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Autore: proudtobea_fangirl    20/05/2017    0 recensioni
[Sequel di Living the Present]
Vedere il futuro.
Conoscerlo, comprenderlo, sognarlo.
Per la Chiaroveggente Lorianne Herondale, il futuro non è altro che un nuovo presente per fuggire da un doloroso passato. È libertà nella costrizione, unità nella solitudine, vendetta nella sottomissione. Una scelta non facile da prendere, e altrettanto complicata da attuare, che richiede pazienza e riflessione.
Sono infatti questi gli ingredienti della spensierata vacanza con cui Lorianne intende maturare la propria decisione e chi la ama intende farle cambiare idea, mostrandole quante meraviglie si perderà se arriverà davvero a compiere quel passo fatale.
Ma la piccola cittadina di mare loro meta nasconde qualcosa di affatto piccolo, un potere oscuro e terribile, che miete vittime tra la popolazione innocente e che ne mieterà una proprio davanti agli occhi ignari di Lorianne.
Perché vedere il futuro serve a ben poco, se non cogli i segnali del presente.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Clarissa, Jace Lightwood, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Shadowhunters ~ Past, Present and Future'
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15.

“Emancipate yourselves from mental slavery
None but ourselves can free our minds”

    

Mattia era una testa dura già per principio. Quando ci si metteva, poi, niente e nessuno avrebbe potuto fargli cambiare idea.
   Chrysta mi avrebbe ammazzata se avesse saputo che avevo acconsentito – per modo di dire – che Mattia tornasse nel luogo in cui era quasi morto, potenziale fonte di stress fisico e psicologico, per fare qualcosa che non solo si sarebbe potuta rivelare un’impresa suicida ma avrebbe anche rincarato la dose di stress fisico e psicologico.
   Come ci videro arrivare, Logan e Trish, appostati fuori al palazzo dei mannari con aria annoiata dall’ora di pranzo, ci corsero incontro esaltati.
   — Buoni, buoni — li calmai. — Mattia non vuole fare una strage. Vuole solamente parlare.
   — E spero voi sappiate che so parlare abbastanza bene — sottolineò il diretto interessato con finta aria di superiorità.
   — Uhm, okay — acconsentì immediatamente Logan. — Tanto per la cronaca, finora non c’è stato alcun movimento sospetto, a parte un uomo e una donna che sono usciti da una stanza sistemandosi i vestiti.
   — E tu come avresti fatto a vederli, considerando che al piano terra non ci sono camere se non quella nascosta nel muro? — lo interrogai aggrottando le sopracciglia.
   — Ho la runa di Lunga Vista — borbottò lui di rimando. Aveva le guance rosse. — Forza, andiamo.
   Trish aprì il portone e ci fece entrare, poi lo richiuse dietro di sé. — Domandina innocente: come faremo a chiamare a raccolta tutti i lupi senza farci scannare?
   — Grazie a me — disse una voce alle nostre spalle.
   Ci voltammo con un sussulto. A me balzò il cuore in gola.
   Una donna vestita di nero mosse un paio di passi verso di noi. I tacchi alti riecheggiarono sul marmo lucidissimo del pavimento. Portava i capelli raccolti in uno stretto chignon fermato con uno spillone dai riflessi dorati. Il tailleur rigoroso e l’espressione fredda la facevano assomigliare a una severa insegnante di danza classica.
   Trish trattenne il fiato. — Ho combattuto contro di lei ieri sera. Mi complimento per la bravura. 
   — La ringrazio — rispose la donna ricambiando l’uso della terza persona. — Conosco molti stili di lotta e ho avuto spesso a che fare con i Cacciatori.

