Serie TV > Supernatural
Segui la storia  |       
Autore: Sarandom    30/05/2017    4 recensioni
[SPOILER SEASON 11] (Destiel e Saileen)
Timeline: Amara ha ucciso Lucifero e con Chuck sono andati via. Dio torna da Dean, Sam e Cas, gli toglie il lavoro da cacciatori, ma qualcosa li ha seguiti. Mentre si apprestano a formare una vita normale, c'è chi dovrà fare i conti con il passato.
E tutte quelle lettere a Dio sono scommesse
E tutte quelle lacrime oggi sono promesse
Io sono un cazzo di soldato senza una guerra
Ed esito, barcollo ma non mi ci vedi a terra
E rido perché so che tornerò ad amare ancora
E urlo a chi vorrà ascoltare
Che “solo” è solo una parola
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Castiel, Claire Novak, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
HTML Editor - Full Version

 

A.

 

«Ragazzi, sto cercando di finire di correggere i saggi.» Disse Castiel, cercando di attirare la loro attenzione. Aveva lasciato loro qualche minuto di pausa dalla lettura e la spiegazione di un capitolo di storia. Alcuni si erano alzati formando dei gruppetti sui banchi e si stavano lasciando andare ridendo per qualcosa.

Castiel, purtroppo, ricordava perfettamente ogni cosa accaduta alla festa e non aveva dormito. Dopo aver lasciato Dean a casa sua, aveva passeggiato un po’, prima di andare a letto. L’angelo sapeva bene cosa era accaduto l’altra sera, il problema era che con Dean… era diverso. Non lo aveva mai visto in quel modo ed era stato proprio Dean a dirgli di non cambiare, quindi per quale motivo? Non vedeva l’ora di partecipare al gruppo quel pomeriggio: avrebbe conosciuto il segretario della comunità contro il bullismo della città ed avrebbe ascoltato altre storie dei partecipanti, sperando di potersi distrarre.

Sentì altre risa ad alto volume che non riuscirono a farlo concentrare, oltre ai suoi pensieri.

«Ragazzi!» disse alzando troppo il volume e guardandoli, leggermente arrabbiato.

Gli studenti tornarono ai loro posti con la coda tra le gambe e Castiel se ne pentì subito.

Chiuse il viso tra le mani e sospirò. «Scusatemi, non sono dell’umore giusto oggi.» si giustificò.

La sua giornata lavorativa era iniziata troppo presto. Per la prima volta dopo tanto tempo, gli sarebbe piaciuto rimanere a letto ad analizzare e ripercorrere gli avvenimenti del giorno prima. Chiuse gli occhi per un attimo, ripensando ancora a Dean.

Sperava ancora in un suo messaggio, o in qualunque segnale che avrebbe confermato ciò che gli aveva fatto capire la notte precedente. Gli tremavano le mani ogni volta che il cellulare gli vibrava in tasca; non avrebbe nemmeno dovuto usarlo, dato che era a lavoro, ma non riusciva a fare a meno di dare qualche occhiata almeno ogni venti minuti. Quel comportamento insospettiva parecchio gli alunni più legati a lui, come Eddy o Eleanor, ma nessuno di loro si azzardò a chiedergli cosa non andasse - soprattutto dopo la sgridata, neanche a fine lezione.

Il cellulare di Cas ricevette un mucchio di notifiche diverse: promozioni, messaggi di Claire, piccoli squilli. Ma niente da parte di Dean. Il nulla.

Si preoccupò, non ebbe neppure voglia di raggiungere Margareth alla mensa. Continuò insistentemente a sbloccare il cellulare, nel quale vedeva solo l'orario il più delle volte.

Sospirò e lo mise in tasca, scuotendo il capo e dando un'occhiata attorno. Alunni ed insegnanti che compravano il pranzo in fila, ragazze del primo anno a braccetto che passeggiavano, le trecce ciondolanti.

 

 

*

 

Dean fischiettava mentre sistemava il piccolo impianto di irrigazione di Elizabeth, passandosi ogni tanto una mano sulla fronte sudata. Nonostante la sbronza della sera prima, il cacciatore si era ripreso a tempo di record ed era tornato a lavorare con entusiasmo, sfoggiando sorrisi smaglianti a tutte le belle ragazze che passavano nel vialetto. Tuttavia, quei ricordi sfumati e confusi non smisero di influenzare la sua giornata almeno un po', distraendolo di tanto in tanto dai suoi doveri.

Elizabeth, dal canto suo, avrebbe voluto parlargli o fargli qualche domanda, ma temeva di sembrare indiscreta. Aveva visto Cas che portava Dean in bagno la sera prima e si era posta più di un paio di domande appena l'intervallo di tempo in cui i due erano rimasti appartati aveva superato i dieci minuti.

Sorrise lievemente dalla porta con del succo di limone fresco in una mano, il fianco appoggiato di lato.

«Non pensi che... dovresti indossare un cappellino con questo bel sole scottante? Qualcosa come... quelli di paglia, che so...» lo prese gentilmente in giro.

Dean alzò il capo biondo e dorato alla luce e le sue labbra si curvarono in un sorrisetto. «Un sombrero. E magari a petto nudo, mh?» fece, scherzoso, avvertendo un leggero dolore alla nuca. Era stato con la testa abbassata per troppi minuti di seguito.

«Dovrei averne uno di là, in cucina.»

«Stavo scherzando. Il sole non mi brucia affatto la testa, ce la posso fare...»

