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Autore: Elykei    24/05/2017    1 recensioni
Questa è la storia di Margherita.
Margherita ha 18 anni, un fratello minore rompiscatole, una mamma un po' particolare e un pappagallo di nome Pietro.
Come ogni diciottenne Marghe si presta ad affrontare gli esami di maturità e accanto a lei c'è una classe di 17 individui considerati da tutti scalmanati ed immaturi.
L'intera terza D però si ritroverà obbligata a dover crescere tutta d'un colpo, perché la società ti dice che a 17 anni non sei abbastanza maturo da poter compiere scelte da solo, ma appena ne fai 18 devi decidere del tuo intero futuro.
Questo è il racconto delle vicissitudini di una ragazza come tante altre che insieme a compagni di classe ed amici affronta la vita, quella vita segnata da piccole difficoltà che sembrano montagne e grandi gioie che a volte non bastano.
Ma infondo vivere vuol dire questo: affrontare alti e bassi e andare avanti perché come diceva Jovanotti la vertigine può anche essere semplice voglia di volare.
Questa è la mia prima storia, spero che vi piaccia.
Il rating è arancione più per scurezza che per altro.
P.s. naturalmente qualsiasi commento sarà sempre ben accetto!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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19 Amicizia > Chimica.

La musica cambiava e noi continuavamo a ballare, arrivammo alla terza canzone prima che Raffaele si fermasse.

- Non riesci più a starmi dietro? -. Chiesi ancora ridendo.

- Dobbiamo tornare da Diego, Luisa è qui -.

- Dove? -.

Raffaele mi prese un polso e mi spostò in direzione dei divanetti, seduta accanto a Diego, con una gamba sulle sue ginocchia, c’era una ragazza minuta dagli occhi castani e il sorriso accattivante.

Corsi a prendere un drink dal bancone del bar e poi mi precipitai lì, con Raffaele che mi seguiva a ruota.

Lo sguardo di Diego era quello di cento giorni passati rileggendo messaggi e aspettando chiamate, eppure non riuscivo a preoccuparmi per Annamaria.

Forse perché in quei suoi occhi più che mancanza riconoscevo rimpianti, e più che speranza, delusioni.

Forse perché al Fiji, con Annamaria, non c’era stata tutta quella amarezza nel sorriso, ma solo spensieratezza e contentezza.

Forse perché credevo nei secondi amori, o forse ero solo una ragazzina ingenua, fatto sta che quando mi avvicinai al gruppo feci la mia parte solo perché lo avevo promesso e non perché lo ritenessi realmente necessario.

Arrivai con passo sicuro e mi accostai a Diego accarezzandogli i capelli alla base della nuca, quando lui alzò lo sguardo sorrisi e gli porsi il cocktail – Negroni, vuoi un sorso? -.

- Certo, grazie -. Rispose lui ricambiando il sorriso.

Pareva un tantinello stranito dall’improvvisa vicinanza, io spostai la cannuccia così che il suo volto fosse nascosto dallo scrutinio di Luisa, per quanto ne sapeva lei Diego poteva avere uno sguardo adorante in quel momento.

Feci per sedermi sul divano, lo spazio era un po’ stretto così i due dovettero spostarsi e nel farlo Luisa fu costretta a togliere la gamba da quella di Diego.

Avevo interrotto la conversazione, gli avevo distratti e poi allontanati a livello fisico, non mi restava che presentarmi.

Tesi la mano verso la ragazza castana – Piacere Margherita -.

- Luisa -. Rispose stringendola brevemente.

Per caso per lei non era un piacere?

- Devi essere un’altra dei vecchi compagni di Diego -.

- Sì, eravamo nella stessa classe -.

- Oh carino -.

- Tu invece sei una faccia nuova -. Continuò con fare indagatore.

Poteva benissimo avermi detto ‘’che diavolo ci fai qui?’’, perché lo scopo era quello: capire in che rapporti io fossi con Diego.

- Sì. È la prima volta che vengo, mi ci hanno portata i ragazzi -.

- Quindi conosci anche Raffaele -.

La risposta a quella domanda era importante: se avessi detto semplicemente sì, mi avrebbe classificata come un’amica. Se avessi marcato troppo sul mio rapporto con Diego, lui avrebbe potuto mandare all’aria tutto.

