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Autore: nikita82roma    24/05/2017    6 recensioni
Rick ha detto a Kate che non sarebbe stato a guardarla mentre buttava via la sua vita. È tornato a casa dopo la consegna del diploma di Alexis quando sente bussare alla porta del loft. Ma non è Kate, è Esposito che lo avvisa che Beckett è in ospedale gravemente ferita. Si parte da "Always" ma il percorso poi è completamente diverso.
FF nata da un'idea cristalskies e con il suo contributo.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Rick Castle, William Bracken | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Nei giorni successivi avevano provato a rintracciare i familiari di Price. Erano riusciti a parlare solo con l’infermiera che si occupava della madre, affetta da qualche tempo da una forma aggressiva di Alzheimer, anche se le avessero detto cosa era accaduto al figlio, non lo avrebbe sicuramente capito, sempre che si ricordasse di lui. Avevano scoperto che aveva una sorella, della quale non aveva mai parlato. Lavorava a Seattle ed aveva chiesto se potevano aspettare per organizzare il funerale. Caroline Price arrivò due giorni dopo, insieme ai suoi figli. Aveva qualche anno più di Nick e due figli già adolescenti. Ebbe modo di parlare con i suoi colleghi, spiegando come da anni i rapporti tra lei e la sua famiglia fossero quasi inesistenti, sapeva a mala pena che lui era entrato in polizia e non lo vedeva più o meno da quel periodo. Aveva lasciato la famiglia per seguire il suo fidanzato quando aveva poco più di vent’anni e si era trasferita dall’altra parte dello stato. I suoi genitori non avevano mai approvato quella scelta di lasciare l’università e un brillante futuro da avvocato, come volevano loro, per il suo ragazzo musicista che poi non aveva mai sfondato. Non si era mai pentita, amava suo marito e i suoi due ragazzi, aveva un lavoro che le piaceva e la vita che voleva, si era solo allontanata da tutti per non sentire le solite prediche, anche da quel fratello che non gliene aveva mai fatte, perché in fondo era più comodo così, anche se in molti leggevano nei suoi occhi un velo di tristezza e molti rimpianti. Quei due ragazzi erano visibilmente a disagio a stare lì in quel distretto tra poliziotti tristi per una persona che non avevano mai conosciuto. 

Prima del funerale Caroline ebbe modo di parlare anche con l’avvocato di Nick che le aveva dato il suo testamento dove la dichiarava sua unica erede. Era il segno che, a distanza di tanti anni, nonostante tutto, lui non si era mai dimenticato di lei, anche se non l’aveva mai cercata ed aveva rispettato la sua scelta di allontanarsi. Kate poi ebbe modo di raccontargli anche quel poco che sapeva della vita di suo fratello, di sua moglie Claire e di quello che le era successo. Evitò solo tutta la parte più oscura, quella sarebbe rimasta un segreto tra loro, come per Roy, dovevano essere solo ricordati per quello che avevano fatto di buono, il resto non contava.

 

Kate provò un brivido nel tirare fuori la divisa. Era nuova, non l’aveva mai usata. Si vestì meccanicamente senza guardarsi mai. Si raccolse i capelli con cura prima di indossare il cappello. Quando Rick uscì dal bagno e la vide faticò a respirare. Gli sembrava di essere stato stappato al presente e trasportato indietro nel tempo, ad un incubo che per mesi lo aveva tormentato.

- Lo devi proprio fare tu il discorso per Nick? - Le chiese Castle avvicinandosi.

- Lo hai detto tu, non dobbiamo farci condizionare dalla paura.

- Lo so, ma… - Le accarezzò il viso, scendendo con la mano più in basso, fino a fermarsi sul suo petto. Rick chiuse gli occhi sforzandosi di respirare lentamente. Kate poggiò la sua su quella di lui e trattenne il respiro qualche istante per fargli sentire meglio il suo cuore che batteva forte, che batteva per lui. Si era convinta col tempo che se era sopravvissuta ed aveva lottato lo aveva fatto per quelle parole che aveva sentito poco prima di perdere i sensi, che era stato lui con il suo amore a tenerla a galla, a non farla arrendere ad un destino che sembrava segnato. Lo baciò, sorprendendolo e con i guanti bianchi in mano aspettò che finisse di sistemarsi la cravatta nel suo impeccabile completo nero.

