Capitolo 20
Il tempo era stato poco, ma non aveva
impedito alle Leggende, alla Legione e alla JSA di essere pronti per ricevere
gli intrusi che non mancarono di mostrare la loro presenza.
Improvvisamente le loro ombre sulle pareti si allungarono fino a prendere
vita propria e ribellarsi ai loro proprietari aggredendoli con le stesse
tecniche di combattimento che li caratterizzavano e portando White Canary, Vixen e Commander Steel
in un’improbabile confronto contro sé stessi.
Nel mentre dei proiettili con una traiettoria degna di un cecchino
arrivarono precisi a colpire i Tornado Twist riuscendo perfino a ingannare la
loro velocità e ferendoli in modo superficiale, ma abbastanza per farli
smettere di trotterellare in giro. Riuscendo così a cogliere alle spalle Lily
Stein e immobilizzarla.
Intanto le conoscenze fisiche e quantistiche di un omone che possedeva la
semi-invulnerabilità lo resero immune agli attacchi di Atom
e Firestorm riuscendo così facilmente a colpirli nei
loro punti deboli.
Fu allora che una squadra tattica guidata da un esperto in demolizione e
strategia militari fece il suo ingresso ed grazie alle sue conoscente nel combattimento
armato e a mani nude mise fuori gioco Green Arrow, Captain
Cold e Heath Wave.
Solo allora fu chiaro agli eroi da parte di chi era stata l’infiltrazione e
da chi erano appena stati guidati: la Checkmate.
Il primo indizio era venuto dagli agenti in bianco e successivamente dalla
presenza di Lyla Michaels.
«Cyborg?»
Chiese un Connor sconvolto vedendo il suo
migliore amico al lato della madre e al suo fianco un altro nemico assai noto
alla Legione.
«Nightshade…»
Ma anche le Leggende riconobbero qualcun altro, questa volta all’altro lato
di Lyla: Deadshot e il
Generale Rick Flag.
«Perdonate i modi, ma non potevamo correre rischi…»
«Da quando la Checkmate usa questi modi?» sputò
Donald ancora dolorante dal colpo ricevuto e disgustato da quello che vedeva.
«Perché non siamo qui in veste di Checkmate…»
rispose freddo JJ.
«Benvenuti nelle Suicide Squad» esclamò infine Lyla
facendo un segno ai suoi uomini che immediatamente lasciarono liberi i
presenti. Dopotutto non erano suoi prigionieri e lei era lì solo per parlare…
Il grande salone principale si era svuotato della task force della Regina
Bianca, ma era comunque rimasta presente tutta la Suicide Squad che era in
piedi dietro alla poltrona vicino al camino sul quale Lyla
era seduta con le gambe accavallate e imperturbabilmente serena.
Di fronte a lei un’altra poltrona che ospitava Amaya sul quale bracciolo vi
era seduta Sara e Nate poco lontano poggiato al camino.
Nel divano posto tra le due poltrone vi erano seduti Ray,
Connor, Mia e Jax; mentre
poco distanti al tavolo da pranzo Donald e Dawn erano
seduti, mentre Martin e Lily curavano le loro ferite.
Mick e Snart poco lontani osservavano tutto e
tutti appoggiati al muro pronti a scattare al minimo segnale di pericolo,
mentre Laurel si stringeva le braccia in piedi dietro
al divano e scambiandosi occhiate preoccupate con tutti i suoi compagni e
amici. Perché JJ li aveva traditi?
L’aria era pesante e il silenzio assordate eppure questo non sembrava
scalfire minimamente quella versione futura di Lyla
che, occhi negli occhi con Sara, non mostrava segni di cedimento.
«Non date colpa di inganno a mio figlio…» esclamò poi improvvisamente
voltandosi verso Connor che la guardava in cagnesco.
Lei era sua zia, la sua madrina e non riusciva a capire come avrebbe potuto
agire in modo tanto meschino.
