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Autore: Daphne_Descends    10/06/2009    2 recensioni
Cassandra è una trovatella con un passato misterioso ed una rara abilità. Lei riesce a vedere. Mostri spaventosi che non appartengono al suo mondo.
Non sa nè perché, nè chi siano, non conosce altro che domande.
Fino a quando sembra che tutti inizino ad interessarsi al ciondolo di sua madre.
E così inizia il viaggio di Cassandra, alla scoperta della verità e di risposte che solo due misteriosi viaggiatori possono darle. Attraversando mari e paesi, in cerca dei colori mancanti per completare la tela della sua vita.
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Chapter 1: A look into her life

 

 

 

 

Era dietro di lei.
Sentiva il gelo sul collo.
 
Si guardò attorno, con studiata lentezza, imprecando mentalmente alla vista della moltitudine di gente che la circondava.
Se fosse stata sola le sarebbero bastati pochi secondi, il tempo di girarsi, mirare e colpire.
 
«Signorina, vi sentite bene?»
 
Si voltò verso l’uomo anziano che l’aveva chiamata e la guardava preoccupato.
Senza accorgersene si era fermata in mezzo alla strada, intralciando il traffico. Si scusò con un lieve sorriso e si scostò, facendo passare le persone alle sue spalle. L’uomo le diede un’ultima occhiata e proseguì.
 
Era sparito.
Non avvertiva più nessuna presenza. Tirò un sospiro di sollievo e riprese a camminare. Doveva raggiungere la locanda prima che calasse il buio.
 
Il sole era poco sopra l’orizzonte e i commercianti stavano chiudendo le loro bancarelle.
Girò a sinistra, prendendo una traversa. Superò un fattore e il suo mulo che non voleva proseguire, una donna con un cesto di mele sul capo e due bambini per mano, tre commercianti che la seguirono con lo sguardo e dei ragazzini che correvano nella direzione opposta alla sua. E finalmente riuscì a leggere l’insegna della locanda di Rose.
 
La proprietaria, Rose per l’appunto, era una donna corpulenta e dalla bellezza ammaliante. Nonostante la taglia inconsueta, le sue forme morbide attiravano un numero cospicuo di avventori, tra viaggiatori e abitudinari. E sapeva bene come approfittarne. Le bastava muovere la chioma corvina e ondeggiare un po’ e riusciva a convincere anche i più refrattari.
 
La conosceva da quando, a nove anni, era stata sorpresa a rubare nel suo magazzino. Si ricordava ancora il modo in cui l’aveva fissata, con i penetranti occhi scuri che brillavano nella penombra della stanza. L’aveva trascinata in cucina e rimpinzata con qualsiasi cosa le capitasse a tiro, sotto lo sguardo di disapprovazione di Margareth, la cuoca, che insisteva a somministrarle zuppe di farro, a suo dire più nutrienti di quelle di zucca. Da quel momento l’aveva presa con sé, trasformandosi facilmente nella madre che aveva perso quattro anni prima.
 
Rose era la donna migliore che avesse mai incontrato. L’aveva accettata esattamente per com’era, anche dopo aver scoperto il suo inconfessabile segreto.
 
E sopportava le sue fughe da ben dieci anni.
 
La locanda era piena come al solito, i tavoli erano occupati da tutti gli stranieri arrivati per la fiera. Il signor Gorton le passò davanti, strizzandole un occhio e portando un piatto di pollo all’uomo seduto vicino alla finestra.
Era simpatico il signor Gorton, lavorava già da Rose quando era arrivata lei. Assomigliava tanto a suo nonno, anche se suo nonno era più scorbutico.
Riuscì ad intravedere anche la treccia bionda di Elisha che scompariva in cucina ed Harry che serviva una coppia al tavolo nell’angolo.
 