 

Consegnarono alla sorella e ai nipoti di Price la bandiera ed il distintivo di Nick e tutti provarono un brivido quando Kate, impeccabile nella sua uniforme si avvicinò al palchetto per leggere quelle poche righe che aveva preparato per il suo collega. Gli occhi di Castle, e non solo i suoi, perlustravano tutto lo spazio davanti a loro intenti a trovare anche solo una minima traccia di qualcosa di sospetto. La Gates, per sicurezza, aveva fatto bonificare tutta la zona quella mattina stessa, non voleva che si ripetesse nessuna spiacevole situazione ed aveva messo degli agenti a protezione di quel quadrante di cimitero, e degli altri a presidiare tutte le zone che potessero dare una visuale pulita sulla cerimonia. Così quelle bandiere messe lì intorno a sventolare non erano solo un segno patriottico per un detective morto in servizio, come ufficialmente era stato Nick, ma un modo per disturbare qualsiasi male intenzionato che avesse voluto colpire dalla lunga distanza.

- Conoscevo il detective Price da poco tempo, troppo poco per averlo conosciuto bene, però in questi pochi mesi ho capito con lui che le apparenze spesso ci fanno confondere e che ognuno di noi ha una storia personale che lo segna più di quanto vorrebbe far vedere agli altri. Nick mi ha fatto capire come sia impossibile decidere di lasciar fuori dalla nostra vita alcune persone, perché ci sono quelle a cui siamo legati anche contro la nostra volontà e dobbiamo rassegnarci all’idea che non le potremo mai escludere, perché saranno sempre parte di noi. Mi ha fatto capire come nella vita sia più difficile e coraggioso scegliere di vivere, nonostante tutto, che rischiare di morire. Ma soprattutto il detective Price mi ha confermato, ancora una volta, che una persona non va giudicata dai suoi errori, ma dal modo in cui cerca di porvi rimedio.

Molti furono toccati dalle parole di Kate, altri non le capirono. I due nipoti tenevano gli oggetti dello zio mai conosciuto e si guardavano intorno perplessi. Castle fu solo felice quando la vide scendere da lì ed andarlo ad abbracciare.

- Va tutto bene Castle… va tutto bene… - Gli mormorò mentre gli lasciò un bacio sul collo stretta tra le sue braccia e a lui sembrò di aver ricominciato a respirare in quel momento.

 

Aspettarono che la cerimonia terminasse salutando ancora una volta Caroline ed i figli che sarebbero ripartiti subito, il loro aereo per Seattle partiva solo dopo qualche ora ed Esposito e Ryan si offrirono per accompagnarli in aeroporto.

- Castle, vorrei presentarti ad una persona, ti va di venire con me? - Aveva intuito che dietro alla proposta di Kate ci fosse qualcosa di più, ma non osava chiederglielo. Aspettò che si togliesse la cravatta della divisa, guanti e capello che diede ad uno degli agenti chiedendogli di portarli al distretto. Si sbottonò qualche bottone della camicia, aveva bisogno di un po’ di aria e di libertà dopo quel momento troppo carico di ricordi vicini e lontani. Strinse la mano di Castle e camminò sicura tra i viali di Green-Wood. Il cimitero era enorme, ci sarebbe voluto un po’ per arrivare dove lei era diretta, ma non avevano fretta. Camminavano in silenzio, tenendosi per mano, rispettosi di quel posto. 

- Volevi portarmi qui? - Chiese Castle stupito quando si trovarono davanti alla lapide di Montgomery 

- No… eravamo solo di strada… - Entrambi guardarono in un punto preciso dell’erba e Rick le strinse di più la mano.

- Ti amo Kate. - Le disse lui con gli occhi fissi davanti a sé, su quelle lettere incise troppo fredde.

- Lui sarebbe felice di vederci così. Ha sempre tifato per te. - Sorrise Kate, facendo il primo vero sorriso della giornata. Era vero, Montgomery aveva sempre tifato per loro, perché era convinto che se Castle era l’unico che sapeva far sorridere Beckett, allora era la persona giusta per lei. Aveva ragione.