Decisi allora per un: – A dire il vero è proprio lui che ci ha fatti conoscere -.

Era abbastanza vicina alla realtà da non allarmare Diego e inoltre avevo riportato l’attenzione su me e lui anziché spostarla su Raffaele.

- Ma che bello -. Commentò Luisa, per niente entusiasta.

Mi trattenni a stento da scoppiarle a ridere in faccia, i suoi obbiettivi erano così palesi.

Parlai a Diego, escludendola dalla conversazione – Ho scoperto che il barista è bravissimo con questi -.

- Grazie al cielo, è il mio drink preferito -.

- Lo so -. Sorrisi e gli feci bere qualche altro sorso. Avevo azzeccato il cocktail giusto, a quanto pareva anche la fortuna mi stava dando una mano.

- Che avete combinato di là tu e Raffaele? Siete stati via per una vita -.

- Sei forse geloso? – Ammiccai io.

- È geloso di me -.  Si intromise Raffaele. In quel momento capii che come spalla non era male, aveva scelto le parole giuste, infatti l’amico avrebbe sicuramente reagito a quello scherzo canzonandolo, e di conseguenza sarebbe sembrato a tutti gli effetti geloso.

Non avrei dovuto essere tanto sorpresa dall’efficienza di Raffaele. Egli era sì pigro e rude, però nei momenti giusti Raffaele aveva dimostrato di sapere come rendersi utile, come quando aveva aiutato durante la ricerca di Debora.

Diego si attenne alla previsione e disse - Sì, tra te e la bellissima ragazza seduta al mio fianco sei sicuramente tu colui che occupa i miei pensieri -.

Gli diedi un bacio molto leggero sulla guancia, così che dal punto di vista di Luisa la cosa non fosse evidente, lei vedeva solo il mio viso illuminato che toccava quello di Diego.

La maggior parte delle volte un sorriso che sfiora la pelle di un altro, è molto più intimo di un bacio.

Dovette pensarlo anche lei, perché la intravidi spostare lo sguardo di scatto, era stizzita.

Una delle sue amiche notò il fastidio di Luisa e la allontanò, probabilmente per distrarla dalla situazione che le era sfuggita di mano.

Raffaele ci indicò si fargli spazio e io finii per ritrovarmi seduta tra i due.

Mi feci indietro il più possibile in modo che tutti potessero partecipare ad una eventuale conversazione, Raffaele mi fece l’occhiolino, si stava congratulando per la mia recita.

Risposi allo stesso modo, per il momento eravamo al sicuro.

Diego riprese il discorso di poco prima - Sul serio comunque che avete fatto? Pensavo vi foste imboscati -.

- Ti assicuro che eravamo in piena vista -. Dissi io.

- Stavamo ballando -. Replicò contemporaneamente Raffaele.

- Okay – Diego trascinò la o per molti più secondi del necessario – Avete risposto troppo in fretta, che mi nascondete? Siete per caso andati veramente a fare cose zozze in un angolo buio della villa? -.

Alzai gli occhi al cielo - Cose zozze? La verità è che il tuo amico qui non vuole ammettere che è quasi finito col sedere per terra -.

- Questo può avvalorare la mia teoria -.

- Dai! -.

- Riascolta la conversazione in mente e vedrai che ho ragione -.

- Eravamo vicino al bar, abbiamo ballato, e lei ha pensato bene di farmi fare un casquè, ignorando i suoi sette centimetri di meno e ogni legge della fisica -. Dichiarò Raffaele.

- Dovresti darmi ripetizioni anche in fisica, dato che pensi che io faccia tanto schifo -.

- Non esiste abbastanza tempo al mondo per rimediare anche a quello -.

Avevo voglia di tirargli un pizzicotto sul braccio, ma in quel caso mi avrebbe sicuramente criticato per i modi maneschi e avremmo iniziato un’altra discussione che non ero certa di poter vincere, allora mi limitai a commentare – Il tuo umorismo diventa sempre più piacevole – con buona dose di sarcasmo.

- Margherita dovresti tener pronta una telecamera quando cose come quella accadono. Voglio ogni episodio imbarazzante riguardante Raffaele registrato -. Comunicò Diego.

