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Autore: 50shadesofLOTS_Always    31/05/2017    3 recensioni
Dal testo: “« Tony? – mormorò Pepper - Cosa è successo laggiù? ». Lui continuò a fissarla, ma non aprì bocca.”
Il miliardario Tony Stark torna a casa dopo la Siberia, distrutto nel fisico e nel cuore. La sua mente ottenebrata dai demoni del proprio passato cerca una via d’uscita.
E la via d’uscita ha un paio di occhi azzurri.
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Questa fanfiction è nata diverso tempo fa ed è rimasta chiusa in un pc. Recentemente l’ho rispolverata ed è venuta fuori questa raccolta dove la parola chiave è sicuramente PEPPERONY. Non c’è una vera e propria trama, ma è sicuramente da collocare dopo il film Captain America: Civil War.
[ probabile OOC di Tony/fritto misto di ironia, miele e caffè amaro/nella speranza che quei due tornino insieme ]
Genere: Angst, Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Rhodey' Rhodes, Nuovo personaggio, Sorpresa, Tony Stark, Virginia 'Pepper' Potts
Note: Missing Moments, Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Iron Family'
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Ps: I Miss (Love) You

Rientrarono a casa da quello che da un semplice pranzo domenicale, si era trasformato in un pomeriggio d’inferno. Pepper aveva portato d’urgenza Tony al pronto soccorso mentre lui continuava a dirle che stava bene e che non era niente. Per lei prendere un vaso di cristallo in testa non era esattamente niente! Lo aveva obbligato a farsi mettere dei punti: sette all’altezza dell’arcata sopraccigliare. Ci aveva quasi rimesso un occhio, lei il cuore per uno scampato infarto. Tony aveva cercato di scherzarci su, chiedendo all’infermiere di dargli una benda da pirata.
Raymond era stato sgridato sia dalla moglie durante i viaggi di andata e ritorno, sia dalla figlia in sala d’attesa. Circa due ore più tardi, mentre i coniugi Potts tornavano a Rosemead, lungo la strada per Malibu Point, Tony e Pepper si erano fermati ad un McDrive per ordinare due cheeseburger e una porzione gigantesca di patatine fritte, condite con ketchup e maionese, che avevano diviso in macchina. Ovviamente lei si era rifiutata di farlo guidare e nel tragitto, avevano occupato il tempo col cibo al posto delle parole. Parcheggiò l’auto, poi salirono in camera da letto dopo aver dato la buonanotte a F.R.I.D.A.Y che, all’oscuro di tutto, aveva aperto l’argomento.
« Ehy non è andata così male… - esordì Tony, tenendo una borsa del ghiaccio sulla fronte - Poteva uccidermi, ma si è fermato ».
Peppe lo guardò mentre si chiudeva la porta alle spalle. Poi avanzò verso il letto e appoggiandosi con un braccio sul materasso, si sfilò le scarpe.
« A volte mi spaventa… »
« Cosa? » chiese lui confuso.
« Questo tuo macabro modo di sdrammatizzare »
Lui rispose con una scrollata di spalle, annunciando che si sarebbe lavato i denti. Dopo essersi preparata per la notte, Pepper si sedette sul giaciglio per leggere un libro. Lo socchiuse, pronta ad abbandonarlo quando circa un quarto d’ora dopo, Tony uscì dal bagno con addosso una tuta. Non un pigiama.
« Dove vai? » domandò quando lo vide avviarsi fuori dalla stanza.
« A smanettare ».
Ovvio. Lei annuì, trattenendo lo spontaneo impulso di brontolarlo. Dopo una giornataccia come quella, sarebbe stato da infame impedirglielo. In fondo era meglio che stringesse bulloni, anziché attaccarsi a una bottiglia di superalcolico. Si era comportato come un fidanzato modello quel pomeriggio e l’aveva messa in imbarazzo meno volte di quanto si era aspettata. Era stato garbato, meno sarcastico del solito e a tratti perfino romantico. L’avrebbe sposato quel giorno stesso…
‘Cosa?’, pensò dentro di sé. Suo padre era svenuto alla notizia della gravidanza, come avrebbe reagito al… Matrimonio? E poi Tony? Ci aveva pensato anche lui oppure era troppo impegnato coi suoi giocattoli? A Vienna era stato uno scherzo, ma nella realtà la cosa era diversa. Scosse il capo e aggrottò la fronte prima che cominciasse a vedersi in abito bianco.
« Non fare troppo tardi – disse con calma, ma lo fermò prima che sparisse - Ah Tony? »
« Sì? »
« Domani devo andare a New York. Sai, per la visita e per rimettere a posto alcune cose… - lo guardò incerta - Forse dovrò dormire lì ».
Lei non ne fu sicura, ma le sembrò di percepire del panico nella sua voce quando parlò.
« Per una notte? Poi… Tu… Insomma »
« Sì, mi trasferisco qui » rispose comprensiva, accompagnando quelle parole con un sorriso.
Tony era rimasto immobile sulla soglia a fissarla, come se dovesse vederla per l’ultima volta. Aveva capito alla perfezione cosa lo turbava e non si sentì più così sciocca per tutte le volte in cui aveva avuto paura nel restare da sola nel proprio appartamento a Manhattan.
« Che succede? » gli chiese, arcuando un sopracciglio quando non vide alcuna reazione.
In realtà nella testa di Tony si erano affollati diversi interrogativi. E qualcuno era vagamente aspro. Non riusciva a non pensare al modo in cui quell’idiota dell’ufficio di New York la guardava.
« Niente – compì un passo, poi tornò indietro facendo capolino - Ti amo, Pep »
« Anch’io » mormorò prima che lo sentisse scendere la scale.