«E a chi dovrei dare la colpa a te? Se zio John ti vedesse…»
Fu un colpo basso e infatti Lyla lo dovette
assorbire, mettendo una mano su quella del figlio che immediatamente era
scattata sulla sua spalla.
«Non approverebbe? Lo so. Per questo sono qui come rappresentate della
Suicide Squad e non della Checkmate…»
Era stato un gruppo di cui aveva fatto parte, un modus operandi che suo
marito non avrebbe mai approvato e per questo non aveva coinvolto l’agenzia per
cui entrambi lavoravano. Stava mettendo a rischio la sua famiglia? Il suo
matrimonio? Lo sapeva, ma con l’Apocalisse alle porte era chiaro che non c’era
certo il tempo di pensare e tanto meno agire come giusto doveva essere. Doveva
agire come serviva alle circostanze.
«Parliamo allora di questa Suicide Squad…» incalzò Jax
con le braccia ben conserte al petto e lo sguardo sospettoso e ferito da
quell’atteggiamento. Teoricamente non erano tutti dalla stessa parte?
«E cosa vuoi sapere ragazzino?» a parlare era stata l’unica donna della
suddetta squadra. Aveva lunghissimi capelli corvini mossi in leggere onde, gli
occhi coperti da una mascherina dello stesso colore e indosso aveva un corto
abito blu che attillato disegnava ogni sua forma. Manipolava le ombre e il suo
tono era strafottente e malizioso di chi si sente di poter ogni cosa.
«Se siamo fidati?» la sua risata riempì la stanza, mentre con un braccio si
appoggiava alla spalla di Rick Flag al suo fianco che
subito prese la parola.
«Sono criminali che agiscono semplicemente perché così possono stare
all’aria fresca invece che dietro le sbarre… gli unici abbastanza pazzi da
accettare una missione suicida e di gettarsi nella mischia senza fare domande…»
«… e senza niente da perdere…» aggiunse poi Sara scettica scrutandoli
attentamente e soffermandosi sull’uomo che le aveva appena parlato: alto,
muscoloso, con i capelli ingrigiti e il classico grugnito da militare pronto
alla guerra.
«E che ti aspetti biondina mh? Credi che per
certe missioni siano adatte persone come voi? Rispettosi delle regole e che
perdono tempo a pensare? Noi siamo fantasmi pronti a tutto…» disse l’uomo con
il lungo trench di pelle e il capello in puro stile cowboy, ma con un mirino
rosso sull’occhio sinistro, necessario per i suoi tiri di precisione.
«Anche ad andare contro le leggi…» osservò Amaya abbassando il suo sguardo
su Lyla, poteva non conoscerla, ma aveva sentito
parlare di lei da Sara e sapeva che nel suo presente era una sua amica.
«… le stesse che voi fate rispettare?» chiese poi rivolta direttamente alla
Regina Bianca, le era stato raccontato della Checkmate
nei giorni successivi al ritorno degli Hunter dal mondo onirico legati alle
memorie che avevano recuperato della linea temporale andata persa.
«Non siamo qui per giudicare l’operato di mia madre o il mio…» intervenne
duramente JJ guardando i suoi compagni e soffermandosi su Connor.
«Non vi ho traditi, ma ho fatto quello che era necessario… Credo nella
Legione, ma non sarebbe mai stata in grado di…»
«E allora ci hai usato come delle pedine?» sbottò Mia che sentiva pruderle
già le mani.
«No vi ha indirizzati…» esclamò infine Lyla
riprendendo la parola, si stavano allungando anche troppo.
«L’intera Suicide Squad lo ha fatto altrimenti chi credete che abbia ucciso
tutti quei vigilanti ospiti di Darkseid? O che abbia
fornito le informazioni mancanti alla Signorina Stein per concludere il suo
quadro generale su Battleworld? O che abbia spinto il
Dottor Fate verso il Signor Rory per assicurarsi che Nabu rivelasse ciò che sapesse?»
«Voi avete l’Arco di Orion che abbiamo recuperato!» esclamò infine Laurel cercando lo sguardo della madre che immediatamente
assentì alla sua rivelazione, sentendosi ancora più arrabbiata.