Dean si piegò un'altra volta, trafficando con quello strano marchingegno ed i suoi attrezzi.

Ci fu una pausa di silenzio, disturbato solo dal monotono rombo delle automobili per strada e dal cinguettio degli uccellini.

«Dovrebbe funzionare adesso...» suppose il cacciatore. Si rialzò troppo velocemente, ed iniziò a vedere puntini violacei che invadevano il suo raggio visivo, mentre un violento giracapo lo costrinse a sedersi sull’erba.

«Accidenti...»

«Hey hey! Fa attenzione, Winchester. Non c'è sempre Cas a prenderti a braccetto!» si lasciò sfuggire Elizabeth, gli occhi blu che vagavano sul viso perplesso del cacciatore.

«Mh?» disse un Dean frastornato, la mano ancora artigliata al terreno, fissandola come se avesse visto un alieno.

La donna si rese conto e tacque. Forse era solo un'impressione dettata dalle sue fantasie e supposizioni, ma in quel preciso istante, le parve di notare un’espressione quasi imbarazzata sul suo volto.

No, doveva sicuramente esserselo immaginato.

«No... niente, niente. Come va negli ultimi tempi? Nel senso... la vita in generale...» mormorò Elizabeth, cercando di svagare, sforzandosi di non apparire troppo interessata agli affari suoi. Sorseggiò la sua limonata fino a terminarla.

Dean si strinse nelle spalle. «Uhm. Non c'è male. Sto lavorando... sto uscendo... sto guardando film.» iniziò ad elencare, con un ghigno. «Insomma, devo dire che non sta andando male come avevo pensato…» si tirò su con uno slancio. «Forse, continua ad essere troppo poco movimentato… per me.» spiegò, pulendosi della terra dalle mani con un guanto da giardinaggio.

Elizabeth rimase a bocca asciutta e stirò le labbra. Avrebbe tanto voluto capirci qualcosa sulla vita sentimentale di quell'uomo, se ne aveva una, ma avvertire che Dean non si sentiva ancora parte di quella nuova possibilità, le fece venire tristezza.

E nonostante le dicerie che Margareth le riferiva, non poteva essere soltanto il classico Don Giovanni interessato unicamente al divertimento e a nient'altro. Non gli si addiceva, c’era qualcosa di più sotto quella corazza, lei ne era convinta.

Elizabeth ci credeva; aveva notato negli occhi di Castiel una luce diversa quando l'angelo guardava il cacciatore.

Ciò che più la divertiva era il fatto che Dean sembrasse non rendersene conto neanche un minimo, mentre a lei erano bastati pochi secondi per comprendere che ciò che Castiel provava per lui andava ben oltre un affetto fraterno.

 

 

*

 

Mentre Castiel usciva dalla toilette, asciugandosi le mani con un fazzoletto di carta, passò accanto alla porta semi aperta di un’aula e distinse voci conosciute.

«Oh sì! Anche a me lo hanno passato. Sembra saperci fare…se capite cosa intendo.» squittì la professoressa di educazione fisica.

«Beh, io dovrei far controllare il mio forno.» rispose la giovane insegnante di francese.

«Io sono due volte che lo chiamo e non mi ha mai delusa. C’è da dire che Dean sa flirtare e attenta se ti arriva a casa con la maglia nera, quelle braccia…» disse l’insegnante di matematica, con aria sognante.

Castiel si era letteralmente fermato ad origliare, stringendo sempre di più le dita attorno la maniglia della sua valigetta.

«Potrei provarci anche io?» domandò una voce maschile, il professore di inglese.

«E perché no?» risero tutti, mentre Castiel si allontanava il più velocemente possibile.

 

*

 

«È iniziato tutto in modo davvero... assurdo.» parlò il ragazzo più taciturno dell'intero gruppo di supporto, pizzicandosi le dita e guardando in basso.

Il resto dei ragazzi lo ascoltava attento.

«Un giorno, mi sono guardato allo specchio e... ho odiato profondamente il riflesso, il mio corpo... tutto. Non è che prima mi piacesse il mio aspetto, ma...» Il ragazzo si interruppe.

«Ed è accaduto tutto così? Casualmente?» chiese Margareth, a bassa voce.

«A dir la verità... no. Il problema dell'acne ha contribuito, credo. Mi avevano detto di fare un po' di dieta sia per quel problema e sia per il grasso in eccesso. Io li ascoltavo, ma non funzionava nulla. Ero sempre orrendo e brufoloso, sia ai miei occhi che a quelli delle ragazze. Così, pian piano ho smesso di mangiare...» Incrociò le braccia pallide e scheletriche sul petto, storcendo la bocca.

Margareth annuì. «D'accordo, va bene. Passiamo a qualcun altro?» chiese gentilmente. 

Cas si guardò attorno. «A chi tocca?» fece, seduto su una sedia un po' malferma. Margareth insistette perché prendesse la sua e si misero a battibeccare, facendo ridere qualcuno dei ragazzi del gruppo ed allentando, così, la tensione creatasi. Non era mai facile ascoltare quei racconti e qualche momento di leggerezza era ben accetto.

Soprattutto quel giorno, dato che si era presentato, finalmente, un esperto per trattare con i ragazzi.

Si era presentato in modo molto naturale, segno che era abituato a comportarsi con molte persone. Si chiamava Samal; era arabo, ma parlava benissimo la loro lingua e disse di aver preso parte in quella comunità per proteggere il fratello minore. Al liceo aveva rischiato di suicidarsi, lo prendevano in giro perché indossava maglioni lunghi come fossero vestitini e aveva una cotta per un professore.

