamo essere sinceri tra noi, altrimenti la nostra alleanza non avrebbe senso.”
Andrea si liberò dalla sua morsa: “Gli avete rivelato un segreto con il quale può ricattarmi. Sapete quanto possa essere spietato Rinaldo. Può rovinare sia me che voi con una parola, se lo desidera.”
Maria lo guardò con tanto d’occhi: “Allora non dategli un motivo per farlo! Restate fedele a lui e ai suoi piani e tutto andrà bene. Altrimenti detto, non fatelo dubitare della vostra lealtà a causa di quella ragazzina.” Sfoggiò un sorriso vittorioso e se ne andò.
*
Il giorno seguente, Ormanno camminava tranquillo per le strade della città, dopo aver lasciato suo padre e Pazzi a discutere sul procedimento del processo contro Cosimo. Certo quella mattina era stata turbolenta, anche se Rinaldo aveva fatto avvelenare l’usuraio affinché non potesse difendersi dalle accuse, l’entrata in scena di Piero e il tradimento di Sandro Tarugi nonostante le precauzioni della moglie, si erano rivelati un bel problema. Ma ora che Tarugi era dietro le sbarre, loro avevano di nuovo il coltello dalla parte del manico, oltre ad una nuova accusa di corruzione da presentare alla Signoria contro Cosimo.  Si stava giusto recando alla Casa di Madonna Leona per festeggiare quando gli capitò di vedere Piero. Anche se di bassa statura, sarebbe stato impossibile non vederlo con quella massa di capelli inguardabili e con quegli abiti pomposi! Affrettò il passo per raggiungerlo e non esitò a cingergli le spalle con un braccio: “Piero de’ Medici! Ma quale piacere!”
Piero sobbalzò per quell’improvvisa comparsa ma, nel vedere di chi si trattava, la paura lasciò il posto a ben altre sensazioni. Sollevò gli occhi al cielo: “Ormanno degli Albizzi. Il piacere è tutto vostro, ve l’assicuro.”
Ormanno si accorse che tra le mani di Piero vi era un piccolo fiore di campo, un ottimo motivo per stuzzicarlo: “Oh ma cosa abbiamo qui? Il piccolo Piero raccoglie ancora i fiorellini per la fidanzata?” E scoppiò a ridere sguaiatamente.
Piero gli lanciò un’occhiataccia: “Moglie. Lucrezia è mia moglie, anche se l’idea non ti piace. E comunque quel che faccio non ti riguarda, Ormanno.”
“Il nanerottolo si è offeso! Cosa vuoi fare, sfidarmi a duello?”
Con una mossa decisa, Piero gli prese il braccio e se lo tolse di dosso, quindi lo affrontò apertamente: “E’ da quando siamo nati che mi dai il tormento. Quando ti deciderai a crescere?”
“E’ la stessa domanda che ti fai allo specchio la mattina?”
Niente da fare, Ormanno era senza limiti quando si trattava di schernirlo. Lo stesso tono strafottente che aveva usato al processo per ridicolizzarlo davanti a tutti. Non faceva altro che rovinargli la vita.  
Dimenticandosi del fiore che aveva in mano, Piero strinse i pugni con rabbia: “Un giorno avrai quello che ti meriti, prepotente di un Albizzi.”
Il tono placò le risate, in effetti, ma provocò in Ormanno un senso di sfida che non gli piaceva affatto. Diventato completamente serio, afferrò Piero per il colletto della camicia e lo tirò verso di sé: “Non credere di poter cantare vittoria solo perché oggi sei riuscito a prendere le difese di tuo padre. L’intervento di Tarugi a tuo favore è stato un errore che non si ripeterà più. Sarete voi Medici ad avere quello che meritate.”
I loro sguardi rimasero incollati, Piero ora non aveva nemmeno il coraggio di respirare per timore che Ormanno potesse fargli male. Non era mai riuscito a tenergli testa, era troppo forte per lui. Ma poi nel suo cuore si fece strada un briciolo di pietà, un residuo di purezza di quando era bambino, quel poco che bastava per dargli la forza di parlare.
“Mi odi solo perché Lucrezia ha scelto di sposare me. Ma io non ho mai voluto esserti nemico.”
Quelle parole sorpresero Ormanno che, senza volerlo, lasciò la presa: “Tu credi che io sia geloso?”
Piero scosse il capo: “No. Sono certo che tu sia geloso.”
Ormanno era turbato da tanta sfacciataggine, cercò di mascherare il suo stato abbozzando una risata fasulla: “Lucrezia ha un carattere troppo forte, per i miei gusti. Non mi è mai piaciuta molto.” Sollevò il dito indice e lo puntò su Piero:  “E comunque, nanerottolo, lei non ha scelto un bel niente. E’ stato suo padre a prendere accordi con il tuo. Anche se l’idea non ti piace.” Lo canzonò ripetendo le sue stesse parole, quindi gli lanciò un’ultima occhiata severa e gli voltò le spalle. Ma poi si voltò nuovamente: “Ti assicuro che odio Lucrezia molto più di quanto odi te. E, visto che siamo in vena di confidenze, dille di stare lontana dal mio territorio o gliene farò pentire amaramente.” E solo allora se andò davvero.
Piero lo osservò allontanarsi, un vistoso interrogativo nello sguardo: “Territorio? Ma di cosa sta parlando?” Non sapendo come venirne a capo, abbandonò il pensiero. Quando abbassò lo sguardo si accorse che il fiorellino giallo, ormai ridotto in poltiglia, gli si era appiccicato alla mano. Sospirò spazientito.
  
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