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Autore: FairyCleo    19/05/2017    6 recensioni
“Vedo che la signora ha buon gusto…” – aveva detto il commerciante, avvicinandosi maggiormente a lei.
“Come?” – Bulma era trasalita, persa com’era nei suoi pensieri – “Ah, sì… Certo”.
Sollevando il capo, aveva avuto modo di osservare meglio l’uomo che aveva davanti. Era uno strano figuro, alto, dinoccolato ed estremamente magro, con la pelle color dell’ebano, la testa pelata e un singolare pizzetto azzurro che terminava in un ricciolo accuratamente acconciato che gli dava un’aria del tutto singolare. Persino la voce di quell'uomo era bizzarra, così come i suoi occhi gialli con le iridi allungate simili a quelle dei gatti. La cosa veramente strana, però, era che lei non lo avesse notato sin dall’inizio. Era come se fosse sbucato dal nulla, ma non era il caso di fare tanto la sospettosa e di farsi tutti quei problemi per un semplice mercante, no?
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Nuovo personaggio, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 28

Contatti

 
Erano usciti da casa senza voltarsi. Non era quello il momento di esitare, di avere ripensamenti. Sapevano che era rischioso, ma tirarsi indietro era assolutamente fuori questione. C’era troppo in ballo, ergo, dovevano smetterla di avere paura e agire. Anche se, a onor del vero, in quel frangente non sapevano cosa fosse più difficile da mettere in pratica.
Goku aveva addosso quello sguardo serio che aveva tirato fuori solo nei momenti più complicati della sua avventurosa e rocambolesca vita. Molti lo definivano “lo sguardo da battaglia”, altri, “lo sguardo da saiyan”, ma qualsiasi fosse il modo in cui lo chiamavano, tutti sapevano che quando Goku lo sfoderava era perché i guai in vista erano enormi, e la soluzione non si trovava esattamente dietro l’angolo. Per questo motivo aveva deciso di avere fede nel folle piano di Vegeta, provando così a tornare alla fortezza di quel verme che li aveva resi schiavi della sua volontà e cercare una soluzione all’assurdità in cui si erano risvegliati improvvisamente dopo un momento di festa, dopo un momento in cui si erano permessi di abbassare la guardia e dedicarsi completamente alle famiglie e a quella normalità che sembrava non potesse essergli concessa.
Vegeta… Bè, forse, sarebbe più opportuno non parlare di lui. O meglio, sarebbe più opportuno lasciarlo alle sue riflessioni, concedendogli così di trovare un senso agli eventi che lo avevano suo malgrado travolto. Ma, così facendo, lo avremmo solo spinto all’autocommiserazione e all’accettazione di un’imminente sconfitta, cosa che nessuno dei presenti – compreso lui – avrebbe mai potuto tollerare. Quel piano, seppur folle, seppur estremo, era suo, e non aveva intenzione di delegare qualcuno nel metterlo in atto, anche se andare significava correre il rischio di perdere chi amava più di ogni altra cosa al mondo.
Ma non sembrava che Goku avesse intenzione di attuarlo. Lo aveva fatto scivolare silenziosamente tra le rocce, conducendolo in un primo momento a valle – e lì aveva pensato che stesse già mettendo in pratica il suo piano – ma poi lo aveva costretto a salire in cima a una montagna brulla, su uno spiazzo reso inospitale da chissà quale assurda pratica di quel mostro con cui avevano a che fare. Che intenzioni avesse quell’altro debosciato era un autentico mistero. Forse, lamentarsi, da parte sua, era eccessivo, considerando che il piano – per l’appunto assurdo – era stato partorito dalla sua ampia fronte, ma quando Goku faceva le cose senza esprimersi era in grado di mandarlo letteralmente nel pallone.
“Tsk! Non so se lo hai notato, ma la fortezza di quell’abominio è dall’altra parte, Kaharot”.
“Lo so” – era stata la sua risposta – “Ma abbi pazienza. Ti avevo detto che avrei dovuto fare una cosa, prima. No?”.
“Tsk. Sì, ma…”.
“Allora niente ma. Fidati di me, Vegeta. Per una volta, fidati di me”.
E si stava fidando. Era ovvio, no? Solo che non amava essere tenuto sulle spine in quel modo. Forse, quell’idiota non se n’era accorto, ma la situazione era già abbastanza oscura e complicata di suo, quindi perché peggiorare qualcosa che aveva già portato tutti sull’orlo della disperazione?
“Kaharot…”.
“Ci siamo, Vegeta” – aveva detto, fermandosi nello spiazzale – “Ci siamo… E ora promettimi che mi darai tutto l’aiuto di cui ho bisogno”.