«Potete immaginare, appena uno della sua classe lo scoprì, cosa ne è venuto fuori.» sospirò. «Un pomeriggio, per fortuna, dei miei amici avevano annullato un’uscita…così andai a cercarlo e lo trovai…in piedi, su una sedia, con un cappio alla gola. Menomale che non l’aveva ancora spostata.»

Si sentirono dei sussulti e Samal sorrise. «Ora sta benissimo. Ha trovato una persona che lo ama e lo sostiene.»

«Sembra una storia da romanzo.» disse una ragazza mora che stringeva un anti stress tra le dita.

«Gli dirò di farci un pensierino.» scherzò Samal, poi distolse lo sguardo notando una mano alzata. «Prego.»

«Wow! Neanche io ho le mani così perfette!» disse la ragazza accanto a chi aveva alzato la mano, dopo aver visto le unghie curate e dipinte. A Jordan scappò una risata e il suo ciuffo rosa si mosse.

«Sto vivendo un’esperienza simile.» disse, indicando Samal con un lieve gesto della mano. «Parecchi... buona parte dei ragazzi della mia classe tende a chiamarmi 'finocchio' e simili. Ma non è questo a darmi fastidio. Sono le frasi volgari che si dicono, i gesti che fanno, come se io fossi interessato a tutto il genere maschile presente a scuola.»

«Purtroppo è uno dei problemi riguardo a questi argomenti. Si sentono sotto il nostro radar, quando-» abbassò la voce. «Vi svelo un segreto…nessuno è veramente, al cento per cento, etero.»

Margareth, la professoressa di fisica, che li aveva raggiunti e tutti gli studenti lo guardarono ad occhi spalancati, tranne Castiel.

Samal si guardò intorno divertito, stupendosi di vedere Castiel per niente sorpreso. «Sapeva di questo strano, studio?» enfatizzando sarcasticamente l’aggettivo.

«So che…ci si innamora di una persona, non di un corpo.»

Samal annuì. «Giusto. Continua, Jordan.»

Jordan spiegò che gli piacevano i ragazzi e che l'aveva sempre saputo sin da quando era piccolo. E che si identificava in entrambi i generi. «Mi piace il mio corpo, e mi piace il fatto che io sembri una ragazza. Gli altri lo usano per insultarmi, ma quando me lo dicono… mi sento felice. Ho sempre cercato di fare amicizia con gruppi di ragazze per parlare di ragazzi. Adoro i videogiochi e grazie a questo ne incontro molti e siamo tutti a nostro agio per via di quella passione.»

«Le passioni uniscono, è vero. Ma c’è dell’altro, che ti ha portato qui, vero?» Intuì.

«Questa passione…mi ha fatto incontrare…lo chiamerò, Mister x. Giochiamo sempre in squadra, capiamo all’istante le mosse che vogliamo fare. Una volta ci hanno invitato in un locale per giochi di ruolo e ci siamo visti per la prima volta. Era proprio come conoscerlo da una vita, ogni argomento… abbiamo passato ore a parlare.»

«Ma?»

Lui scosse la testa e si umettò le labbra carnose. «Abbiamo iniziato a chiacchierare ogni giorno. A volte io gli davo la buonanotte e non sembrava dargli fastidio. Ma poi... poi abbiamo parlato delle nostre vite sentimentali ed ho scoperto che gli piace una ragazza da mesi. Non ha mai avuto il coraggio di dirglielo. Il peggio è che io gli ho detto la stessa cosa... gli ho raccontato che mi piace qualcuno, ma che ero sicuro che non avrebbe mai ricambiato.»

Cas piegò teneramente la testa da un lato. Sperava di potersi concentrare sulle loro storie, ma sentire quelle voci su Dean lo avevano turbato, più di quando non fosse già. Ma ascoltando la storia di Jordan si intenerì e chiese: «E... lui cosa ha risposto?»

Il ragazzo si limitò a fare spallucce. «Mi ha detto che non dovrei esserne troppo sicuro. Se solo sapesse che è lui... Devo solo dimenticarlo.»

Ci fu una pausa di silenzio meditativo del gruppo.

«Bene, Jordan. Grazie per aver condiviso. Chi vuole continuare?»

Questa volta una ragazza dai capelli scuri e gli occhi dolci neri, si schiarì la gola.

«Avanti.» le fece Castiel, nel tentativo di restare concentrato.

«Ecco... la mia situazione non è nulla in confronto alle altre ma... ci tengo comunque a-»

«Tesoro.» la interruppe Margareth, dolcemente. «Ogni situazione ha il suo valore. Dicci pure ciò che ti preoccupa senza farti questo genere di problemi.»

La ragazza annuì, un po' più a suo agio. «Il mio nome è Linda. Mi sono trasferita qui negli Stati Uniti anni fa e vengo dal Messico. Quando sono arrivata... lei... la mia migliore amica... » Abbassò lo sguardo per un momento, sentendo del calore in prossimità delle guance e sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «Lei è stata… la prima persona con cui ho legato.»

A Castiel venne in mente della sua seconda volta sulla Terra, nonostante la sua situazione in quel momento, non poté non sorridere al ricordo di come tutto era iniziato.

«Lei mi ha... aiutata in tutto nei primi tempi, i più difficili. Con i compiti, ad ambientarmi, a fare amicizia, a farmi esplorare la città. Sembrava che avesse a cuore il mio benessere e la mia tranquillità. Abbiamo anche gusti simili, amiamo leggere insieme e... mi sono affezionata a lei in modo indescrivibile.»

