Capitolo
9
Aprì
gli
occhi, soffocando uno sbadiglio mentre calciava via le coperte e si
metteva
seduta sul bordo del letto a baldacchino.
Allontanò
una ciocca castana dal volto e trattenne l’ennesimo sbadiglio.
Calien le
sorrise, accennando all’orologio a pendolo
nell’angolo della loro stanza.
- Ben
svegliata, dormigliona. –
- Che ore
sono? –
- Le otto
e mezza. Eravamo d’accordo per vederci alle nove con Lavinia
e Rigel – le ricordò
Katherine, raccogliendo le ciocche rosse in un’elaborata
treccia laterale.
- Giusto,
me ne ero completamente dimenticata. Questo torneo mi sta friggendo il
cervello
– mormorò, avvicinandosi alla sua anta
dell’ampio armadio e rovistando alla
ricerca di qualcosa di adatto per quella giornata di visita.
- Ci
siete già state a Hogsmeade? – domandò
Calien, spazzolando le lunghe ciocche
bionde.
Scosse la
testa, soppesando un abito di un bell’azzurro che riprendeva
il colore dei suoi
occhi.
Katherine
scosse la testa.
Ophelia
la imitò, arricciando il labbro inferiore in
un’espressione meditabonda.
- Mai
stata, ma so che c’è un negozio di dolci, uno dei
locali di Mielandia. –
-
Immagino che quella sarà una delle tue tappe obbligatorie -,
scherzò la rossa,
- vista la tua ossessione per la cioccolata. –
-
Ovviamente, ho intenzione di spendere metà della rendita
mensile che mi
assegnano i miei genitori solo in dolci. –
Risero.
- E con l’altra
metà cosa hai intenzione di farci? –
- Non so,
forse comprerò un cucciolo al Serraglio stregato del paese.
–
Improvvisamente
interessata, Calien posò lo sguardo su di lei.
- Un
cucciolo? Che tipo di animale avevi in mente? –
- Pensavo
a un gatto. Ho già chiesto ad Helga e mi ha detto che
è possibile tenere degli
animali da compagnia al castello purchè siano di taglia
medio piccola. A voi
darebbe fastidio averlo in camera? –
- Se
fosse stato un rospo avrei detto di sì -, meditò
Katherine, - ma un gattino è
il benvenuto per quanto mi riguarda. Lien, tu che ne pensi? –
- Mi
piacciono i gatti, per cui possiamo avere un nuovo compagno di stanza.
–
- E
allora che gattino sia. –
*
Aveva
percorso
quasi interamente la strada che separava il dormitorio maschile da
quello
femminile quando lo vide.
Elnath
Storm vagava per i corridoi con l’aria di chi era ben
determinato a esplorare
ogni singolo anfratto di Hogwarts.
Lo salutò
con un cenno del capo, avvicinandoglisi.
- Hai già
dei programmi per la gita a Hogsmeade? –
- Non
ancora, sto ancora cercando di orientarmi qui -, ammise, -
perciò a parte
qualche chiacchiera di circostanza non ho preso molta confidenza con i
ragazzi
del torneo. –
- Già, ti
capisco, anche per me non è semplice stringere amicizie di
punto in bianco. –
Elnath si
accigliò, sorpreso.
- Eppure
sembri estroverso, come se il metterti in gioco non ti creasse il
minimo
problema. –
- Sono
solo amichevole -, si strinse nelle spalle, - ma quello veramente
estroverso è mio
cugino. –
Ridacchiò.
- Sì, ho
avuto modo di notarlo quando l’ho conosciuto. –
- Ti
prego, dimmi che non ne ha combinata una delle sue. –
- Non a
me, ma credo che lui e Jared non si sopportino granchè.
–
Rigel
emise un piccolo sbuffo divertito.
- Dire
che non si sopportano è un eufemismo. Mi domando come
abbiano fatto a non darsi
ancora addosso, suppongo che il torneo li abbia tenuti troppo impegnati
per
permettergli di combinare guai. –
- La
calma prima della tempesta – convenne Elnath, come se sapesse
perfettamente
quello che diceva.
- Già.
Piuttosto, mi vedo con Calien e un po’ delle altre ragazze;
abbiamo in mente di
visitare il villaggio e finire con il pranzare da qualche parte, sei
dei
nostri? –
Rimase in
silenzio, ponderando l’offerta.
Se non
altro avrebbe avuto l’occasione di conoscere meglio i suoi
compagni e di non
perdersi tra le vie di Hogsmeade.
- Perché no.