 
*

“Che ne dici di andare un po’ fuori? Non penso che ci accadrà qualcosa se restiamo nei paraggi”.
“No, non mi va di uscire… Preferisco stare qui, vicino alla mamma”.
“Oh, andiamo! Non dirai sul serio!”.
“No, davvero, non insistere. Sono certo che se chiedessimo loro il permesso, ci direbbero di no. Soprattutto dopo quello che ti è… Che ci è successo… No, no. Io resto qui”.
Trunks aveva sbuffato, arresosi all’evidenza. Goten era troppo spaventato, non avrebbe mai accettato di uscire fuori dalla casetta con lui. Non voleva allontanarsi molto, voleva solo prendere una boccata d’aria – quelle mura lo stavano opprimendo – ma uscire da solo non era la stessa cosa che essere in compagnia del suo migliore amico. Doveva ammettere, però, che Goten non avesse tutti i torti. Dopo quello che era successo a entrambi, sarebbe stato meglio non fare sciocchezze, ma lui stava veramente morendo dalla noia! E poi, sua madre era diventata veramente troppo apprensiva. Sembrava quasi che lei e Chichi si fossero scambiate i ruoli.
“Va bene… Ma allora, se dici che non possiamo uscire, cosa proponi di fare? Mi annoio troppo qui dentro!”.
“Non lo so… Potremmo chiedere a Gohan se gli va di farci un po’ di compagnia!”.
“Per fare cosa? No… E poi c’è Videl con lui… Non penso che abbia voglia di stare con noi”.
“Perché no?”.
“Goten… Davvero non ci arrivi?”.
“Emmm…. Io…”.
“Oh, lascia perdere! Piuttosto, dove credi che siano andati i nostri papà?”.
“Non ne ho idea… Erano così… Così… Strani”.
“Pensi che vogliano tornare lì? Alla fortezza, intendo…”.
Goten aveva chinato il capo, serrando con forza le palpebre e abbracciandosi da solo come se stesse cercando di darsi un po’ di conforto. Come faceva, Trunks, a parlare con tanta leggerezza di quel posto terrificante?
“Goten… Stai bene?”.
“Non voglio che parli di quel posto”.
“Eh?”.
“Hai capito…Io non voglio che tu… Che tu ne parli, ecco!” – senza neanche rendersene conto, aveva gettato lo sguardo proprio sul braccio che aveva morso inconsapevolmente, e aveva ricominciato a odiarsi per essere stato così debole e così condizionabile. Trunks non avrebbe dovuto più rivolgergli la parola, altro che chiedergli di uscire fuori a giocare e fingere che non fosse mai accaduto niente. Per questa ragione, e anche per vergogna e per timore di fargli nuovamente del male, il piccolo saiyan dai capelli corvini era scattato in piedi dal pavimento su cui era sdraiato in compagnia del suo migliore amico ed era corso nella stanza che condivideva coi in suoi genitori, chiudendosi a chiave dall’interno.
“Goten, ma dove… Ehi! Aspetta!”.
Ma lui non aveva aspettato. Anzi, gli aveva letteralmente sbattuto la porta in faccia. Era stato a quel punto che il braccio aveva iniziato a dargli un leggero fastidio, ricordandogli quello che gli era capitato qualche ora prima. Ma Goten non aveva colpa, non sapeva più come farglielo capire, ormai.
“Ehi…” – lo aveva chiamato con dolcezza, posando una mano piccola eppure già temprata dalla fatica e dalle prove che aveva dovuto affrontare sulla porta scura – “Goten… Ascolta… Io non sono arrabbiato con te. Non è colpa tua… Davvero… Non voglio pressarti… Voglio solo farti sapere che ti voglio bene… Spero che tu lo sappia…”.
Sperava realmente che lo sapesse, perché non aveva la benché minima intenzione di perdere la sua amicizia. Il piccolo Son era troppo importante per lui. Troppo.
“Io vado… Cioè, voglio dire, torno di là… Se hai bisogno di me, sai dove trovarmi, va bene? Magari, in questo posto è nascosto qualche videogioco. Vado a cercarlo, va bene? Tu aspettami… Ok Goten…? Ok…” – e si era allontanato con cautela, quasi con le lacrime agli occhi. Non avrebbe potuto sapere che, di lì a poco, le cose sarebbero cambiate drasticamente.