- La prossima volta me ne ricorderò -.

Nel corso della serata dovetti intervenire solo un’altra volta per allontanare Luisa.

La cosa non mi faceva piacere, comportarmi in quel modo e, in un certo senso, marcare il territorio era un comportamento infantile che mi ero lasciata alle spalle già dai tempi delle medie.

Una promessa era però una promessa, almeno fintanto che non feriva nessuno.

Luisa era certo infastidita dalla cosa, dubitavo però fosse anche realmente dispiaciuta dal mio immaginario rapporto con il ragazzo dai riccioli d’oro.

Arrivarono le quattro di notte e la serata finì.

Raffaele lasciò Diego a casa sua e poi accompagnò me.

Ero piuttosto distrutta, la giornata era stata impegnativa, e le ore di sonno di quella notte sarebbero state limiate dal fatto che il venticinque c’era il pranzo di Natale. Mi sarei dovuta svegliare alle dieci anche solo per apparecchiare la tavola.

Indossai il pigiama e aspettai che Raffaele mi assicurasse di essere arrivato a casa.

Non era il mio migliore amico, ma non ero certo un mostro, non avrei riposato finché non fossi stata sicura che tutti fossero nelle loro case.

Ci vollero pochi minuti prima che il cellulare squillasse.

Un nuovo messaggio da Raffaele 04:16:

Arrivato. Grazie per l’aiuto, stasera sei stata perfetta.

Mi stesi sul letto ancora truccata, cosa che mi capitava anche fin troppo spesso, e così mi addormentai.

Il giorno successivo passò in fretta, succedeva sempre così con i giorni di festa.

Ricevetti un gioco per la console da mio fratello, che in pratica aveva fatto un regalo sia a me sia a sé stesso, ed un buono per fare shopping da parte di mia mamma.

I vari parenti mi diedero soldi, e occasionalmente un pigiama o un maglioncino.

Arrivò il giorno di una nuova lezione da Raffaele, lui non conosceva pause Natalizie!

Quella lezione però fu diversa dalle altre.

Come sempre dopo essere entrata andai in cucina, ma lì già mi aspettava la prima differenza.

Sul tavolo c’era una scatola, sommariamente avvolta in una carta regalo con dei piccoli babbi natale.

Guardai il mio ospite – E quello cos’è? -.

Non mi degnò di risposta, effettivamente la cosa era piuttosto chiara.

Scartai curiosa il regalo, dentro ci ritrovai un contenitore in cartone, poco più piccolo di uno per le scarpe. Lo aprii e finalmente riuscii a vedere il regalo vero e proprio: era un pupazzo.

Un piccolo peluche di una tartaruga, il corpo verde, il guscio di una tonalità più scura e gli occhioni azzurri brillantinati.

- Non so che dire, non mi aspettavo un regalo, io non ti ho fatto niente -.

- Non te lo aspettavi da me, vuoi dire -.

Socchiusi gli occhi sorridendo - Già -.

- È solo un modo per ringraziarti dell’aiuto che mi hai dato con Diego -.

- Non dovevi, davvero -.

- Se non ti piace posso riprendermelo -.

Mi portai il pupazzo al petto con fare protettivo – Non ti azzardare, è un regalo, non puoi chiedermi di ridartelo -.

Alzò le mani – Non l’ho fatto -.

- Bene -. Mi sedetti difronte a lui, e ricordai di non averlo ancora ringraziato – Oh, comunque grazie, mi piace un sacco! -.

- Mi fa piacere, ora mettiamoci a lavoro -.

Lo fissai per qualche momento a bocca aperta, era incredibile quanto potesse essere concentrato sul suo lavoro nonché mio studio. Era tornato al suo vecchio essere in quindici secondi.

Chissà se era un record.

A metà lezione ci interruppe una chiamata, era Gennaro.

Sapeva che avevo da fare, perciò ero sicura che la chiamata aveva una motivazione valida.

Chiesi a Raffaele di scusarmi e risposi.

- Pronto, Genna? -.

- Ehi Marghe -.

- Sì? -.

- Puoi parlare? -.

- In realtà sono da Raffaele, ma se non può aspettare dimmi -.

- È per Delia, credo sia successo qualcosa con i suoi -.

- Qualcosa cosa? -.

