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Autore: Lady I H V E Byron    27/05/2017    2 recensioni
"Feel it all... don't look back, just let it go..."
Tutto quello che si impara, vivendo in un quartiere povero e malfamato, è essere egoisti e imparare a sopravvivere, non importa come. Bill e Tom, due gemelli inseparabili contro un intero quartiere, spesso adocchiati dalle varie gang, cercano ogni giorno di farsi strada in mezzo a quell'inferno vivente, fra droga, violenza e furti, e sopravvivere contro i mali che il mondo può offrirci. Fino a quando...
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Violenza
Capitoli:
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Note dell'autrice: questa parte sarà un po' lunga. Spero avrete la pazienza di leggerla tutta.

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C’era una moltitudine nella piazza più grande del “Drogesviertel”.
Due Harley Davidson erano ferme all’imbocco.
Tom e Erik, prima di indossare i loro caschi, si scambiarono uno sguardo di sfida, poi si strinsero le braccia, come per darsi la mano.
Nessuno dei due voleva augurare “Buona fortuna” all’altro, ma quel gesto era obbligatorio prima di una gara, anche se si trattava di due nemici.
-Ehi, Kaulitz!- esclamò uno della folla, riferendosi al moro –Il tuo fratellino te l’ha lubrificato bene il pistone?-
Grasse risate che seguirono a quello scherno.
Ma Tom non diede loro peso. Sarebbe stato inutile.
L’arbitro si posizionò di fronte a loro, abbassando la bandiera della Germania.
Entrambi i centauri si prepararono: si misero i guanti e si sistemarono i propri caschi.
Tom sospirò profondamente dal naso, aggrottando le folte sopracciglia: anche in quella gara il premio in palio consisteva in soldi. Se avesse vinto, lui e Bill sarebbero finalmente fuggiti da quel quartiere.
Bill, nel frattempo, era tra la folla, con dei soldi in mano.
-50 su Tom!- urlò.
Non amava fare scommesse, anzi, proprio lo ripugnava, in quanto considerate da lui un’attività stupida, ma quella sera era diverso: sapeva che il fratello avrebbe vinto la gara, quindi, nonostante i soldi che avrebbe ottenuto con la sua vittoria, decise di  guadagnarne altri scommettendo su di lui, per sicurezza, per non rimanere senza soldi nel caso avessero veramente trovato un appartamento in affitto.
Ancora prima della gara erano iniziate le scommesse. E Bill, ovviamente, era l’unico a scommettere sul fratello: dopotutto, erano loro contro l’intero “Drogesviertel”
Tom raccolse i pensieri per un’ultima volta, prima di azionare la moto, insieme a quella di Erik.
I motori rombarono.
-Solo una moto vincerà…- annunciò l’arbitro, tenendo stretta la presa sull’asta della bandiera –Pronti?-
Gli occhi nocciola del ragazzo espressero determinazione: la vittoria e la libertà.
-VIA!-
Una nube di fumo riempì tutta la piazza, circondando gli spettatori.
Le urla si facevano più forti, tra tifo e scommesse.
Bill non faceva altro che tirare fuori banconote, disperato: pregò per la vittoria del fratello.
La gara consisteva nel percorrere l’intera piazza e vincere al primo giro.
Valeva tutto. Soprattutto i tamponamenti.
Le due moto erano molto vicine tra loro, rischiando un testa a testa. Erik ne approfittò per avvicinarsi a Tom: diede un calcio alle sue gambe, sperando di far barcollare la moto.
Effettivamente, ci riuscì. Tom rischiò di cadere. Per fortuna, la Harley era resistente, quindi si salvò.
Il biondo strinse i pugni, quasi temendo il peggio per il gemello.
Ciononostante, continuò a scommettere.
Altri, stranamente, cominciarono a scommettere su Tom.
Aveva guadagnato terreno, dopo la prima curva, ma sapeva che non sarebbe durato per sempre.
Infatti, come previsto, la ruota anteriore della Harley di Erik sfiorò quella posteriore della Harley di Tom.
Questo fece sbilanciare questi e fare dei movimenti alquanto pericolosi, rischiando di uscire dalla pista, o peggio, cadere.
Infatti, girò più volte su se stesso, senza, però, cadere. Le missioni di Gordon lo avevano allenato a tali imprevisti: fece una veloce derapata e poi sgassò, cercando di recuperare terreno.
L’avversario era già molto lontano, ma raggiungibile.
Bill tirò un sospiro di sollievo, alla derapata. Tom non poteva perdere: c’era in palio molto più dei soldi, per loro. C’era la loro libertà.
Erano vicini al traguardo: Erik era in testa, ma il ragazzo moro stava recuperando terreno.
Anche lui decise di giocare sporco; sporco se fosse stata una gara normale, ma in gare di quel tipo valeva tutto.
Non poteva colpire la ruota posteriore, o sarebbero caduti entrambi. L’unica cosa da fare era mettersi accanto a lui e attendere il momento giusto.