 
*
 
Stava realmente per perdere la pazienza. Lo aveva condotto lì senza dargli una spiegazione e continuava a tenerlo sulle spine, dandogli le spalle, fissando il cielo e mantenendo un silenzio che non gli si addiceva affatto. Aveva voglia di scherzare? Lui no. Lui non aveva la benché minima intenzione di scherzare o perdere tempo. Voleva solo andare nella fortezza, prendere quell’ebete di leccapiedi che si era trovato quel mostro ignobile di Vickas, e trovare una soluzione ai problemi di suo figlio, prima, e a quelli dell’universo intero, poi.
“Kaharot, comincio veramente a perdere la pazienza” – aveva praticamente ringhiato. La vena sulla sua fronte aveva pericolosamente incominciato a pulsare, e i palmi delle mani – serrate attorno alle sue braccia tornite – stavano cominciato a sudare e tremare contemporaneamente.
“Vuoi chiudere per un attimo il becco, per cortesia? Non riesco a concentrarmi”.
“Che cosaaaa?”.
Vegeta non riusciva a credergli. Gli aveva veramente detto che doveva chiudere il becco? Goku aveva forse deciso di morire per mano sua e non di Vickas? Stava realmente pensando di farlo fuori in quel preciso istante. Chichi glielo avrebbe perdonato, ne era certo. Anzi, forse lo avrebbe anche ringraziato, dato che quell’idiota si stava rivelando una palla al piede più che un aiuto concreto.
“Io ti…”.
“Ce l’ho fatta!!!” – aveva improvvisamente esclamato Goku. Di nuovo.
“Eh?”.
“Ce l’ho fatta Vegeta! Coraggio! Vieni qui e metti una mano sulla mia spalla!”.
“Ma che diamine vai blaterando?” – aveva detto lui, arrossendo. Non amava il contatto fisico – escludendo sua moglie, ovviamente – e non aveva né intenzione né la voglia di toccarlo, quindi no, non lo avrebbe fatto e…
“Ma ti vuoi sbrigare?” – e lo aveva colto alla sprovvista, prendendolo per mano come se fossero stati due bambini che si volevano bene. O una coppietta al parco, se preferite.
“Kaharot, giuro che…” – ma non aveva fatto in tempo a dire niente, un po’ per l’imbarazzo, un po’ per la rabbia, e soprattutto perché, nello stesso istante in cui lo aveva toccato, Goku gli aveva concesso di leggere nei suoi pensieri, o meglio, gli aveva concesso di entrare in contatto con la propria mente, permettendogli così di scoprire le motivazioni che lo avevano spinto a salire sino a quel posto sperduto.
“Ma questo è…”.
“Sì, è re Kaioh del Nord”.
Non poteva crederci. E lo stava vedendo con i propri occhi! O meglio, con gli occhi della mente. Mai avrebbe potuto pensare che quell’ebete, alla fine, potesse riuscire a mettersi in contatto con una divinità. Inizialmente, aveva creduto che fossero completamente isolati e che, peggio ancora, Vickas avesse fatto fuori l’intera schiera di divinità varie ed eventuali con cui avevano avuto a che fare o meno. Invece, a quanto sembrava, almeno re Kaioh del Nord era vivo e vegeto. Anche se, a onor del vero, non sembrava passarsela benissimo.
Era come se attorno al suo minuscolo, ridicolo pianetuccio si fosse creata una sorta di cappa densa e semi-trasparente che impediva a ciò che si trovava all’esterno di entrare, ma che, evidentemente, impediva anche a ciò che si trovava dentro di uscire. Se re Kaioh stesso fosse stato o meno in grado di costruire una cosa del genere, Vegeta non poteva saperlo, ma forse, era proprio quella sorta di barriera che aveva impedito loro di entrare in contatto con lui in precedenza.
“Re Kaioh! Re Kaioh, mi sente, non è vero? Re Kaioh, per favore! Sono io, Goku!”.
Il buffo sovrano del Nord non sembrava che avesse udito quella sorta di richiamo. Aveva l’aria preoccupata, tesa. Si guardava attorno con circospezione, cercando chissà cosa chissà dove, ma Vegeta era certo che non avesse udito la voce irritante del babbeo che continuava a tenere per mano.
“RE KAIOH, DANNAZIONE, CI SENTE O NO. ABBIAMO BISOGNO DI LEI. E NE ABBIAMO BISOGNO ADESSO”.
Come al solito, il suo intervento era stato brusco e sgarbato, ma sembrava che quel suo atteggiamento – almeno in quell’occasione – avesse ottenuto l’effetto sperato, perché re Kaioh aveva alzato il capo verso un punto preciso, questo dopo aver sussultato per essere stato colto alla sprovvista.
“Ma chi… Chi è? Come avete fatto a entrare in contatto con me?”.
“Re Kaioh, siamo Goku e Vegeta! Che gioia sentirla e sapere che sta bene!”.
“Oh! Ragazzi” – gli occhi della divinità si erano improvvisamente riempiti di calde lacrime di gioia – “Siete vivi. Siete vivi! Non posso credere che voi siate vivi e stiate bene!”.