   Ci chiamava alla maniera italiana, notai. Non come il boss, che preferiva “Shadowhunter”. Detto da lei, sembrava un complimento. O quantomeno non suonava dispregiativo.
   — Io sono – ero – colei che il capo di questo clan si ostinava a considerare “moglie” — riprese avvicinandosi ulteriormente e incrociando le braccia sul petto generoso. — Ho sposato quella razza di canaglia per... be’, un matrimonio combinato. La notte scorsa ho osservato da uno spiraglio quanto succedeva in quella stanza. — La indicò con un gesto della mano. — Mi dispiace di non essere intervenuta, ma se avessi anche solo bussato alla porta avrei fatto la sua stessa fine, Alpha — continuò rivolgendosi a Mattia. — Uccidendo Carmine mi ha tolto un grosso, grosso peso dalle spalle. Non lo dimenticherò mai. Non dimenticherò mai il servizio che tutti voi mi avete reso.
   Mattia si limitò a un formale e confuso cenno del mento, imitato da me e Logan.
   Trish al contrario dovette dire la sua. — Perché mi ha affrontato? Avrebbe potuto morire anche lei.
   — Ripeto: non è la prima volta che mi ritrovo faccia a faccia con un Cacciatore armato — replicò la donna. — So come difendermi, e in ogni caso avevo l’obbligo di dimostrare agli altri lupi che ero vostra nemica e non, come invece è in realtà, vostra amica. Vado a radunare il branco — concluse. — Voi aspettatemi qui. 
   Appena fu fuori portata d’orecchio, sussurrai a Mattia: — Wow. Entrata a sorpresa. Ti fidi di lei?

