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Autore: Sarandom    23/05/2017    4 recensioni
[SPOILER SEASON 11] (Destiel e Saileen)
Timeline: Amara ha ucciso Lucifero e con Chuck sono andati via. Dio torna da Dean, Sam e Cas, gli toglie il lavoro da cacciatori, ma qualcosa li ha seguiti. Mentre si apprestano a formare una vita normale, c'è chi dovrà fare i conti con il passato.
E tutte quelle lettere a Dio sono scommesse
E tutte quelle lacrime oggi sono promesse
Io sono un cazzo di soldato senza una guerra
Ed esito, barcollo ma non mi ci vedi a terra
E rido perché so che tornerò ad amare ancora
E urlo a chi vorrà ascoltare
Che “solo” è solo una parola
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Castiel, Claire Novak, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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N.

 

Dean restò di stucco, immobile, smise anche di respirare.

«Lo so, Dean. Sta accadendo tutto in fretta per i tuoi gusti e lo so bene. Mi dispiace tu stia male qui, lasciati dare una mano, per favore.»

Ma l'altro aveva i pugni stretti, gli occhi nel vuoto, la gola secca, mentre ascoltava il flusso di parole del fratello.

«Da quanto tempo?» chiese semplicemente, atono, muovendo appena le labbra.

Sam scosse il capo. «Solo... due settimane. L'ho saputo da poco, Dean.» si giustificò. «Volevo dirtelo subito, intendo proprio sul momento ma ero-»

Il fratello non lo lasciò finire, e si buttò su di lui abbracciandolo improvvisamente in una maniera che lo fece commuovere. «S-sono... sono felice per te.» disse, la voce malferma. «Ti faccio i miei... complimenti, Sammy...»

Sam sorrise contento e ricambiò la stretta, asciugandosi un occhio. «So come ti senti, Dean...»

«È tutto apposto.» fece subito il biondo. «È tutto apposto, davvero... e ti ripeto che sono felice per te.» Smise di parlare e sciolse la stretta, guardandolo negli occhi. «Sono fiero di te.»

Il minore abbassò la testa e lisciò i capelli all’indietro per poi tornare a guardare il fratello. «Grazie.»

Dean gli strinse la mano sulla spalla, con gli occhi lucidi…e poi realizzò:

«Io…sto per diventare zio.»

 

*

 

Castiel trovava il gruppo di supporto qualcosa di curiosamente nuovo.

Adorava venire a conoscenza di attività tipiche del mondo umano, nonostante avesse un gran bel bagaglio di cultura - grazie a Metatron e il suo periodo da Steve- e quel giorno aveva appreso cosa era un gruppo di supporto.

Ognuno dei ragazzi presenti nel cerchio si sedeva e venivano invitati a raccontare la loro storia.

A Cas piaceva aiutare il prossimo, era la missione che gli era sempre piaciuta e quella era una delle migliori occasioni per farlo.

Diede una veloce occhiata al cerchio. Notò in particolare due ragazze di colore, probabilmente sorelle, un ragazzo dal viso delicato, e una biondina che non poteva avere più di quindici anni, almeno secondo lui.

I ragazzi che non conosceva, tutti tranne due della sua classe, Eddy e Shotaro, lo guardavano incuriositi.

Sentiva mormorii e notava le occhiate che gli adolescenti si scambiavano, mentre lui come al solito stava seduto sulla scrivania, occhieggiando l’orologio da polso e il corridoio oltre la porta aperta.

 

«Ma lui chi è?» bisbigliò uno.

«E’ un nuovo professore di storia e letteratura.» rispose qualcuno.

«Oh, che strazio.»

«No, invece. E’ forte.» lo difese Eddy, parlando con uno studente di quarta.

«Come si chiama?» domandò un’altra.

«Castiel.»

«Che?» si intromise un’altra ancora.

«Castiel. Castiel Novak.»

«Una persona sempre più strana.» commentò il ragazzo più taciturno, la sua sedia strategicamente distante dalle altre.

La scuola era deserta a quell’ora, momento scelto adeguatamente affinché gli studenti non venissero infastiditi. L’incontro doveva essere già iniziato da un quarto d’ora e dopo alcuni minuti, Cas, finalmente vide Margareth con i suoi vestiti  e senza la divisa da bidella, fare la sua entrata. «Salve a tutti! Ma ci sei solo tu, caro?» Salutò Castiel con un bacio sulla guancia ancora profumata di schiuma da barba.

La donna si girò verso gli altri.

«E che problema c’è? A piccoli passi, arriveremo ovunque.» fece l'angelo, con un occhiolino.

Margareth posò la borsa sulla sedia della cattedra. «Facciamo le presentazioni?» propose, dolcemente.

Mentre i ragazzi restarono a fissarsi, sperando che qualcuno di loro prendesse la parola, un rumore secco di tacchi risuonò per il corridoio; tacchi che stavano leggermente correndo.

«Scusate il ritardo! Burocrazia.» roteò gli occhi, entrando.

«Salve, signora Preside.» dissero tutti in coro.

Lei sorrise, sistemando gli occhiali sul naso. «Ciao, ragazzi. Adesso vi spiego tutto e vediamo come procedere.» Si girò verso Cas e Margareth. «E grazie a voi per essere qui.» Strinse le mani ad entrambi, grata.

«Allora, tutti voi siete stati chiamati nel mio ufficio in queste due settimane. Vi ho chiesto una cosa e voi avete risposto di sì. Quindi non è un segreto per nessuno.»

Tutti si osservarono e qualcuno si sistemò meglio sulla sedia, incrociando le braccia. Eddy si sentì un po' in ansia.