Proseguirono, sapendo entrambi che dovevano a quell’uomo molto. Non solo la vita, ma anche il fatto di essersi potuti frequentare a lavorare insieme per tanto tempo, visto che era stato lui ad imporre alla detective la presenza dello scrittore. Sapevano entrambi dove stavano andando. Kate perché ce lo stava portando e Castle perché la conosceva e sapeva che non c’era altro posto dove andare, né altra persona a cui doveva presentarlo.

- Eccoci qui… - disse lei fermandosi davanti ad una lapide grigia con dei gigli bianchi lasciati in un portafiori lì vicino. - Papà deve essere passato questa mattina. Le ha portato i suoi fiori preferiti.

- Vieni spesso qui? - Le chiese Castle mentre leggeva l’iscrizione sulla pietra “Vincti Omnia Veritas” e gli tornò alla mente quella battuta di Bracken che in quel momento gli gelò il sangue. Aveva giocato con lui come il gatto con il topo dall’inizio, forse pensando che lui sapeva ancora di più di quella storia.

- Solo nei momenti importanti. - Ammise lei con gli occhi fissi sul nome di sua madre.

- Questo lo è?

- Sì. Doveva conoscere la persona più importante della mia vita. Le saresti piaciuto, come le piacevano i tuoi libri. - Kate sorrise ad un Rick senza parole.

- Sarebbe stato un onore conoscerla, ma sono sicuro che un po’ la conosco, perché conosco sua figlia in cui sono convinto c’è tanto di lei. 

Kate lo abbracciò e fu in quel momento che Castle lo vide. Era vicino, più vicino di quanto pensasse, sbucato da dietro quella cappella nel quadrante opposto a dove erano loro.  Aveva visto il braccio disteso di Bracken prendere la mira e si era voltato di scatto, facendole scudo. Questa volta aveva fatto in tempo. Era ricaduto pesantemente su Kate ed il suo primo pensiero fu la paura di averle fatto male. Kate riuscì ad estrarre la pistola, prendere la mira e sparare più volte a quella figura che si stava allontanando. Lo colpì, non seppe quante volte, ma lo vide cadere. Dei passanti urlarono e Kate gridò loro disperata di sbrigarsi e di chiamare un’ambulanza.

Castle sentì le mani di Kate che lo giravano e lo facevano poggiare a terra, la vide sopra di se, tenergli la testa. Era bella, gli sembrava una visione angelica.

- Questa volta ho fatto in tempo Beckett… stai bene? - le disse deglutendo a fatica e provando anche a sorridere

- Non la smetterai mai vero? Non smetterai mai di fare cose folli… - Kate era in ginocchio vicino a lui e gli accarezzava il volto - Stanno arrivando i medici… Ti prego Rick resisti!

- Kate… ti amo… io… avrei voluto sposarti… sarebbe stata la volta buona… - Sorrise e chiuse gli occhi

- Non mi lasciare. Non mi lasciare Rick. - Le parole di Beckett gli fecero fare un ulteriore sforzo, aprì gli occhi di nuovo per guardarla, combattendo contro il desiderio di lasciarsi andare, ma vedere lei, era più forte di ogni altra cosa. Alzò la mano per accarezzarla ma non ci riuscì, e fu lei a prenderla e stringerla.

- Kate… non ti voglio lasciare… non adesso… - disse Rick in un sussurro facendole percepire tutta la sua paura e disperazione, mentre Kate non riusciva a trattenere le lacrime, sentendo la sua presa sempre più debole e vedendo gli occhi che faticavano a rimanere aperti.

- Non mi devi lasciare… dobbiamo fare tante cose insieme Castle. Dobbiamo andare in quel ristorante nel Maryland a mangiare l’hamburger gigante fino a sentirci male, dobbiamo attraversare il paese in moto ma tu starai dietro, ok? - Rick annuì provando a sorridere - Dobbiamo fare un giro in gondola a Venezia, ti ricordi? Il muro di Berlino ed anche vedere il tramonto su una duna nel deserto e l’aurora boreale, io ci conto Castle! Dobbiamo nuotare con i delfini e gli squali. E poi non posso dormire in un igloo senza di te che mi scaldi, mi hai capito? - Kate ripeteva alcune delle tante cose che gli aveva proposto di fare insieme, prospettandogli avventure in ogni parte del mondo una volta che sarebbero stati fuori da quella situazione. 