«Finalmente ti sei degnata di farti vedere».
Si stampò un sorriso angelico sul volto candido, mentre si girava verso Rose, entrata alle sue spalle con un sacco colmo d’avena.
«Ciao Rose, come stai?»
«Sei scomparsa per un’intera settimana, Cassandra. Mi hai fatto preoccupare!»
«Scusami Rose, io non-»
«Non lo farai più? Figurati se ci credo! Questa volta l’hai combinata grossa! Sette giorni! Senza una parola!»
«Era importante».
«Anche la tua vita lo è! Se ti fosse successo qualcosa, eh? Cos’avrei fatto? Probabilmente non l’avrei neanche saputo!»
«Scusami» abbassò lo sguardo, sconfitta. Quella volta Rose aveva ragione. Si era comportata da irresponsabile.
La vide sospirare e scuotere il capo «Fila in cucina! Scommetto che non hai mangiato niente. E vedi di non dare fastidio a Margareth».
Cassandra sorrise e se ne andò veloce, quasi scontrandosi con Francis, che portava tre boccali colmi di birra in bilico su un vassoio.
«Sei tornata» fece una smorfia, trovandosela davanti.
«Tu invece non te ne vai mai?»
Non era un segreto che lei e Francis non si sopportassero. Era stato assunto da Rose da tre anni e tra di loro era subito scoccata la scintilla dell’antipatia, nell’esatto istante in cui, distrattamente, lui le aveva fatto notare quanto fosse incapace nei lavori domestici. Neanche questo era un segreto, visto che ormai se n’erano accorti anche i clienti abituali, che ogni volta si facevano quattro risate a vederla maneggiare la scopa. E per quanto lo sapesse anche lei, sentirselo dire da uno sconosciuto, qual era Francis, le aveva montato una rabbia tale che la scopa la tirò dietro il suo cranio biondo e supponente.
Comunque lui si limitò a beffeggiarla con una sola occhiata e tornò al lavoro, mentre Cassandra entrava in cucina.
«Oh, la pecora è tornata all’ovile, finalmente!»
«Mi stai dando della pecora, Maggie? Non è carino da parte tua».
L’anziana donna sventolò per aria il mestolo sporco di zuppa e le sorrise con i luminosi occhi azzurri.
«Siediti lì, appena mi libero ti do qualcosa da mettere sotto i denti».
Prima che potesse anche solo fare un passo, dalla porta sul retro rientrò Elisha, che si illuminò e le corse incontro, per abbracciarla «Cassie! Meno male che stai bene! Ero così preoccupata!» Elisha si preoccupava fondamentalmente di tutto. Dei piatti caduti per terra, delle lenzuola lise, del gatto senza cibo, del venditore di tappeti vicino alla piazza del mercato, dei creditori di Harry, delle macchie sui tavoli, dei viaggi di Cassandra e delle previsioni del signor Gorton.
«E’ andato tutto bene, Ellie. Addirittura più tranquillo del solito».
La bionda la spinse verso il tavolo in legno pesante al centro della cucina e la fece sedere sulla sedia più vicina.
«Stai qui e non muoverti! Appena riesco a liberarmi voglio che mi racconti tutto quanto!».
 
