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Autore: __Lily    25/05/2017    2 recensioni
"Nonostante tutto Jon rimase nell’ombra mentre Sansa Stark fece un passo verso l’oscurità. [...] Jon aveva osservato la sorella: la veste smossa dal vento, il metalupo degli Stark ricamato nel suo vestito e i suoi occhi blu come quelli della madre si erano fatti freddi - quasi glaciali - come il vento del Nord. 
I suoi capelli rossi come le fiamme del fuoco illuminavano l’oscurità nella quale si stava addentrando.

«Fai ciò che devi Sansa» aveva sussurrato guardando la sorella scomparire dentro quel canile."
Genere: Azione, Drammatico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cersei Lannister, Daenerys Targaryen, Jon Snow, Sansa Stark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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QUARANTASEI 

 

 

 

 

Non ricordava niente, solo il freddo pungente, la luna che veniva oscurata dalle nuvole scure trascinate dal vento, i capelli che le frustavano il volto, le voci di Jon e di Arya che dicevano il suo nome.
«Sansa.»
La sentì ancora, la voce di Jon, la sua voce calda e dolce, quella voce gentile pronunciata dalle sue labbra piene, carnose.
Era morta? Non lo sapeva, sentiva tutto ma non riusciva a svegliarsi, gli occhi chiusi ostinatamente.
Jon le passò una mano sulla fronte, scottava, aveva le guance rosse, non erano bastate le pezze bagnate, aveva preso troppo freddo, le era penetrato troppo dentro.
L’aveva afferrata come un aquila, l’aveva afferrata prima che si gettasse dalla torre spezzata, l’aveva stretta tra le braccia, baciata, cullata come una bambina, come non aveva mai fatto quando erano piccoli, aveva pianto chiamandola, ma lei non si era svegliata, non ancora.
Arya era lì, vicino a loro, posava le pezze sulla sua fronte, le bagnava i polsi.
Le avevano tolto il vestito ormai ghiacciato, le avevano cambiato la sottoveste, Jon l’aveva visto, aveva visto suo figlio, quel piccolo bambino che stava crescendo dentro di lei, dentro quella pancia piccola e perfetta, aveva posato una mano sopra, accarezzandolo; l’avevano rivestita e messa sotto le coperte pesanti.
E poi erano rimasti lì ad aspettare che si svegliasse.
Dopo due giorni Sansa si era svegliata, era pomeriggio - quasi sera - Jon stava dormendo, la testa posata sopra la sua pancia, passò la mano nei suoi capelli ricci, quel gesto le era mancato così tanto, così tanto.
Jon si svegliò, alzò la testa di scatto, osservò Sansa, i suoi occhi blu finalmente aperti e pianse stringendola nuovamente a se.
Avrebbe voluto urlarle contro, ma non ci riuscì, era solo grato che fosse ancora viva, che lo fossero entrambi.
«Credevo di essere morta» disse con voce debole.
«No, non morirai tanto presto» rispose baciandola.
«Mi hai salvata.»
«Se fossi morta anche tu… Sansa, perché hai fatto una cosa simile?» chiese disperato Jon.
«Perché sono stanca, Jon, troppo stanca» disse con gli occhi colmi di lacrime.
«Avresti dovuto parlarmi, ti avrei aiutata.»
«Non potevi aiutarmi, è mia la colpa.»
«Quale colpa? Non hai fatto nulla.»
«Ti sbagli» rispose voltando la testa dall’altro lato, lasciando le lacrime scavare altri solchi sul suo volto.
«Parlami.»
«Che ne è stato del matrimonio?»
«Tu che ne pensi?»
«Jon, cosa hai fatto? Il Nord…»
«Smetti di pensare al Nord, avremo comunque l’aiuto di Daenerys.»
«Sono stata troppo egoista, mi resta solo Grande Inverno ed è giusto che me ne occupi.»
«Non ti resta solo Grande Inverno, hai me. Hai Arya e anche Bran. Dimmi cos’è che ti tormenta, ti prego» disse stringendo la sua mano.
«Non voglio più essere egoista, lo sono stata per molti anni, una bambina egoista e stupida, il mio egoismo ha ucciso nostro padre» confessò in lacrime.
Jon le accarezzò i capelli, la lasciò sfogare, lasciò che urlasse fuori tutto quel dolore che stava consumando da dentro, «e ha ucciso mia madre e Robb e Rickon. Tutto questo è accaduto perché volevo andarmene da qui.»
«No.»
«E’ la verità, è stata colpa mia. Tu lo sai, Arya lo sa, Bran lo sa.»