Il viso dell'angelo si fece un po' più scuro, mentre occhi di Linda si fecero più luminosi. «Credo mi abbia fatto scoprire proprio lei cosa voglia dire tenere a qualcuno.» La ragazza scosse il capo. «La sua conoscenza ha significato molto per me, e so che lei se ne è accorta ma... fa finta di nulla. Ignora la cosa, anche se io vorrei che almeno me ne parlasse, che chiarissimo...»

«Perché non gliene parli tu?» domandò Castiel, riducendo gli occhi a fessura.

Linda si sistemò meglio sulla sedia. «Io... ho paura della sua reazione, da una parte. Anche se dall'altra desidererei tanto sapere cosa prova, al tempo stesso ho paura di rovinare la nostra amicizia. E’ partito tutto da lì e litigare per poter comunque stare insieme… È capitato che mi desse degli strani segnali durante questi ultimi mesi... ma non so con certezza e temo per il nostro rapporto. È qualcosa di speciale. Un legame...forte.»

«Profondo.» disse, Castiel, in contemporanea alla ragazza.

Lei lo guardò, stupita, ed annui. «Sì, anche.»

 Cas si incupì del tutto a quelle parole. Aggrottò le sopracciglia, ripensando a quell’umano per cui tutta la sua esistenza era cambiata. All'umano a cui si era reso conto di voler bene più che a sé stesso. L’umano grazie al quale aveva scoperto i sentimenti e le emozioni.

A quel punto, il cellulare vibrò nuovamente nella tasca di Castiel. Lui lo prese con calma, scusandosi ed immaginando che si trattasse dell'ennesima cavolata. E invece no.

Da Sam:

“Sei invitato a mangiare a casa mia e di Eileen, oggi. Ci sarà anche Dean, vieni?”

Da Castiel:

“Certo.”

Chiuse lo schermo, e sorrise, preso dal momento, alla sola idea di poter passare del tempo con Dean.

 

 

*

Peccato che Claire non fosse lì, occupata a studiare e chiusa in camera da ore. Castiel li informò delle buone notizie sui suoi studi; sembrava finalmente aver trovato il suo posto anche lei.

Mentre finivano l'arrosto, Dean ricevette un messaggio per cui rise sardonico nel leggerlo.

«Chi è?» chiese Sam.

«Oh, un appuntamento. Una di quelle che mi piacciono di più.» mormorò Dean.

A Cas venne un leggero sussulto, ma non alzò gli occhi dalla sua coscia di pollo. Fece tintinnare la forchetta accanto al bicchiere.

«Grandi tette?» Sam prese in giro il fratello maggiore. 

«Sedere sodo... » aggiunse Dean, scrivendo una risposta con uno stupido sorrisino stampato in faccia.

Eileen sbuffò, un po' infastidita, e tagliò un pezzo di pane in due. «Sei un così bravo ragazzo, ma hai certe cadute di stile... allucinanti...» commentò.

Dean sollevò un sopracciglio, piccato. «Hey! È una bella tipa e... mi sento bene dopo esserci stato. Sembra di essere in Paradiso.»

«Non funziona così... il Paradiso.»

Dean si girò a guardare Castiel, il quale aveva parlato per la prima volta dopo il suo discorso su Claire.

Il cacciatore era perplesso, e l'angelo quasi si pentì di aver preso la parola.

«Il Paradiso non era dove... c'era il tuo bel momento?» domandò Dean facendo l’idiota, stringendosi nelle spalle con noncuranza.

Il moro ingoiò a vuoto. «Il tuo momento più felice... non credo sia con una... tipa a caso.» disse, secco.

Il cacciatore si accigliò. «Lei non è a caso... è ben scelta.» disse stupidamente.

Cas, senza guardarlo, alzò un sopracciglio.

«Che c'è?»

L'altro sospirò, ruotando gli occhi. «Niente.» tagliò corto, senza convincere l'amico e riprese a mangiare.

«Chiaramente non è così.» replicò Dean, guardandolo con un'espressione scettica.

Cas si passò una mano sul viso per poi posarle, l’una sull’altra, sul tavolo. «Dove è il dolce? Ho voglia del dolce.»

Eileen indicò la cucina, gentilmente. «È pronto, aspetta che lo prendo.»

«No no, ferma, faccio io.»

Cas si alzò, il viso arrossato, e si spostò dietro di loro.

Dean lo osservò; era da tutta la giornata che si comportava in modo molto strano, quella mattina non aveva ricevuto il suo solito messaggio di buon giorno.

Sam richiamò l'attenzione di suo fratello, dopo aver osservato l'angelo assieme alla sua compagna... ormai lo facevano spesso.

«Psst...cosa è successo con Cas?» disse bisbigliando.

«Non ne ho idea.» rispose il maggiore dei Winchester, sinceramente stupito.

Cas tornò e Sam rialzò la voce «Cosa avete fatto dopo la festa? Ho visto che ve ne siete andati prima... non che io ricordi molto.» disse, con un sorrisetto imbarazzato verso Eileen, che gli diede uno scappellotto.

«Non mi reggevo in piedi e Cas mi ha accompagnato a casa.» fece Dean.

Il diretto interessato posò il vassoio sul tavolo con durezza ed iniziò a tagliare le fette, sotto lo sguardo attonito e silenzioso dei presenti.