- Penso lo sappiano -.

Mi ammutolii, quella frase poteva riferirsi solo ad una cosa.

 - Margherita, ci sei? -.

- Ne sei sicuro? -.

- Mi ha mandato un messaggio Gabriella dicendo che Delia non le risponde da due giorni, ho provato a chiamarla anch’io, però nulla. Dieci minuti fa mi ha scritto che non poteva rispondere e che quello non era il momento adatto -.

- Dov’è ora? -.

- Non ne sono certo, ma penso sia a casa sua -.

- Okay, ti chiamo dopo -.

- Sì, tienimi aggiornato, ciao -.

Iniziai a rimettere in borsa tutte le mie cose, Raffaele mi guardava inquisitorio.

- Tutto bene? -.

- Eh? Sì, scusa. Devo andare. Possiamo recuperare un altro giorno? -.

- Certo, tranquilla. Vuoi che ti dia un passaggio da qualche parte? -.

Per raggiungere casa di Delia un’auto sarebbe stata perfetta, perciò accettai.

Raffaele non face nessuna domanda, probabilmente aveva capito che in quel momento non avrebbe ottenuto ulteriori informazioni.

Quando scesi dall’auto nemmeno lo salutai, troppo in pensiero per Delia.

I genitori della mia migliore amica erano molto religiosi, per loro scoprire di avere una figlia omosessuale era certamente uno shock.

Non temevo che le facessero del male, né tantomeno che la rinchiudessero in casa, ma sapevo che Delia provava un profondo affetto nei loro confronti, e che il loro giudizio era fondamentale. Forse tra lei e i suoi genitori la più turbata era Dede.

Provai a chiamarla.

Non rispose, era perché era ancora arrabbiata con me?

Suonai al citofono.

- Chi è? -.

- Sono Margherita, Delia è in casa? -.

Dopo circa un minuto pensai suo padre non mi avrebbe più risposto, poi però mi disse – È in camera sua, sali pure -.

Delia non mi stava aspettando, eppure quando mi vide entrare nella sua camera non parve stupita.

Era seduta sul davanzale, che con un cuscino fungeva da divanetto, ascoltava la musica.

Si tolse una cuffia, mentre io mi sfilavo le scarpe per accomodarmi sul letto a gambe incrociate.

- Gennaro? -.

- Ti aspettavi che non me lo dicesse? -.

Sorrise, non un sorriso vero, ma uno di quei suoi sorrisi a metà che volevano dire che da un lato ci aveva sperato, mentre dall’altro aveva auspicato il risultato opposto.

- Possiamo fare una tregua? -.

La mia amica sospirò, poi annuì.

- Come è successo? -.

- Una tizia che frequenta la stessa chiesa dei miei mi ha vista con Gabriella al centro commerciale tre giorni fa -.

- Due amiche che fanno shopping il giorno di Natale, che c’è di sospetto? -.

- Due ragazze che si baciano in un camerino -.

Feci un verso incredulo – In un camerino? Stavate girando un porno di serie B? -.

- Ogni porno ha qualcuno che lo considera di serie A, è il bello delle perversioni private. E comunque la tenda era chiusa, non è colpa mia se la signora dallo sguardo lungo spia tra le fessure -.

- Che schifo, maniaca -.

- Eppure nella sua mente bacata sono io quella che fa cose indegne del Signore, stronza -.

- Potremmo sempre deturparle la macchina -.

- È una sessantenne che gira in autobus -

- Meglio, hanno le anche estremamente fragili quelle -.

Riuscii a farla ridere, poi però il suo sguardo tornò triste.

- Come hanno reagito? -.

- Mamma non mi parla, papà dice che ha solo bisogno di tempo e nel frattempo mi ha candidamente consigliato di smettere di frequentare la ragazza del camerino, che naturalmente non ha nome al di fuori di quello ormai -.

- Per questo ora ignori Gabriella -.

Abbassò lo sguardo, era ferito – Solo per un po’. Il tempo di far calmare le acque -.

- E poi cosa? Tornerai a nasconderla dentro ad un H&M? -.

Tenne gli occhi fissi, lontano dai miei. - Hai una idea migliore? -.

- Tuo padre ha detto di dar loro del tempo. Potrebbero accettarlo -.