Erik tentò nuovamente di sbilanciarlo, dandogli dei calci, ma lui resistette. Rapido, gli diede un pugno sul casco.
Mossa illegale, ma che aveva funzionato. L’avversario cadde insieme alla moto, quasi rompendosi una gamba.
Bill esultò: Tom aveva vinto.
Il resto degli spettatori fece dei lamenti di delusione: avevano quasi tutti scommesso su Erik.
Nessuno aveva tifato per il Kaulitz moro, eppure, appena toltosi il casco, alzò le braccia, come se volesse essere acclamato. Il gemello non ci vedeva più dalla gioia: un passo in più verso la libertà, per una vita normale, lontani dalla droga e da Gordon Trümper.
Avevano guadagnato 500€ con quella gara, tra il premio in palio e le scommesse.
Ovviamente, vi furono persone, tra i tifosi di Erik, che non presero bene quella situazione.
Uno di loro, infatti, prese Tom per la giacca di pelle e lo mise letteralmente al muro. Questi non sembrava spaventato.
-Mai esisterà in tutta la storia del mondo che un esserino inutile come te vinca una gara come questa!- esclamò il tipo, minatorio.
Quelle minacce avevano un effetto indifferente su Tom, che osservava chi aveva davanti con passività, come se avesse davanti il vuoto, incrociando le braccia. Voltò gli occhi verso Bill, fra i due quello più spaventato, e questi comprese i pensieri del fratello. Annuì, facendosi serio.
-Le minacce non mi spaventano, Don…- disse il moro –E se fossi in te stringerei le gambe.-
L’altro non comprese il significato dell’ultima frase; lo comprese, invero, due secondi dopo, appena ricevette un calcio in mezzo alle gambe.
Bill aveva i tronchetti neri ai piedi, quindi il colpo risultò più doloroso.
Fu solo l’inizio della rissa che si scatenò per un quarto d’ora, dalla quale i Kaulitz erano usciti vittoriosi.
Il biondo odiava essere coinvolto in situazioni simili, ma se il fratello aveva bisogno di aiuto, interveniva volentieri. Non erano rari i momenti in cui combattevano insieme contro una decina di uomini, a volte persino più grandi di loro.
Decisero di combattere insieme, come sempre: a volte facevano colpi combinati, come, per esempio, quando Tom si piegava in due per permettere a Bill di rotolare sulla sua schiena e colpire un avversario con un calcio; oppure, uno dei gemelli trascinava un avversario a sé ed entrambi sferravano un calcio sulla sua testa, uno sulla fronte, l’altro sul cranio.
La piazza tornò silenziosa, sebbene fosse ancora piena di gente, ma priva di sensi.
Insieme, i gemelli Kaulitz erano imbattibili. Non per niente erano i favoriti di Trümper.
Camminarono per le strade del “Drogesviertel”, con aria soddisfatta, sulla via di riportare l’Harley alla rimessa.
Intorno a loro, tutto scorreva come di norma: gente che si picchiava, prostitute che conducevano i clienti nelle proprie abitazioni per pochi soldi, altri drogati che si stavano accendendo una canna.
Vi fu persino un uomo che cadde proprio di fronte ai gemelli: non una caduta accidentale, come se fosse inciampato ad uno sgambetto, era un vero e proprio suicidio.
Il rumore delle ossa rotte riecheggiò in tutto il quartiere.
Anche casi del genere erano comuni nel “Drogesviertel”: per alcuni, la fame, l’astinenza da droga era un peso troppo grande da sopportare. La soluzione più semplice era il suicidio. Chi si sparava, chi si accoltellava, chi si gettava da un’abitazione…
Del liquido strano macchiò le scarpe dei gemelli. Bill osservò il suicida con terrore, pallido in volto: non era la prima volta che assistevano ad un suicidio di quel tipo, ma ogni volta era come la prima, un’esperienza traumatica. Più volte avevano pensato di fare la stessa cosa, ma qualcosa li tratteneva.
Tom non poteva vedere il fratello in quel modo; doveva trovare un buon argomento su cui conversare, per distrarlo.
Lo prese per mano, per dargli forza; funzionò.
Scavalcarono il cadavere, come se nulla fosse accaduto.
-Abbiamo tutto quello che ci serve per liberarci dello stronzone.- cominciò Tom, con aria pensierosa -Dì, fratellino, se ci avanzassero soldi dall’affitto, come li spenderesti?-
Quella domanda prese quasi di sorpresa il ragazzo biondo: non ci aveva mai pensato, effettivamente.
-Beh…- rifletté –Intanto comprerei dei mobili da riempire l’appartamento: un letto, un tavolo, un armadio…-
Il fratello rise di nuovo.