«Mi sto occupando di chi vi da fastidio, ma non è mai facile. Siete qui perché voglio sappiate quanto mi dispiaccia se non riuscirò a far finire le vostre sofferenze. Questo gruppo è per voi, per capire alcune cose, per sostenervi. Purtroppo oggi non conosceremo la psicologa e il volontario delle comunità lgbtq e contro il bullismo della città.»

Alcuni di loro divennero paonazzi ed altri abbassarono lo sguardo.

«Non dovete vergognarvi di nessuna di queste cose. Assolutamente no, ragazzi miei. Adesso, alcuni di voi li conosco, altri meno, ditemi un po' chi siete.» aggiunse con un gran sorriso.

Seguirono i nomi e le ragioni per cui si trovavano lì. Dodici persone e quasi nessuno di loro fu riluttante, con grande sorpresa della preside.

Eddy parlò dell'odio insensato che alcuni compagni di scuola provavano nei suoi confronti per la sua omosessualità. Raccontò della paura di non essere accettato, della vergogna che aveva provato durante il coming out.

Una delle due gemelle africane spiegò che nessuna delle due sopportava più le frecciatine di un insegnante razzista, il quale non faceva che definire le persone di colore inferiori a quelle bianche e a dire cattiverie anche in loro presenza.

«Il peggio è che alcuni dei nostri compagni gli danno anche ascolto!» aggiunse la più minuta, tirandosi nervosamente una ciocca di capelli ricci.

«La figlia di Margareth ha avuto un’esperienza simile alla vostra.» disse la Preside, rivolta alle ragazze che avevano appena terminato la loro storia. 

«Vero?» si girarono contemporaneamente verso la donna.

«Sì, ma sfortunatamente abbiamo dovuto cambiare città. Sally, mia figlia, non riusciva più ad uscire di casa.»

«Come mai?»

«Erano iniziate le crisi d’ansia e di panico, è stato terribile.»

Castiel si accigliò; aveva vissuto anche lui quegli stati d’animo.

«Io..»

La preside si girò verso di lui, con una mano ed un cenno del capo, gli pregò di continuare.

Castiel guardò quel piccolo pubblico ed abbassò lo sguardo. 

«Anche io ho vissuto un periodo del genere.» disse, dandosi immediatamente dello stupido. Come avrebbe potuto spiegarlo senza incappare nel soprannaturale, adesso? «E’ stato-…Non riuscivo ad uscire, me ne stavo in camera a guardare film e programmi di vario genere. Una volta ho provato, ma non sono riuscito neanche ad aprire la porta. C’erano delle…persone, che continuavano a dire quanto fossi…inutile, e mi sentivo solo, anche quando non era assolutamente vero.»

«Come ne sei uscito?» domandò la signora Gale.

Castiel la guardò con un po' di malinconia negli occhi blu. «Ho dei… Ho dei buoni amici. Se non fosse stato per loro, molte volte sarei… caduto, senza potermi rialzare.»

«Grazie per aver condiviso.»

Castiel annuì, i ricordi riuscirono a non scalfirlo, in quel momento si sentiva pieno e stava aiutando a fare la differenza.

«Quanti genitori sanno che siete qui?» domandò Gale.

Solo due persone alzarono la mano.

«Come immaginavo.»

Castiel notò che Eddy si era ammutolito dopo aver parlato.

«Se non volete dirglielo adesso, non siete costretti. Ma è uno dei passi di questo gruppo, okay?»

Annuirono.

«Per oggi possiamo finire qui. Abbiamo scoperto molte cose e venerdì ci occuperemo della parte più dettagliata. Vi aspetteremo.»

 

*

 

Era dal giorno prima, da quel cavolo di pomeriggio, in cui tutto era cambiato ancora una volta. Dean pensava a come si era comportato con Sam. Il fratello non se lo meritava affatto e lui se ne era uscito come un emerito idiota e codardo.

Molto codardo perché non voleva andare avanti e tutti lo sapevano, ma continuava a chiudere gli occhi e camminare con una benda stretta sulle tempie.

Da quando era arrivato, non riusciva a dormire bene e quella mattina, soprattutto, si era alzato all’alba. Pieno di rimorso e un buco allo stomaco; non sapeva se per il sentirsi in colpa o la fame, ma nel dubbio si preparò bacon e uova per colazione alle sei del mattino.

Alle sette e mezza si ritrovò sulla veranda, con il cartone di un succo di frutta, ad osservare gli abitanti darsi da fare per andare a lavorare e gli venne un’idea.

Rientrò in casa e prese il cellulare, leggendo un numero su un biglietto appeso al frigo.

«Hey, Ronnie…sisi. Ehm, posso chiederti un favore? Vorrei organizzare una piccola festa…davvero? Grazie, amico. Passo al locale tra poco.»

 

*

 

«Sam?» Eileen si avvicinò alle sue spalle, massaggiandole e sedendosi accanto lui.

Lui la guardò.

«Come è andata con Dean?»

«Ho dovuto dirglielo, aveva in mente di andarsene di qui.»

«Davvero?» disse stupita, stringendogli una mano.

«Dean è un tipo difficile, ma non voglio…non voglio si senta obbligato a restare. Diventerebbe un’agonia.»

«Non credo lo farà. Prima o poi troverà il suo appiglio, questione di tempo.» fece l’occhiolino.

«Ancora con quella cosa?» Le domandò.

Sorrise. «Aah, non sono l’unica ad aver notato.»

«…Non lo so.» Sam storse la bocca. «E’ strano.»

