“Allora, dormito bene?” mi accolse la voce di Libby
nell’abitacolo caldo e confortante della sua Polo arancione.
Ci doveva essere
sicuramente del sarcasmo nella sua voce, se aveva notato le occhiaie scure che mi
solcavano le guance neanche le avessi scolpite col martello, ma ero troppo
stanca per ribattere qualsiasi cosa.
Mi chiusi lo sportello e
mi accomodai sul sedile, sospirando rumorosamente.
“Se il buongiorno si vede
dal mattino…” continuò lei, prima di inserire la marcia e di partire.
Onestamente, avevo
dormito da schifo.
Anzi, non si può proprio
dire che avessi dormito perché non l’avevo fatto. Ero stata tutta la notte a
rigirarmi fra le coperte in pena, con un’unica immagine in testa…quella di
Benjamin.
Non c’era stato verso che
riuscissi a pensare ad altro, solo lui e le sensazioni irragionevolmente
intense che avevo provato in quei pochi minuti che eravamo stati insieme.
Quando i miei erano
rientrati, dopo solo un’oretta, li avevo salutati e molto candidamente avevo
comunicato che non avrei cenato e sarei andata dritta a letto.
Beh a letto c’ero andata,
che avessi dormito era tutta un’altra storia.
Fortunatamente Libby non
era in vena di molte chiacchiere quella mattina e così potei passare i minuti
del tragitto in macchina per arrovellarmi ancora un altro po’ il cervello su
Benjamin.
Già, come se servisse.
Quel ragazzo era un
autentico mistero. Di certo se ne avessi parlato a Libby sarebbe partita in
quarta con le sue elucubrazioni e teorie una più inverosimile dell’altra su
come arrivasse da un altro pianeta, o magari addirittura da un’altra epoca e
avesse scoperto per caso un buco temporale e come io avrei finito per andare a
vivere insieme a lui nel XVII secolo.
Ok, forse questa è la
trama di Kate & Leopold…comunque ero certa che Libby non se ne sarebbe
distaccata poi molto.
Arrivammo a scuola e
Libby posteggiò al solito posto all’angolo, volgendomi uno sguardo strambo
prima di scendere dalla macchina.
“Lo sai vero che quando
vorrai parlarmene io ti ascolterò”
“Certo che lo so. Ma
davvero, non c’è niente di cui parlare…solite cose. Mi annoio da sola”
“Jan stai bene? I tuoi
hanno deciso di lasciarti sopravvivere dopotutto?” Dan si avvicinò a noi non
appena mettemmo piede a terra.
“Sì, hanno pensato che magari
gli servisse ancora una babysitter per il nascituro” scherzai io.
“Meglio così, mi sarebbe
dispiaciuto non averti più attorno mostricciatolo” fece Mark scompigliandomi
affettuosamente la treccia che mi ero fatta quella mattina, già penosa di per
sé.
“Ti ringrazio Mark.”
Sospirai, disfacendola del tutto e sciogliendo i capelli.
“C’ho messo un’eternità
stamani a fare questo capolavoro di treccia che tu hai provveduto ad abbattere
nel giro di un secondo”
Ridacchiò e mi passò un
braccio attorno alle spalle “Lo sai che ti preferisco con i capelli al vento”
“Cosa?” scoppiai a ridere
“E Chenille? Non pensi a lei? Le si spezzerà il cuore quando saprà che mi
corteggi.
“Ah, possiamo sempre
tenere le cose nascoste, no?” e mi fece l’occhiolino.
“Sei un caso perso Stone,
sappilo.”
Ci avviammo tutti insieme
verso l’ingresso della scuola e venimmo raggiunti a metà strada da Chenille che
quella mattina si era fatta accompagnare dal padre.
Le sorrisi non appena si
avvicinò e lei fece lo stesso, prima di lanciarsi in un dettagliatissimo
racconto di quello che le era capitato la sera prima, ovvero il ragazzo di sua
sorella aveva provato a baciarla nel retroscala e, disgrazia delle disgrazie,
lei c’era stata.
“Onestamente..c’è
qualcuno che può biasimarmi? Lo sapete tutti che ho una cotta per Trev da
quando…”
“…a 5 anni ti tirò i
capelli mentre giocavate a nascondino.” Finimmo io e Libby all’unisono, alzando
gli occhi al cielo.
“Esatto! Non è colpa mia se
Pat si è messa in mezzo portandomelo via. Io ero ancora troppo piccola. Ma
adesso è diverso. Adesso finalmente lui si è reso conto che quello che c’è fra
noi è innegabile…”
Bla, bla, bla.