Si stropicciò gli occhi, mettendo via la penna ossidrica. Aveva cominciato la parte difficile perché le dimensioni ridotte richiedevano mano ferma, leggera. Quando guardò l’orologio appeso alla parete e vide che erano le due di notte, decise che era l’ora di una siesta. Si alzò, ordinando a Ferro Vecchio di sistemare e a F.R.I.D.A.Y di spegnere tutto. Salì al piano superiore e dopo un bel bicchiere d’acqua, salì al piano superiore. Pepper doveva essersi addormentata da un pezzo, ma si ricredette quando in camera, la trovò ancora concentrata sul libro. Era appoggiata con le spalle alla testata del letto e le gambe distese sulle coperte, le caviglie incrociate.
« Sei ancora sveglia? » domandò vagamente sorpreso.
Lei non era solita restare in piedi fino a tarda notte. Era sempre stata puntuale al mattino nel presentarsi a lavoro.
« Perché che ore sono? » chiese lei, altrettanto sorpresa nel sentirsi porgere quella domanda.
« Le due del mattino »
« Oh, allora finisco questo capitolo… » disse tornando a far scorrere gli occhi sulle pagine un po’ ingiallite.
Tony aggirò il letto per distendersi dalla propria parte. Si sistemò su un fianco rivolto verso di lei, con la testa appoggiata su una mano.
« Che leggi di così interessante da ignorare questo bel manzo? » disse, indicandosi con l’altra mano.
Pepper, totalmente concentrata, scoppiò a ridere ed abbassò il libro per vedere dipingersi sul viso del compagno un ghigno malizioso.
« Direi che per due settimane ne ho abbastanza di barbecue » sghignazzò per poi tornare alla lettura. Le mancavano poche righe. Lui ridacchiò e sollevò la copertina del libro per poter leggerne il titolo.
« Shakespeare - borbottò - La selva oscura? »
« Quello è Dante » lo corresse Pepper con un cipiglio di sufficienza.
« Erano cugini sai? » tentò di salvarsi lui. Da giovane la letteratura gli piaceva, ma non vi aveva mai prestato troppa attenzione. Preferiva i numeri, i protoni e la meccanica. Il suo lavoro era anche il suo parco giochi.
« Sì, l’ho sentito dire » mormorò lei, divertita.
Era quasi a fine capitolo quando sentì Tony muoversi accanto a lei. Le sue dita cominciarono ad carezzarle il braccio e le sue labbra la spalla scoperta.
« Dovresti essere già a letto » sussurrò suadente.
« Ma io sono a letto » lo corresse lei, finendo finalmente la pagina. Sistemò il segnalibro e ripose il tomo sul comodino accanto al giaciglio.
« Quindi aspettava me, Potts? » continuò Tony, sporgendosi per scavalcarla. Si sedette sui talloni davanti a lei, coi pugni sul materasso per non caderle addosso.
« Sì – posò l’indice sulle labbra dell’uomo prima che raggiungessero le proprie - Per dormire »
« Vuoi dire che…? Niente…? » bofonchiò, senza fare a meno di sentirsi un po’ dispiaciuto.
« Perspicace – lo schernì - Domani, o meglio fra circa sette ore, hai una riunione »
« Guastafeste » brontolò, avvolgendosi nelle lenzuola.