«Shh, a tempo debito.» si avvicinò a lui lasciandogli un bacio a stampo.

 

*

 

Uscì con una camicia a quadri, giacca verde, scarponi e i soliti jeans. Prese l’Impala e guidò per una decina di minuti. Il parcheggio era deserto a quell’ora, tranne per lo staff del locale.

Entrò attraversando la doppia porta in legno in stile western, e fu catapultato di nuovo in uno di quei suoi film preferiti. Somigliava veramente ad una locanda di quei tempi; i colori erano caldi, tendenti per lo più all'arancio, al giallo vivo e al marrone chiaro. L'arredamento in legno era ricco di piccoli, ma essenziali dettagli come quadretti di cavalli, lampade ornamentali, collezioni di bottiglie che rendevano il luogo una vera favola.

«Dean!» lo chiamò qualcuno dal bancone.

«Ciao, Ronnie. E grazie per aver acconsentito, con poco preavviso.»

«Figurati. Mi sei simpatico, mi fa piacere.»

Dean sorrise, sentendosi felice almeno per una volta. «Non saremo in tanti, ci basterà un tavolo grande per domani sera.»

«Ti sistemo sui divanetti?»

«Benissimo.»

Ronnie prese un librone rosso dal sottobanco, e scrisse la prenotazione sul registro.

«Facciamo alle nove?»

«Certo, mando subito l’invito.»

Si salutarono e mentre usciva mandò un messaggio a Sam.

Da Dean:

“Non avercela troppo con me e non prendere impegni per domani sera alle nove.”

Da Sam:

“Che stai combinando?”

Da Dean:

“Mi faccio perdonare.”

 

*

 

Dean si diresse verso gli appuntamenti del giorno, due rubinetti ostruiti, un giardino da sistemare e uno scaldabagno rotto.

Una delle case era proprio vicino alla scuola dove insegnava Castiel e sperò di incontrarlo durante la pausa, per salutarlo. Non si erano ancora visti dal giorno prima e la cosa gli dispiaceva.

Dopo aver finito di sistemare ed aver accettato l’ennesimo numero, da un’altra donna, con un gran sorriso sornione, raggiunse la sua auto. Salvò il numero sul cellulare, con il nome in codice “scaldabagno”, poi vide degli studenti intorno a lui e controllò l’orologio, dubbioso.

Erano solo le dieci, forse c’era un’assemblea, quindi, pensò di prendere due piccioni con una fava e chiuse l’Impala, camminando verso l’entrata della scuola.

Appena si avvicinò di più, prese il cellulare per fare uno squillo all’amico, quando poi lo vide poco più in là, ad un’uscita di servizio…in compagnia.

Il sorriso scemò piano piano, e si fermò ad osservarli, ma dopotutto fu una scena carina a cui assistere. Gli aveva detto lui di fare amicizie e ne era contento.

La donna accanto a lui, sembrava avere la sua stessa età…almeno quella di Jimmy. Indossava dei pantaloni da completo grigio scuro, che comprendeva anche la giacca e camicia celeste, capelli corti e scarpe con poco tacco.

Sembravano in sintonia e lo faceva ridere. Lui le stava mostrando dei fogli, forse dei compiti e ne stavano discutendo insieme, da professore a professore.

Mise via il telefono, li guardò ancora per un momento, sorrise abbassando lo sguardo e girò i tacchi.

*

«Stai facendo un buon lavoro.» Disse Margareth, mentre sfogliava i compiti dei ragazzi sulla leggenda che Castiel gli aveva assegnato. «Ci vuole un po’ d’amore in questo momento.»

«Molti mi hanno colpito, sembra di leggere-» Si fermò di colpo.

«Mh?» fece lei, mentre continuava a leggerne uno.

«…racconti veri. Storie che potrebbero essere pubblicate, per la… fantasia.»

«Hai ragione. Questa è la mia preferita, per ora.» Gli allungò il foglio, scritto al computer, di Shotaro.

«Vero. Lui è uno dei ragazzi del gruppo.»

«Si vede, si percepisce la sensibilità.»

«Posso…posso chiederti una cosa?»

«Dimmi.»

«Tua figlia…razzismo..?»

Lei rise. «Sono sposata con un archeologo, originario del Cairo. Ci siamo conosciuti lì.»

«E’ un lavoro interessante.»

«Mi piacerebbe fartelo conoscere.»

«Anche a me.» Partì una suoneria. «Oh cavolo, sono in ritardo. Devo andare, Castiel. Ci vediamo domani al gruppo» Gli diede un bacio sulla guancia e lo salutò con un occhiolino.

*

Dean tornò a casa poco dopo l’ora di pranzo, con dietro un panino, che mangiò guardando una puntata della sua soap preferita.

Finì per fare un sonnellino, sembrò essersi addormentato per ore, quando sentì qualcosa vibrare. Gli occhi erano pesanti, ne aprì uno a fatica e vagò con le mani nelle tasche per cercare il telefono.

Da Cas:

“Come va oggi? Tutto bene?”

Da Dean:

“Certo, perché non dovrebbe?”

Da Cas:

“Eileen mi ha detto della giornata con Sam.”

Da Dean:

“Avete fatto amicizia, eh?”

Da Cas:

“Non dovevo?”

Da Dean:

“No, lascia stare. Stavo dormendo, ci sentiamo dopo.”

 

*

Si risvegliò verso le tre del pomeriggio ed uscì in veranda sorseggiando una birra, quando lo vide e lo chiamò per salutarlo, accogliendolo con un mezzo sorriso.

«Hey, Cas.» Urlò nel vederlo passare per il viale.

«Dean.» disse Cas, e si avvicinò alla veranda.