- Dobbiamo sposarci Castle… Rispondimi Rick… ti prego… questo proprio non posso farlo senza di te… - Rick chiuse di nuovo gli occhi proprio nel momento in cui arrivarono i paramedici. Fu spostata di peso mentre velocemente lo portavano via. Rimase immobile in ginocchio a terra a guardare la chiazza di sangue che si era formata nell’erba sotto di lui, proprio davanti la lapide di sua madre, senza riuscire a muoversi.

 

Erano ancora molti gli agenti presenti al cimitero e subito si riversarono in quella zona. Anche la Gates che aveva lasciato da poco tornò subito indietro e trovò Beckett ancora lì, immobile, con il sangue di Rick sulle mani e lo sguardo perso nella pietra tra le lettere incise.

- Detective… - La voce della Gates sembrò ridestarla per un momento.

- Devo andare da Castle! - Esclamò Kate come se solo in quel momento si fosse accorta che lei era lì e lui non c’era più. Non sapeva nemmeno dove lo avessero portato.

- La faccio accompagnare subito.

Kate si alzò e solo in quel momento vide una squadra di agenti alzare e portare via il corpo senza vita di Bracken. Aveva ucciso il mandante dell’omicidio di sua madre, così come aveva fatto con il suo esecutore materiale. Eppure non stava meglio, non stava bene, perché il suo unico pensiero era Castle.

- È finita, Beckett. - Le disse la Gates cercando di farla riprendere. - Vada dal signor Castle, qui pensiamo a tutto noi. Ho già detto ad Esposito e Ryan di tornare subito qui, appena lasciano la signora Price e i ragazzi in aeroporto.

 

Camminava per il corridoio come un leone in gabbia. Non aveva notizie, nessuno le voleva dire niente, anzi avevano anche provato ad allontanarla da lì e solo allora aveva fatto con loro una prova di forza sbattendogli in faccia il distintivo e qualificandosi come Detective che seguiva il caso. E doveva stare lì. Ci sarebbe stata in ogni caso, avesse dovuto chiamare il sindaco in persona, nessuno l’avrebbe fatta allontanare di un metro in più da dove era.

Aveva chiamato Martha, facendosi coraggio, e le aveva detto che sarebbe rientrata subito a New York dalla sua tournée ed era stata l’attrice a chiamare Alexis, a Parigi e a dirle di salire sul primo volo per tornare a casa. Beckett le aveva detto quello che era successo, per sfogarsi, per chiederle scusa, ma ad Alexis no, non le avevano detto nulla, le avrebbero parlato poi, una volta arrivati.

La notizia della morte di Bracken aveva presto fatto il giro dei notiziari, ed era venuto fuori anche tutto il resto, notizie già in possesso della stampa ma che era stato chiesto per motivi di sicurezza di mantenere segrete. Ora, invece stava uscendo tutto fuori, insieme alla parte più romantica della storia, quella dello scrittore che si sacrifica per proteggere la donna che ama. Una storia da copertina, da tutte le copertine, da quelle dei giornali di cronaca nera a quelli di cronaca rosa. Erano cominciati immediatamente servizi ed approfondimenti su Beckett, sulla sua vicenda e c’era già chi la accusava di aver ucciso Bracken sparandogli alla schiena solo per vendetta, non per giustizia. La TV dell’ospedale stava trasmettendo quelle immagini e sentiva gente sconosciuta che parlava di lei e di Castle. Avrebbe voluto sparare alla TV, anzi direttamente a tutti quelli che parlavano senza sapere nulla di loro.

Vide arrivare come una furia Gina seguita da Paula, avvisate immediatamente dalla stampa chiedendo interviste sulle sorti di Castle. Si scagliarono su Kate esigendo spiegazioni, accusandola di cose che nemmeno riusciva a sentire. Non aveva voglia nemmeno di discutere con loro. La ritenevano responsabile? Che facessero pure, non potevano accusarla più di quanto lei stessa non faceva. 