**

Tony si svegliò, ma non ebbe né la forza né la voglia di sollevare le palpebre. Sapeva che il sole era già sorto, ma non gli importava un granché. Voleva dormire e non si sarebbe accontentato di cinque miseri minuti. Poi sentì qualcosa solleticargli il lobo dell’orecchio sinistro. Era un contatto piacevole, caldo e vagamente umido che aveva già provato. Probabilmente se lo stava immaginando.
« Tony, svegliati. Sono le sette e mezza » sussurrò la voce di Pepper da un posto lontano dalla sua parte cosciente. Aprì lentamente gli occhi, incontrando la tenue luce del primo mattino. Inspirò a fondo, captando il profumo del caffè appena fatto mischiato a qualcosa di più esotico che impregnava le lenzuola. Un mix peculiare, micidiale di cui era drogato. Si girò sulla schiena e subito un paio di occhi azzurri gli mozzarono il fiato tanto quanto le volte precedenti.
« Ciao… » esordì assonnato, portandosi un braccio sotto la testa.
« Buongiorno bel addormentato – sorrise, ancora china su di lui - Tra poco ho il volo per New York ».
Lui ricambiò quel sorriso. Si trasformò in un ghigno quando il suo sguardo scivolò sulla figura della donna. Non indossava il solito completo da ufficio, ma una T-shirt grigia con lo scollo a v che dalla sua prospettiva, forniva un’ottima visuale su ciò che avrebbe dovuto in realtà coprire. Più sotto vide dei jeans attillati, estremamente eccitanti.
« Sia più precisa, Potts » borbottò, tornando a guardarla negli occhi.
« Quaranta minuti » rispose lei, passandogli una mano fra i capelli e ignorando il modo in cui l’aveva esaminata pochi istanti prima.
« Me ne farò bastare venti ».
Senza darle spazio né tempo di reazione, la spinse sulla parte libera del letto. Le circondò la vita con un braccio mentre con la mano libera le sollevò il ginocchio fino alla propria anca. Con la punta delle dita saggiò come il denim avvolgesse perfettamente le sue curve mentre le proprie labbra premevano contro le sua per schiuderle. Il desiderio di lei lo infiammò, non era mai sazio. Se avesse potuto, si sarebbe chiuso con lei in camera per tutta la vita.
« Tony, ti… aspetta…no alle Industries » cercò di dire Pepper a fatica, fra un bacio e l’altro. Era un tentativo inutile di distoglierlo dal suo intento, ma ormai si era avviluppata a lui.
« Infatti aspet…teranno » soffiò lui contro il suo collo prima di aprire il bottone dei pantaloni.
 
Qualche gemito più tardi, Pepper guizzò via dalle lenzuola e ancor più riluttante, dalle braccia di Tony.
« Devo andare » mormorò, notando l’ora sulla sveglia.
Afferrò gli slip, poi indossò i jeans e la maglietta con la stessa rapidità.
« Sono passati solo »
« …e tu devi prepararti »
« …diciassette minuti » protestò Tony, infilandosi i boxer che aveva ritrovato ai piedi del letto. Si alzò per poterle stare alle calcagna.
« Impiegherai gli ultimi tre minuti di sotto, in cucina » rispose lei, scendendo le scale.
« Posso venire con te? » chiese con lo stesso tono supplichevole di un bambino.
« Ne abbiamo già parlato »
« Tu ne hai parlato » le ricordò mentre Pepper si chinava per infilarsi le scarpe, abbandonate vicino al divano. Quando tornò in piedi, Tony dietro di lei la prese per le spalle. Affondò il naso nei suoi capelli annodati, inspirandone il profumo.
« Tony… » lo rimbrottò con voce trasognata.
Quando si comportava a quel modo era inevitabilmente irresistibile per lui.
« Posso mandare qualcuno »
« Devo presentarmi »
« …a prendere le tue cose »
« ...dal ginecologo » terminò lei, girandosi per vederlo in faccia. Si appoggiò con le braccia allo schienale del divano mentre la teneva prigioniera. Tony lasciò che il suo sguardo vagasse sul suo viso, sulla linea fine del mento, sulla punta graziosa del naso e sugli zigomi tinti di scarlatto. Non era mai stanco di guardarla, di averla attorno. Lasciarla andare in quel momento sarebbe stato solo l’inizio di una tremenda giornata.
« Ti accompagno » propose infatti, mostrandole la faccia la cucciolo. L’aveva in pugno.
Pepper capì subito dove lui volesse andare a parare e giocò la carta della diplomazia.
« Terrò il cellulare acceso ».
Gli stampò un bacio sulla guancia, sollevandosi appena sulle punte poi si diresse verso l’atrio, dove aveva lasciato la borsa già pronta.
« Le sembra il modo di salutare, Potts? » domandò lui piccato.
Pepper lo fissò, valutando la situazione. Si era fatta la doccia, inutile visto il risveglio impetuoso del compagno. Non c’era stato tempo per una seconda, sia per evitare un ritardo sia perché Tony avrebbe potuto intrattenerla in modo creativo. Alla fine, per accontentare anche sé stessa, tornò vicina a lui e gli allacciò le braccia attorno al collo per poi dargli il bacio che desiderava. Condivisero l’ossigeno e l’abbraccio per un minuto abbondante. La lingua di Tony stuzzicò la sua mentre le sue braccia la avvolsero e la sollevarono di almeno qualche centimetro. Prima che la cosa degenerasse, si distanziò con premura.
« Meglio » mormorò Tony, lasciandola andare a malincuore.
Aveva il costante terrore, che uscita dalla porta, non sarebbe più rientrata. Ma non lo avrebbe mai ammesso. Picchiettò l’indice sul proprio petto mentre la seguiva verso l’ingresso. Lei si aggiustò la frangetta, cosciente di avere il suo sguardo addosso.
« Non è educato guardarmi il fondoschiena, Stark »
« Non educato, ma nemmeno illegale » terminò prima di vederla sparire nella propria Audi argentata.
Si passò entrambe la mani fra i capelli, ripetendo mentalmente il solito mantra: RESTA CALMO.
Anziché seguirlo però, s’innervosì e tornò di sopra per farsi una doccia, che sarebbe stata sicuramente noiosa senza Pepper. Poco dopo, vestito e pronto per il lavoro, si concedette qualche minuto per una tazza di caffè. Agguantò le chiavi della macchina e si diresse verso le Industries, correndo sulla Pacific HighWay con i Black Sabbath a tutto volume per una perfetta entrata in scena.
 