«Birra?»

«No, grazie.»

«Allora?»

«Allora, cosa?»

«Ti ho visto, dai.» gli rivolse un sorrisino malizioso e bevve un goccio di birra.

«Cosa?»

« Oggi ero nei pressi della scuola, pensavo di venire a salutarti…ma ti ho visto in dolce compagnia.»

Cas accigliandosi, si stupì «Mi spii?»

Dean lo imitò «Cos-?No! Te l’ho detto, ero nei dintorni e …poi me ne sono andato per non disturbarti.»

Cas gli sorrise. «Potevi venire, te l’avrei presentata.»

«Quindi? Com'è?» continuò a domandargli, veramente interessato.

«È solo un'amica.»

«Mh mh. Sì, anche io ho avuto molte amiche. Ho molti numeri di telefono, di molte amiche.»

Cas lo guardò come ad intimargli di smetterla.

«Usate precauzioni? »disse guardando davanti a se.

«È un'amica, quindi non c'è niente di cui preoccuparsi. Tu?»

«Che intendi?»

Cas fece spallucce « Con tutto il lavoro che hai, ci sarà qualcuna.»

«Ooh sì che mi diverto.»

«Usi precauzioni? » gli fece il verso.

«Di cosa hai paura?»

«Paura? No, solo… non hai preso strade diverse da quelle di tuo padre e so quanto ti faccia male questo. Anche se adesso potresti farlo.»

Dean restò senza parole.

«So quello che ho visto negli anni e una cosa che abbiamo in comune è l'assenza paterna. Ma comunque dovrebbe esserci un forte …legame con la donna con cui-»

«Cas...non è per te» Lo interruppe e lasciando la birra sul davanzale.

«Cosa?»

«Questo discorso.»

«Perché?»

«Non sei umano, non te ne devi preoccupare?»

«Sai che non è vero.»

Dean sbuffò «Solo perché tu hai Claire e ti senta in colpa per lei, non vuol dire non possa avere figli anche io.»

«Non sto dicendo questo.»

Dean esitò, umettandosi le labbra « Lo so, scusa. Non roviniamoci la serata, okay? A dopo.» lo salutò per poi tornare a casa.

 

*

L’appuntamento era per le sette e mezza a casa sua, riunirsi per scambiare due parole prima di una serata spensierata.

Sam lo aveva già chiamato e sarebbero arrivato di lì a poco, lui aveva già fatto la doccia ed era pronto.

Il campanello suonò ed andò subito ad aprire.

«Heilà, Sa-» credeva di vedere il fratello, ma si ritrovò un Castiel più colorato e luminoso del solito, o almeno così gli diede da pensare.

Doveva ancora abituarsi alle vesti “umane” dell’amico. Pantaloni grigi attillati? Maglioncino bordò e giacca di pelle? Cosa, diavolo, aveva combinato Claire?

«Ciao, Dean.» disse l’altro, come sempre.

«…Cas.»

«Ciao, Dean!» Alzò la voce Claire, passandogli una mano davanti la faccia e Dean scattò di riflesso. «Ciao a te…Barbie?» rispose, trovandola in un color confetto.

«Si chiama Chanel, troglodita.» Senza aspettare l’invito, lo scansò da parte facendosi strada verso il divano.

«Wow, Cas…questo sì…» deglutì. «Che è un cambiamento.»

«Ti piace?»

«Sì, certo.» Fece un passo indietro, grattandosi il mento con leggera barba, imbarazzato. «Entra.»

«Anche tu stai bene.»

Dean si guardò e scosse la testa con fare divertito. «Grazie.»

In effetti la camicia di jeans metteva in risalto i suoi muscoli e l’effetto non era male.

«La smettete voi due?» Disse Claire mentre fece scoppiare il palloncino della gomma che stava masticando e controllava qualcosa al telefono.

Dean indugiò ancora nell’osservare Castiel, in silenzio, fino ad arrivare al viso, quando si accorse che Castiel lo stava fissando di rimando. Lo vide come in attesa di qualcosa, e non seppe come interpretarlo, si schiarì la gola e si grattò l’angolo del naso.

«Volete qualcosa da bere?»

«Qualcosa mi dice che ti ubriacherai prima di arrivare lì.» si fece sentire di nuovo la voce della verità.

Prima che Dean potesse risponderle, suonò di nuovo il campanello e questa volta trovò Sam sulla soglia.

«Ciao, ragazzi!»

«Eileen, come stai?» la abbracciò Castiel.

«Tutto bene. »

«Ciao, bell'imbusto! É da un po' che non ci si vede. Ho un lavoretto da proporti.» disse Mildred, rivolta a Dean e lo abbracciò per un fianco.

«Chiamami quando vuoi.» le sorrise divertito, Dean.

«Quindi il Natale lo festeggeremo al locale?» domandò Cas ad Eileen.

«No, lì penseremo al Capodanno. Ci era venuto in mente di festeggiare il primo Natale qui, solo tra noi.» rispose la ragazza.

L'angelo sorrise apertamente. «Bell'idea.»

«Hai sentito Margareth?»

«Si, sta arrivando.»

Infatti sentirono suonare alla porta.

«Vado io.» disse Castiel rivolto a Dean, occupato ancora con Mildred.

«Ciao, Castiel!» Margareth entrò, indossando un bel vestito lungo.

«Hey. Sono felice di vederti qui.» mormorò l'angelo.

«E io di conoscere la tua famiglia. Elizabeth ne parla spesso.»

Cas sbatté ripetutamente le ciglia, fu sorpreso di rivedere la donna, in compagnia dell'amica. «Piacere di rivederti, Elizabeth.»