«Cas, se continui così, diventerà un'omelette.» lo burlò il biondo.

Cas lo fulminò con un'occhiata bassa.

«Cosa?! Mi dici che succede?»

«Niente.»

Dean sospirò frustrato, mordendosi il labbro inferiore e passandosi una mano sul mento. «Non ho neanche vomitato in macchina.» fece il simpatico, bevendo dal suo bicchiere.

«Hai vomitato?» chiese stupito, il fratello.

«Sai, quando uno beve troppo, tende a farlo.»

«Dean, tu non lo hai mai fatto.»

«Prime volte.» Sorrise.

«Devo... devo andare al bagno.» disse Cas. Si allontanò, dopo aver dato il dolce a tutti quei poveri perplessi. Chiuso lì, si sciacquò il viso e restò tristemente ad osservare il proprio volto riflesso.

Dean non ricordava nulla.

Abbassò lo sguardo, toccandosi la clavicola, verso il punto in cui Dean gli aveva lasciato il segno. Gli bruciava dentro.

Aveva sempre tenuto duro, aveva passato anni a cercare di capirlo, comprenderlo e si era sempre detto “Vai avanti.”

Ma adesso faceva così male.

Quel segno che aveva accarezzato per tutta la notte dopo la festa ora era diventato qualcosa di insopportabile. Pensò al simbolo che gli aveva lasciato lui anni addietro sulla spalla, l'impronta della sua mano e non poté fermare un pesante sospiro.

 

 

*

 

 

A fine cena, Dean e Castiel salutarono Sam ed Eileen per avviarsi verso casa del maggiore dei Winchester, che gli aveva dato un passaggio con l’Impala.

«Scusate per stasera, non sono molto in me.» sorrise, baciando l’amica sulla guancia.

«Starai bene?» gli domandò, guardandolo negli occhi.

«Certo.»

 

In auto, il tragitto fu silenzioso e così opprimente che Dean spense anche la musica a qualche chilometro da casa. Scese sul proprio vialetto e il cacciatore indugiò dopo aver chiuso la portiera. Cas dondolò su un piede, poi sull'altro, non riuscendo a decidersi. Voleva parlargli, dovevano affrontare la situazione, o sarebbe stato tardi e pessimo.

«Allora... » Dean si girò verso di lui. «Si può sapere cosa è capitato?» lo incalzò mettendogli ansia, e l'angelo tirò su col naso, nervoso.

«Non ti ricordi proprio... niente?» cavò fuori, il capo basso, gli occhi lucidi e pieni di risentimento.

Il biondo irrigidì il viso, lo sguardo leggermente accigliato. «Di che cosa Cas…!?» scandì, quasi aggressivamente.

Castiel schiuse la bocca, deluso. Si spostò verso di lui con qualche passo, torcendosi i polsi.

«Parla! Spiegami di che diavolo stai parlando.» tuonò il cacciatore, innervosendosi.

L'angelo avvertiva un tremito insopportabile alle mani. Purtroppo sì, toccava spiegarglielo e lui era pronto, ma il cacciatore non sembrava esserlo per niente.

«Quello che... » Si interruppe, spostando lo sguardo sul corpo di Dean e sbattendo le ciglia. «Quello che è successo nel bagno degli uomini... mentre eri ubriaco.»

«Cosa?» Dean si bloccò, serio. Mise le mani in tasca, facendo tintinnare le chiavi.

Cas chiuse gli occhi. «Non voglio dirlo così, Dean. Non in questo modo, oddio. Devi cercare d-di ricordare.»

«Cas…» Fece un Dean disperato da quella situazione, toccandosi la fronte. «Tutto quello che ricordo è... io che faccio pipì e...» Scrollò le spalle. «...vomito e... mi risveglio sul letto.»

Cas restò affranto da quella risposta, le braccia immobili lungo i fianchi, gli occhi assenti. Dean ricordava tutto ciò che non aveva a che fare con lui. Sentire la conferma di ciò che sospettava era come ricevere coltellate ripetutamente.

Dean si accorse del suo stato d'animo e gli si avvicinò un po'. «Aiutami a ricordare.» sussurrò, guardandolo.

«N-non posso più farlo.» disse Cas con un flebile mormorio, che il biondo non capì.

«Che hai detto?»

«Niente...»

«Oh, Cristo. Cas!» Il cacciatore, a quel punto, alzò la voce spazientito, e quasi lo spaventò. «E’ inutile che continui a dire così, dimmelo e basta! Cosa ho fatto di sbagliato?!»

Cas restò senza parole. Quindi era lui quello a dover essere alterato? Veramente?! E cosa più importante: «Non c’è niente di sbagliato….» disse Cas in un altro sussurro che non arrivò alle orecchie del cacciatore, troppo preoccupato di aver soddisfatto un desiderio inconscio mentre era ubriaco.

«Ho fatto qualche altra delle mie battute idiote? Mi dispiace!» aggiunse Dean, acidamente, tentando di celare il timore col nervosismo.

«No!» Cas guardò tutto attorno a lui, tranne Dean. Non ce la faceva più. Era talmente fuori di sé, così alterato e triste, che sbottò. «V-vuoi sapere cosa!? Va bene, eccola!» disse, con la voce quasi rotta.

Strattonò i primi punti della camicia rosa chiaro che indossava, con una rabbia che stupì il cacciatore.

