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Autore: nikita82roma    24/05/2017    2 recensioni
È la mattina del funerale di Montgomery. Kate si sta preparando per andare al distretto dove si incontrerà con gli altri prima di andare al cimitero. Riceve, però, una telefonata che cambierà la sua vita.
Genere: Angst, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Terza stagione
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Non era successo nient’altro. Né quel pomeriggio né nei giorni seguenti. Quando Castle aveva sentito che stava per perdere il controllo di se stesso, e c’era mancato veramente poco, si era subito ritratto. Era rimasta stupita quando le mani di Castle l’avevano lasciata, le sue labbra avevano liberato le proprie, aveva sentito quella distanza come qualcosa di tremendamente sbagliato e l’aveva cercato ancora, per altri baci che non le aveva negato. E poi aveva lasciato che si adagiasse di nuovo su di lui, ed aveva continuato a coccolarla ed accarezzarla, come sempre, come se nulla fosse e per Kate era tutto così inspiegabile, perché sentiva l’amore di Rick, profondo, sincero, eppure allo stesso tempo non capiva perché lui la tenesse a distanza o in realtà credeva di averlo capito fin troppo bene: non era capace lei di accettare se stessa, come potevano farlo gli altri? Lo capiva, senza ombra di dubbio. Ci sarebbe stato tempo, pensò, per trovare un punto di incontro, parlarne magari quando sarebbero stati entrambi più forti, capaci di accettarsi.

 

I giorni erano passati più spensierati e veloci di quanto Kate avrebbe mai pensato. C’erano state lunghe passeggiate, nuove gite in paese in quella caffetteria che avevano scovato un po’ nascosta in un cortile, che ogni giorno preparava delle torte diverse, tutte squisite. Beckett era convinta che la cameriera, una donna di mezza età dai modi un po’ bruschi, si era invaghita di Castle perché ogni volta gli dava una fetta più grande del normale e l’aveva notata guardarlo insistentemente dal bancone. Lui per questo gongolava molto, ma non per la fetta di torta o per le attenzioni che quella donna gli riservava, ma per la palese gelosia di Kate, anche se non aveva proprio nessun motivo per esserlo. Erano andati a sciare e Beckett era rimasta decisamente stupita nello scoprire un Caste sciatore provetto, non lo avrebbe mai immaginato così abile e agile nel percorrere le piste e lanciarsi anche nelle discese più impervie. Era passato veramente molto tempo dall’ultima volta che lei aveva sciato ed aveva avuto bisogno di un po’ di tempo per riprendere ritmo e confidenza, ma poi si erano divertiti a rincorrersi e sfidarsi, azzardandosi uno degli ultimi giorni anche nel provare una delle piste più difficili. Rick più veloce di lei, era solito precederla ed aspettarla a fine pista. Le piaceva vederla arrivare e rubarle un bacio ogni volta, prima di risalire insieme e ricominciare, ed era stato così anche per tutto quel loro ultimo giorno in montagna: Rick si era accordato, il jet sarebbe tornato a prenderli il pomeriggio successivo, così da lasciargli tutto il tempo di prepararsi con calma.

Quando Kate era scesa in quella che avevano deciso sarebbe stata la loro ultima sciata prima di fermarsi a prendere una cioccolata calda nella baita in quota e poi tornare a casa, lo aveva visto già con gli sci in mano, appoggiato alla staccionata. Non era solo, una donna bionda era al suo fianco, una mano di lei appoggiata sulla spalla e l’altra sul suo petto, mentre lui le cingeva il fianco. Era abbastanza vicina da poter vedere il sorriso di Rick e lui, invece, non si era accorto che lei si stava avvicinando. Vide la bionda voltarsi proprio nella sua direzione, poi tornare a guardare Castle ed il bacio che lei gli diede, sulla guancia, così vicino alla curva delle sue labbra e la mano di Rick scivolare sul fondoschiena fasciato dalla tuta aderente di lei che lo salutò con un ampio sorriso ed un gesto della mano al quale Castle rispose nello stesso modo, senza che Beckett riuscisse a capire cosa la donna le avesse detto per farlo infine arrossire, ed era sicura non fosse il vento ad aver dato quel colore alle sue guance.

Solo quando la bionda si fu allontanata la notò guardarlo con insistenza ed avvicinarsi con movimenti fluidi sulla neve. Kate mise al suo fianco, spostandosi bruscamente verso il basso per sganciarsi gli sci quando lui provò a baciarla. Castle non diede molto caso al gesto, interpretandolo come una semplice casualità.