«Oh... è un piacere anche per me.»

«Oh cara!» esclamò Mildred, lasciando per un momento Dean ed abbracciandola.

«La conoscete tutti, giusto?»

«Certo, ci ha veramente aiutato.» disse Sam guardandola con gratitudine.

«L'ho fatto con piacere ragazzi. Ah! E complimenti.» gli fece un occhiolino ed abbracciò Eileen.

«E lei è mia cugina. Lavora nella stessa scuola del vostro amico.» Elizabeth indicò Margareth e Castiel.

«Sì, li ho visti.» disse Dean, che ancora non aveva spiccicato una parola, a parte le chiacchiere scambiate con Mildred. Era occupato ad osservare la donna accanto a Castiel, li vedeva molto complici, mentre lui le spiegava chi fossero gli invitati.

Il commento di Dean creò del silenzio e lei non capì. Castiel lo guardò, poi con finta nonchalance aggiunse: «...sì, nel cortile della scuola.»

«Oh, sì. Mi stava facendo leggere dei compiti. Ci sa fare, per quanto io possa capirne.»

«Non sei un'insegnante?» domandò ancora il cacciatore.

«Oh no. Sono una bidella.»

«Una delle migliori.» si complimentò il moro.

 

«È vero, sono una Dea delle pulizie.» la donna fece una mossa coi capelli, che fece ridere un po' tutti.

«A parte gli scherzi è vero. Ha salvato un sacco di vestiti negli anni.» Margareth fece finta di chinarsi alle risate con riverenza.

«Beh, Castiel è molto distratto, certe doti sono utili.» commentò Dean.

«Vero, il nostro primo incontro è accaduto con una pozza di caffè...ed avevo appena passato lo straccio.» disse Margareth.

«E devo ancora ridarti la maglietta.»

«Oh, prendetevi una stanza!» se ne uscì Dean ridendo, questa volta il silenzio fu tombale e colmo d'imbarazzo.

Castiel lo guardò freddamente e lei molto offesa, le sopracciglia aggrottate.

Dean apparve nervoso. «Emh... ho solo... s-siete carini, era una... battuta .»

Continuarono a guardarlo.

Il mezzo sorriso di Dean divenne una smorfia e fu Castiel a rispondere. «Si dia il caso che te lo avessi già detto, Dean. È mia amica...ed ha una famiglia.»

Dean rimase spiazzato e ancora sotto il suo sguardo accusatore. «Ehm...scusami, non volevo...» fece, rivolto a Margareth.

«E avete anche delle cose in comune.» si intromise Elizabeth. La cugina la guardò e lei sorrise.

«Non posso mai parlarne con nessuno, anche se ce ne sono molti altri anche qui... Elizabeth mi ha detto che le piacevate e ho potuto conoscere Castiel...sono una ex-cacciatrice.»

Dean, Sam e Castiel restarono a bocca aperta.

Lei rispose con un gran sorriso.

«Davvero?» domandò l'angelo.

«Sì.»

«Ed era anche molto brava.» disse la cugina, circondandola con un braccio.

«Hai smesso una volta arrivata?» domandò Sam.

«Poco prima di giungere qui. Una brutta faccenda... e avevo una figlia. In comune accordo, io e Oskar, abbiamo deciso che era meglio così.»

«Cosa fa tuo marito?» domandò Dean, per cercare di mascherare la figuraccia di poco prima.

«Oh, lui è un archeologo. Ci siamo conosciuti al Cairo. Io ero- sono- un'esperta di creature egizie e mitologiche. Ero sulle tracce di una maledizione... quando le nostre strade si sono incrociate.»

«Romantico.» disse Sam genuinamente, accarezzando con un dito il dorso della mano di Eileen.

«Sì, ma non stiamo a parlare di  me! È la vostra festa!»

«Che dite, ci avviamo?» Propose Sam.

«Certamente!» disse Mildred tornando ad occupare il suo posto accanto a Dean. «Ti va di farmi da cavaliere?»

Dean sorrise, prendendola gentilmente a braccetto ed uscendo con lei dalla porta: «Certo, Madame.»

Non appena i due furono lontani, Cas si girò verso Margareth:

«Scusa per Dean, si comporta da idiota alle volte.»

«Oh... tranquillo. Me la sarei presa, se solo non lo avessi osservato bene.»

Cas spalancò gli occhi. «Cosa intendi?»

Lei alzò gli occhi al cielo. «Chi continuava a guardare da quando sono entrata in casa...»

«Chi?» le domandò serio.

«Oddio…tieni gli occhi ben aperti, caro.» gli sussurrò all’orecchio prima di allontanarsi da lui.

Castiel non si mosse e chiuse le labbra, guardò Dean in lontananza e poco dopo abbassò la testa sorridendo. Lo raggiunse accanto all'Impala, mentre Dean aveva aperto la portiera dell'auto di Sam a Mildred mentre ancora ridevano.

Margareth raggiunse la cugina, mentre Claire prese posto accanto a Mildred.

Dean sedette accanto a Cas e mise in moto. Il tragitto iniziò in silenzio, l'angelo guardava fuori dal finestrino e Dean si girava ad osservarlo ogni tanto.

«Hey.» esalò il cacciatore, girandosi per guardarlo. «Per cosa ridi?»

Cas si voltò. «Nulla.» alzò la testa, verso il parabrezza, ricomponendosi.

«Mi dispiace per prima.» disse Dean.

«Lo so.» rispose il moro.

Dean fece per continuare, sospirò e strinse il cambio. «È stata una battuta infelice.»