-Quello mi sembra scontato! Intendevo oltre quello! Qualcosa per te, magari?-
Si dice che tra gemelli basta solo uno sguardo per capire cosa sta pensando l’altro: ma i Kaulitz preferivano parlare, anche se già comunicavano con la mente. Una dote, tuttavia, utile, quando erano in missione e non volevano parlare per evitare di essere scoperti.
Tom sapeva cosa avrebbe fatto Bill con i soldi, ma voleva ugualmente sentirglielo dire.
-Rinnoverei il guardaroba, come minimo.- rispose, come previsto –Non ne posso più di questi abiti ammuffiti.-
Il moro si guardò: non aveva tutti i torti. Non avevano molti vestiti. Alcuni li indossavano persino da dieci anni.
-Non lo dire a me…- si limitò a rispondere –Ora ti dico io cosa comprerei: un bel televisore, una consolle di ultima generazione con due controller e tanti videogiochi, così videogiocheremo insieme tutti i giorni…-
Lo sguardo di Bill si rivolse accidentalmente verso l’incrocio che stavano per attraversare; si fece subito serio e diede un piccolo colpo sul braccio del gemello.
-Tom…- mormorò, indicando a destra.
Anche il moro si fece serio: c’era una macchina, sulla strada parallela a quella che stavano percorrendo, una Volkswagen argentea, ancora in buono stato. Intorno alla macchina c’erano degli uomini, che avevano spinto una giovane donna fuori dalla macchina, con una pistola puntata sulla fronte. Doveva avere all’incirca l’età dei gemelli, lunghi capelli biondo cenere, più biondi sulla via delle punte, vestita anche troppo elegante per essere una del quartiere.
Probabilmente veniva dal centro di Lipsia.
-Merda, quella è la banda di Derek…- osservò Bill, nascondendosi dietro il vicolo.
-Quei sessisti del cazzo…- aggiunse Tom, osservando la scena con rabbia.
Si vedeva da lontano che la giovane provava timore nei confronti degli uomini che l’avevano derubata.
-N-non potete… Non potete lasciarmi qui… così…!- balbettò, sperando, inutilmente, di essere risparmiata e riottenere quello che le era stato rubato.
Il capo della banda, Derek, un uomo di quarant’anni, sempre vestito con un vecchio trench nero che teneva sempre aperto, mostrando il torace ancora muscoloso, le rivolse un sorriso falso, senza smettere di tener puntata la pistola su di lei, per evitare che scappasse o facesse mosse azzardate.
-Oh, hai ragione…- disse, con voce roca, probabilmente dalle sigarette che fumava –Quanto hai ragione, mia signora…- le indicò l’interno della macchina, dentro la quale si erano già sistemati gli altri membri della banda –Vuoi che ti diamo un passaggio?-
Il più alto spostò il sedile del guidatore in avanti, con aria maliziosa.
-Vieni, tesoro.- la invitò –Puoi sederti sulle mie ginocchia.-
Lei sapeva bene dove volessero arrivare tutti. Prese una scelta drastica, ma che, forse, le avrebbe permesso di avere salva la vita.
Scappò.
-Non da quella parte, mia signora!- esclamò Derek, con tono derisorio –E’ un posto pericoloso per persone per bene come lei!-
Ma la giovane non gli diede ascolto. Corse senza avere una meta precisa. Le sue gambe decidevano per lei.
I gemelli avevano visto tutto. Serrarono le labbra: una delle tante cose che odiavano erano le persone che se la prendevano con le donne, reputandole ancora deboli.
Si guardarono l’un l’altro: sentirono il dovere di fare qualcosa.
-Non possiamo stare qui con le mani in mano!- esclamò Bill.
Tom sorrise, determinato.
-Stavo pensando la stessa cosa.- disse, raddrizzando la Harley –Io penso a Derek e ai suoi leccapiedi.-
-Io cerco di salvare la ragazza.-
Stipularono il loro accordo con un pugnetto.
Senza rimettersi il casco, Tom salì sulla moto e si avviò all’inseguimento della Volkswagen rubata, intanto sparita dalla strada. Ma il ragazzo sapeva dove erano diretti.
Prese la strada parallela, sperando di anticipare la banda.
Infatti, così fu. Attraversò il vicolo e fermò la moto in mezzo alla strada.
Si tolse il casco e attese, a braccia incrociate e le sopracciglia aggrottate.
La Volkswagen non tardò ad arrivare: gli uomini all’interno sembravano divertirsi con tutta la tecnologia presente nella macchina.
Per fortuna, il passeggero sul sedile anteriore si accorse di Tom in tempo, a tal punto da avvertire il capo, che stava digitando qualcosa sul cruscotto.
La Volkswagen si fermò a dieci centimetri di distanza dal moro, lasciando una scia nera alle sue spalle.
La frenata spinse bruscamente i passeggeri in avanti. Non si aspettavano una presenza così improvvisa.
Non avevano frenato per non investire Tom, ma per evitare di rovinare la macchina.
Derek uscì dalla macchina, sbattendo lo sportello con forza.