Nessuno ovviamente la
stava ascoltando più.
Chenille era capace di
condurre dei monologhi allucinanti, nei quali si faceva domande e si dava
risposte da sola, per ore e ore senza accorgersi che tutti quanti attorno a lei
si erano dileguati.
Ormai c’era abituata e
non se la prendeva nemmeno più e dato che lei era la classica persona che se la
prendeva per tutto, questo dovrebbe darvi un’idea su quanto ormai tutti quanti,
lei compresa, fossimo abituati a quelle sue filippiche senza fine.
“Guardate c’è la Swan”
esclamò Dan, quando incrociammo Bella che si allontanava dal suo pick-up rosso
fuoco.
“Oddio, ma con che cosa
viene a scuola?” Chenille non era riuscita a contenere il suo disgusto alla
vista del mezzo di trasporto di Bella.
“Oh finiscila Nille, a me
piace” fece Libby prima di salutare la ragazza.
“Oh ciao…Libby” disse
Bella, dopo un attimo di smarrimento negli occhi castani.
“Pronta per pallavolo?
Oggi mi sa che ti toccherà giocare” continuò Libby sorridendole.
“Non dirmelo..ho avuto
gli incubi per tutta la notte al pensiero”
Poi si accorse di me e mi
sorrise. “Ciao Bella” feci io, passando poi a presentarle il resto della nostra
allegra combriccola.
Mi sembrava un tantino
più a suo agio rispetto al giorno prima ma era innegabile che qualcosa la
turbasse.
Glielo leggevo nello
sguardo, sfuggente e intimorito come alla costante ricerca di qualcosa che
tuttavia sperava di non trovare.
Oh, al diavolo
avevo già abbastanza problemi per me, non potevo mettermi ad analizzare pure
quelli di Bella, altrimenti sarei impazzita.
Il resto della giornata
passò abbastanza tranquillamente. Nessun mal di testa per fortuna e riuscii
anche a divertirmi un po’ quando a Letteratura Inglese Matt Kingston iniziò a
recitare l’Amleto in un modo così accorato che fece quasi commuovere il
professor Mason.
A mensa poi ci sedemmo
accanto a Jessica, Mike, Bella ed altri, ma lo facemmo più per non lasciare
sola Bella in mezzo a quella massa di minorati mentali, che per vera volontà di
condividere il pranzo con la gang della Stanley.
Cercai di essere
quantomeno disponibile a chiacchierare con tutti, anche se con soggetti come
Lauren Mallory seduta di fianco vi assicuro che l’impresa era ardua.
In più mi resi
fastidiosamente conto che non facevo altro che voltarmi saltuarimente verso il
tavolo dei Cullen.
Era più forte di me, non
riuscivo a smetterla.
Il bello era che non
riuscivo nemmeno a capire perché.
Ammetto che c’era una
piccolissima parte che si domandava se Benjamin sarebbe stato presente, ed
un’altra altrettanto minuscola che sperava di trovarlo lì, sorridente e
bellissimo, in mezzo ai suoi cugini, ma in teoria una volta appurato che non
era quello il caso, avrei dovuto smetterla di guardarli e concentrarmi sulle
chiacchiere inutili dei miei compagni.
Invece no, non smettevo
di guardarli, cercando chissà quale risposta a non so bene quale domanda,
celata nella perfezione dei loro volti.
Cosa ancora più strana,
notai che anche Bella si era voltata a guardarli, ed in qualche modo il suo
volto si era incupito ancora di più.
Ad un tratto, i nostri
sguardi che ritornavano frettolosamente sulla tavolata si incrociarono e come
se fossimo entrambe state scoperte sul luogo di un misfatto ci sorridemmo a
malapena, quasi vergognandoci a vicenda.
“…e così ho finito per
mandarlo a quel paese” udii le ultime parole strascicate di qualcosa che aveva
detto Lauren e che aveva provocato l’ilarità di Chenille e cercai di tornare a
fare la persona normale.
Magari se mi impegnavo ci
sarei riuscita.
Bella sembrò dello stesso
avviso perché non si voltò più verso il tavolo dei Cullen, ma l’espressione che
troneggiava sul suo volto candido era quella di un condannato alla forca, e non
esagero davvero.
“Ok, sarà il caso di
andare a Biologia” esclamò Libby, mettendo via la sua copia di A Midsummer
Night’s Dream ed alzandosi dalla
sedia.
Io
la imitai, felice di aver trovato una via di fuga a quella tortura e dopo pochi
istanti anche Mike e Bella fecero lo stesso.
“Che
bello di nuovo Biologia” esclamò il nostro simpaticissimo compagno mentre ci
incamminavamo nel corridoio pieno di studenti.