Dean alzò un sopracciglio, ma finì per sussultare alla vista dell'enorme voglia scura alla base del collo che l’angelo gli stava mostrando. Socchiuse gli occhi, in un atteggiamento ansioso. «E... questo c-cos’è? Un nuovo marchio?» gli domandò, muovendo qualche passo, incuriosito. Man mano che si avvicinava, capiva tristemente che i suoi sospetti erano fondati.

Il viso di Cas era ancora duro e severo. «No. Non è un marchio e tu lo sai bene... » fece Castiel, fissandolo e serrando le labbra. «Ne fai tanti di questi. A tante persone.» disse, furioso.

Ci fu una lunga pausa di silenzio; Dean pregò che Cas non si accorgesse di quel leggero tremore alle dita.

Cambiò strategicamente espressione facciale, e prese a ridacchiare con una mano sulla fronte. «Ah... e quindi staresti insinuando che io... » Continuò a sghignazzare, irritando Cas sempre di più. «Io... avrei fatto un... succhiotto a te?» gli domandò, ironico, indicandolo.

«Per quale motivo dovrei inventarmelo?» mormorò Cas, le guance arrossate in maniera penosa. Non aveva mai sentito tanto caldo in vita sua.

Dean lo fissò con fare spavaldo, annuendo fra sé e sé. «Non lo so... magari.» Sorrise. «Sai com'è... un po' tutti si prendono cotte per il sottoscritto, magari-» Non finì la frase, perché la lacrima che abbandonò un occhio di Cas fu abbastanza eloquente.

 

Cotta.

 

Castiel aveva voglia di urlare, di dirgli in faccia quanto quel loro rapporto, quel loro legame, avesse sempre significato tanto per lui e sicuramente anche per il cacciatore - non era mica stupido - e quanto definirlo ‘cotta’ fosse un insulto, se non una bestemmia. Ma quella lacrima fu l’unica cosa ad esprimersi per lui. E anche se fosse riuscito a dirgli qualcosa in più, era certo che Dean non avrebbe dato valore ad una sola frase e gli avrebbe solo riso in faccia, come faceva sempre.

 

«... Castiel.» Il cacciatore lo bloccò con una mano. «Credo che tu abbia... bevuto un po' troppo e ti sia fatto qualche brutto sogno, amico... o magari sono state le ragazze al biliardino.»

L'angelo si accigliò ancora di più.

«Vaffanculo, Dean.» ringhiò Cas. Gli riservò un altro sguardo scolpito nel marmo e si girò, senza voltarsi e senza esitare sui suoi passi.

«Cas!? Aspetta!» Dean fece per seguirlo o per afferrargli il braccio, ma l'altro si divincolò con violenza e scappò via. L'altro rimase per strada, improvvisamente pentito di quel che aveva detto. «Cas!»

Il suo migliore amico lo aveva mandato a quel paese per la prima volta dopo anni. Se n'era andato senza dire altro.

Quindi desiderava così tanto le sue attenzioni? Con quella domanda a riempirgli la mente, cercò di chiamarlo ancora un volta: «Cas... torna indietro!» ma le spalle dell’angelo sparirono alla sua vista.

 

 

*

 

 

Appena arrivato all’inizio del vialetto di casa, l'angelo si accorse di aver lasciato la sua borsa nell’Impala, ma non aveva voglia di tornare indietro. Non aveva voglia né di parlargli, né di vederlo.

Era stanco. Sinceramente stanco. 

Controllò le tasche per prendere le chiavi e, alzando lo sguardo, notò fin troppa gente camminare a quell’ora tarda.

Si incupì quando quei tizi si avvicinarono a lui. Con la coda dell’occhio e le orecchie vigili, sentì dei passi dietro di sé.

Lo stavano circondando.

Contò otto persone, tutti uomini abbastanza alti e in forma.

Castiel capì di non avere possibilità di scontrarsi con loro da solo, si tirò l'orlo della giacca.

«Chi siete?» domandò, il tono non molto agitato, fin troppo abituato a quel genere di situazioni.

All'inizio, i tizi si consultarono a vicenda. «Sappiamo quello che dobbiamo sapere su di te.» disse il più grosso, le braccia muscolose incrociate, senza neanche degnarlo di una risposta.

Cas si accigliò, il viso nell’ombra ma illuminato a metà dalla luna. Sembrò quasi fatto apposta il guasto ai lampioni in quella via, da qualche giorno e la litigata appena avvenuta, per concludere la serata.

Non riconobbe la voce dell'uomo, e tutti erano coperti da berretti con visiera e scalda collo fino al naso, le cui stoffe attutivano le loro voci.

«Lascia stare i nostri figli.»

Castiel capì in un lampo, lasciandosi andare in un’espressione insolente alzando un sopracciglio. Spostò lo sguardo sulla porta di casa sua. «Ricordavo si trattasse di una città ospitale.»

Uno di loro ridacchiò e fu imitato dagli altri. «Oh, lo è. Ti abbiamo ospitato, e ti hanno dato un bel lavoro... ma di certo non il diritto di montare la testa ai nostri figli.»

Castiel si sentiva strano al suono di quelle frasi. Montare la testa?

L'angelo fissò gli uomini, serrando le labbra in una linea bianca. «Io? Sto solo cercando di aiutarli.» disse, il tono deciso.

Furono tutti attraversati da una risata di astio.

«Siete tutti con lui?» domandò Cas agli altri, indicandoli con un gesto vago.

Gli otto si avvicinarono ancora di più in risposta ed uno spostò la mano, da dietro la schiena, mostrando una mazza da baseball.