*

Pepper era intenta, dopo un breve colloquio col proprietario dell’immobile, a chiudere gli scatoloni da portare sotto in strada, dove Ben faceva da guardia a un furgoncino. Tiffany si era offerta di aiutarla a raccogliere le cose per fare più in fretta, vista la notevole quantità di vestiti e di oggetti di varia natura. Una pila di documenti ancora da riordinare, libri che risalivano agli anni dell’università e perfino la trousse. Era stato difficile spiegare, senza troppi dettagli, come fosse finita ad essere co-amministratrice delle Stark Industries viste le dimissioni. Anche la stampa aspettava una risposta convincente a quel quesito. Tiffany era una collega leale, ma in breve tempo era diventata anche sua amica, la sua unica confidente che non possedesse qualche grottesco retroscena. Sembrava aver intuito all’istante, al contrario di Ben, che Tony era molto di più per lei. Avrebbe voluto confermare quell’intuizione e raccontarle di quanto fosse felice per la gravidanza. Tony aveva reagito abbastanza bene o comunque non era scappato a gambe levate come inizialmente aveva immaginato. Quel imprevisto stava portando un pizzico di serenità nella vita di lei e novità nella vita rocambolesca di lui. Poi però si ricordò delle riviste e dei giornali, di ciò che gli altri dicevano. Anche Tiffany doveva averli letti. Fra questi ragionamenti, Pepper stava impacchettando alcune cornici quando un telefono trillò su un tavolo.
« E’ il tuo, Tiff? » chiese, poggiando un altro scatolone a terra per poi chiuderlo con un pezzo di nastro adesivo. Ne aveva contati circa altri due, da aggiungere alla decina già nel furgone.
« No, credo sia il tuo – afferrò il cellulare lasciato sul tavolo - Vediamo… E’ Stark».
Pepper guardò l’orologio che spariva in parte in uno scatolone ancora aperto. Non poteva aver già finito: se là erano appena le due del pomeriggio, a Los Angeles dovevano essere circa le nove.
« Come? – la riunione era sicuramente iniziata da mezz’ora - Dammi qua… »
« Lo hai salvato come Tony? »
« Sì, è il suo nome » disse in tono saccente.
« Il suo nome è Anthony – le ricordò l’altra con uno sguardo furbetto - Cosa nascondi, Virginia Potts?».
Pepper pensò che somigliava molto a un gatto con l’acquolina alla bocca. Bastava solo che si leccasse i baffi.
« Potrei riavere il mio telefono? »
« Sei diventata rossa » le fece notare in tono di scherno.
« Fa’ caldo » protestò Pepper, rendendosi conto che si stava coprendo di ridicolo vista la stupidità delle proprie parole. Sì e no, fuori c’erano appena quindici gradi.
« Sulla Pacific Coast forse… » mormorò maliziosa Tiffany, prima di allontanarsi verso uno scaffale e cominciare a svuotarlo. Pepper cercò di ignorare quel commento e aprì il messaggio.
 
Da: Tony
Signorina Potts,
dovrebbe smetterla di segnare questi appuntamenti sulla mia agenda vista la loro opinabilità. Spero che lei non si stia divertendo troppo perché io mi sto annoiando a morte.
 
Scosse il capo e digitò una risposta.
 
Da: Pepper
Signor Stark,
le ricordo che adesso la sua, o meglio, nostra assistente è Maria Hill. E credo che stia facendo un lavoro egregio. Cosa che lei fatica a comprendere visto che, mentre si trova in piena riunione amministrativa, sta gozzovigliando con la sottoscritta.
 
Premette invia, sperando che leggendo quel rimprovero, si concentrasse sulla riunione visto che ne andava dell’azienda. Tony dall’altra parte del telefono, davanti al proprio, sorrise come un ebete. Era contento di poter bisticciare con lei anche se indirettamente. Soprattutto se la cosa si poneva su una finta formalità. Si accertò che nessuno lo notasse e rispose.
‘Si gioca!’, esultò mentalmente.
 
Da: Tony
Gozzovigliando? Cos’ha mangiato per pranzo, un vocabolario?
 
‘Perché mai dovrebbe fare solo il proprio lavoro?!’, pensò Pepper. Effettivamente lo aveva provocato.
 
Da: Pepper
Ho mangiato un hot dog, se proprio vuole saperlo. Lei invece dovrebbe introdurre nella propria dieta un minimo di cortesia.
 