«Perché agire così mh? Perché semplicemente non
dirlo?» la domanda giunse da in fondo la stanza, da Snart
che scostandosi dal muro era a tratti colpito e affascinato da tanta strategia,
se non fosse che era stato palesemente usato.
«E far così che Darkseid anticipasse ogni vostra
mossa?» chiese Lyla come se tutto fosse estremamente
chiaro ed in effetti loro era, anche se loro ancora non lo vedevano.
«Darkseid è ovunque! Non lo capite? E’
impossibile sapere di chi fidarsi, chi sia stato marcato o meno… dovevano agire
contro tempo. Contro questa forza oscura, perché ingannando voi, abbiamo
ingannato lui!» cercò di spiegare JJ per mettere fine a quello scontro tra loro
che era l’ultima cosa che doveva nascere in quel momento.
«E noi come facciamo a sapere di poterci fidare di voi?» osservò intelligentemente
Mick, tanto che tutti per un attimo si voltarono per guardarlo.
«Faglielo vedere…» esclamò Lyla a Nigthshade che usando i suoi poteri rese visibile un’ombra
invisibile che circondava tutta la Suicide Squad.
«Li hai nascosti!» esclamò improvvisamente facendosi avanti Lily estasiata
ed emozionata da quello che vedeva, quanto il padre che la fiancheggiò e spiegò
anche agli altri di cosa parlava.
«Darkseid è composto da materia oscura e siccome
lei la manipola può nasconderli… avete letteralmente accecato Darkseid dalla possibilità di marcarvi…»
Tutto ciò che si stavano dicendo era impressionante, ma c’era qualcosa che
non riusciva a far star tranquilli Dawn e Donald.
«Come facevate sapere il momento esatto in cui iniziare questo piano
machiavellico?» domandò il ragazzo seguito dalla sorella «Solo una persona
poteva conoscere il passato abbastanza bene da sapere esattamente da dove
cambiarlo…»
E nessuno doveva porre domande per capire che i due gemelli si riferivano
al padre e il silenzio di Lyla lo confermò.
«Come sapete il nostro futuro è ben più violento e intollerante di questo
passato o di quello più recente dal quale arrivano le Leggende… ma a
prescindere dell’epoca sembrava impossibile capire in che momento esatto tutto
fosse iniziato, ma poi vostro padre ci è venuto incontro…»
«Quindi non è stato un caso che il dispositivo di Cisco ci ha portato lì
dove “casualmente” abbiamo incontrato le Leggende…» concluse Donald alzando gli
occhi al cielo e passandosi una mano sul viso con un sorriso nervoso sul viso.
Non poteva crederci, loro padre si era prestato a tutto quello e voltandosi
verso sua sorella, notò che era sconvolta quanto lui.
«Almeno tutto questo teatrino è servito a qualcosa?» chiese infine Nate
stanco di girarci intorno.
«Insomma voglio dire siamo nel punto giusto? Abbiamo ciò che ci serve per
stanare Darkseid?»
«Sì!» esclamò Lyla facendo un segno a Rick Flag che toccando il proprio orologio super tecnologico
fece apparire gli ologrammi di alcuni personaggi.
«Darkseid ha faticato a trovare i suoi Cavalieri
dell’Apocalisse, ma una volta riuscito ci siamo riusciti anche noi. Lo abbiamo
ingannato con questi bruschi cambi di direzione e finalmente sappiamo chi
dobbiamo distruggere per impedire la sua venuta.
-Gordon Godfrey, giornalista e appartenete a
questa linea temporale. La Seconda Guerra Mondiale ha lanciato la sua carriera
e questo lo ha reso ambasciatore di guerra.
-"Granny" Goodness,
direttrice di un orfanotrofio, proviene dal vostro tempo Leggende. Ha fatto
carriera sulla necessità d'amore degli orfani di cui si occupava e questo l'ha
resa ambasciatrice di fame.