- Chiederò una doppia razione di panna sulla cioccolata. Sono esausto! - Esclamò Rick prendendo gli sci ed avviandosi verso la baita mentre Kate rimaneva ferma. - Che c’è Beckett?

Si era accorto che lei non lo stava seguendo e si fermò anche lui proprio poco prima di entrare oltre il cancelletto di legno che delimitava la veranda del rifugio?

- Vorrei tornare a casa, se non ti dispiace. Sono stanca e devo preparare ancora tutto per domani. 

Lo prese in contropiede con quella richiesta, soprattutto per il tono decisamente freddo con cui glielo aveva chiesto, ma Castle annuì, tornando sui suoi passi e rinunciando alla cioccolata ed alla doppia panna. 

Kate era rimasta in silenzio per tutto il tragitto per tornare a casa. Era rimasta voltata a guardare le montagne innevate mentre scendevano a valle con la funivia: cercava di proiettare il suo sguardo oltre il riflesso del vetro che le mostrava un fin troppo premuroso Castle alle sue spalle che le accarezzava le spalle. Osservava la loro discesa con un misto di insofferenza e dispiacere. La loro vacanza stava giungendo al termine e lei si sentiva triste e sollevata allo stesso tempo: triste perché quel posto le era entrato nel cuore e per tutti i momenti belli e spensierati che era riuscita a vivere con Rick, però c’era il rovescio della medaglia, tutti i punti bui che ancora erano presenti, che non riusciva a portare alla luce e che stando lì, sola, con lui toccava ogni giorno senza essere capace di fare di più. Castle in quei giorno era stato tutto il suo mondo e la cosa non le era pesata, ma aveva paura che tutto quello fosse troppo e trovava assurdo anche per se stesso che amava ed aveva paura allo stesso tempo delle stesse cose, della stessa persona. Il suo terrore era che tutto potesse dissolversi quando si sarebbe scontrato con quelle parti di se che ancora non riusciva a metabolizzare ed accettare, che loro non potessero essere abbastanza forti dal resistere a loro stessi, a quella loro forza attrattiva che temeva fosse con la stessa potenza anche distruttiva. Sobbalzò al segnale acustico che li avvisava di essere arrivati a valle e seguì silenziosamente Castle fino al suo fuoristrada. Osservò la strada innevata che diventava sempre meno frequentata man mano che si avvicinavano allo chalet, il sole che li aveva accompagnati per tutta la giornata stava scomparendo dietro le nubi ancora prima che all’orizzonte ed il vento si era fatto più forte come testimoniavano gli alberi scossi con violenza, agitati, come lei.

Il senso di malumore che l’aveva colta nel vedere Castle con quella bionda non l’aveva più lasciata e si era unito a quello provocato dalla sua parte razionale che si dava della stupida da sola. Eppure non poteva fare nulla per evitare che la sua mente creasse immagini e proiezioni nate dal nulla, perché desse un senso sbagliato a tutto: perché Castle sorridente con quella donna gli era sembrato addirittura giusto, giusto per lui. Una donna più facile, una donna senza tutti i suoi problemi, senza i suoi tarli.

Arrivati era corsa in casa, al piano superiore, con la scusa di voler fare la valigia. Gli aveva detto di non aspettarla, che avrebbe letto un po' lì su quelle poltrone davanti alla grande vetrata con la vista sul villaggio. Voleva solo stare sola, in realtà. Riconosceva chiari quei segnali che per mesi l’avevano accompagnata e che ora voleva combattere in ogni modo, non voleva chiudersi in se stessa, ma era una battaglia contro il suo istinto. Buttò i vestiti alla rinfusa nella valigia, pensando che, il giorno successivo a quell’ora, sarebbe stata a casa, sola. Perché forse era giusto così, avere spazio e provare a respirare, da sola. Le mancava in realtà già l’aria e si maledì per questo. Prese il telefono per controllare l’orario e scorse la foto che avevano fatto in quei giorni: il sorriso sincero di Rick ed il suo, sempre troppo tirato. Si odiava per non riuscire ad essere quello che avrebbe voluto per lui, si odiava per non riuscire ad essere di più e si odiava per aver rovinato quella loro ultima giornata lì, per quella cioccolata con la panna che non avevano preso, perché lui era solo davanti al fuoco e lei era lassù ad odiarsi perché si odiava per tutto quello che non era e che era convinta non sarebbe mai riuscita ad essere più. Si rifugiò in bagno, pensando che una doccia le avrebbe fatto bene, magari si sarebbe calmata un po' e poi sarebbe tornata da lui anche se non sapeva come giustificarsi, anche se era convinta che lui non le avrebbe chiesto nulla. 