«Sansa. Sarebbe accaduto comunque, re Robert voleva nostro padre ad Approdo del re, se ne sarebbe andato lo stesso da Grande Inverno, non è stata colpa tua.»
«Perché allora mi sento così colpevole?»
«Togliti questa idea dalla testa, non sei la responsabile della sua morte.»
Sansa si tirò su e si strinse forte a Jon, seppellì la testa nella sua spalla, lasciò nuovamente che le sue mani la abbracciassero, il corpo di Jon sembrava fatto per accoglierla, era sempre stato lì; sempre.
«Mi dispiace.»
«Va tutto bene» rispose stringendola ancora di più.
Quando si separarono, Jon posò la mano sulla sua pancia, sopra la veste bianca.
«E’ un maschio» disse lei.
«Non possiamo saperlo» rispose sorridendogli.
«Lo so invece, me l’ha detto Bran.»
Sorrise ancora di più, per la prima volta dopo tanto tempo aveva un motivo per sorridere.
«Forse avresti voluto una femmina.»
«No, mi importa solo che stia bene, maschio o femmina, non importa.»
«Sta bene.»
«Arya mi ha detto del tè della luna…»
«Non l’ho bevuto, non potevo fargli del male. Volevo dirtelo ma se lo avessi fatto…»
«Sarei rimasto con te.»
«Dovevi scegliere e non essere obbligato a restare.»
«Io ti amo, non è un obbligo, è ciò che voglio.»
«Sai cosa voglio?»
«Cosa?»
«Voglio sentire nuovamente risate in questo castello, voglio sentir correre nei corridoi, qualche pianto. Voglio darti molti bambini. So che vorresti una femmina, un giorno accadrà, avremo una bambina.»
«Ci saranno nuovamente risate, te lo prometto.»
«Onoreremo anche la sua memoria.»
Jon le diede un bacio in fronte, era ancora un po’ calda ma molto meno, la febbre si era abbassata.
«Sai cosa voglio io?»
«Cosa?» chiese lei.
«Voglio sposarti. Accetterai questa volta?»
«Si» rispose senza esitare.
«Bene, perché è ciò che volevo sentirti dire.»
«Se sei certo che Daenerys ci aiuterà lo stesso, accetterò.»
«E’ stata lei la prima a dirmi di venire da te e che l’alleanza non è rotta. Questo basta?» disse Jon.
«Mi basta. Sono certa che sarà un bambino bellissimo, con i capelli scuri come il padre e qualche riflesso rosso, gli occhi blu.»
«Allora farà impazzire molte ragazze, un giorno» rispose sorridendo.
«Ho pensato molto a lui, ho pensato anche a quale nome dargli se sarai d’accordo con me.»
«Quale?» chiese curioso stringendole la mano, le guance erano ancora un po’ rosse ma la febbre stava passando.
«Robb» disse guardando negli occhi il suo futuro marito.
«Robb» ripeté Jon.
«Ma solo se anche tu sei d’accordo, altrimenti…»
«Lo sono Sansa e nostro fratello ne sarebbe felice se fosse qui. Un nipote con il suo nome, un piccolo lupo.»
«E drago.»
Jon si alzò e si mise nel letto vicino a Sansa, la strinse forte a se, era tutto perfetto.
Loro due, quel piccolo bambino, il fuoco che ardeva nel camino, Spettro ai piedi del letto; sarebbe stato davvero tutto perfetto se solo la morte non avesse deciso di marciare sul Nord.
Sansa si addormentò poco dopo, la febbre salì un po’ la notte tanto che il Maestro venne avvisato, con le sue cure al mattino la futura regina del Nord stava decisamente meglio, la presenza di Jon Snow era l’unica cura che le serviva.
Tyrion Lannister era sempre più convinta di aver fatto la scelta giusta fidandosi di Daenerys, lei avrebbe costruito davvero un mondo migliore per tutti.
«So che avresti voluto quelle nozze, ma non potevo» disse lei sedendosi sul bordo del letto coperto da pesanti pellicce.
«Hai fatto la scelta giusta, in ogni caso il Nord sarà nostro alleato.»
«Si, Jon ci aiuterà. Non potevo, eppure…» disse guardando in basso, evitando gli occhi del folletto.
«Eppure una parte di te è attratta da lui» concluse Tyrion per lei.
«E’ così sbagliato?»
«No, siamo umani e siamo deboli.»
«Non voglio essere debole, non più.»
«Sei già più forte di quando ti ho conosciuta, più sicura di te e ogni giorno che passa sei ancora di più una regina.»
«Hai troppa fiducia in me.»
«O tu troppa poca in te stessa.»
«Più tardi andrò a trovare Sansa.»
«Porgile i miei saluti.»
«Lo farò» rispose sorridendo tristemente al suo Primo Cavaliere. 