A Tony sfuggì uno sbuffo nel tentativo di non ridere apertamente. Quando i presenti si girarono quasi in contemporanea nella sua direzione, si schiarì la voce per far sembrare che avesse un po’ di tosse. Tenendo un occhio sulla presentazione, continuò a scriverle.
 
Da: Tony
Era buono l’hot dog?
 
Da: Pepper
Eccellente.
 
Pepper sperò che avrebbe smesso e invece, il suo telefono trillò di nuovo. Tiffany le lanciò un’occhiata che lei ricambiò, ma solo di sottecchi.
 
Da: Tony
Pep?
 
Aggrottò la fronte.
 
Da: Pepper
Che c’è?
 
Da: Tony
Com’è il tempo?
 
Pepper lanciò un’occhiataccia al messaggio, come se lui potesse percepirla.
 
Da: Pepper
Non ci sono segretarie con gonne troppo corte?
 
Tony si guardò intorno e arricciò il naso. Nella sala asettica e ultramoderna, risuonava solo la voce di… Beh, di una delle sette mummie che gli tenevano compagnia in quell’appuntamento per il thè. Forse si chiamava Elias, ma non poteva esserne certo.
 
Da: Tony
No, solo un mucchio di cadaveri.
 
Da: Pepper
Perché non comincia a lavorare?
 
Da: Tony
Tecnicamente sto lavorando. E’ lei che si è presa un giorno libero per gozzovigliare.
 
Da: Pepper
Ho presentato regolare richiesta proprio ieri sera, Signor Stark. Le ricordo che lei ha acconsentito perciò non faccia l’offeso.
 
Ecco la risposta che voleva. Puntigliosa come sempre.
 
Da: Tony
Sempre più indisciplinata. Dovrò farlo presente al suo capo. E comunque touché.
 
Pepper scosse il capo e scrisse ancora.
 
Da: Pepper
Smettila di scrivere e concentrati.
 
Da: Tony
Mi annoio.
 
Stava per riprenderlo quando le arrivò subito un altro messaggio.
 
Da: Tony
E mi manchi.
 
Non potè fare a meno di sorridere dopo che il suo cuore ebbe fatto un triplo carpiato. Tony faticava ad esprimere i propri sentimenti e Pepper, che aveva sopportato appena il proprio computer, ringraziò la tecnologia. Si morse il labbro inferiore, su cui poi passò inconsciamente la punta della lingua. Tiffany non si lasciò sfuggire quella reazione mentre chiudeva il cartone, spingendone le ali.
« Potresti almeno dirlo che ti piace »
« Cosa? No, sei fuori strada » rispose con la voce più alta di almeno un’ottava.
Tiffany assunse un’espressione che esprimeva chiaramente quanto la situazione fosse decisamente comica.
« Andiamo, vuoi farmi credere che chiunque sorriderebbe nel ricevere un messaggio dal proprio capo? »
« Non stavo sorridendo – ribadì lei, tentando di tornare seria - E poi siamo colleghi »
« Quindi vuoi dirmi che se fosse stato Ben a scriverti, avresti interrotto il trasloco per rispondergli? ».
Pepper non trovò le parole giuste per risponderle. No, decisamente aveva ragione.
« Una curiosità: come sei arrivata qui? – non le diede il tempo - Col suo jet privato »
« E’ stata una sua gentilezza » disse, ma come prima, si sentì una pessima bugiarda.
Tiffany non rispose, si limitò a scuotere il capo e a tornare al proprio compito.
Nel mentre Tony stava quasi avendo un attacco di panico. Pepper stava tardando a rispondergli e cominciava a credere di aver sbagliato a scrivere quell’ultima frase.
‘Idiota!’, si disse. Mentre pensava a un modo per togliersi da quell’impiccio, lei rispose e si diede ancora dell’idiota per poi passare subito all’autoelogio. Aveva centrato il bersaglio invece.
 
Da: Pepper
Ancora niente donnine allegre?
 
Sorrise a quella domanda, ma non riuscì a scacciare la precedente paranoia.
 
Da: Tony
A lei manco,Potts? PS: No, purtroppo dovrò accontentarmi della sua compagnia virtuale.
 
Da: Pepper
In realtà sto apprezzando questa pace. PS: E le dispiace?
 
No, non aveva sbagliato. Quasi sospirò per il sollievo e rispose.
 
Da: Tony
Non le credo. PS: Affatto. Tuttavia preferirei averla qui nei suoi jeans. O anche senza se preferisce… PPS: la smetta con i PS.
 
Pepper si morse la lingua per evitare che le sfuggisse un commento inappropriato visto che stava per compromettere la segretezza del loro rapporto.
 
Da: Pepper
La sua ragazza non sarà contenta.
 