Era
incredibile come non si separasse un istante che fosse uno dal fianco di Bella,
neanche fosse la sua guardia del corpo.
Riuscivo
a percepire l’irritazione di lei in maniera allarmante e non riuscivo a capire
come facesse lui a non accorgersene.
Quando
fummo sulla soglia della porta mi resi conto che l’agitazione di Bella si acuì
in modo particolare, per poi svanire l’istante successivo, non appena mettemmo
piede nell’aula.
Giurai
a me stessa che c’avrei visto chiaro in quella storia, e ne avrei ovviamente
messo a parte anche Libby. Non c’era nessuno migliore di lei nello scoprire
misteri e strani segreti.
Comunque
entrammo nell’aula e prima di dirigerci al nostro banco, io e Libby rimanemmo a
chiacchierare un po’ con Bella al suo tavolo, dove fortunatamente per lei,
considerando come si era comportato Edward il giorno prima, era sola.
Era
inutile sperare che Mike ci avrebbe un po’ lasciato stare, andando a farsi i
cavoli suoi, perché naturalmente rimase come uno stoccafisso a gravitarci
intorno e a tentare di convincere Bella ad unirsi a noi alla gita a LaPush.
“Ma
chi l’ha invitato Newton, scusa?” bisbigliai nell’orecchio di Libby quando
suonò la campanella e ci andammo a sedere alla nostra postazione.
“Ne
abbiamo parlato prima a mensa, Jan. Ne abbiamo parlato per l’intera durata del
pranzo. Dan ti ha anche chiesto se potevi chiedere a tua madre di preparare i
sandwich alla Leaving e tu hai annuito e detto che avresti riferito” mi rispose
lei, guardandomi davvero come se fossi appena scesa da una navicella spaziale.
“Davvero?”
“Ma
dove sei con la testa Janine Leaving? E soprattutto…perché non vuoi
parlarmene?” lessi dispiacere negli occhioni neri di Libby e mi sentii
immediatamente in colpa.
“Scusa
Libby. Non so cosa mi stia prendendo in questi giorni. Oggi ci vediamo, ti va?
Così ti spiego tutto…”
Lei
annuì, leggermente più sollevata ma non risollevò più la questione per colpa di
Banner e della sua interessantissima lezione sulla seconda parte dell’anatomia
cellulare.
Quando
uscii da scuola, due ore più tardi mi sentivo determinata a non lasciarmi
abbattere da stupide sensazioni senza senso. Non potevo trascorrere il resto
della mia adolescenza in questo stato di perenne ansia e timore di un qualcosa
di non identificato. Non era giusto. Soprattutto nei confronti dei miei amici, che
non ne potevano più di trovarsi di fronte una pazza visionaria anche abbastanza
antipatica.
Anzi,
soprattutto per me stessa, perché ero davvero stanca di seguire un tracciato
così sottile ed incomprensibile, perso in chissà quale anfratto della mia memoria,
del quale molto probabilmene non sarei mai venuta accapo.
Non
so cosa fu a darmi quella determinazione, se fu dovuto alla lezione di
educazione civica, o alle battute idiote di Mark che mi erano costate ben due
richiami da parte del professore per via del tono delle mie risate, o forse a
qualche molla che era scattata nel labirinto del mio cervello senza senso.
In
ogni caso, quando uscii da scuola quel giorno e mi misi ad aspettare Libby
appoggiata alla sua Polo, mi sentivo davvero diversa. Mi sentivo normale.
La
cosa tragica o comica, dipende da che punto di vista la si vuole vedere, è che
quella meravigliosa sensazione durò per circa 5 minuti scarsi.
Sì
perché poi nel mio campo visivo Benjamin Cullen fece la sua comparsa e tutti i
miei buoni propositi andarono allegramente a farsi fottere.
Ed eccomi di nuovo ad
aggiornare!
Non so onestamente cosa
sia successo che mi abbia fatto aggiornare così in fretta O.O però è successo
ahuahauah..non so se ne siate contenti o meno di questo…probabilmente dopo questo
schifo magistrale opterei per la seconda opzione, comunque eccoci qua :D
Un grazie infinito a
tutti quanti leggono questa storia, l’hanno inserita tra i preferiti ed un
grazie enorme va alla mia Dod!
Anche tu mi mancavi tanto
tesoro! Spero che ti sia piaciuto anche questo di capitolo, anche se non è
successo molto…ma è di transizione, diciamo così :D
Ti adoro sempre di più
per tutte le meraviglie che mi dici, le quali sono una forte motivazione a
scrivere (:
Alla prossima :*