 «Sei infelice?» domandò Cas, voltandosi, incuriosito.

«Cos-?No!» Dean increspò tutto il viso. «E’ un modo di dire, Cas.»

«Okay.»

«Stiamo apposto?»

«Sì, Dean.» restituì lo sguardo con un piccolo sorriso sincero.

«Niente serata rovinata?»

L'angelo sbuffò una risata, rassicurandolo.

 

*

 

Appena arrivati al tavolo, iniziarono a sciogliersi un po'. Mildred scelse una canzone dal jukebox ed invitò Dean a ballare; Elizabeth e Ronnie li seguirono. Eileen convinse Sam e Claire con Margareth, mentre Cas li osservava dal bordo pista.

Dean lo inquadrò e gli fece segno di unirsi, Cas fece segno di no con la testa. Il cacciatore non lo accettò e gli si avvicinò. «Non restare qui impalato.»

«Non so ballare.»

«Con tutti gli anni che ti ritrovi, non hai imparato nulla?»

Cas si ammutolì, abbassando lo sguardo.

Dean gli fece vedere una mano. «Ti fidi di me?»

Castiel alzò un sopracciglio «Citare il Titanic dovrebbe convincermi?»

«Hai visto il Titanic?» domandò Dean, sorpreso. «Comunque, sì. Dai, è una festa, rilassati.» lo prese per il polso senza permesso, e lo tirò fino al gruppo.

Cercò di fargli vedere qualche mossa  o  passo a ritmo di musica, e nonostante l’angelo fosse proprio scoordinato, il viso di Dean su finalmente attraversato da grandi sorrisi – e questo fece piacere ad entrambi.

 

Il suono squillante di una posata contro un bicchiere intimò a lasciare la parola a Sam. Sul tavolo tutti avevano davanti un calice pieno - chi di vino, chi di birra, chi di analcolico -  e il minore dei Winchester era in piedi, imbarazzato, ma evidentemente felice.

«Non mi è mai capitato di fare un discorso,  quindi... ne approfitto. So che possiamo parlare liberamente...e questa è una delle cose che mi piacciono di più nello stare qui con voi.» si girò verso il fratello accanto a lui. «Abbiamo passato una vita difficile, fatta di momenti bellissimi, ma anche di situazioni davvero assurde. Non siamo sempre andati d'accordo, ma... questo è essere una famiglia.»

Si girò verso Cas e Claire. «Famiglia che mi sono scelto e ho cercato di proteggere con tutte le mie forze.» I due ammiccarono. Sam abbassò timidamente il capo, sorridendo «Sono grato a tutti voi e vi voglio bene.»

Dean si sporse per abbracciarlo e si cullarono per un momento, accompagnati dal suono dell'applauso generale.

«Posso dire una cosa?» gli domandò il fratello e Sam gli fece un segno di invito con la mano.

«Ti ho reso difficile la tua gioia nel ritrovarci qui e mi dispiace. So che siete felici.» indicò lui ed Eileen con il bicchiere. «E per questo sono felice anche io. Vi auguro il meglio.»

«Grazie, Dean.» Sam si voltò per vedere la donna accanto lui, colei che aveva permesso alla sua felicità di poter prendere posto nel suo cuore, dopo tanto tempo. «E Eileen....ti amo.» Lei rise e lo baciò. Partirono fischi e altri applausi di apprezzamento.

 

Dean, lì accanto, si girò verso Castiel e nell'euforia generale, gli sorrise passandogli un braccio dietro la schiena per abbracciarlo forte e Claire fece lo stesso, dall'altro lato.

 

*

 

Se c'era qualcosa di realmente divertente alla festa, quello era di sicuro Dean Winchester al karaoke, ubriaco fradicio, s'intende.

Il cacciatore impugnava il microfono con la sicurezza di un cantante abituato a dar concerti su concerti, ed 'intonava'  le canzoni proposte dal DJ senza alcuna timidezza o preoccupazione di far brutta figura. Dopotutto, non era affatto in sé.

L'intera sala se la rideva di gusto per le sue performance, facendo anche parecchi commenti su quanto fosse attraente 'il fratello di uno dei due festeggiati'. Dean aveva già riscosso parecchio successo durante le ore del ricevimento, e Sam ed Eileen avevano provato tutti i giochi più disparati.

Solo Cas si era letteralmente isolato di nuovo, come se si fosse stancato o arrabbiato per qualcosa di indistinto. Aveva ballato timidamente con qualche ragazza, attirando l'attenzione di un paio di esse, ma poi si era sentito un po' a disagio ed era andato a mangiucchiare in un angolino.

Ad un certo punto, il maggiore dei Winchester scese dal palco con un'andatura più buffa di quanto già non fosse la sua, e raggiunse Castiel, che adesso aveva preso a divorare salatini e patatine.

«Cas... il bagno... » biascicò Dean, con un sorriso leggero.

Il moro gli posò una mano sul braccio, il cacciatore barcollava e gli faceva venire mal di mare, masticando ancora gli arachidi. «Sai dov'è il bagno, no?»

Dean si mise a ridere con la mano sulla fronte, abbassando il capo. «Accompagnami... per favore. Se non vuoi raccogliermi da terra.»

Castiel capì, e lo prese per le spalle, portandolo di peso verso i servizi. Lo chiuse dentro uno dei bagni e restò a sorvegliare la porta.

Dopo qualche minuto sentì un: «Merda.»

«Tutto bene?» domandò da fuori.

«Mi gira tutto…non riesco a chiuderli…»

Castiel sospirò ed entrò nel bagno, c’erano praticamente solo loro, altrimenti sarebbe stata una barzelletta infelice - come le chiamava Dean – da  raccontare.