 

 

 

«Quando se ne andrà?» chiese Jaime infastidito.
Era nella stanza di Cersei, l’aveva aspettata per tutto il giorno ma essere regina le occupava troppo tempo.
Giocava con il medaglione, quello con il leone, quello che aveva dato anche a sua figlia l’ultima volta che l’aveva vista, l’ultima volta che aveva accarezzato i suoi bellissimi e soffici capelli biondi e baciato quelle guance lisce e paffute ancora di bambina.
La sua piccola Myrcella, la sua bellissima Myrcella.
Jaime gliela ricordava, aveva mentito quando si era chiesta da chi avesse preso, aveva preso da lui, dalla parte migliore, Jaime faceva il forte, il gradasso ma era buono infondo e il parere delle persone lo feriva più di quanto mostrasse.
«Presto, ha dei conti in sospeso con i suoi nipoti.»
«Non mi piace quell’uomo.»
«E a me non piaceva quella puttana in abiti maschili.»
«Il suo nome è Brienne e non è una puttana» la difese lui, forse un po’ troppo perché l’espressione della sua gemella si fece ancora più turpe.
«Brienne» disse quel nome, lo sputò fuori con veleno.
«Cersei… non può continuare così» disse disperato sedendosi accanto a lei.
«Cosa vuoi da me, Jaime?» chiese abbassando le sue difese, cos’altro poteva offrirgli?
«Rivoglio la Cersei di un tempo» rispose con gli occhi lucidi.
Il leone di Lannister, il figlio maggiore del grande Tywin stava per piangere.
«Non lo capisci? Io sono morta con Joffrey, con Myrcella e con Tommen. La Cersei di cui parli non esiste più.»
«Si invece.»
«Smettila» urlò lei alzandosi, lasciando andare la mano d’oro di lui.
Jaime rimase a osservarla di spalle, quelle spalle che portavano tutto il peso del dolore che sentiva.
«Cersei…»
«La profezia si è avverata, ora devo solo aspettare che Tyrion venga a uccidere anche me» disse senza voltarsi, osservando in lontananza dal balcone il luogo dove si trovava il tempio che lei aveva fatto esplodere.
«Credi ancora che Tyrion abbia ucciso nostro figlio? Suo nipote?»
«Lo odiava.»
«Si, è vero. Ma era suo nipote.»
«Ha ucciso nostro padre, Jaime!»
«Di questo ne risponderà.»
«E’ morto per colpa tua, tu lo hai fatto fuggire. Ammettilo» disse voltandosi verso di lui, i suoi occhi scuri colmi di rabbia, odio e disperazione.
«Non potevo lasciarlo morire.»
«E così hai lasciato che a morire fosse nostro padre, invece di quel piccolo essere deforme.»
«Cersei…»
Lei si scostò da lui, lo guardò come mai prima di allora con repulsione, lui che era stato l’unico amore della sua vita, lui che era stato il padre dei suoi figli.
Se ne andò dalla stanza lasciandolo solo nel suo dolore.
Bronn entrò subito dopo, Jaime era ancora lì a fissare il buio.
«E’ andata bene.»
«Non sono dell’umore per le tue battute.»
«La regina è più pazza di quel ragazzino re.»
«Bronn.»
«Va bene, cosa vuoi che faccia?» domandò raggiungendolo.
«Fa preparare due cavalli e delle provviste.»
«Partiamo?» chiese confuso.
«Andiamo a Nord» disse, ormai sconfitto guardando il mercenario negli occhi, doveva raggiungere Grande Inverno e Brienne di Tarth. 

  
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