Si spogliò velocemente attenta come sempre a non guardarsi allo specchio più del dovuto, ma prima di entrare nella doccia, l’occhio le cadde sul suo corpo, su quei segni che tracciavano una linea di demarcazione netta tra quella che era stata e quella che non era più. Rimase a fissarsi in silenzio, toccando quei segni che tanto odiava, di quel rosa più intenso, dove la pelle era più liscia e rimase sorpresa dalla sensazione provata nel non riconoscere il proprio tocco sulla pelle come se la toccasse un estraneo, come se quella linea non fosse la sua, sul suo corpo, come se quella parte insensibile si fosse staccata da lei. Dopo mesi era la prima volta che trovava il coraggio di farlo e questo non l’avvicinò a se stessa, ma anzi si sentì ancora più lontana: quei segni non le erano estranei solo alla vista, ma anche al tatto. 

Il rumore della porta che si aprì la fece scattare e benché fosse interamente nuda, portare le mani a coprirsi i seni e quei segni.

- Castle ti prego vattene! - gli disse risoluta e spaventata allo stesso tempo. Lui imbarazzato si voltò.

- Scusa è che… ti ho chiamato, non mi hai risposto… ho pensato che… avessi bisogno di aiuto, non so… scusami…

Si girò per guardarla e la trovò mentre cercava frettolosamente di coprirsi con un asciugamano, ma il suo nervosismo le impedì di compiere quell’azione con la giusta coordinazione ed il telo scivolò di nuovo a terra. Kate si piegò velocemente per raccoglierlo e lo stesso fece Rick per aiutarla. Lei provò a prenderlo ma lui fu più veloce e lì piegati in quel bagno i loro occhi si incontrarono di nuovo, e Castle vide negli occhi di Beckett una paura che non sapeva decifrare. Le porse l’asciugamano e lei se lo legò sotto le ascelle nascondendosi allo sguardo di lui che scendeva sul suo corpo.

- Non mi guardare, ti prego. - e glielo disse proprio come una preghiera, nascondendosi ancora con le parole, la stoffa e le braccia.

- Sei bellissima Kate.

- Non lo dire, Rick, tu non hai…

Castle la guardava spostando velocemente lo sguardo su quello di lei lasciato scoperto: la linea delle spalle, le braccia, le lunghe gambe, per poi tornare al suo volto, alle labbra che si mordicchiava nervosa, agli occhi impauriti. Le posò un dito sulla bocca facendola tacere.

- Sei bellissima.

Le si avvicinò baciandole le labbra e poi scendendo sul collo e poi sulla spalla. Respirò profondamente, sospirando sulla sua pelle, facendola rabbrividire con il calore del suo respiro mescolato all’umido dei baci. 

- Kate io… io ti amo… 

Fu lei questa volta a deglutire rumorosamente mentre lui si era spostato da una spalla all’altra, riservandole le stesse attenzioni e sapeva bene che quelle sue parole volevano dire anche altro. Lo aveva capito dal suo tono della voce, così diverso, più basso, più ansioso.

Senza dirle nulla Castle mise le mani sul nodo dell’asciugamano e lo stava per sciogliere quando Kate lo bloccò.

- Non dovresti vedere… Non sono più… 

Non fece in tempo a finire la frase perché lui aveva già slegato la stoffa ed era scivolata ai suoi piedi e le aveva preso le mani, obbligandole ad intrecciare le dita con le sue. Non si mosse, la guardò fisso solo negli occhi, in quella sfida di sguardi nel quale non ci sarebbe stato un sconfitto. Aspettava che lei fosse pronta, per essere guardata, per essere amata come lui voleva. Aspettò guardandola mentre lei ora stringeva le sue mani con più forza e Rick annuì, rispondendo alle sue domande silenziose alle sue paure che non riusciva ancora a raccontargli. Ma lui le disse di sì, a tutto, anche a quello che non sapeva. Le disse sì a tutto quello che voleva e poi anche lei disse sì a tutto quello che voleva lui e lo ripetè non solo con un gesto, ma a parole, in un sorriso e lasciò libere le mani di Castle, libere di toccarla come lui voleva e di baciarla dove lui voleva.