Tony sghignazzò, stavolta sonoramente.
« Signor Stark? » domandò, riportandolo alla realtà… Non riusciva proprio a ricordarsi il nome.
Vide i suoi occhi grigi studiarlo come se stesse parlando con uno schizofrenico. Scosse il capo e fece un gesto vago con la mano.
« No, uhm… Prego continui »
« Vuole fare una pausa? » propose la mummia 3. Aveva i capelli di uno strano color paglierino.
« No, sbrighiamoci » rispose piccato. Non aveva alcuna intenzione di prolungare quella tortura.
« Sì, Signor Stark. Come stavo dicendo… »
Lui abbassò gli occhi e digitò la risposta.
 
Da: Tony
Sì, è un bel peperino… Soprattutto stamattina.
 
Pepper avrebbe voluto ricordargli che non era stata lei ad iniziare, ma preferì non farlo per evitare di litigare. Doveva ammettere che quella chat la stava deliziando. Intanto Tiffany stava chiudendo un altro scatolone e per il momento, non si era accorta di nulla.
 
Da: Pepper
Come mai non è con lei? Dov’è?
 
Stava per risponderle quando una donna bussò alla porta della sala. La classica bionda che portava i caffè. Malgrado non fosse stanco della chat, sempre più intrigante, dovette affrettarsi a chiuderla perché le persone sedute attorno a lui cominciavano ad irritarsi.
 
Da: Tony
Sta gozzovigliando a quattromila chilometri di distanza dal sottoscritto. PS: Gonna corta a ore dieci.
 
« Signor Stark, ecco il suo caffè » annunciò la Barbie, sporgendosi un po’ troppo verso di lui.
Tony pensò che il seno potesse schizzargli direttamente in faccia, tanto i bottoncini della camicia faticavano a trattenere le generose curve. Le rivolse solo un sorriso di cortesia, afferrando il proprio bicchiere di carta. Si accorse di non aver indugiato neanche un istante di troppo sulla scollatura e Happy si sarebbe sicuramente chiesto se lui stesse bene.
« …punto proporrei un’ulteriore assemblea con la Signorina Potts per concordare accuratamente circa le azioni da effettuare per la crescita di mercato »
« Signor Stark? » chiese uno dei collaboratori.
« Assolutamente concorde con quanto detto » disse sbrigativo. Non sapeva neanche di cosa stavano parlando. Lui voleva solo tornare a casa, nel suo laboratorio per finire la sorpresa per Pepper.
« Prima di concludere, vorrei esporle un dubbio che abbiamo tutti da qualche giorno ».
Tony si sedette, pur essendosi già alzato, incapace di occultare quanto l’essere bloccato là lo tediasse.
« Ecco, quello che… Sì, insomma… »
« Volevamo sapere cosa l’ha spinta a eleggere la Signorina Potts come co-amministratrice » disse finalmente Elias, in modo diretto. Tony fece schioccare le labbra dopo aver bevuto un sorso di caffè.
« Curioso. Me l’ha chiesto anche lei – non udendo repliche, continuò - Dubitate della mia capacità di giudizio? »
« No, Signore » risposero tutti in coro.
« Allora forse della mia lucidità? »
« No » ancora tutti.
Tony si grattò il pizzetto, pensando a quanti danni potrebbe creare a mani nude sulle loro teste di rapa.
« Non sarà perché la Signorina Potts è una donna? » chiese e nella sala, piombò un silenzio tombale. Gli uomini al tavolo cominciarono a guardarsi fra loro come quaglie impaurite, indecisi se scappare tra i cespugli o restare accucciati. Tony decise di agire al loro posto e di sparare.
« Tranquilli, Signori. La Signorina Potts non è una donna: ma il co-amministratore delegato, perciò se qualcuno ritiene di non dover lavorare per lei… - disse, portando il bicchiere alle labbra - Siete liberi di andare ».
Nessuno si mosse, tranne la Barbie che invece se la filò senza troppo garbo.
Tony si alzò, spingendo un po’ la sedia all’indietro, cercando di trattenersi dal licenziarli tutti. Con la mano libera chiuse l’unico bottone della giacca.
« Forse non mi sono spiegato: il vostro dovere è convocarmi qui, quando c’è un problema. O per una festa. – li fissò uno ad uno - Queste riunioni per quanto mi riguarda, sono un’autentica rottura di palle. Se non fosse stato per la Signorina Potts, io non sarei qui a prendere il thè con voi e soprattutto oggi i vostri culi non siederebbero su queste poltrone. Se non fosse stato per la Signorina Potts, quest’azienda avrebbe già chiuso i battenti. Devo forse ricordarvi di Obadiah? »
« Ci perdoni, Signor Stark. Non volevamo insinuare che… »
« Bene. Allora la prossima volta, sottraetemi del tempo quando esisterà un vero problema che non riguardi la direzione delle mie industrie – concluse – Avete intenzione di lamentarvi anche di qualcos’altro? »
« No, Signor Stark. Abbiamo concluso »
« In questo caso, buona giornata » sbottò, gettando il caffè nel secchio prima di uscire dalla stanza.
 