Aveva l’aria infastidita.
-Che delusione, Derek…- iniziò Tom, con aria minatoria –Adesso rubi anche le macchine alle donne, sessista del cazzo?-
Ma l’altro sembrava non averlo ascoltato.
-Levati di mezzo, Kaulitz.- minacciò –Se non vuoi che i miei ragazzi ti diano una bella lezione.-
Anche il resto della banda uscì dalla macchina. C’era nuovamente aria di rissa.
Il ragazzo sorrise senza mostrare i denti.
Si mise in posizione di combattimento.
-Vi insegno io a derubare una donna…- ammonì, guardando i suoi avversari con freddezza.
Nel frattempo, Bill era riuscito ad avvistare la giovane e ad inseguirla. Quando la trovò, era troppo tardi.
Era già entrata in un locale, ma più che un locale sembrava un bordello; era lo stesso frequentato da lui e da Tom, ogni volta che volevano passare una serata “particolare”.
Non seppe spiegarsi il motivo che l’avesse spinta ad entrare in un luogo simile; ma doveva cercarla e trovarla.
Al suo interno, il caos: uomini ubriachi che urlavano e applaudivano alle ballerine di lap dance, incitandole a spogliarsi e lanciare i loro vestiti, coppie, sia etero che omo, intenti a baciarsi. Una ballerina stava persino prendendo tra le mani uno dei serpenti che aveva ai piedi.
Non sarebbe stato facile trovare la giovane in mezzo a quella folla.
Poi, udì un urlo: sopra le scale, con vista sul palcoscenico, il proprietario del locale, Jackob, un uomo alto quanto Bill, ma largo il doppio e altrettanto muscoloso, con il corpo praticamente coperto da tatuaggi di serpenti.
Stava minacciando una donna con un coltello, una donna vestita con un tallieur; era lei.
Senza pensarci due volte, salì le scale di corsa.
-Lasciala stare, Jackob.- ammonì. Era riuscito a raggiungere la giovane appena in tempo; ansimò, dalla corsa che aveva fatto –Non vedi che trema come una foglia?-
Jackob alzò la testa, notando il ragazzo.
-Non mi sembra che abbia chiesto il tuo parere, Engel…- commentò, maleducatamente.
Tom non ci avrebbe pensato due volte a picchiarlo, per salvare la giovane; ma Bill cercava sempre di puntare alla diplomazia per risolvere i problemi.
Si morse le labbra, tremando anche lui. Ma doveva farsi forza. Per fortuna, lo conosceva abbastanza da capire come prenderlo.
-E’ solo un’ochetta che ha sbagliato posto. Lasciala andare, non ne vale la pena…-
La giovane si sentì un poco offesa ad essere chiamata “ochetta”, ma l’uomo decise di dare ascolto a Bill.
-Ringrazia il fatto che tu e tuo fratello siete fra i miei clienti preferiti…-
La osservò minacciosamente un’ultima volta.
-E tu sei fortunata, dolcezza…- sibilò –Di solito, certe sfrontatezze si pagano a caro prezzo.- La gettò a terra con forza, come fosse un grosso carico di mattoni –Levamela di torno!-
Senza pensarci due volte, Bill aiutò la giovane a rialzarsi, per poi portarla via il prima possibile da quel posto.
Lei non disse una parola, nemmeno per ringraziarlo; temeva che anche il ragazzo fosse come Jackob.
Lo studiava con rapide occhiate. Non sembrava cattivo, ma non sapeva se fidarsi o meno. Tutto poteva essere possibile in quartieri come quello.
Bill lesse subito il disagio nel suo volto.
-Scusami, non volevo darti dell’ochetta.- si scusò, imbarazzato, e grattandosi la testa –Ma era l’unico modo per toglierti dalle sue grinfie…-
La giovane accennò una risata, per nascondere la paura.
-No, lo comprendo…- mormorò, ancora scossa per poco prima; durante la caduta aveva battuto la testa, infatti aveva una ferita sopra il sopracciglio destro –Ti ringrazio di avermi salvata, Engel…-
-Figurati…- ringraziò lui, sorridendo -Non sopporto quando persone come Jackob trattano le donne in quel modo. Per lui sono solo oggetti utili per guadagnare denaro e scaldare il sangue agli animali che tanto adora.-
-I serpenti?-
-I clienti. E purtroppo io e mio fratello siamo tra di essi.- concluse, sentendosi un grande ipocrita.
-Tu, però, non mi sembri come quelli che ho visto lì dentro…-
-Non siamo tutti come loro.-
-Senti. Io devo uscire di qui. Mi hanno rubato la macchina, il cellulare, tutto. Non c’è una stazione di polizia da queste parti?-
-No. Per il governo nemmeno esistiamo. Siamo praticamente un mondo a parte. Qui siamo tornati alla preistoria, dove è il più forte a prevalere. Non abbiamo nemmeno una degna istruzione; l’unica cosa che impari è sopravvivere.-
La giovane provò pena per il suo “salvatore”. Aveva un’aria così pura, angelica: non le passò nemmeno per la mente che fosse un sicario di un grosso trafficante di droga.