Castiel abbassò gli occhi con aria rassegnata, tirando un sospiro, ma poi si girò di scatto verso la porta e la finestra di Claire; la luce era accesa.

«Oh! Tranquillo, ci interessi solo tu.» disse, minacciosamente, il presunto capo del gruppo.

Cas, ancora voltato, abbassò lo sguardo e poi lo fissò su di lui.

«Vuoi sfidarci?» domandò quello, ridendo.

«Preferisco il modo pacifico.»

L’altro storse la bocca, muovendo dei passi minacciosi verso di lui.

Cas, con un gesto di riflesso, mosse la manica della giacca, ma non era più il nascondiglio della sua spada angelica. «Mm…non possiamo.» disse, afferrandolo per il bavero della giacca e tenendolo fermo.

Un uomo bassino, ma evidentemente tozzo, gli mollò un pugno violento in pieno volto e lui gemette, sputando un po' di sangue. Come risposta, riuscì a mollargli un bel destro su uno zigomo, ferendolo. L’altro fu sorpreso nel vederlo rispondere con tanta forza, toccandosi la ferita e vedendo il sangue.

Un altro si buttò su di lui, alzando la mazza, ma Castiel riuscì a bloccarla prima di vederla cadere sulla sua testa. Usò la stretta sul legno per tirare verso di sé l’uomo e farlo cadere a terra.

Castiel iniziò a sudare, l’adrenalina aveva preso a scorrere nel suo corpo e tutti i sensi erano amplificati.

Non poteva controllarli tutti e non poteva allontanarsi per avere una larga visuale; infatti, uno dietro di lui lo bloccò per le spalle e l’uomo con la ferita sulla faccia gli tirò una ginocchiata sullo stomaco. Castiel tossì senza fiato piegandosi in avanti. Restò in quella posizione, lo fissò con lo sguardo basso, prima di afferrare le braccia di chi adesso gli stringeva il collo per poi tirarlo in avanti, facendolo cadere si schiena.

A quel punto, però, ricevette una mazzata sulla testa da dietro e perse l’equilibrio, date le gambe tremanti e si sedette sull’erba.

Qualcuno emise una risata crudele.  «Su, è tutto vostro! »

 

 

*

 

 

Claire scese le scale raggiungendo la cucina, un pacchetto di patatine e dei biscotti fatti in casa erano già finiti e lei era arrivata a metà libro sulla costituzione.

Cuffiette alle orecchie e discesa a ritmo di musica, accese la luce nel corridoio mentre si spostava davanti al frigo. Prese il cartoccio del succo di frutta e fece una giravolta fermandosi sul lavandino per prendere un bicchiere. Al centro della parete c’era la finestra con le tendine colorate; vide delle ombre davanti casa sua.

Un pessimo presentimento le attraversò la colonna vertebrale sotto forma di un brivido.

Tolse una cuffia e sentì dei mugolii.

Si affacciò di più, assottigliando lo sguardo man mano e le parve di vedere circa una decina di persone, anche se era troppo buio per capirci davvero qualcosa.

Si avviò verso l’ingresso, spiando dalla finestra accanto alla porta, e notò qualcuno a terra, e troppe persone attorno che si agitavano su quel corpo.

L'uomo a terra si copriva il volto con le braccia, cercando attutire i pugni e i calci.

Claire lo riconobbe solo per l’oggetto con cui uno di quei farabutti lo tenne per il collo, prima di sferrargli l'ennesimo pugno in pieno volto: la cravatta blu e celeste che indossava quando l’aveva aiutata a fuggire dalla casa famiglia.

La ragazza iniziò a tremare, il panico nel viso ormai biancastro; con una mano si coprì la bocca per non urlare. Tirò due grandi respiri e prese subito il telefono per chiamare Dean.

«Claire?» rispose subito il cacciatore.

«Dean... sbrigati! Corri, vieni qui!»

«Cosa? Che succede?» Nel sentire il tono spaventato della ragazza, Dean si preoccupò.

«Non senti niente lì fuori? Stanno picchiando Cas davanti casa, muoviti!»

Dall'altra parte, Dean, attaccò immediatamente.

 

 

*

 

 

Dopo almeno cinque minuti, Claire riuscì a vedere qualcuno correre nella sua direzione da lontano e gli otto uomini se la diedero a gambe.

Dean fece finta di seguirli urlando loro contro. Poi, tornò indietro frettolosamente e si inginocchiò accanto ad un Castiel immobile.

A quel punto, Claire uscì.

«Come sta?» urlò, preoccupata, raggiungendoli.

«Cas, mi senti?» domandò Dean con un sussurro, le lacrime agli occhi, prendendo quel caro viso sanguinante tra le mani. Le palpebre erano chiuse, le labbra spaccate, il volto gonfio, un occhio iniziava ad apparire livido.

Ma che diavolo stava accadendo quella sera?! Dean non riusciva a realizzare, continuava a scuoterlo dolcemente, le braccia molli. Lo aveva lasciato in un pessimo stato, dopo una litigata in cui non aveva potuto dar voce ai suoi pensieri perché non ricordava nulla.

In quel momento, come se tutto quel casino non fosse bastato, Cas giaceva a terra senza forze e pestato da probabili sconosciuti.

Dean lo aveva lasciato solo. Se non avessero discusso, il cacciatore lo avrebbe accompagnato. Adesso aveva qualche altra cosa per cui sentirsi in colpa.