   — Sì — affermò lui. — Non per un secondo ho percepito che ci stesse mentendo. Anzi, in lei ho avvertito una sorta di... timore reverenziale. Potrebbe essere una forte alleata.
   — Sono d’accordo, ma non la sottovalutare. Certa gente ti volta la faccia quando meno te l’aspetti.
   — Non lo farò — promise. — Ho più motivi di chiunque, qui, per restare sul chi va là.
   Proprio in quel momento un rumore ci fece scattare in modalità sentinella.
   Dalle scale sulla sinistra cominciarono a scendere una ventina di persone, capitanate da un tizio vestito di nero – evidentemente andava di moda tra i mannari – che doveva avere più o meno la stessa età di Mattia.
   Il ragazzo ordinò alla folla di arrestarsi in fondo alle scale e ci venne incontro. Somigliava moltissimo alla donna che ci aveva accolto.
   — Salve — ci salutò freddamente. — Adriano Mallardo, figlio dell’ex boss Carmine che voi avete ucciso. Non vi giudicherò per questo, anzi, almeno su questo mia madre ed io siamo su un’unica linea di pensiero. Tuttavia non ripongo molta fiducia in te. — Incrociò lo sguardo di Mattia. — Sei troppo giovane per guidare un clan di queste dimensioni.
   — Oh, lo so — ribatté Mattia a bassa voce. — Ma tuo padre non la pensava allo stesso modo quando mi ha brutalmente morso e mi ha trasformato in una creatura che credevo fosse frutto della fantasia. Secondo lui ero abbastanza maturo per affrontare una questione di tali proporzioni, seppur in un ruolo diverso, quindi perché non dovrei essere adatto per questo incarico? Ti consiglio di riporre la tua fiducia in me. Se la tradirò, i cocci saranno solo e soltanto miei. Se non la tradirò, saprai che hai fatto un’ottima scelta.
   Adriano lo scrutò per un ultimo secondo, poi chinò leggermente il capo con riverenza. — Per ora, mi piaci. In futuro... vedremo.
   — Cercherò di non fartene pentire — rincarò Mattia. — Il branco è al completo?
   — Sì — confermò Adriano, poi si voltò e ci condusse verso il bordo della piscina al centro della stanza. Si fermò accanto ad una delle statue-lupo e ce la indicò. — Papà sospettava molto della fedeltà del suo branco. In ognuna di queste sono nascoste una microspia e un microfono panoramico. Ti sentiranno anche al piano di sopra. — Dopodiché sparì tra la gente.
   Assestai a Mattia una pacca sulla spalla. — Animo, horator. Dai il meglio di te.
   Lui sbuffò, nervoso. — Tenetevi pronti, nel caso la situazione dovesse sfuggirmi di mano. Sorvegliate la folla e fatemi un segnale se doveste notare qualcosa di strano.
   — Siamo nati pronti — lo rassicurò Logan con un sorriso d’incoraggiamento. — Male che vada, li convincerai tutti con un bel pranzo al ristorante. E, per inciso, stiamo ancora aspettando un invito.
Q   — La settimana prossima riapriamo. Lunedì verso l’una? — propose Mattia.
   — Perfetto — concordò Trish. — E ora bando alle ciance.
   Logan e Trish si divisero, andandosi a posizionare l’uno nei pressi di un tavolo da biliardo sulla sinistra e l’altra di fronte alla porta segreta, sulla destra. Io invece puntai il ballatoio, dal quale avevo la completa visuale dell’atrio.
   — Buonasera — esordì Mattia, palesemente agitato. — La maggior parte di voi non mi ha mai nemmeno incrociato per strada e sicuramente si sta domandando chi diavolo sia quel ragazzino che crede di avere il diritto di parlare a persone di un certo riguardo come voi. Perciò mi presento: Mattia Nardone, appena diciannovenne, catapultato in un mondo di cui mai avrebbe voluto conoscere l’esistenza da un uomo che, ieri sera, l’ha istigato al suicidio.
   Dall’alto, vidi che parecchi corpi avevano sobbalzato. Le possibilità allora erano due: o non avrebbero mai immaginato che il loro capo potesse arrivare a tanto, o non era una novità.
   — Mi ha detto che mi aveva morso intenzionalmente — continuò Mattia, l’espressione dura come una pietra, e molte delle persone che avevano già sussultato trasalirono di nuovo. — So vagamente cosa siano gli Accordi, ma ne so abbastanza da essere certo che quanto ha fatto il vostro Alpha è totalmente contrario alle leggi che governano la vita di noi Nascosti. In realtà è contrario anche alle leggi dei mondani e a qualsiasi legge morale, ma vi ritornerò in seguito poiché qui questo genere di azioni illecite e, permettetemi, disumane non è l’unico. Dunque, non vi racconterò integralmente cos’è successo la scorsa notte, anche e soprattutto perché il ricordo è ancora recente e vivido nella mia mente e ripensarci mi fa male. Vi basti sapere che l’Alpha mi ha messo una pistola in mano e mi ha ordinato di spararmi. Per incentivarmi...
   Alzò la testa e mi guardò, come per chiedermi il permesso di parlarne. Gli feci cenno di sì.
   — Per incentivarmi ha bloccato le vie respiratorie alla ragazza che mi ha accompagnato, un’amica fedele e sincera, già legata alla scrivania per polsi e caviglie. A quel punto, ho sparato. Ma non a me stesso. Ho ucciso l’Alpha. L’ho ucciso io.
   Si bloccò e prese un profondo respiro, forse aspettandosi che chiunque in quella stanza gli saltasse in preda a una furia omicida.