-Ma stai tranquilla, mio fratello tornerà a momenti con la tua macchina. Ah, a proposito, “Engel” è una specie di nome d’arte.- aggiunse il ragazzo, porgendo la mano alla giovane –Il mio nome è Bill. Bill Kaulitz.-
Lei gli strinse la mano, sorridendo a sua volta.
-Piacere, io sono…-
Un rumore a lei noto la interruppe: la sua Volkswagen. Esattamente come la ricordava. I ladri non l’avevano rovinata, come temeva. Tuttavia, non sapeva spiegarsi come poteva trovarsi lì.
-Beh, parli del diavolo…- commentò il biondo, con sguardo buffo.
La risposta si manifestò appena il finestrino del guidatore si abbassò: Tom aveva un’aria soddisfatta sul volto.
-Qualcuno vuole un passaggio?-
La giovane arretrò, ma Bill la invitò a non preoccuparsi.
-Non temere. Lui è il mio fratello gemello.-
-Tom Kaulitz al tuo servizio, signorina…- si presentò, baciandole la mano –E credo che questo appartenga a te…-
Le aveva mostrato il telefono, poi porto.
Lei lo prese, sempre più confusa.
-Ma come…?-
-Oh, è stato semplice.- tagliò corto il moro, come fosse stata la cosa più normale del mondo –Ho dato una bella lezione a chi ti ha rubato la macchina. La banda di Derek è nota per i suoi attacchi sessisti; ancora ritengono le donne il sesso debole e a noi questo non piace… Proprio per niente.-
-Questo posto non è adatto a te…- proseguì Bill, rivolgendosi a lei –Ti aiuteremo ad uscire di qui. Conosciamo questo quartiere come le nostre tasche. Fidati di noi.-
La giovane fu quasi commossa da tanta generosità.
-Grazie, mille volte grazie!- ringraziò, lacrimando.
-Di niente. A proposito, non mi hai detto come ti chiami…- si ricordò Bill.
Lei si asciugò le lacrime.
-Mi chiamo Linda. Molto piacere.-
 
Linda si era rimessa alla guida della sua auto. Bill si era messo accanto a lei, indicandole i vicoli dove girare per uscire dal quartiere, e Tom aveva preso posto dietro, in caso di nuove “rapine”.
Per tutto il tragitto, lei raccontò come era entrata in quel quartiere: era di ritorno da una cena di lavoro, ma per la via che portava a casa sua c’erano dei lavori che bloccavano la strada. L’alternativa più facile risultò passare per il “Drogesviertel”, più lunga ma sgombra. Non si aspettava certo che una banda la stesse attendendo per derubarla. Era stata una fortuna che i gemelli stessero passando da quelle parti.
E nel locale, aveva chiesto aiuto al proprietario, il quale, in cambio, aveva proposto alla giovane di unirsi allo spettacolo di lap dance, togliendosi i vestiti; lei voleva solo fare una telefonata per farsi venire a prendere, infatti Jackob le avrebbe fatto fare la telefonata, più 500€ e due boccali di birra. Lei, ovviamente, aveva rifiutato, minacciando di dare uno schiaffo all’uomo. Lui, a quel punto, la minacciò con un coltello. Per fortuna, Bill era intervenuto appena in tempo.
Non doveva essere stata una bella esperienza per Linda; loro, ormai, essendoci abituati, non ci facevano più caso, ma non avevano mai pensato di osservare quel posto dal punto di vista di un abitante del centro.
Per sollevarle il morale, decisero di raccontarle su di loro, ma non solo la loro storia, per evitare di farla sentire ancora più a disagio; le raccontarono soprattutto su eventi strani accaduti durante le loro missioni.
-E quindi io ho dovuto vestirmi da inserviente e Tom si era nascosto dentro il carrello della biancheria che stavo trasportando. Gli avevo persino chiesto “Tutto bene, Tom?” e lui “Liscio come l’olio.”. Ah, gira a sinistra.- raccontò Bill, ridacchiando.
La giovane non smetteva di ridere.
-No! E poi?- domandò, sempre più divertita.
-Al mio passaggio, dei clienti iniziarono a mettere la propria biancheria sporca. E alcune mutande erano addirittura sporche, con tanto di aloni! Tutte sulla sua faccia!-
Grasse risate riecheggiarono in tutta la macchina. L’unico a non ridere era Tom: ricordava ancora con imbarazzo quel giorno, nonostante fossero passati nove anni. Erano i tempi in cui lui era biondo con i dread, cappello in testa e con vestiti tre volte più larghi di lui, e Bill aveva i capelli lunghi, neri con delle ciocche albine e con molti meno piercing e tatuaggi.