“Tsk! Ma è rimbambito o cosa?”.
“Shhhh! Vuoi che ti senta?” – certe volte, Vegeta era impossibile da decifrare e comprendere.
“Emmm, sì…”.
“Perché state bene, non è così? Da quando è successo questo pandemonio e hanno deciso di isolarci, non ho più potuto mettermi in contatto con te e non sapevo cosa accadesse sulla Terra. Ero così in pensiero. Ma ora… Ora…”.
“La vuole piantare con questa nenia, o no? Abbiamo bisogno di lei!”.
“Cosa? Ah, sì, certo. Ma ditemi, vi prego, cos’è successo esattamente sulla Terra?” – il suo tono preoccupato non lasciava presagire nulla di buono. Possibile che non fosse a conoscenza di quello che gli era capitato?
“Re Kaioh, la faccenda è complicata…”.
E Goku, con estrema pazienza, aveva raccontato all’amico e maestro quello che avevano vissuto, visto e patito, facendo attenzione a non omettere nessun particolare, in modo da fornirgli un quadro più completo possibile.
Al termine di quell’infernale racconto, era toccato alla divinità fare lo stesso, e a quel punto, Goku e Vegeta avevano capito perché non erano più stati in grado di contattare nessun essere superiore, neanche Dende e Junior.
Nello stesso istante in cui si era “rotto l’incantesimo” e Vickas era venuto fuori, quella creatura infernale aveva cominciato a nutrirsi dell’essenza delle divinità terrestri. La prima che era stata vittima di quella sorta di mietitura era stata una divinità minore che adoravano e pregavano alcune popolazioni del Sud, e che viveva nascosta e indisturbata tra la lussuosa vegetazione che si nascondeva dietro una maestosa cascata. Quella prima uccisione aveva consentito a Vickas di recuperare solo una piccolissima parte delle se forze, ma esse erano state sufficienti a far sì che anche le altre divinità minori presenti sulla Terra venissero attirate e sacrificate al suo volere, con le conseguenze che avevano avuto modo di appurare in prima persona una volta dopo aver riacquistato conoscenza.
Allarmate, le divinità celestiali avevano prelevato con la forza Dende e Popo e le avevano condotte nell’Aldilà. Avevano fatto lo stesso con Junior, anche se non era stato facile convincerlo a seguire le guardie celesti senza opporre eccessiva resistenza. Sembrava che si fosse convinto solo dopo che gli avevano fatto notare che, tra tutti i terrestri, lui sarebbe stato in grado di creare delle nuove sfere del drago se fosse stato necessario, e che sarebbe potuto entrare in azione laddove ci fosse stato bisogno del suo intervento, soprattutto se questo consisteva nel difendere il Supremo della Terra. La stessa cosa era stata fatta non con il solo capo dei saggi, ma con l’intero popolo Namecciano: tutti, ma proprio tutti, erano stati condotti su un pianeta che si trovava nel regno dell’Aldilà, in modo da garantire loro protezione. Preoccupato però dal crescente potere di Vickas, re Yammer aveva ordinato a tutte le divinità di chiudere qualsiasi canale che potesse metterle in contatto con il resto dell’universo, creando una barriera protettiva intorno a ogni singolo pianeta con lo scopo di proteggerli. Eppure, quella misura li rendeva totalmente isolati gli uni dagli altri. Persino i Kaioshin avevano dovuto sottostare a quel comando, e ciò aveva causato problemi soprattutto alle anime dei defunti che a milioni erano giunte alle porte dell’Averno. Erano soprattutto uomini, a quanto gli era parso di capire, e dopo il racconto di Goku, quella era ormai diventata una certezza. Aveva spiegato loro che avrebbe tanto voluto contattarli, ma gli era stato impedito, e che si meravigliava molto di constatare che loro fossero riusciti a eludere tutto quel complesso sistema di sorveglianza angelico.
“Mi chiedo, a questo punto, se non ci sia una falla nel sistema”.
“Lei dice?”.
“Non vedo come avreste potuto fare a contattarmi, altrimenti”.
“Re Kaioh, se è davvero come pensa, questo significa che…”.
“Sì, Goku. Sono a rischio, come tutte le altre divinità di questo mondo, e non solo. Vickas è il peggiore mostro con cui abbiamo avuto a che fare sino a ora. Già durante il suo primo attacco eravamo stati costretti a prendere le stesse misure di protezione, e abbiamo resistito contro ogni sua pretesa o aggressione. Fortunatamente, tra le divinità maggiori non ci sono state vittime, ma l’aver preso possesso di tutti i poteri di quelle minori che aveva incontrato lungo il suo cammino lo aveva reso pericoloso e aggressivo. E purtroppo, per fermarlo era stato necessario il sacrificio di cui aveva già parlato a lungo Vegeta".