Entrò e vide il cacciatore con una mano sul muro accanto a lui, che si teneva i pantaloni da dietro.

Castiel lì sistemò e lo fece voltare.

«Questo non lo diciamo a nessuno.» Rise, molto ubriaco Dean, mentre si girava ed inciampò nei suoi stessi piedi. Il movimento lo fece andare addosso all’angelo, che si ritrovò schiacciato tra il muro e il corpo di Dean.

Il viso del cacciatore molto vicino alla sua guancia, si ritrasse per prendere l’equilibrio, senza togliersi però da sopra l’amico.

«Quanto sono ubriaco da uno…a…a dieci?» Rise ancora.

«Direi dalla Terra alla Luna.» rispose nell’osservarlo; era strano vederlo così e non sapeva se sentirsi a suo agio o meno.  

«Tu ci sei mai stato sulla Luna, Cas?»

Castiel sospirò, quando il cacciatore abbassò la testa sul suo petto.

«Cristo, quanto gira.» Fece qualche lungo respiro. Sentì il naso del biondo indugiare sulla stoffa del suo maglioncino e risalire fino al suo collo. «Hai un buon profumo.»

Gli strinse forte una manica per tirarsi su e cambiare il peso da un piede all’altro.

«Dean, andiamo, devi sdraiarti.»

«No, shh. Aspetta.» Dean alzò il viso per osservarlo e Castiel fece lo stesso; i capelli biondi in disordine, il viso arrossato per il calore dell’alcol che gli metteva in risalto le lentiggini e le labbra increspate e rendeva i suoi occhi lucidi. 

Castiel avvertì un brivido corrergli giù per la schiena ed inspirò in modo tremante. Si sentiva talmente intimidito.

«Dean... ?» disse a mezza voce.

L'altro gli sorrise in maniera seducente, alzando un sopracciglio.

Tentò di muoversi senza stramazzare a terra, per la seconda volta e riuscì a restare in piedi da solo, sempre con una mano di Castiel sul fianco, pronta a sorreggerlo.

«Dean... non ti senti bene, è... meglio tornare a casa... » mormorò, mentre cercava di aprire la porta, con il biondo che la bloccava.

Il cacciatore gli si avvicinò di nuovo e respirò pesantemente sulla sua spalla. «Sto benissimo, piumetta... » sibilò, la voce roca, e Castiel perse un battito. «Non chiamarmi così.»

«Non ti piace?»

«Mi piace il mio nome.»

«…Cas?»

Castiel Deglutì.

Dean, all'improvviso, gli afferrò delicatamente i fianchi, lasciandolo interdetto, e portò le labbra vicine al suo orecchio. «Resta qui.» sussurrò e passò la lingua, calda e timida, sul lobo dell'altro, strappandogli un sospiro sofferto.

Cosa diavolo stava facendo il suo corpo? Non aveva mai reagito così.

Era alla mercé di Dean e senza voglia di ritrarsi. Non si era mai tirato indietro quando lo chiamava, quando aveva bisogno di lui. Mentre nella mente di Castiel era in corso una guerra interiore, la mano del cacciatore si intrufolò sotto la maglia a solleticargli un fianco. Nel frattempo, quelle labbra soffici erano ancora attaccate al suo orecchio e lo stavano piacevolmente tormentando.

 

«Dean…» Castiel tentò di opporsi, invano, non ci credeva neanche lui. Quella sensazione lo stava  facendo sentire bene. Ad un certo punto si sentì spingere e Dean lo fece tornare sulla parete. La bocca scese lungo la linea del collo e la mano salì sul petto, lasciando scoperta la pelle.

Dean si staccò, respirando a fatica e ad occhi chiusi. Strusciò i fianchi sui suoi e in quel momento, Castiel, sentì qualcosa sulla sua gamba.

Lo guardò, ma vide che il cacciatore teneva gli occhi chiusi.

Continuò a strusciarsi sulla sua gamba per creare attrito e dei gemiti silenziosi si fecero sentire dall’interno della sua gola.

«Dean…»  Vedeva il volto sofferente del biondo, nascosto nell’incavo del suo collo, gli occhi ancora chiusi. Il cacciatore, nel sentire la sua voce, strinse ancora di più la presa sulla maglia e gli scappò un bacio sul collo. Cercò di nuovo sollievo sulla gamba e scese a baciarlo sotto la gola, con veemenza.

Castiel sentì delle sensazione molto più forti di quando le aveva vissute la sua prima ed ultima volta. Lo stesso gemito che aveva sentito da Dean uscì dalla sua gola.

Nel sentirlo, Dean, aumentò i movimenti, ormai completamente duro e, poco dopo, restò senza fiato. Castiel restò paralizzato, bocca schiusa e occhi semi aperti.

Alla fine, il biondo, si abbandonò su di lui e lo abbracciò sfinito e l’angelo lo ricambiò.

Il biondo si staccò, leggermente assonnato e Castiel finalmente riuscì a portarlo fuori.  «Ti porto a casa.»

Riuscì ad avvertire Claire, per dirle di farsi dare un passaggio da Sam. Prese le loro giacche e le chiavi di Dean.

Lo trascinò pesantemente fuori dal locale, guadagnandosi le occhiate di alcuni degli invitati che mormorarono qualcosa tra loro e poi ripresero a mangiare o a ballare. Eileen lo guardò e le suscitò un leggero sorriso, nel momento in cui vide le sue guance colorite,  tornò ad abbracciare stretto un Sam brillo, che giocava a carte su un tavolo.