-Divertente spettegolare sugli altri, vero, fratellino?- commentò, con aria maliziosa –E se raccontassi alla signorina di quelle volte in cui ti eri vestito da donna?-
Il sorriso svanì sulle labbra del gemello.
-Non oserai…?-
Ma Linda continuava a ridacchiare.
-Bill vestito da donna?!- si stupì –Dai, racconta!-
-Ero in missione di copertura!- si giustificò il biondo, imbarazzato.
-Ma molti uomini hanno cercato di sodomizzarti!-
Ora era Tom a ridere con la giovane. Stava diventando blu da quanto aveva riso.
-Sul serio, però, ragazzi: un po’ vi compatisco.- mormorò, facendosi triste –Potevate vivere un altro tipo di vita, normale come tutti. Invece, vi ritrovate qui, in una gabbia di pazzi, criminali e tossici. I vostri genitori hanno preso la decisione sbagliata. Certe persone, soprattutto quelle con figli, dovrebbero pensare bene a queste cose…-
Lo aveva detto con tono strano, quasi con rancore, o rabbia.
-Lo dici come se avessi subito anche te una cosa simile…- commentò Tom, giocherellando con il suo coltello.
-Tom!- rimproverò Bill –Non è una cosa carina da dire. Ah, vai sempre dritto, così, poi gira a destra. Non manca molto.-
-Non sbagli, Tom.- tagliò corto Linda, facendosi più malinconica e seguendo le indicazioni del biondo –Ho una sorella minore, in effetti, a cui voglio molto bene. I miei genitori hanno divorziato quando eravamo piccole, io stavo per iniziare le medie. Se avessimo avuto il vostro stesso coraggio, saremmo scappate anche noi. Invece, io ho dovuto vivere con mio padre e mia sorella con mia madre.-
Lo stesso destino che sarebbe capitato ai Kaulitz, se non avessero deciso di scappare. Non sapevano nemmeno loro quale scelta sarebbe stata la migliore per loro: se scappare di casa insieme, ma cadere nella rete di persone come Gordon Trümper, o seguire i propri genitori, ma separati.
-Ma vi parlate?- domandò Bill, con aria compassionevole.
-Sì, ci chiamiamo spesso e ci incontriamo.- rispose la giovane, sorridendo lievemente -Viene spesso a trovarmi, infatti. E’ stata la mia damigella d’onore al mio matrimonio ed è stata la madrina di mia figlia, per il suo battesimo.-
I due gemelli alzarono le sopracciglia folte.
-Sei sposata?- domandarono, quasi all’unisono.
-Sì, da tre anni.- rispose lei, mostrando la fede nuziale –E abbiamo una bellissima bambina di due anni.-
-Beh… scusa se mi permetto, ma… mi eri sembrata troppo giovane per essere sposata.- commentò nuovamente Tom, lievemente in imbarazzo.
Linda apparve lievemente offesa.
-Perché? C’è un’età precisa per sposarsi?!-
-N-no! Quello che volevo dire è…!-
-Lascialo perdere, Linda.- tagliò corto Bill, sorridendo in modo furbo –Quando vede una donna, il suo cervello si sposta da un’altra parte… Non so se mi spiego…-
-Ehi!-
Il sorriso della giovane svanì in uno sguardo preoccupato: un altro gruppo si era messo di fronte alla macchina.
Un’altra gang del “Drogesviertel”. Come tale, era già armata con pistole, coltelli e catene.
Bill mise la testa sulla spalla sinistra, osservando Tom con la coda dell’occhio e lui annuì: sapeva cosa fare.
-Tranquilla, tesoro… Mantieni la calma…- la rassicurò questi, mostrando il manico del coltello –Qualunque cosa diranno, tu resta dentro la macchina e non fare niente…-
Non era facile per una donna del centro. Soprattutto quando notò la canna della pistola puntata verso di lei, mentre chi la impugnava, un giovane con i lati della testa rasati, ma la parte superiore piena di dread, la invitava ad abbassare il finestrino.
Con dito tremante, spinse il bottone del finestrino. Il respiro si fece sempre più affannoso quando la pistola era praticamente a dieci centimetri dalla sua fronte.
-Scendi dalla macchina.- minacciò il tipo –E dammi tutti i tuoi soldi.-
Non aveva notato i gemelli Kaulitz.
Bill non disse nulla; si limitò ad osservarlo con aria fredda, mentre Tom, pronto all’azione, mormorò: -Resta dove sei.-
Senza aggiungere altro, abbassò il suo finestrino, sporgendo la sua testa di fuori.
Il tipo lo notò con la coda dell’occhio, prima di voltarsi, quasi arretrando. La pistola fu puntata verso di lui.
-T-tu?!- imprecò, con rabbia.
Il moro gli rivolse un’aria di sfida: -Ti sono mancato, Quillian?-
Uno sparo fu la risposta: il ragazzo fu abbastanza rapido da tornare dentro la macchina, mentre Linda urlava: non aveva mai visto una sparatoria dal vivo. Sperò che fosse l’unica cosa estrema a cui avesse assistito quella sera.