Oltre a Calien chi c’è? –
-
Katherine, Ophelia e … -, accennò con il capo
alla ragazza che stava uscendo
dal dormitorio proprio in quel momento, - Lavinia. –
Sentendo
il suo nome, Lavinia si avvicinò a loro con espressione
interrogativa.
- Che
succede, ragazzi? –
- Ho
appena invitato Elnath a trascorrere la gita con noi e ha deciso di
aggregarsi.
–
Si aprì
in un sorriso radioso, affiancandoglisi mentre raggiungevano il resto
del
gruppo.
- Ottima
scelta, stai pur sicuro che non ti annoierai. Hai già
qualche idea sui negozi
da visitare? –
- Non
esattamente. Vorrei fare dei regali ai miei fratelli, ma non ho alcuna
idea …
specialmente per quello da fare alla mia sorellina –
concluse, sorridendo
imbarazzato.
- Quanti
anni ha? –
- Sedici,
si chiama Enif. –
- Allora
ti annuncio ufficialmente che sarà mio gradito compito
quello di fare da
supervisore nella scelta dei regali. Un parere femminile potrebbe
tornarti
utile. –
Le
sorrise, tremendamente riconoscente.
- D’accordo,
ma in cambio dovrai accettare un pranzo offerto da me. –
Gli porse
la mano con aria fintamente solenne.
- Abbiamo
un accordo. –
*
-
Ripetimi un’altra volta perché stiamo facendo i
terzi incomodi invece di andare
all’emporio a comprare qualcosa oppure a bere in una delle
taverne del paese. –
Aires
inarcò un sopracciglio, guardandolo come se avesse fatto una
domanda indegna di
risposta.
- Non è ovvio?
–
- Se ti
riferisci al fatto che sei fuori di testa, devo ammettere che ci ho
messo un po’
a capirlo, ma alla fine ci sono arrivata – replicò
Maya, strappando una risata
divertita a Isaak.
- No, miss
simpatia. È solo che non è il caso di lasciare
Naveen e Isabelle da soli. –
- Sia mai
che facciano qualcosa di scabroso … come prendersi per mano
– convenne Isaak,
scatenando l’ennesimo attacco di risate.
- Non
siete divertenti. –
-
Suppongo sia solo questione di punti di vista -, lo
contraddì la ragazza, - io
credo che siamo molto divertenti.
–
- Sono il
suo migliore amico, ho il compito di farle da chaperon e assicurarmi
che … -
tacque, guardandosi attorno.
Erano
rimasti più indietro per non risultare eccessivamente
invadenti, ma si era
appena rivelato un errore madornale.
Le
chiacchiere di quei due lo avevano fatto distrarre e li aveva persi di
vista.
- Ecco
fatto, sono scomparsi. –
Isaak e
Maya si scambiarono un’occhiata complice.
- Ops …
chissà come è potuto succedere. –
*
Maya
e
Isaak dovevano essere riusciti a distrarre Aires abbastanza da fargli
perdere
le loro tracce, considerò Isabelle notando che il terzetto
non si vedeva più da
nessuna parte.
- Mi
hanno parlato bene di questo posto -, disse accennando
all’insegna di una
taverna che recava l’immagine di un gatto nero dal pelo
dritto, - perché non ci
prendiamo qualcosa? –
Naveen
annuì, aprendole la porta e facendole cenno di precederlo.
L’interno
del locale era in legno di quercia e l’odore dei dolci appena
sfornati si stava
rapidamente diffondendo in tutta la sala.
Gli avventori
erano ancora pochi ed era rimasto un tavolo libero dietro al piccolo
separè
ricavato nell’angolo più estremo del locale.
La proprietaria
era una donna sulla cinquantina dal sorriso aperto e sincero, corti
riccioli
biondi che circondavano un volto paffuto dalle guance rosee e gli occhi
di un
bel castano intenso.
Era
leggermente sovrappeso e teneva tra le braccia una gigantesca teglia
ricolma di
ogni sorta di dolce delizia.
-
Buongiorno, miei cari -, esordì sorridendo al loro
indirizzo, - accomodatevi
pure e sarò subito da voi. –
Presero
posto l’una di fronte all’altro e rimasero in
silenzio finchè la donna non li
raggiunse.
- Cosa vi
porto? –
- Un thé
alla cannella e un tortino al limone. –
- Lo
stesso – aggiunse in fretta Naveen.
Continuava
a fissarla con un’intensità che la metteva a
disagio.
Non si
era mai trovata in una situazione simile prima di quel momento e non
sapeva
bene come comportarsi.