Pepper sorrise mentre metteva via il telefono. Probabilmente stava davvero guardando un’altra segretaria, ma per il suo bene, sperò che fosse solo un modo per infastidirla perché in realtà lo avevano beccato. Si accorse di aver fatto una mossa falsa quando Tiffany si gettò sul suo telefono.
« Tiffany! No! ».
Si sporse inutilmente e maledisse gli scatoloni che avevano rischiato di farla cadere e rompersi l’osso del collo. La mano che aveva proteso se la portò alle labbra chiudendola a pugno per trattenere un’imprecazione. Capì di essere spacciata, così si portò le mani sui fianchi. Tiffany intanto continuava a trafficare con lo smartphone, aprì la casella di posta e lesse.
« ‘Mi annoio’. ‘E mi manchi’. – Pepper si coprì il volto con entrambe le mani, pronta al peggio - ‘Tuttavia preferirei averla qui nei suoi jeans. O anche senza se preferisce…’? ».
« Tiff… » disse flebile, sentendo le guance imporporarsi come al solito.
Si chiese perché dovesse finirci sempre lei in quelle situazioni e arrivò concludere che sulla propria testa, gravasse una sorta di maledizione.
« Tu hai una relazione col miliardario più sexy d’America?! ».
Le fece cenno di abbassare la voce. Se non lo avesse fatto, molto probabilmente l’avrebbe sentita anche Tony. E lui di vanità ne era saturo.
« Ti prego, non urlare »
« Oh mio Dio! Per questo… »
« No » disse, tornando immediatamente seria.
« Oh, no non fraintendermi… E’ che… - sospirò, guardando di nuovo il telefono - Wow »
« Lo so. Ti prego… »
« Non lo dirò a nessuno. Davvero – la raggiunse e con una mossa esageratamente maliziosa le restituì l’oggetto del peccato - Allora, Virginia Potts… »
« Smettila » borbottò, strappandole il cellulare e stringendolo al petto come un amuleto.
« Sai che avete creato un gran scompiglio in tipo, tutto il globo? » le fece notare, dandole le spalle per sollevare un cartone sul tavolo.
« E’ il suo mestiere creare scompiglio… ».
Non terminò la frase, perché si trovò di nuovo con lui a quella sera sul tetto. Quel bacio che le aveva rubato sotto la volta celeste e a cui facevano da sfondo le esplosioni alla EXPO.
« Cavolo, tu sei stracotta! » osservò Tiffany, inclinando la testa di lato e interrompendo il flusso dei propri ricordi quando si rese conto di aver assunto un’espressione trasognata.
« Non ho sedici anni » disse e la collega rassegnata mentre incartava una lampada.
« Eri con lui in questi giorni? »
« Sì. E non parlare di lui come se fosse il ragazzaccio tatuato più popolare del liceo »
« Potts, stai parlando di Anthony Stark. Per noi comuni mortali è come una divinità dell’Olimpo e non capita tutti i giorni, che uno come lui si presenti di punto in bianco per vedere una singola donna, visti i suoi precedenti con modelle e attrici ».
Pepper esitò a rispondere ciò che aveva pensato. E non era niente di carino.
Quello era il suo unico pallino: fra tante donne che lo circondavano, perché lei, Virginia Potts?
Lei che era sempre stata bollata come la secchiona di classe, di continuo un gradino sotto alle coetanee, si era buttata a capo fitto nello studio perché era l’unica cosa che la gratificava al contrario delle relazioni con gli altri. E poi il college. Per quanto fosse stato il periodo più eccitante della propria vita, si era sentita sola. Davvero sola. Nonostante si fosse creata delle amicizie nel campus non si era mai sentita totalmente integrata.
E poi l’incontro con Tony. Era entrato nella sua vita come un uragano. Le piaceva credere che fosse stato destino anziché una semplice coincidenza. Le piaceva credere che si fossero incontrati per un motivo, per un disegno vasto e incomprensibile, immanente. Era diventata Pepper. Quanto aveva odiato quel nomignolo! Ora le sembrava che si fosse sempre chiamata a quel modo, che fosse sempre stata Pepper senza saperlo e che aveva dovuto incontrare Lui per esserlo davvero.
Ogni volta le chiedeva di “buttare fuori la spazzatura”, si sentiva apprezzata perché in quella casa immensa, l’unica donna a tenergli compagnia ventiquattrore su ventiquattro, sette giorni su sette, era lei. E il pensiero che un giorno Tony avrebbe “buttato” lei come spazzatura, era sempre dietro l’angolo pronto a strisciare fuori per produrle un senso di angoscia. Non voleva perdere Tony.
Tiffany cambiò atteggiamento.
« Dai, finiamo con questo trasloco… Così torni dal tuo bello a cui mancano i tuoi jeans… » scherzò, ma Pepper era ancora preda dei propri timori.
 