“Re Kaioh, a questo proposito, ma perché, secondo lei, Vickas avrebbe dovuto fornirci su un vassoio d’argento l’unico modo conosciuto per fermarlo? Non ha senso!”.
“Oh, figliolo… Cercare di capire le motivazioni e le azioni di un simile folle esula dalle mie competenze, ma… Ma…Insomma, credo che volesse ferire Vegeta, in qualche modo. Mi dispiace… Ma non vedo altra spiegazione”.
Un lungo silenzio aveva messo in pausa quella conversazione a volte interrotta e disturbata da una specie di “assenza di segnale”. E, con grande sorpresa, era stata la voce carica di risentimento dell’ormai re dei saiyan ad aver messo fine a quel momento di riflessione, un re dei saiyan che sembrava sul punto di esplodere.
“Codardi”.
“Cosa?” – Goku e re Kaioh lo avevano detto all’unisono.
“E voi sareste divinità? Siete un ammasso di codardi. Le persone hanno sofferto, sono morte, e invece di intervenire, vi siete nascosti come conigli impauriti aspettando che qualcun altro si occupasse di questo disastro. Siete dei codardi! Mi fate schifo, tutti!”.
“Vegeta!”.
Goku non riusciva a credere a ciò che aveva udito. Veramente Vegeta pensava quelle cose?
“Non voglio più ascoltare. Basta! Non siete di nessuna utilità! Chiudete quella falla nel sistema e lasciateci in pace una volta per tutte. E non provate mai più a dire che siete preoccupati per noi. Se così fosse stato, sareste venuti ad aiutarci invece di rinchiudervi nella vostra bellissima torre dorata”.
E, così detto, aveva imposto a Goku di lasciar andare la sua mano, interrompendo il contatto con re Kaioh e ponendo fine anche a quella sorta di empatia che sembrava essersi sviluppata con il saiyan più giovane.
“Vegeta…” – Goku non sapeva cosa dire. Non lo biasimava del tutto, ma non se la sentiva neppure di prendersela con le divinità, men che meno con il suo maestro. Avevano fatto ciò che ritenevano più giusto, anche se ciò, ai loro occhi, poteva sembrare sbagliato.
“Sta zitto Kaharot. Non dire più niente. Non osare aprire bocca”.
Il cuore di Goku aveva perso un battito nell’istante in cui si era reso conto che gli occhi di Vegeta erano diventati lucidi. Si stava sforzando di non piangere, ma il Son temeva che quello sforzo fosse vano.
“Io…”.
“No. Non devi dire niente” – il re dei saiyan aveva chinato il capo, sforzandosi di trattenersi – “Non è tuo figlio quello che deve morire. E non sei tu a dover… A dover…” – ma non aveva proseguito neanche quella volta, coprendosi gli occhi con la mano destra e stringendo il pugno con la sinistra con così tanta forza da far penetrare le unghie nella carne.
“Goku… Figliolo…”.
“Sì, re Kaioh… La sento”.
Era scosso, ma non poteva permettersi di lasciare in sospeso quella conversazione.
“Mi spiace che Vegeta pensi questo… Ma capisco perfettamente le sue ragioni”.
“Non c’è niente che voi possiate fare?”.
“No, ragazzo. Niente. Vickas è un prodotto dell’odio e del rancore saiyan, e solo un saiyan può fermarlo. So che è atroce, ma non esiste un altro modo”.
“Non ci voglio credere, re Kaioh. DEVE per forza esistere un altro modo. Non posso neanche pensare all’eventualità che Vegeta debba… Non voglio neanche dirlo”.
“Figliolo, io non ho le risposte a questi tuoi interrogativi. Magari fosse il contrario… Sono impotente… E non sai quanto questo mi deprima. Il piccolo Trunks non ha colpe. E neanche Vegeta… Per non parlare di Goten, poi… Mordere il suo migliore amico… Anche questa, deve essere una trovata di Vickas… Cielo quanto vorrei poter entrare in quel suo cervello bacato e scoprire cosa sta architettando quel farabutto!”.
“Sa, re Kaioh, forse, questa cosa non è poi così tanto impossibile come crede”.
“Cosa? Che vuoi dire?”.
“Che lei ha molte più doti di quanto non pensi… Deve solo credere maggiormente nelle sue capacità e nel suo coraggio. Crede di farcela?”.
Re Kaioh del Nord non era certo di farcela, così come non era certo di aver compreso ciò che Goku volesse dirgli. Ma di una cosa cominciava a essere sempre più certo: che il suo allievo, ormai, cominciasse a parlare come un maestro.
“Si fidi di me, re Kaioh. E non abbia paura. FORSE, possiamo scoprire se esiste un altro modo per arrestare l’avanzata di quella belva”.