- Detective Beckett? - Kate si allontanò dalle due donne per osservare l’uomo in un elegante completo blu che si avvicinava con una busta in mano.

- Ciao Mark! - Lo salutarono in coro Gina e Paula che sembrano sollevate di vederlo, saluto che lui ricambiò solo con un cenno per poi andare dritto da Beckett.

- Ero sicuro di trovarla qui. Sono Mark Denson, l’avvocato di Rick, cioè del signor Castle.

Kate annuì, era chiaro da come lo aveva chiamato che era più di un avvocato, un suo amico, probabilmente. L’uomo le consegnò la busta che aveva in mano e lei lo guardò perplessa.

- Cos’è?

- Sarebbe meglio leggesse per scoprirlo da sola. - Insistette l’avvocato.

Beckett aprì la busta nervosamente e lesse il contenuto con velocità. Tornò più volte indietro per rileggere quello che c’era scritto, per esserne certa. Poi guardò l’avvocato ancora più perplessa di prima.

- Ho già dato una copia di questa all’ospedale. Richard si fida molto di lei per affidarle letteralmente la sua vita.

Kate annuì e rilesse ancora una volta. L’aveva nominata suo tutore legale, questo non solo le permetteva senza più dover discutere con medici ed infermieri di poter stare lì, ma soprattutto era esplicitamente scritto che qualunque decisione medica che lo riguardava l’avrebbe dovuta prendere lei. Le spiegava che era la persona della quale si fidava di più e che non avrebbe mai potuto lasciare questo compito a sua madre, perché nonostante lo nascondesse era troppo emotiva o a sua figlia, perché troppo piccola. Sarebbe voluta entrare dentro e prenderlo a schiaffi, in qualsiasi condizione fosse, per averle lasciato questo compito.

- Avvocato? Quando le ha dato Richard questa lettera? - Chiese Kate cercando di farsi forza.

- Tre anni fa, più o meno. Ne ho anche due per Martha ed Alexis, aspetterò qui l’arrivo della signora Rodgers e le consegnerò a lei, so che Alexis è in Europa.

- Sì, Martha le ha detto di tornare subito, anche lei sta venendo, era a Baltimora. Dovrebbe essere qui tra poco.

Martha non tardò ad arrivare, in effetti, e quello che si scambiò con Kate fu l’ennesimo abbraccio colmo di dolore ma anche di speranza.

- Katherine… sei qui… - Lo sapeva che era lì, ma in un certo senso vederla stare bene e attenderla la sollevò.

- Martha perdonami… Ti prego… - L’attrice la teneva stretta tra le sue braccia e si rese conto di aver bisogno di quell’abbraccio materno più di quanto pensasse. 

L’avvocato Denson interruppe le due donne per dare alla madre di Castle la sua lettera: la donna la lesse e poi la ripiegò mettendola via nella borsa insieme a quella per la nipote.

- Katherine… non ne avevo dubbi. Richard ha fatto la scelta migliore come al solito. - Si sedette vicino a lei cingendole le spalle con un braccio ed avvicinandola a se.

- Io non so se posso… non potrò decidere nulla senza il vostro consenso… 

- Richard si fida te ed anche io. 

- Alexis…

- Lo dovrà fare anche lei e rispettare il volere di suo padre.

- Detective Beckett… - Un medico era davanti a loro nel corridoio, non lo avevano nemmeno sentito arrivare - … Mi può seguire, per favore? Ci sono delle cose che dovrebbe sapere sul signor Castle… 

Kate guardò Martha terrorizzata e la donna, dopo un sospiro profondo, le fece un cenno di sì con il capo sussurrandole un vai strozzato dalle lacrime.

 



Questo è il penultimo capitolo. Domani pubblicherò il finale, ma vi ringrazio già da ora per avermi seguito in questo lunghissimo percorso. 
Nell'ultimo mese sono stata fuori casa e non ho potuto rispondere alle vostra (tante!) recensioni. Vi ringrazio comunque a tutti, sappiate che le ho lette tutte e mi hanno fatto molto piacere.
Ancora un piccolo sforzo, siamo quasi alla fine!
   
 
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