 
Dovettero aspettare un paio d’ore, perché l’ora di cena terminasse e i soliti consumatori comparissero al bancone.
Il viaggio di Cassandra non era stato niente di straordinario. Se n’era andata, di punto in bianco, chissà dove. Non le chiedevano mai la sua meta, sapevano che era qualcosa che non avrebbe mai rivelato. Neppure Rose lo sapeva.
«Hai fatto qualche incontro interessante?»
«No, a parte un vecchio vagabondo che voleva vendermi una pipa, spacciandola per un richiamo per greggi. Forse avrebbe funzionato, se non l’avesse fumata davanti a me».
«Non intendevo in quel senso» sorrise Elisha alla sua espressione scocciata «Volevo dire, incontri romantici».
«Guarda che la vita non è come una di quelle storielle che ti racconta Maggie! Non basta andare a spasso per incontrare l’anima gemella. Dovresti smetterla di credere alle favole».
L’amica non l’ascoltò ed iniziò con la sua solita solfa sul vero amore. Lei ci credeva sul serio. Viveva in attesa del fantomatico principe azzurro che l’avrebbe portata via sul suo cavallo bianco. O almeno, l’avrebbe presa in moglie. Aspettava pazientemente il matrimonio, come ogni brava fanciulla in età da marito avrebbe dovuto fare.
Cassandra ascoltava i suoi sproloqui annoiata, frenando la lingua per non disilludere la giovane sognatrice. Non credeva affatto alla storia del principe. Era solo una montatura creata per convincere le ragazze a sposarsi. E lei, dall’alto dei suoi diciannove anni, era ben decisa a non cascarci mai.
«Qui, invece? E’ successo qualcosa di interessante?» la interruppe, conoscendo ormai a memoria il suo discorso.
La bionda scrollò le spalle «Niente di particolare. Sono tornati di nuovo i creditori ed Harry si è nascosto in soffitta. Sono preoccupata. Non può continuare a nascondersi, se non paga chissà cosa potrebbe succedergli».
Cassandra sorrise «Non angustiarti, vedrai che lo aiuterà Rose. Conosce bene il signor Wilbey, saprà come convincerlo a dargli più tempo».
«Vorrei fare qualcosa per aiutarlo».
L’altra mascherò una risata con un colpo di tosse, sapendo più che bene cosa avrebbe potuto fare Elisha per Harry. Ma non era il caso di dirlo all’amica.
«Davvero si è nascosto in soffitta?» chiese invece, immaginando il ragazzo nascosto dentro la cassa delle lenzuola di lino di Rose.
«Sì, è rimasto più di un’ora lì dentro, poverino!»
Cassandra scoppiò a ridere, guadagnandosi un’occhiataccia dalla vecchia Maggie, appena entrata.
«Non dovresti scomporti così, Cassandra. Non ti sposerà mai nessuno».
Si interruppe, giusto per dire «Meglio così!» poi riprese.
La cuoca la fissò con disapprovazione «Arriverà il momento in cui un uomo ti tapperà la bocca, bambina. E poi vedremo se sarai ancora della stessa opinione».
«Non ho mai sentito qualcosa di più assurdo» fece una smorfia e si alzò «Vado a vedere se di là hanno bisogno».
 
Dietro il bancone Rose ed Harry intrattenevano la clientela. Avevano entrambi una parlantina incredibile e il fiuto per gli affari. Forse era per quel motivo che la donna l’aveva assunto senza pensarci due volte.
 
Harry aveva ventidue anni, una massa incolta di capelli castani, occhi verde brillante, mente pronta e lingua lunga. Quasi più della sua lista di debiti che, chissà come, invece di accorciarsi, aumentava. E una cotta spaventosa per Elisha. Lei, ovviamente, non lo sapeva e continuava a sognare il suo principe azzurro e per Harry andava bene così, dato che l’avrebbe cacciata soltanto nei guai. E, ogni volta, cercava di dimenticarla con altre donne, senza mai riuscirci. Era encomiabile il suo impegno nello starle lontano.