   — Non so come vi siate spiegati o come vi abbiano spiegato ciò che è successo meno di ventiquattr’ore fa. Non so se la morte di almeno due lupi e diversi ferimenti siano stati insabbiati oppure ne siate a conoscenza. Anch’io ci sono quasi rimasto, essendo stato pugnalato con una lama d’argento da uno dei tirapiedi del boss. Fatto sta che tutto è iniziato con quello sparo. Me ne prendo la responsabilità, non nego né rinnego nulla. Da quando ho premuto il grilletto non è passato un unico momento senza che mi sentissi un brutale assassino, ma l’ho fatto per salvare non solo la mia vita, bensì anche quella di Lorianne. Di istinto di sopravvivenza dovreste capirne più di me. Comunque, fino a prova contraria adesso sono il vostro nuovo Alpha. Dovrete rispondere esclusivamente a me. E cominciamo col mettere un bel po’ di cose in chiaro.
   Mosse un paio di passi in avanti con più sicurezza rispetto a poco prima. — Chi, tra voi, ha subìto la mia stessa sorte non abbia paura a dirlo. Dimenticate quel regime di terrore nel quale vivevate fino a ieri, perché da oggi in poi tutto sarà diverso. Suppongo siano in minoranza, qui, coloro che hanno deciso autonomamente di condurre quest’esistenza basata sul significato letterale della parola “Nascosto”. Si deduce quindi che la maggioranza sia stata trascinata in questo mondo con la forza, come il sottoscritto, e che sia stata costretta a rimanervi. Se avete giurato fedeltà all’ex Alpha, se con lui avete fatto un patto di sangue, per me non ha alcuna importanza. Ormai è morto, e insieme a lui nella tomba sono finite anche tutte le disgrazie che avete dovuto patire. Se questa vita non vi piace, andatevene. Siete liberi di fare ciò che ritenete il meglio per voi. Se invece vi sta bene, restate. A me farà soltanto onore. Ci tireremo fuori da qualsiasi losco affare, ci ripuliremo le mani dal sangue e renderemo il Sottomondo di Gaeta migliore per chiunque. Attenzione, però: pretendo onestà e franchezza. Se mi rivelate di aver commesso qualche atto sbagliato, tranquilli, non vi giudicherò. Ma se invece dovessi scoprirlo da solo sarò inflessibile e vi consegnerò alla giustizia senza patteggiamenti. Sarà punito anche chi per uno strano motivo si sentirà in dovere di farmi una soffiata sulla condotta di questo o quell’altro.
   Si passò la lingua sulle labbra. — In sintesi, vi sto offrendo una possibilità. Non sprecatela. Offritemi una possibilità anche voi, e prometto che non la sprecherò. Qualcuno ha da obiettare?
   Un tipo alzò subito la mano. — Come possiamo essere sicuri che farà tutto quello che ha detto, Alpha?
   — Non potete — rispose schiettamente Mattia. — E per favore, smettetela di darmi del lei.
   — Io vorrei una garanzia — replicò una tizia dai capelli alla Crudelia De Mon. — Mi perdoni, ma sono una persona pratica e per me contano più i fatti che le parole.
   — Smettetela di darmi del lei — ripeté Mattia con un piccolo sbuffo di impazienza. — Avete ragione a dubitare delle mie parole. Purtroppo l’Italia non ha una buona fama in materia di promesse mantenute. Però io parlo inglese per la metà del tempo.
   L’innocente battuta sortì il suo effetto: molti lupi ridacchiarono.
   — Scripta manent, verba volant, dicevano i Latini — commentò Mattia. — Gli scritti restano, le parole volano.
   — Quindi perché non firmare una dichiarazione? — propose una terza persona. Era Adriano.
   — Se fossimo vampiri, un patto firmato col sangue avrebbe un diverso valore e mi vincolerebbe per sempre e senza scappatoie a quanto concordato — contestò Mattia, — ma se servisse a tranquillizzarvi lo farei immediatamente.
   — No. Impiegheremmo troppo tempo. — La donna che ci aveva accolti si fece avanti e raggiunse Mattia. — Andiamo, compagni, davvero non siete disposti a credere a...?
   — Mattia.
   — Mattia? — riprese lei. — Davvero non comprendete quanta verità c’è nel suo discorso? Voi tutti siete abituati a dar credito solamente alla violenza, e dovete ringraziare quel grandissimo bastardo di mio marito per questo. Prima vi lamentate di com’era bella la vostra vita prima che Carmine vi adescasse per le strade, vi mordesse e vi portasse in questo posto dimenticato da Dio, e poi quando vi viene concesso di tornare chi eravate anni fa ve ne fregate altamente! Per una volta, usate la testa al posto di denti e artigli! Per una volta, siate umani piuttosto che lupi!
   Fissò Mattia dritto negli occhi per un brevissimo istante, poi s’inginocchiò ai suoi piedi mostrandogli la gola.
Pian piano, lentamente, un lupo dopo l’altro la imitò. Nessuno escluso.
   — Rialzatevi — ordinò Mattia. — E che non si faccia mai più una cosa del genere. Abbandonate queste usanze da barbari. Siamo tutti allo stesso livello, qui. Scusatemi se ho fatto intendere il contrario.
   — No — negò qualcuno. Sporgendomi dal ballatoio, mi accorsi con sorpresa che era una minuta ragazza di massimo quindici anni. — Hai fatto intendere esattamente ciò che volevi far intendere.
   Mattia le rivolse un largo sorriso. — Ti ringrazio.
   — No — negò nuovamente lei. — Siamo noi a ringraziare te.