 

Era già tramontato il sole, le temperature precipitate, nevicava con insistenza ed il vento soffiava violento, ma tutto questo a Castle e Beckett non importava. La tormenta era chiusa al di fuori di quelle mura era lontana dal letto dove Rick aveva fatto distendere Kate, era lontana dalla bocca di lui che attraversava il suo corpo, esplorandolo come non aveva mai fatto, come avrebbe voluto fare da tempo. Kate teneva gli occhi chiusi mentre lasciava che lui cercasse di farle capire a gesti quello che le parole non potevano dire e sussultò quando lo sentì indugiare sulla cicatrice sul fianco, provocandole una sensazione più familiare del suo stesso tocco e poi lo sentì spostarsi tra i suoi seni baciandola proprio lì su quel segno rotondo quasi perfetto, in quel centimetro più in là che aveva fatto tutta la differenza del mondo. Lo baciò a lungo, ripetutamente, appoggiandosi poi proprio lì, come se volesse riposarsi, come se anche per lui le emozioni fossero troppe. Sentì le mani di Kate tra i suoi capelli accarezzarlo ed allora si sollevò a guardarla: aveva sempre gli occhi chiusi e li aprì solo quando sentì le labbra di lui sulle proprie. 

Beckett infilò le mani sotto il maglione di Castle, tirando la maglietta e scoprendo un lembo di pelle. Fu lì che andò a fermarsi prima di risalire sul torace, fino ai pettorali e poi fare il percorso inverso, sulla schiena ampia. In un movimento rapido, poi, lo lasciò a torso nudo, sospirando alla vista del suo petto e poi godendosi lo spettacolo di lui che si stava slacciando i pantaloni senza smettere per un solo istante di guardarla. Li tirò via facendoli finire in un punto imprecisato della stanza, con tutto il resto prima di ritornare su di lei.

- Dio mio Kate, non hai idea da quanto voglio questo momento… quanto ti voglio… - Le disse riprendendo a baciarla lì dove aveva smesso, scuotendola di brividi.

Le parole di Rick sciolsero quel nodo allo stomaco che la bloccava e si sentì stupida per tutte le paure che aveva avuto fino a quel momento. Le mani e la bocca di Castle si muovevano in perfetta sincronia e Beckett si godeva ogni singola emozione che lui le concedeva, baciandola, mordicchiandola, stringendola mentre lei teneva le mani tra i suoi capelli, massaggiandogli la nuca. Poi si bloccò. 

- Castle ti prego no… - Lui si alzò allarmato a guardarla. Le mani ora stringevano forte le lenzuola. - … questo no.

Era sceso più giù dei seni, era arrivato a baciarle il ventre, in quell’unico gesto più intimo che di tanto in tanto si era concesso, e proprio come in quel momento, lei gli teneva le mani tra i capelli mentre lui accarezzava e baciava la sua pancia ancora piatta. La guardò per un istante, poi non curante delle sue parole si piegò a baciarla lì ancora e ancora e ancora fino a quando non la sentì singhiozzare. Solo allora smise e si sdraiò al suo fianco, prendendole il volto tra le mani e baciandola dolcemente sulle labbra. La baciò fino a quando non si calmò e l’avrebbe baciata fino a quando non avesse smesso di piangere anche se questo avrebbe voluto dire continuare fino al mattino. La sentì infine stringersi a lui e ricambiare i suoi baci, sentì le sue gambe intrecciarsi con le proprie e i singhiozzi diventare sospiro mentre avida cercava ossigeno tra le sue labbra. 

Castle ricominciò dove si era interrotto riprendendo ad esplorare il corpo di Beckett volendo assaporare ogni centimetro della sua pelle. Ora, però, era lei a sembrare impaziente: voleva lui come forse non lo aveva mai voluto, non così coscientemente. Non era solo la passione di un momento, ma un sentimento maturato e cresciuto nei mesi che ora, liberato, non poteva più aspettare. Castle sembrò capirla perché in realtà anche lui non voleva altro che lei con la stessa impazienza e lo stesso desiderio. Fu come era già stato una volta e come non era stato mai. Fu annullarsi l’un l’altro e rinascere insieme. Fu tutto e nulla, la somma di tutte le emozioni e l’annientamento delle paure. Fu l’esplosione del piacere represso troppo a lungo. Fu un lungo sospiro ed un “ti amo” urlato al silenzio. Fu linfa vitale dove Beckett pensava non poter sentirsi viva ancora. Fu amore per Castle dopo aver pensato di averlo perso. Furono loro ed era di più di tutto il resto e dopo furono altri baci, mani intrecciate, respiri che si confondevano, abbracci infiniti in un groviglio di corpi. 

- Non te ne andare. Non mi lasciare. - Gli disse Kate tremando tra le sue braccia e Rick non sapeva se era freddo, piacere o paura ma la coprì con il suo corpo prima ancora che con il piumone e la strinse a se baciandola ancora, sapendo che l’unico modo per rassicurarla era farla svegliare la mattina dopo così come era in quel momento.

- Starò con te per sempre. - Ed era la promessa che Castle voleva mantenere più di ogni altra.

   
 
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