-Desaad, proprietario del "Club Desaad" nel nostro futuro. Non devo dilungarmi per
spiegarvi che tipo di locale perverso gestisca, perfetto per renderlo
ambasciatore di violenza»
Era assolutamente inquietante trovarsi di fronte all’personificazioni di
personaggi biblici che però in quel caso calzavano a pennello con la situazione
che stavano affrontando. Tutti però si resero conto di due particolari: il
primo era che aveva scelto tre persone rappresentanti la triplice formazione
del tempo: passato, presente e futuro e poi che ne mancava uno.
«Vi state chiedendo chi sia l’ambasciatore di morte immagino…» esclamò Lyla alzandosi in piedi come se avesse letto nella loro
mente.
«Oggi questo Cavaliere viene investito di tale ruolo, oggi sapevamo che gli
altri tre si sarebbero incontrati e per questo siamo venuti qui. Ne mancava
uno… uno che per Darkseid potesse rappresentare il
tempo nella sua totalità… magari un Signore del Tempo…» Lyla
non dovette aggiungere altro, perché tutti si guardassero intorno e notassero
la mancanza di uno di loro. Così tanto che Sara sentì tutta la felicità che
sole poche ora prima sprizzava da ogni poro trasformarsi in disperazione più
totale.
«Rip…»
In un luogo molto lontano e sconosciuto i tre ambasciatori erano in attesa
dell'arrivo del loro ultimo alleato che giungendo nella stanza si inginocchiò.
Gli occhi iniettati di pura oscurità e morte. Lui che ne era stato portatore,
ovunque metteva mano non avevano saputo fare altro che far appassire ciò che di
bello aveva. Ora lo capiva, non era stato Vandal
Savage a uccidere Miranda e Jonas, ma lui. Non era stata la League of Doom ad uccidere Sara, ma lui.
«Sono pronto per assolvere al mio compito» esclamò con voce profonde e
scura.
«Benvenuto tra noi...» esclamò Granny
avvicinandosi a Rip e poggiandogli una mano sulla
spalla.
«Ora dobbiamo solo proteggere le anime che abbiamo salvato... le anime che
accederanno al mondo che Darkseid ha creato...»
aggiunse Godfrey.
Fu Desaad ad avanzare verso Rip
e porgendogli una mano a farlo alzare, una stretta da fratelli.
«Non temere puoi ancora salvare i tuoi amici se accetteranno di piegarsi
alla forza oscura, altrimenti per loro ci sarà solo...»
«Morte» concluse Rip alzando il suo sguardo nei
confronti del proprio compagno, assorbito ormai totalmente da quel sentimento e
dalla sua forza.
Il fermento era tanto e dovuto anche alla valanga di rivelazioni che Lyla aveva portato con sé causando così il colpo di grazia
finale che stroncò sul nascere ogni prospettiva nei confronti di quella guerra,
ancor più in Sara che adesso lontano da tutto e tutti aveva raggiunto la
terrazza con la necessità di respirare a pieni polmoni l’aria fresca della
mattina cercando la forza per non scoppiare. Le mani erano strette sulla
ringhiera di acciaio così forte che sembrava che a momenti il metallo avrebbe
potuto piegarsi sotto la sua presa, mentre la mascella era contratta nel
disperato tentativo di non scoppiare a piangere da un momento all’altro e
accompagnare quello sfogo con il voler distruggere tutto intorno a sé. Chiuse
un attimo gli occhi e un flash le passò di fronte.
Sara era sull’orlo di perdere il controllo e
probabilmente si sarebbe sfogata su Allen se non fosse che lui ricevette una
telefonata che lo fece sparire in un flash. A Sara non rimaneva nessun’altra
possibilità e scoppiando come una bomba atomica distrusse tutto in un misto di
pura frustrazione e tristezza che finì per farla cadere a terra tra lacrime e
il suo stesso sangue per via delle ferite che si era provocata alle mani
distruggendo ogni cosa che le era capitata a tiro.