Dean sfuggì alla presa di Castiel e cadde seduto sul sedile dell’Impala, con una mano sul viso, stava sudando freddo.

«Dean?»

«Mmh.»

«Stai per-» non finì la frase perché Dean si sporse e Cas fece in tempo a scansarsi e tenergli la testa, mentre il biondo svuotava lo stomaco per strada.

Prese un fazzoletto dal porta oggetti e lo asciugò, per poi sistemare il relitto in auto, mettendogli le giacche addosso, dopo aver sentito dei spasmi muscolari nell’amico, faceva già piuttosto freddo.

Dean grugnì qualcosa e Cas si mise al posto di guida accanto a lui. Si sforzò di concentrarsi sulla strada e sui segnali, nonostante le immagini di alcuni minuti prima gli balenassero continuamente in testa.

Non appena giunse di fronte alla casa del cacciatore, Castiel diede un'occhiata ad un Dean semi dormiente stravaccato sul sedile anteriore della sua Piccola. Sospirò al profilo illuminato dal lampione, guardando l'orologio che stringeva il polso del suo …migliore amico. I muscoli delle braccia, la curva morbida delle labbra. Si rese conto di volerle ancora sulla sua pelle, a riscaldarla dal freddo dell'inverno.

 

Lo prese quasi in braccio, svegliandolo lievemente e convincendolo a barcollare fino alla porta d’ingresso; per fortuna aveva le chiavi di riserva nel suo stesso mazzo di casa. Furono accolti dal tepore dell’ambiente e si fece forza per arrivare al letto.

Sprimacciò i cuscini prima di sistemarli sotto il capo del cacciatore, gli tolse le scarpe pregando di non svegliarlo e gli rimboccò le coperte fino a metà petto. Gli accarezzò la fronte sudata, scostando i capelli, sempre avvertendo quella strana sensazione allo stomaco, un formicolio tanto insopportabile quanto meraviglioso.

«Dormi bene, Dea-» 

«Veglia su di me...»  mormorò il cacciatore.

«Certo... lo faccio sempre…» Lo lasciò con una'altra carezza sul viso, seguita da un bacio sulla tempia.

«È meglio se torno a casa ora. Claire mi aspetta... chiamami se hai bisogno... okay? Chiamami... » ripeté al suo orecchio affinché lo sentisse.

L'angelo osservò la figura distesa del cacciatore, il petto che si alzava ed abbassava.

«Buonanotte, Dean... » fece una lunghissima pausa, per poi uscire.

 

*

 

Dean aprì le palpebre molto lentamente, ritrovandosi sdraiato sul proprio letto. Aveva le tempie che pulsavano tremendamente.

Mosse le braccia, sentì dei cinguettii da fuori e le ossa del collo fare uno strano ‘crack’ mentre si voltava. Avrebbe avuto un gran bisogno di massaggi in quel momento.

Si passò una mano fra i capelli in disordine, si sollevò adagio sui gomiti e scese dal letto facendolo cigolare. Con la testa che gli doleva, riuscì ad alzarsi ed arrivare al mobile per vedere l’ora sul suo orologio, ma arrivato lì notò l’oggetto ancora al polso e si diede una sorpresa sbirciatina allo specchio: occhi cerchiati di scuro, rossi e pessima cera. Chiuse nuovamente le palpebre stropicciandosi il viso. «Idiota. Sei troppo vecchio per certe cose.» si disse, strofinandosi ripetutamente la nuca di fronte al suo riflesso.

Andò diretto sotto la doccia per svegliarsi e togliersi l’odore dell’alcol e decise che avrebbe fatto un'abbondante colazione a base di frutta e pancake. Bere come una spugna non aveva giovato quella mattina, ma ricordava di essersi divertito la sera prima, almeno.

Sorrise a sé stesso, soddisfatto, tornando in camera per vestirsi e convincersi mentalmente di uscire e non dare buche per gli appuntamenti.

Mangiò dopo aver preso come prima cosa un’aspirina, ed alzato le serrande. Mentre cuoceva i pancake, l’odore fece brontolare il suo stomaco e gli fece ricordare una strana sensazione, forse dal giorno prima. Gli vennero in mente anche degli strani accenni di ricordi, come se alcuni avvenimenti fossero stati rimossi dal suo cervello e non riuscisse a focalizzarli del tutto. Assottigliò lo sguardo. «Bah, diventerai matto, amico.» chiudendo gradualmente le palpebre e riflettendo.

Sentì un sussurro e si girò verso il corridoio... ma non c’era nessuno. Era sicuro di aver sentito una voce, ma era troppo lontana e poco distinguibile per riconoscerla. La sua mente gli stava decisamente giocando brutti scherzi. Restò girato, guardandosi ancora dietro le spalle, aveva provato una strana sensazione rassicurante nel sentirla.

Portò la padella con sé sul tavolo ed iniziò a mangiare, quando iniziarono a tornargli alla memoria anche alcuni strani suoni, sensazioni piacevoli, ma nulla di particolarmente concreto.

Conoscendosi, sapeva che ci avrebbe pensato tutto il giorno, fino a che non avrebbe ricordato cosa fosse accaduto alla festa, ma doveva sbrigarsi per il lavoro, alle dieci di quella mattina, quindi cercò di finire in fretta senza procrastinare troppo.

 

 

 

Angolo di Sarandom

Hello!

Qui siamo in Post-JIB e rileggendo il capitolo,  sono un pochino meno triste.

GIURIAMO di non aver cambiato la scrittura di UNA CERTA COSA dopo il panel Cockles.

Rawr a tutti.

   
 
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