**

Tony guidò fino alla casa di Rhodey. Una semplice villetta nel quartiere di Beverly Hills. Si fermò davanti al cancello e abbassando il finestrino, allungò un braccio per premere il pulsante del citofono.
« Sì? »
« Sono io » rispose e il cancello cominciò ad aprirsi cigolando.
Condusse l’auto lungo il vialetto fino a fermarsi dietro la casa. Scese, trovato l’amico ad attenderlo sulla veranda che dava sul giardino del retro con tanto di piscina.
« Che ci fai qui? »
« Mi chiedevo se volessi andare a fare una corsetta » rispose, sfilandosi gli affezionati Rayban per indicarlo.
Rhodey non fece caso alla battuta e lo squadrò da capo a piedi. In tutti gli anni che lo conosceva, raramente lo aveva visto con un semplice completo elegante da ufficio. Uno di quelli che usano i commercialisti o gli avvocati durante il giorno.
« Come ti ha convinto? » chiese con un sorrisetto.
« Chi? »
« Pepper - indicò la giacca con un cenno del capo - Te l’ha ordinato? »
« Non me l’ha ordinato. Me lo ha gentilmente chiesto » precisò lui, scimmiottando un tono immaturo come quello che al colonnello ricordava un dodicenne.
« Mh-mh » mormorò, ridendo sotto i baffi.
Si avviarono dentro l’abitazione, dove una leggera musica si diffondeva dalla radio.
« Allora come va con le protesi? » esordì Tony, accomodandosi sul sofà.
« Devo farci l’abitudine »
« Fammi sapere se hai delle migliorie da propormi, come un porta-bicchiere » rispose lui, roteando una mano nell’aria. Poi appoggiò una caviglia sul ginocchio opposto come se fosse a casa propria.
« Certo… - trattenne un commento poco educato e si appoggiò al muro con una spalla - Tu come stai? »
« Una favola »
« Sicuro? » chiese scettico.
Tony non andava quasi mai a trovarlo se non per la riabilitazione, il che avveniva una volta alla settimana massimo due. Ora si trattava di una situazione diversa. Sembrava che Tony dovesse parlare con qualcuno, per sfogarsi prima di implodere, ma non faceva niente per avviare una conversazione.
« Sì, devo solo… Fare attenzione a… » si interruppe quando il suo telefono vibrò nella tasca dei pantaloni. Si sedette più composto e si inclinò in avanti  per infilare la mano nella tasca interna della giacca. Tirò fuori il cellulare e con sospetto, aprì il messaggio. Era di Pepper. Non erano passate neanche un’ora dall’ultima mail che si erano scambiati in ufficio. Pensò che volesse chiedergli della riunione, ma quando vide l’allegato non potè fermare le prime parole che gli vennero in mente.
« Porca vacca… »
« Che succede? » domandò Rhodes indeciso se sentirsi preoccupato, col dubbio che avesse lasciato qualcosa di pericoloso acceso, facendo radere al suolo la Villa una seconda volta.
« Questa sì che è ingegneria… » sussurrò Tony, gli occhi ancora fissi sull’immagine.
Non era una foto estremamente chiara, ma riuscì comunque ad intravedere una sagoma bianca molto simile ad un… Neonato. Era piccolo, piccolissimo.
« Allora te lo ha detto… ».
Tony sollevò il capo per guardare l’amico. Qualcosa non gli quadrava.
« Tu lo sapevi? »
« Diciamo che ho avuto un’anteprima »
« E io che ti chiamo “amico” » sibilò, dando ancora uno sguardo all’ecografia.
« Glielo avevo promesso, in cambio lei te lo avrebbe detto di persona »
« Baci tua madre con quella bocca? »
« Oh avanti! Non fare il bambino visto che tra poco ne avrai uno ».
Rhodey si zittì. Lo studiò: aveva il volto sereno, ma contratto in una smorfia che non seppe decrittare; e gli occhi nocciola erano stati attraversati da un bagliore insolito.
« Secondo te è maschio o femmina? » gli chiese poi.
« Che vuoi che ne sappia io? Non sono mica medico – Tony mise via il telefono - Ti vedo sconvolto »
« Da quando in qua tu e Pep siete… Bonnie e Clide? » disse con un che di snob nel modo in cui mescolò l’indice e storse la bocca. Come se avesse appena assaggiato del limone.
« Non è che sei geloso? »
« Io?! »
« Pepper mi ha detto che ti sei fiondato al Fox Trot » aggiunse il colonnello, facendo spallucce.
« E’ questo quello di cui parlo! Questi vostri pigiama party… »
« Ammetterai che è stato un po’ troppo esagerato – Tony ruotò gli occhi - Avresti potuto chiamarla e chiederle un appuntamento »
« Non mi aspetto certo che tu capisca » borbottò aspro.
« No, ma capisco la tua paura ».
Tony sbuffò e si alzò in piedi, distogliendo lo sguardo da Rhodey per porlo invece sulla strada fuori dalla finestra, che intravide scostando la tenda.
« E poi dicono che sono io quello con la testa dura… »
« Nessuno sa fare il genitore. Lo si scopre passo passo. – lui intanto tornò a guardarlo - Datti tempo »
« Di solito nell’armadio si nascondono gli scheletri, non i marmocchi ».

   
 
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