- Sono io
che ti innervosisco? –
- Un po’
-, ammise soffiando sulla tazza bollente, - ma non è colpa
tua. Non sono
abituata a … a questo. –
- Cioè a
un appuntamento da sola con un ragazzo? –
- Già. –
Non
sapendo cos’altro aggiungere prese un sorso di thè.
Era
ancora troppo caldo e finì con lo scottarsi la punta della
lingua.
Ingoiò l’imprecazione
che le stava per uscire, facendo finta di niente.
- So che
dici la verità, ma non riesco a credere che nessun ragazzo
si sia mostrato
interessato a passare del tempo da solo con te. –
- Oh, ma
non è così. Ho passato del tempo con dei ragazzi,
ma per lo più li conoscevo da
molto tempo e non avevo alcun interesse nei loro confronti, quindi non
mi … - s’interruppe,
rendendosi conto di quello che aveva appena detto.
Pregò
silenziosamente che Naveen non vi avesse fatto caso, ma ovviamente non
era
così.
- Quindi
hai dell’interesse nei miei confronti? –
Avvampò,
distogliendo lo sguardo.
- Se così
fosse? –
- Sarebbe
un’ottima cosa, perché anche io ho interesse nei
tuoi confronti … decisamente
molto interesse – replicò, allungando una mano a
sfiorarle il mento per
spingerla a guardarlo nuovamente negli occhi.
Lo
accontentò, ritrovandosi a fissare quelle iridi calde e
ammalianti.
Aveva già
baciato un ragazzo, ma non l’aveva trovato neanche
lontanamente entusiasmante
come raccontavano tutte le altre ragazze della sua età,
eppure in quel momento
non riusciva a pensare ad altro se non al fatto che avrebbe dato
praticamente
qualsiasi cosa perché Naveen si sporgesse verso di lei e la
baciasse.
*
Erano
appena usciti dall’emporio, in cui Isaak e Maya lo avevano
trascinato con la
scusa della possibilità di incontrare lì Isabelle
e Naveen, quando lo vide.
Drizzò la
testa, gli occhi color del ghiaccio che luccicavano euforici come
avrebbero
fatto quelli di un predatore che avesse avvistato la sua preda.
Era dal
suo arrivo a Hogwarts che aspettava l’occasione di
organizzare qualche scherzo
ai danni di Convel e in quel momento, con un sacchetto di Bombe Puzzole
appena
comprato, si presentava finalmente l’occasione perfetta.
Oltretutto
Convel era troppo impegnato nel guardare verso il gruppo di ragazze
vicino all’ufficio
postale per rendersi conto della minaccia che incombeva su di lui.
Lo
raggiunse di soppiatto, inondandolo con metà del sacchetto
dell’emporio.
Jared
emise un verso strozzato, sussultando per la sorpresa, prima di
storcere il
naso per la puzza nauseante che si era appena sprigionata.
Si mise
in guardia, pronto alla sua reazione.
Eppure,
tra le risate generali, si udiva chiaramente anche la sua.
Era stato
al gioco, cogliendolo a sua volta di sorpresa e rovinandogli tutto il
divertimento che sarebbe originato da una sua sceneggiata in piena
Hogsmeade.
Qualsiasi
cosa facesse, Convel riusciva sempre a non accontentarlo, era
incredibile.
Sbuffò,
voltandosi verso Maya e Isaak che continuavano a ridere.
- Io vado
al Serraglio stregato a vedere se trovo lì quei due
–, sbuffò, - ci vediamo più
tardi al Calderone pazzo – concluse, indicando la taverna con
un elenco dei
piatti del giorno appeso al vecchio calderone di peltro fuori
dall’ingresso del
locale.
S’incamminò
senza aspettare risposta, raggiungendo il Serraglio in meno di una
decina di
minuti.
- Niente,
non sono nemmeno qui, ma dove accidenti si sono cacciati? –
Ophelia
distolse lo sguardo dalla vetrina principale, dove faceva bella mostra
di sé una
cesta piena di gattini miagolanti.
- Lo sai
che cominciare a parlare da soli è il primo sintomo di
pazzia, Black? –
- Tu
invece sei alla ricerca di un allevamento di gatti di cui circondarti
per
quando sarai una vecchia zitella che abita in qualche isolata casa di
campagna?
–
Gli rivolse
una smorfia.
-
Continuo a chiedermi perchè continuo a rivolgerti la parola.
–
- Quando
lo avrai capito potrai spiegarlo anche a me. –
Questa sì
che era bella.
Si
comportava come se fosse lui quello in diritto di offendersi per il
trattamento
che gli riservava quando l’artefice di tutto ciò
era stato proprio lui anni
prima.