 

“How long shall they kill our prophets
While we stand aside and look
Some say it’s just a part of it
We’ve got to fulfill the Book”

 

Ci congratulammo con Mattia per la meravigliosa orazione. Lui accolse ogni complimento facendo il modesto, sebbene la modestia stonasse con l’aria autoritaria che aveva acquistato.
   — La fortuna è stata dalla mia parte — concluse scrollando le spalle. — E adesso... ci si mette all’opera!
   — Neanche per sogno! — protestai all’istante. — Adesso, usciamo di qui e ci facciamo il lungomare a piedi fino alle Poste.
   — Be’, non hai tutti i torti. Mi farebbe bene scaricare un po’ i nervi — confessò lui. — Però... uff, c’è un lavoretto che non voglio rimandare.
   — Ci pensiamo noi — lo tranquillizzò Logan. — Vero, Trish?
   — Verissimo — confermò lei. — Finalmente, della buona e sana attività investigativa.
   — Vi farò una statua — sospirò Mattia con riconoscenza. — Allora, dovreste perquisire la stanza nascosta nel muro e qualsiasi mobile su cui riusciate a mettere le mani. Radunate qualunque foglio o oggetto sospetto e magari interpellate la moglie del boss o suo figlio a riguardo, se è proprio sospetto sospetto.
   — Portiamo tutto a casa oppure lo lasciamo qui? — domandò Trish.
   — Decidete voi — rispose Mattia passandosi una mano sul viso stanco. — A me farebbe più comodo la prima opzione, ma la scelta è vostra.
   — Perfetto. — Logan ci salutò e insieme a Trish sparì nello studio segreto.
   Uscire da lì non si sarebbe rivelata un’impresa semplice. Infatti non riuscimmo ad allontanarci nemmeno di un centimetro prima che la faccia scura di Adriano si piazzasse di fronte a noi.
   Mattia alzò un sopracciglio. — Sai, vorrei andarmene.
   — C’è il funerale di papà — contestò Adriano. Non accennò minimamente agli altri lupi morti. — Non partecipare non sarebbe visto di buon occhio.
   — Sì, ma partecipare equivarrebbe a tributare onore a un uomo che di onore non ne aveva affatto — replicò bruscamente Mattia. — Oltretutto non me la sento, Adriano, davvero.
   Per tutta risposta Adriano girò sui tacchi e borbottando si avviò rigido al piano di sopra.
   Sua madre, scendendo, gli lanciò uno sguardo di fuoco e subito corse a scusarsi con Mattia. — Perdonalo — lo supplicò. — È ancora sotto shock.
   — Lo sono anch’io — ribatté lui in tono aspro. — Quindi, per favore, non trattenetemi qui.
   La donna annuì. — Capisco. Non lo faremo. — Tese la mano. — Comunque io sono Sabrina Monti.
   Mattia gliela strinse. — Mattia Nardone, se non si fosse capito.
   Lo imitai. — Lorianne Herondale... sempre se non si fosse capito.
   Sabrina sobbalzò leggermente. — Herondale... quegli Herondale?
   — Ci siamo solo noi — sospirai. — Sì, quegli Herondale. Il mio cognome a quanto pare mi precede anche in Italia.
   — Il cognome non è altro che un insieme di lettere — osservò Mattia. — Non dovrebbe pregiudicare chi lo porta.
   Sabrina s’incupì. — Io sono stata spesso pregiudicata per il mio cognome, da sposata e da nubile. Mi auguro che non succederà più in futuro.
   — Me ne assicurerò personalmente — le promise Mattia, poi la congedò con un cenno del mento e si diresse impettito verso il portone, seguito da me.
   Attraversato l’atrio e oltrepassata la soglia, il sole, nonostante fosse schermato dai palazzi e comunque abbastanza basso all’orizzonte, ci ferì gli occhi. Mattia, che doveva ancora fare i conti con le conseguenze della licantropia, iniziò a versare lacrime come se fosse tremendamente allergico ai pollini e si trovasse in mezzo a un campo di fiori in piena primavera.
   — Accidenti — imprecò a labbra strette. — E accidenti all’ottico che non mi ha ancora riconsegnato gli occhiali.
   — Non fare i capricci! — lo rimproverai scherzosamente. — Dai, tra poco sarà il tramonto. Sopporta e zitto.
   — In effetti, ho già parlato a sufficienza.
   Da Santa Lucia scendemmo sul lungomare, a quell’ora gremito di persone che facevano jogging, ragazzini con le biciclette e famiglie con i passeggini che si godevano il tepore del tardo pomeriggio.
   Mi ritrovai a pensare all’ambiente nel quale avevo vissuto fino ad allora ad Alicante. Lì al massimo si vedevano un paio di coppiette lungo la sponda del lago Lyn oppure in un vicolo sperduto; gli Shadowhunters che avevano figli in inverno preferivano restarsene al chiuso e in estate giravano il mondo di Istituto in Istituto.
   Tutto era più freddo, a Idris. Calore e cordialità lì non trovavano alloggio. C’era posto solo per indifferenza e ostilità.
   Guardai Mattia di sottecchi. Stava fissando il mare, in attesa che il sole sfiorasse l’orizzonte infuocando il cielo, un sorrisetto appena accennato sulle labbra.
   Rispecchiava alla perfezione l’opinione che in molti hanno dell’Italia, o quantomeno del sud della penisola: simpatia, umiltà e una porta sempre aperta. 
  