Quillian si avvicinò dove si era seduto Tom, sperando di centrargli la fronte. Ma il ragazzo, lesto come un serpente, gli afferrò il polso e gli fece sbattere la testa contro la macchina; precisamente il punto tra la fronte e il naso. Lui indietreggiò, oltre a mollare la pisola. Si ritrovò la portiera in faccia, che lo fece cadere bruscamente all’indietro, battendo la testa contro il muro; quel colpo gli provocò la perdita dei sensi. Dal cranio uscì del liquido rosso.
Gli altri membri della band osservarono quello spettacolo con orrore: come all’interno di un branco, se il capo è a terra, gli altri non sapevano cosa fare. Uno di loro pensò di togliere Linda con la forza dalla macchina, ma si accorsero che le portiere erano bloccate.
Bill, sorridendo con scherno, li salutò. Era stato lui a bloccare le portiere. La giovane era ancora paralizzata per farlo.
Tom era fuori la macchina, con la pistola di Quillian in una mano e il suo coltello dall’altra.
Un’altra rissa. Lui sorrise. Due in una sola serata. Erano troppo poche per lui, ma meglio di niente.
Non era raro che si ritrovasse in combattimenti con lui contro sei persone.
Riuscì a gestire la situazione: se uno lo bloccava alle spalle, mentre altri due si avvicinavano per colpirlo, lui, con un rapido colpo di reni, colpiva entrambi gli avversari con le sue gambe, poi scivolava verso il basso e faceva capriolare chi lo teneva, facendolo schiantare sugli altri. Ogni tanto scivolava sul cofano per colpire chi stava dall’altra parte della macchina, facendo venire degli infarti a Linda, preoccupata sia per il ragazzo che per la macchina.
Bill osservava continuamente il telefono, come per misurare il tempo.
Appena udì il rumore di un pugno che batteva con delicatezza sul finestrino, sbloccò le portiere.
Tom riprese il suo posto con aria trionfante e rilassandosi sul sedile.
All’esterno, tutti i membri della banda giacevano svenuti sul muretto, sistemati lì dal moro per facilitare il passaggio a Linda.
-5 minuti e 3 secondi…- commentò Bill, annuendo –Hai superato il tuo record, fratellone…-
-Sì…!- esultò questi, prima di osservare indietro e fare il gesto dell’ombrello –Questa è la fine dei vigliacchi che se la prendono con le donne! Prrr!!!-
La giovane si mise nuovamente a ridere. Dopodiché, dallo specchietto notò qualcosa che non aveva notato per tutta la serata: un tatuaggio sul suo braccio destro. Non era l’unico che aveva, ma quello attirò la sua attenzione. Poi osservò Bill: indossava la canottiera che lasciava una buona parte del petto scoperta. Aveva lo stesso tatuaggio: un simbolo che ricordava lo stemma degli “Illuminati” circondato da un alone rosso, con una stella e una testa di elefante ai lati e una scritta, sotto: See you in outher space.
-Scusate se mi permetto…- mormorò, titubante, come se avesse il timore di fare l’impicciona -Sbaglio o voi due avete lo stesso tatuaggio?-
I due gemelli non si mostrarono affatto infastiditi da quella domanda, anzi; dal primo momento in cui se lo sono fatto, nessuno ci aveva fatto un commento. Erano più che felici di parlarne.
-Oh, sì, non sbagli affatto.- rispose Bill, mostrandolo con orgoglio -Questo è uno dei tanti elementi che unisce questo cretino e me.-
-Non sforzarti coi complimenti.- commentò Tom, sarcastico. Il gemello gli rispose storcendo la bocca.
-Dì, Linda. Tu credi nella reincarnazione? Ah, qui gira a destra.-
Quella domanda fece quasi basire la giovane.
-Non lo so. Forse. Perché?-
-Io sì. A volte ho strani pensieri, di aver vissuto vite senza Tom. Essere gemelli è una cosa meravigliosa, Linda. Avere di fianco l’unica persona che ti comprende veramente, che capisce tutto con uno sguardo, senza bisogno di parlarne. Noi due siamo anime gemelle, non solo gemelli.-
-Non parlare come se non fossi presente, fratellino…- commentò Tom, quasi rovinando il momento –Comunque, è vero. Nemmeno io non potrei vivere senza questo scemo.-
-Abbiamo deciso di fare questo tatuaggio lo stesso giorno.- proseguì Bill, ignorando la risposta del fratello –Il tatuatore ci ha detto che se due persone si fanno questo tatuaggio, resteranno insieme per il resto delle loro reincarnazioni. Vedi? “See you in outher space”. Letteralmente dovrebbe significare “Ci vediamo in uno spazio esterno”, ma crediamo entrambi che, logicamente, significhi “Ci vediamo in un’altra vita”. Noi due resteremo sempre insieme.-
Bill tendeva al sentimentalismo, Tom era il più duro tra i due, o meglio, mascherava i suoi veri sentimenti con l’ironia.