 
*

Si era precipitato fuori di corsa, con il cuore in gola e la sensazione che qualcosa di terribile stesse per accadere all’uomo che più amava al mondo.
Nessuno lo aveva visto uscire – stranamente – ed era sfrecciato via come un lampo verso la radura, stravolto e spaventato dalla voce del padre che continuava a chiamarlo e a ripetergli di andare in suo soccorso. Non si era reso conto che fosse impossibile il semplice fatto che nessun’altro lo avesse udito. La paura era stata troppo grande, la voglia di aiutarlo, lo era stata ancora di più.
“Papà! Sto arrivando! Stai tranquillo! Non ti lascio!”.
Eppure, una volta raggiunto il punto in cui suo padre avrebbe dovuto trovarsi, aveva scoperto che lì non c’era nessuno. Poteva averlo immaginato? Il suo cervello poteva avergli fatto un simile scherzo?
“Papà?” – aveva chiamato, timidamente – “PAPA’!” – aveva urlato, sperando di non essersi sbagliato. Ma lui non si era sbagliato, solo che non avrebbe potuto capire cosa gli era capitato, né intuirlo, e questo perché qualcuno, qualcuno di potente e di subdolo, si stava divertendo a giocare con lui, con un bambino che, esattamente come suo padre, aveva l’unica colpa di possedere quello stesso sangue, di appartenere, suo malgrado, a quella stessa stirpe.
Chissà come sarebbero andate le cose, se Trunks fosse stato un altro, se non fosse stato uno di quei saiyan.
Ma, purtroppo per lui, non avrebbe mai potuto scoprirlo. Purtroppo per lui, sarebbe stato una pedina di quel gioco malato di cui si era ritrovato a far parte, e non una pedina qualunque, ma una delle più preziose.
Arrivati a quel punto, quale dei giocatori avrebbe prevalso? I saiyan, o Vickas e il suo scagnozzo? Per saperlo, avrebbero dovuto aspettare le prossime mosse, sperando che, per il piccolo, non fossero quelle sbagliate.

Continua…
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*CLEO È TORNATA*
Visto??? Ce l’ho fatta anche io!! Ancora non ci credo, ma ho la connessioneeeeeee!!!
Dio mio, cambiare gestore è stato più lungo ed estenuante di un parto! Ma sono tornata!! Non ci credevate più, vero?
Invece, eccomi qui, con un nuovo capitolo di questo mio scritto. Le cose cominciano a evolversi, no? Ma ditemi un po’ cosa ne pensate! Sono curiosa di saperlo!! Come avrete notato, lo stile è un po’ diverso – ho cercato di buttarla un po’ meno sul tragico in alcuni passaggi, essendo un capitolo abbastanza Angst – e ho inserito nuovi elementi.
Scusate se non ho ancora risposto alle vostre ultime recensioni: lo farò al più presto.
Per ora, posso solo augurarmi che il capitolo vi sia piaciuto.
Un bacione

A PRESTO!! (POSSO FINALMENTE DIRLO!!!)
Cleo
   
 
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