Mi resi improvvisamente conto che la mia, di porta, per lui era socchiusa. Se Mattia mi aveva detto qualunque cosa volessi e non volessi sapere, io celavo ancora dei segreti. Un segreto, anzi. Un segreto molto, molto grande.
   — Ehi, ma non è tua nonna? — La vista di Anna a braccetto con un uomo corpulento, probabilmente suo marito, mi fece ridestare. Quando lei ci avvistò, la salutai agitando la mano.
   — Ciao, nonnina! — Mattia la abbracciò e le diede un bacio su una guancia. Sebbene avesse i tacchi, Anna era più bassa di lui di trenta centimetri. — Di solito uscite prima, non pensavo di incontrarvi.
   — Ho fatto le tielle — disse Anna come se quell’affermazione bastasse a spiegare tutto. — Le ho fatte anche per te. Vieni a cena da noi, vero?
   — Nonna, sul serio, non è necessario. Sono figlio di un cuoco. So come badare a me stesso, e di certo non ho intenzione di rimanere digiuno.
   — Lo è, invece. Non voglio che resti solo, Matti’.
   — Nonna, dillo. Di’ che sono dimagrito e che devo mangiare.
   — Sei dimagrito e devi mangiare.
   Spostavo lo sguardo dall’uno all’altra come in una partita di ping-pong, tentando di non ridere. Era terribilmente esilarante vedere Anna incarnare lo stereotipo della nonna che cerca di farti ingrassare. Soprattutto perché Anna non era esattamente una nonna convenzionale.
   L’intervento del nonno mise fine alla lite. — Basta. State facendo una commedia davanti a questa bellissima signorina.
   — Oh, non preoccupatevi — li rassicurai. — Dopotutto, siamo pur sempre umani.
   Anna mi scoccò un’occhiata complice, chiaramente divertita dalla mia affermazione. — Ti chiederei di tornare con noi, Mattia, se non ci fosse Lorianne. O vuoi unirti a noi, Lorianne?
   — No, grazie — rifiutai. — Tranquilli, io posso continuare da sola. Inoltre, i miei cugini mi stanno aspettando. — Misi su un ghigno sarcastico. — Vai, Mattia. E mangia, che sei dimagrito.
   L’ultima immagine che ebbi di lui per quella sera fu suo nonno che gli scompigliava i capelli.
   Mi voltai e proseguii per la mia strada. Camminando incrociai gli sguardi di alcuni passanti, e mi domandai se anche loro vedessero Mattia come lo vedevo io.
   No, mi risposi poi. Ovviamente non sapevano ciò che sapevo su di lui. E magari, se pur lo avessero saputo, comunque non avrebbero concordato con me.
   Forse ero l’unica a vederlo in quel modo. O forse non lo ero, considerato quanto era successo nel palazzo dei mannari.
   Sperai che anche lui si vedesse così. Come un ragazzo che era rimasto in equilibrio sull’orlo del baratro. Come un uomo di grandissimo coraggio. Come colui che avrebbe portato speranza dove la speranza si era estinta. Come un liberatore.