- Passerebbero il resto della vita a guardarmi come se in me ci fosse qualcosa di sbagliato -.

- Quindi credi che fingere di essere ciò che non sei aiuterebbe? Che piani hai, manterrai la finta relazione con Gennaro? Al matrimonio voglio fare da testimone ad entrambi, devo controllare se è legale -.

- Che vuoi che faccia? -.

- Io nulla, non sta a me decidere quali sono le tue priorità -.

- La cosa più importante per me saranno sempre le persone a cui tengo, lo sai -.

- Come per dire che Gabriella non conta? -.

- Gabriella è importante. Loro però sono la mia famiglia -.

Le toccai una spalla, mi guardò – E tu sei la loro. Magari ci vorrà un po’ perché non se lo aspettavano, ma tu resti la loro figlia -.

- A volte temo che non basti -.

L’abbracciai.

Non potevo promettere che i suoi genitori avrebbero accettato la cosa con gaudio e che tempo un paio di settimane Gabriella avrebbe partecipato al pranzo della domenica.

Non ne avevo diritto.

Passammo le due ore successive l’una accanto all’altra, ad ascoltare canzoni del suo cellulare.

Era quasi arrivata ora di cena quando andai a prendere un bicchier d’acqua. In cucina c’era Rossana, la madre di Delia.

Mi salutò, mi chiese se in famiglia stavano tutti bene, poi fece un commento sul tempo degli ultimi giorni.

Risposi con calma, mostrarmi nervosa avrebbe potuto peggiorare la situazione.

Con altrettanta calma presi la parola dopo una pausa particolarmente lunga.

- Delia sembra un po’ giù di morale -.

- Ah sì? -. Replicò Rossana ostentando noncuranza.

- Sì, non sa bene come affrontare questa storia -.

- Non dovrebbe esserci nulla da affrontare -.

- Invece c’è, e questo silenzio la fa star male, voi avete sempre avuto un buon rapporto, perderlo per Delia sarebbe devastante -.

- Certo. Un rapporto perfetto basato sulla fiducia e sulla consapevolezza, - fece una smorfia che trasudava scherno – Peccato che a lei mancasse la prima e a me a quanto parte la seconda -.

Era da questo che era rimasta delusa? Dal fatto che la figlia le avesse mentito?

- Se Delia ha evitato di parlare di alcuni lati della sua vita in passato, è stato solo perché aveva paura di essere rifiutata, e a ragione dato come state reagendo tutti -.

Rossana puntò il suo sguardo severo dritto su di me - Margherita sei una ragazza tanto cara, e non ho mai limitato la tua amicizia con Delia anzi, ti ho accolto come fossi figlia mia. Ora però stai superando dei limiti che non ti competono. Credo tu debba tornare a casa, altrimenti rischi farai tardi per cena -.

Tacqui, non volevo rischiare che mi escludesse forzatamente dalla vita della figlia.

- Vado a portarle l’acqua e a salutare -.

La donna annuì.

Feci una lunga passeggiata prima di tornare a casa, mamma non sarebbe comunque rincasata prima delle nove e mezza, quindi la cena non sarebbe stata in tavola prima delle dieci.

La situazione era davvero complessa, e non ero certa di avere gli strumenti necessari ad aiutare la mia amica.

Provando a parlare con sua madre avevo quasi rischiato l’irreparabile.

Da un certo punto di vista potevo anche capirla, ai suoi occhi infondo, io non ero altro che una ragazzina che si intrometteva in questioni private, ma cosa avrei dovuto fare, star zitta mentre Delia soffriva?

Telefonai a Gennaro per riferirgli ogni cosa per filo e per segno.

Alla fine del mio racconto parlò lui – Marghe capisco che tu l’abbia fatto con le migliori intenzioni, ma forse al momento la cosa migliore è solo stare accanto a Delia. Sia che decida di rinunciare definitivamente a Gabriella, che se decida di restare fedele al proprio cuore e affrontare i genitori a spada tratta, avrà bisogno di qualcuno pronto a confortarla e sostenerla. E io penso debba essere quello il nostro ruolo -.

Concordai con Gennaro, seppur a malincuore, poi tornai a casa.

Non c’era più niente che potevo fare per quella sera.

   
 
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