-Purtroppo…- commentò, a bassa voce.
Ma Bill sapeva che anche lui pensava la stessa cosa.
Linda fu commossa da quelle parole: aveva sentito più volte del legame dei gemelli, più forte di quello tra normali fratelli. I Kaulitz erano la prova di quel legame, la prova assoluta. Abbandonati fin da piccoli in un mondo crudele e avere solo l’un l’altro per consolarsi e ritrovare la forza. La sua compassione per loro non faceva altro che aumentare.
-Bene, siamo arrivati.- annunciò il biondo, indicando in avanti con il volto.
Erano all’entrata del quartiere, la strada che prendevano i gemelli ogni volta che dovevano dirigersi verso il centro.
-Capolinea! La signora è servita!- aggiunse Tom, prima di scendere dalla macchina. Bill fece lo stesso, unendosi a lui.
Linda abbassò il finestrino, sorridendo dolcemente ai gemelli.
-Io… non so davvero come ringraziarvi…- disse, imbarazzata –Non so nemmeno come ripagarvi…-
Si voltò verso la borsa, alla ricerca del suo portafoglio. Tom le mise una mano sulla spalla, intimandole di fermarsi.
-Credici, i soldi non sono un problema per noi…- ringraziò, scuotendo la testa.
-L’unica cosa che puoi fare per noi…- aggiunse Bill, ricambiando il sorriso –E’ quello di non farti più vedere da queste parti. Da qui sai ritrovare la strada di casa da sola, vero?-
-Sì, non preoccuparti.- lo tranquillizzò la giovane, felice di essere uscita da quel posto orribile –Ma almeno permettetemi di ringraziarvi per bene…-
Uscì dalla macchina e abbracciò prima Bill e poi Tom, oltre a dare loro un innocente bacio sulla guancia.
Il secondo le rivolse uno sguardo malizioso.
-Mia cara, ti ricordo che sei sposata…- osservò.
-Tranquillo, lo faccio anche con i miei amici.- concluse lei, mentre rientrava in macchina –Ehi, spero con tutto il cuore che riuscirete a fuggire da qui. Non è posto per ragazzi come voi…-
Partì, mentre mandava un ultimo bacio ai gemelli.
Essi la salutarono con la mano, sorridendo.
Seguirono la Volkswagen con lo sguardo, prima di vederla mescolarsi con le altre macchine.
Non sapevano perché, ma si sentirono improvvisamente leggeri, appagati, felici.
Un sentimento mai provato in tutti quegli anni.
-Tutti questi anni a fare cose cattive…- mormorò Bill, guardando in basso –E dimenticare quanto sia bello aiutare il prossimo...-
Inizialmente, Tom storse lievemente la bocca. Ma fu completamente d’accordo col gemello.
-Prima c’era la droga a consolarci…- ricordò, con dolore e imbarazzo; si osservò l’incavo dietro il gomito: si era formato un grosso livido. Lo stesso in quello di Bill. Troppi anni di iniezioni. Un altro avrebbe probabilmente causato loro la morte. –Ma hai ragione. Aiutare il prossimo sembra essere più appagante. Hai visto quella poveretta? Non raccomanderei a nessuno vivere in questo buco di merda…-
L’avventura passata con Linda li convinse sempre più del loro piano. Si strinsero le mani, per darsi forza.
-Potevamo andare con lei…- commentò il biondo, assumendo uno sguardo triste.
-Già…- Era troppo tardi. Ma non potevano ugualmente. Se Gordon li avesse scoperti, li avrebbe costretti a partecipare alla sua “festa”.
Decisero entrambi di pensare ad altro.
-Prima di dimenticarmene…- iniziò Tom –Ce l’hai la sigaretta?-
-Sì!- rispose, frugando tra le tasche, prima di accenderle entrambe –Ma se veramente vogliamo disintossicarci, forse dovremo anche smettere di fumare...-
-Sì, hai ragione. Ma, se ci fai caso, è l’unica sigaretta in una sola giornata.- notò il moro, con stupore –Direi che siamo ad un buon punto, non trovi?-
Il gemello annuì.
Improvvisamente, i loro pensieri furono turbati da una serie di Bip! strani.
Gordon.
Li stava chiamando.
Si osservarono di nuovo. Dopodiché, Bill schiacciò il tastino verde, mettendo il vivavoce.
-Pronto?-
-Buonasera, Zwillinge…- rispose Gordon, dall’altra parte del telefono –Mi spiace disturbarvi durante la vostra serata libera, ma ho un annuncio importante da farvi. Per domani c’è un cambio di programma, ma non che vi farà perdere la gara di bevute e il concerto in TV…-
Bill e Tom si osservarono, impallidendo.
Cosa aveva in mente?

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