Riaprì di nuovo gli occhi e Star City era di nuovo di fronte a lei come a
volerne confermare che tutto era reale, ma quel vuoto che l’aveva riempita
nell’istante in cui aveva capito di non poter salvare Laurel
adesso si era impossessato di lei di fronte alla possibilità che anche Rip sarebbe stato perso…
«Spero che sarai in grado di far quello che è necessario…» la voce di Lyla al suo fianco improvvisamente le fece rendere conto di
non essere sola, ma non si voltò a guardarla e per un istante quasi ammirò la
sua freddezza e la sua imperturbabilità.
«Non ti turba nemmeno un po’ di aver perso tuo marito agendo in questo
modo? Di aver distrutto la tua famiglia?»
Sara doveva proprio chiederglielo e lo fece notando come dall’alto e in
quell’epoca la sua città sembrava davvero molto più bella e sana.
«Sacrificare il proprio matrimonio è nulla di fronte alla possibilità di
salvare il mondo… a salvare tuo figlio…» solo in quel momento la voce di Lyla sembrò un po’ meno ferma, più tremante.
Solo allora Sara si concesse di guardarla osservando come il passare del
tempo avevano indurito i suoi tratti, ma al contempo l’avevano resa ancora più
bella. In quel tailleur poi di un beige chiaro, stretto e alla moda con i
pantaloni e senza giacca con le maniche arrotolate a metà braccia appariva come
una modella di rivista, forse anche per i capelli lunghi e ben raccolti sul
capo da un lato del viso.
«Non essere sorpresa, anche tu se dovessi scegliere tra Rip
e Laurel, sceglieresti sempre quest’ultima…» disse
infine la donna voltando il suo capo e incontrando così lo sguardo di Sara. Si
guardarono per un lungo momento, nessuna delle due pronta ad abbassarlo per
prima.
Quello scambio fu interrotto solo per un motivo e cioè per l’improvvisa
oscurità che scese sulla città. Era una bellissima mattina di sole eppure delle
nubi nere avevano iniziato a ottenebrare il cielo e solo un occhio attento si
sarebbe accorto che quello non era il semplice arrivo di un temporale. Vi era
una strana elettricità nell’aria e le nubi la riflettevano con scariche che in
esse passavano… il tono rossastro della luce misto a quello fosco indicava solo
una cosa: Darkeseid stava arrivando.
L’Apocalisse che si stavano preparando a
ricevere avevano scoperto che non era in senso teorico, ma figurato.
Quell’oscurità che si stava avvicinando altro non era che Battleworld,
la realtà senza tempo e spazio creata e liberata da Darkseid
che ora, attraverso i suoi Cavalieri, stava attirando verso la Terra per far sì
che la stessa si sovrapponesse all’esistenza così come loro la conoscevano. Per
Sara ora fu chiaro il disperato messaggio che aveva ricevuto dal tempo, che
altro non era che una richiesta del tempo stesso di aiuto…
Lyla aveva però dato loro una speranza per
riuscire a fermare Darkseid e cioè fermare i suoi
Cavalieri che con il loro ascendente e il loro marchio attiravano come attraverso
una forza gravitazionale propria la stessa Apocalisse per far realizzare i
piani di quel nemico micidiale. Ucciderli voleva dire riuscire frenare la fine
del tutto e per riuscirci dovevano liberarli dalla fede di oro nero che
portavano al dito, dono di Darkseid e dunque cioè che
legava la loro anima corrotta a lui… lì doveva affondava il suo potere…
I Cavalieri erano pronti ad uscire allo
scoperto e aspettare che Battleworld li raggiungesse,
lì dove Darkseid aveva promesso loro un posto al suo
fianco nell’acropoli degli Dei di cui sarebbe stato a capo. Ma anche gli eroi
dal loro lato erano pronti ad entrare in azione e indossate le loro suit si divisero in gruppi e in diverse epoche si
prepararono alla Battaglia Finale.
E dopo un lungo divenire eccoci giunti
alla fine… pronti a dire addio a questa fan fiction? Io non tanto, ma spero che
la mia personalissima terza stagione vi sia piaciuta ;)