«Cassandra!» esclamò, vedendola avvicinarsi al bancone.
«Ciao Harry, come va?» gli sorrise.
«Non c’è male, si va avanti-»
«E si scappa dai creditori».
«Non c’era bisogno di aggiungere dettagli futili» fece una smorfia, rivolto all’uomo al fianco dell’amica.
«Ti vergogni, Harry?» chiese lui sogghignando con i compari «Tanto scommetto che la piccola Cassie lo sapeva già. Vero, zucchero?»
La ragazza sorrise e lo abbracciò «Ciao zio Ben!»
Benjamin Bertram era il fratello maggiore di Rose. Si assomigliavano come due gocce d’acqua e, benché si trovassero spesso a discutere, era il “vecchio Ben” che le portava la maggior parte dei clienti. Era un uomo dai tratti affascinanti e l’aria burbera, ma nascondeva un cuore d’oro. Si era affezionato molto a quella trovatella che aveva adottato sua sorella, era come la figlia che non aveva mai avuto.
«Te l’hanno raccontato, vero?» le chiese, dandole un buffetto sulla guancia.
Lei ridacchiò «Deve avermelo accennato Elisha».
«No!»
L’espressione disperata di Harry fece ridere il gruppo.
«Quando la sposi quella benedetta ragazza?» chiese per l’ennesima volta il signor Quinton, un vecchio eccentrico con barba e capelli bianchi e un gusto particolare per infierire sulle persone.
Harry arrossì e con, ormai abituale, faccia tosta fece finta di niente e riprese a pulire un boccale di vetro. Mentre i vecchi continuavano a ciarlare su di lui.
«E’ vero che sei finito chiuso in soffitta?» gli chiese Cassandra.
Lui sospirò, poi sorrise «E’ la notorietà, tesoro».
Scoppiarono a ridere nello stesso momento. Con Harry non c’era bisogno di parlare, bastava uno sguardo per capire che le stava dando il bentornato.
«Ti sei persa un sacco di cose, sai?»
«Racconta!» si sporse sul bancone a braccia incrociate, l’amico iniziò a strofinare un altro boccale.
«Libby è tornata all’attacco».
«No! Non ci credo!»
Libby era una delle migliori amiche di Cassandra. Una ragazza minuta ed esuberante, che faceva disperare i suoi genitori. In città la conoscevano tutti e sapevano che, nonostante i suoi capelli rossi e la sua determinazione distruttiva, era buona come il pane. Da un paio d’anni i suoi occhi nocciola si erano posati su quello che sarebbe stato, testuali parole, “l’uomo della sua vita”. Ma Francis non la pensava allo stesso modo. E la sua abilità nella fuga davanti alla piccola Libby era pari solo a quella di Harry davanti ai creditori.
«Cos’è successo?»
«Questa volta Francis non ce l’ha fatta. Libby è riuscita a sorprenderlo mentre scappava».
«Gli ha chiesto di nuovo di sposarla?»
«Già» attaccarono a ridere, sotto le occhiate esasperate di Rose e dei suoi clienti. Mettere insieme Harry e Cassandra equivaleva a confusione totale.
 

***

 
Dopo un’intera settimana si trovava di nuovo nella sua stanza. Si sedette sullo sgabello davanti al piccolo tavolino da toilette e si osservò nello specchio appeso alle pareti di legno. Strano che nessuno le avesse fatto notare quanto fosse pallida e sciupata. Gli occhi azzurri erano velati dalla stanchezza e quasi lacrimavano per la luce della lampada ad olio. Prese la spazzola ed iniziò a pettinarsi i lunghi capelli castani, che ricadevano scomposti sulle spalle.
Indossò velocemente la veste da camera, di tessuto leggero e, mentre scostava le lenzuola, il ciondolo che portava al collo le rimbalzò sul petto. Sorrise, sedendosi sul letto, e lo prese tra le mani.
 
Era d’argento, lo sapeva, anche se sembrava un qualsiasi metallo, una semplice forma ovale con incisi una calla e un ramo d’edera intrecciati. Sua madre lo teneva sempre al collo, come un tesoro prezioso, e ogni tanto l’aveva vista sorridere a qualcosa di nascosto all’interno del pendente. Non sapeva cosa fosse, non era mai riuscita a far scattare l’apertura. Poco prima che morisse, la donna gliel’aveva donato, raccomandandole di non toglierselo mai. Il perché non lo sapeva, ma se per lei era così importante, allora l’avrebbe accontentata. E da quando aveva cinque anni non se l’era mai tolto, era sempre rimasto al suo collo, nascosto dai vestiti.
 
Si addormentò, stringendo tra le mani il ciondolo argentato ed entrando in uno dei suoi soliti, gelidi incubi.
 

 
 

***


Salve a tutti! Questa è la prima seria storia originale che mi trovo a scrivere. Come espresso negli avvertimenti è un’Alternative Universe. Questo capitolo è una sorta di introduzione, nel quale vengono presentati un po’ di personaggi. Non so con esattezza quando aggiornerò, forse ci vorrà del tempo, forse no.
Spero che vi piaccia!

   
 
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