 

“Won’t you help to sing, these songs of freedom
‘Cause all I ever had,
Redemption songs, redemption songs”


Aaand here we go.

Mamma mia, signori, non avete idea di che liberazione è stata pubblicare finalmente questi capitoli.

Ma andiamo per ordine.

 

Anna:

Niente di particolare da dire, così come il capitolo stesso non è niente di particolare. Lo so, è un po’ scialbo rispetto alla mia media, ma dovevo tenervi freschi per la triade. Rinnovo l’invito a leggere Incontri, comunque. E ovviamente Anna è mia nonna. La rivedremo moltissimo nelle Houses.

 

Alea iacta est ~ Parte prima:

Non so da quanto tempo ho pronto questo capitolo. Sicuro sicuro da marzo dell’anno scorso. Ho dovuto adattare sia questo che i successivi a delle particolari esigenze di trama e storyline, quindi magari qualcosa sarà risultata poco chiara o frettolosa – me ne rendo conto, sì, ma riprenderò tutto nei capitoli a venire – però è comunque un’ottima produzione per il periodo in cui è stato scritto. Entrambe le parti di Alea iacta est sono state scritte secondo lo stile della song-fiction su Russian Roulette di Rihanna.

 

Alea iacta est ~ Parte seconda:

Okay, questo già mi piace un po’ di più. E ci credo, sono pure 4300 parole. (Dovevo compensare le 2300 della prima parte). Mattia piuttosto badass.

 

Canzoni di redenzione:

Come Alea iacta est, anche qui song-fiction, questa volta su, appunto, Redemption Songs di Bob Marley. Mattia ancora badass. Adriano sarà importantissimo nelle Houses e anche Sabrina avrà la sua buona parte. Carmine invece sarà sempre presente nei ricordi di chiunque, come ogni uomo odioso e odiato che si rispetti. Da qui comincia la vera storia e da qui cominciano anche le Houses. (MUHAHAHAHAHA).

 

Niente, finisco qui. Anzi, altre due paroline ine ine: per carità divina FATEVI SENTIRE. Non credo proprio che a questo punto non abbiate nulla da dire; prima poteva anche essere, ma adesso... be’, proprio no. Ripagatemi questo sforzo, per favore, io faccio di tutto per arrivare a toccare la vostra mente e il vostro cuore. Davvero, almeno stavolta. Mi raccomando.

 

Alla prossima,

Federica

  
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