- Guarda
che quello che si è comportato come un idiota sei stato tu.
–
Si
accigliò, guardandola come se non avesse idea di quello di
cui stava parlando.
- Come,
scusa? –
- Il mio
compleanno e il rospo … non te lo ricordi più?
–
Sorrise
appena.
- Ah,
già, quello scherzo. –
- Già,
gran bello scherzo. –
- Guarda
che sei tu quella che se l’è presa eccessivamente;
era solo uno scherzo, non c’era
bisogno di eleggermi a tua nemesi personale. –
- Mi hai
umiliata. –
Percepì
la voce che cominciava a incrinarsi e s’impose di riprendere
il controllo di sé.
- Era
solo uno scherzo, Ophelia. Il modo di un bambino che cercava di
attirare l’attenzione,
nulla più di questo … se avessi saputo che mi
avresti odiato per una
sciocchezza del genere non l’avrei fatto –
concluse, con tono gentile.
Era un’intonazione
che non gli aveva mai sentito prima se non quando parlava con Isabelle.
Era …
dolce, se mai quello potesse essere un aggettivo associabile ad Aires
Black.
- Mi
perdoni? – aggiunse, fissandola dritta negli occhi con quel
sorrisetto sghembo
a metà tra il tenero e l’imbarazzato.
- Aires
Black che chiede scusa? Credevo che sarei morta prima di assistere a
questo
giorno. –
-
Melodrammatica -, sbuffò, - lo so ammettere quando sbaglio.
Non mi piace, ma so
farlo anche piuttosto bene. –
- Ah, sì?
–
- Già, e
per dimostrarlo lascia che ti faccia un regalo. –
- Non c’è
bisogno che … - cominciò, ma la interruppe con un
secco cenno del capo.
-
Consideralo un’offerta di pace -, stabilì
accennando alla cesta di gattini, -
quale vuoi tra queste palle di pelo? –
Gli
indicò quello al centro, dalle iridi cobalto, che stava
raggomitolato sotto la
copertina in pile.
Aires
annuì, infilandosi all’istante
all’interno del negozio.
- Ne
riemerse cinque minuti più tardi, stringendo un trasportino
in vimini tra le
mani.
Il
gattino faceva capolino dalla grata con il musetto.
- È una
femminuccia –, le annunciò consegnandole il
trasportino, - come vuoi chiamarla?
–
Ci
riflettè per qualche istante prima di trovare il nome
perfetto.
-
Artemis. –
- Bel
nome, mi piace. –
Infilò un
dito nella grata, sorridendo quando la gattina ci si
strofinò contro facendo le
fusa.
- Aires …
-
- Sì,
gattina? –
- Grazie …
davvero. –
Si
strinse nelle spalle.
- Ti
dovevo delle scuse, no? –
*
-
Lavinia? –
Sobbalzò,
colta alla sprovvista dalla voce maschile che le aveva raggiunto le
orecchie.
Rex.
Cosa ci
faceva lì, in piena Hogsmeade?
Elnath
parve rendersi conto del suo disagio, perché la
guardò con aria interrogativa.
- Lo conosci?
–
Annuì
appena.
– È mio
fratello. –
La stava
guardando con l’aria di chi l’avrebbe volentieri
strangolata con le sue mani.
Sapeva
bene quanto Rex fosse geloso e ossessionato da lei, e in un certo senso
la cosa
le piaceva anche, ma di sicuro in quell’occasione non si
sarebbe mostrato
ragionevole.
Avrebbe
finito con il perdere la calma e lei sarebbe stata etichettata come la
sorella
del “pazzo maniaco del controllo”.
-
Andiamocene, per favore. –
Non era
pronta a una piazzata di quel tipo, non di fronte a tutti.
- Ne sei
sicura? –
- Sì,
Elnath, torniamo al castello … per favore. –
Annuì,
prendendola sottobraccio e dirottandola lungo la strada che conduceva
al
castello.
Sentiva
lo sguardo furioso del fratello su di sé, ma non si
voltò più.
Spazio
autrice:
Salve!
Non sono riuscita a inserire tutti i pezzi che mi avete
chiesto, e vi chiedo scusa in anticipo, ma il prossimo capitolo
comprenderà il
rientro al castello e nella seconda parte del capitolo avremo la tanto
attesa
quarta prova quindi inserirò lì i pezzi mancanti.
L’aggiornamento avverrà tra
circa una settimana causa esami imminenti.
Al prossimo capitolo.
Stay tuned.
XO XO,
Mary