«Cas... Cas, dì qualcosa, per favore...» supplicò, il fiato perso. «Dì qualcosa...» Prese a controllare se era vivo, se aveva ferite mortali alla testa o da qualche altra parte, quasi piangendo.

Il polso c’era e respirava, ma aveva totalmente perso i sensi.

«Per quale motivo non si cura?» Dopo aver osservato il corpo inerme, dal basso verso l’alto, si spostò su una Claire sconvolta e sudata, che per tutta risposta scosse le spalle.

«N-non ne ho idea.» rispose lei, tremando come una foglia. «Dobbiamo chiamare un’ambulanza, subito!»

Claire restò a guardare Castiel, tenendogli una mano e Dean la osservò, pensando alle parole di Sam quella volta nel bosco: “Pensa quanto deve essere strano. Guardare una persona identica ad un genitore, ma sapere che non è lui.” e davanti quella scena, fu anche peggio.

Prese il cellulare di lei e chiamò i soccorsi. 

 

 

 

 

*

 

Lo sguardo preoccupato e confuso di Dean correva ripetutamente su tutto il corpo di Castiel, che giaceva in un letto d'ospedale, al centro di Freedom, a mezzanotte e mezza.

Il viso dell’angelo era tumefatto, Dean non lo aveva mi fissato così a lungo, o almeno credeva.

Si agitava continuamente su una stupida sedia, di metallo verde opaco, piazzata accanto al materasso chiedendo informazioni a bassa voce ai medici.

 «Per quanto dovrà restare qui?» domandò, senza mai staccare gli occhi da lui.

«Circa un mese, lo sapremo con il passare del tempo.»

Dean si passò una mano sulla bocca e si avvicinò di più al letto.

«Cas...» mormorò in un soffio, come se qualcun altro, a parte sé stesso, avesse potuto sentirlo. Si schiarì la gola. «Cas. »

La mano di Dean si sollevò gradualmente, quasi con difficoltà, raggiungendo quella di Castiel e stringendola con una delicatezza disarmante. Era debole, bianca e con qualche abrasione. Buona parte della pelle di Cas era rovinata.

«Castiel, io no-non capisco.» Si interruppe, passandosi l'altro palmo sul volto. «E quei…non so se l'hanno fatto per un motivo ben preciso... ma stai sicuro che non la passeranno liscia. Oh, non la passeranno liscia. Vedrai, io darò loro la caccia... l'ho fatto con mostri, con demoni, figurati se non posso trovare otto idioti che-»

Prima che il cacciatore potesse finire la sua frase, Cas si mosse leggermente, facendo seccare la bocca a Dean.

«Castiel...» chiamò, il tono appena più alto. «Cas, non ti azzardare a muoverti.»

L'angelo emise un grugnito, il viso sofferente.

Dean pensò alle costole incrinate, alla spalla lussata, alle botte in testa ed al fatto che fossero ancora lì.

«Dean... » uscì da quelle labbra peste, che non riuscirono a schiudersi più di troppo.

Il viso del cacciatore si illuminò. Si protese verso di lui, riuscendo a vedere uno sprazzo dei suoi occhi blu. C’era del sangue anche in loro.

«Sì, sì, sono io, Cas... stai fermo.» Gli disse tenendolo con un braccio a contatto col letto.

I suoi lineamenti erano duri e preoccupati, confusi da quella situazione.

«Dean, io non... io non voglio che tu... ti metta in pericolo.»

«Io? In percolo. Dovresti avvertire loro, non me.» gli disse serio, guardandolo. 

Castiel fece per dire qualcosa, ma la bocca si richiuse dopo essersi lasciata andare in un sospiro tremante.

Squillò un telefono e Dean abbassò lo sguardo per leggere il messaggio.

Da Sam:

“Come sta? Tutto bene? Stiamo arrivando.”

Da Dean:

“Si è svegliato, ma non durerà a lungo. Mal ridotto, ma se la caverà.”

Castiel continuò a seguire i suoi movimenti «Dean... » Una pausa. «Devo parlarti, prima che sia troppo tardi…potrei anche morire…»

Dean stava aspettando la risposta di Sam ed intanto corrugò la fronte.  «Ma che stai dicen-»

«Non dica queste cose, signor Novak!» intervenne un'infermiera, entrata improvvisamente nel loro raggio visivo, fissandolo con gli occhioni neri dietro le lenti. «Non sta affatto per morire, è soltanto molto, ma molto, ammaccato» lo rassicurò.

Castiel la fissò con uno dei suoi sguardi innocenti, per quanto concesso dai lividi.

La donna si girò verso Dean. «Avrà bisogno di un bel po' di tempo a riposo e di qualche cura... e tornerà come nuovo.»

Il cacciatore annuì, prestandole poca attenzione, ma rivolgendole un mezzo sorriso.

Fece per uscire dalla stanza, il camice bianco che svolazzava. «Lo tenga d'occhio, se si lamenta o se succede qualcosa, ci avverta.»

 

 

 

 

Angolo di Sarandom e Feathers

Oh, oh.

Ebbene sì, cari lettori, adesso quanto ci detestate? L’angst doveva arrivare prima o poi, vedrete cosa accadrà v.v

alla prossima! PS: VI INVITIAMO A PARTECIPARE AL CONTEST ESTIVO A TEMA DESTIEL, SUPERNATURAL S12/13, SIA FANFICTION CHE FANART, PER INFO MANDATEMI UN MESSAGGIO

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Supernatural / Vai alla pagina dell'autore: Sarandom