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Autore: Crilu_98    02/06/2017    6 recensioni
Secondo capitolo de "The Walker Series" - non è necessario aver letto la prima storia.
Mark ed Elizabeth Walker sono fratelli ma non si vedono da dieci anni, da quando un terribile incidente ha cambiato per sempre le loro vite. Elizabeth è una ragazza insicura e tormentata dai sensi di colpa che all'improvviso è costretta a lasciare la cittadina di campagna dove ha sempre vissuto e a raggiungere San Francisco per salvare il fratello. Aiutata da uno scontroso gentiluomo dalle origini misteriose, da una risoluta ereditiera poco convenzionale e da un impacciato pescatore italiano, Elizabeth dovrà fronteggiare un intrigo molto più grande di lei. Un complotto che potrebbe diventare la miccia di un'incontrollabile rivolta operaia...
Genere: Azione, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Il Novecento
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'THE WALKER SERIES '
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-Dividiamoci!- propose Barbara, accarezzandomi la spalla con fare protettivo e allo stesso tempo scandagliando la stanza con una foga quasi rabbiosa.
-Dobbiamo assolutamente ritrovarlo!-
Connor annuì ed in breve sparirono dalla mia vista, confondendosi nella folla. Solo io rimasi come un'ebete accanto al bancone, cercando disperatamente di non piangere, di non urlare per la frustrazione, di non scappare da quel locale che ora mi soffocava.
-Ehi, dolcezza!- la voce amichevole del cameriere mi riscosse, ma dovetti sbattere le palpebre più volte prima di riuscire a vederlo bene. L'uomo sorrise e mi allungò un bicchiere:
-Tieni, offre la casa… Sembra che tu ne abbia bisogno!-
Lo ringraziai con un cenno del capo e buttai giù il liquido ambrato tutto d'un fiato: il brandy mi infiammò la gola e lo stomaco e mi diede la giusta energia per riprendere la mia ricerca.
Vagai a lungo tra le sale, ignorando i fischi d'apprezzamento e i richiami allegri degli uomini ai tavoli d'azzardo. Dopo quelle che mi sembravano ore, preoccupata perché non c'era traccia né di Connor, né di Barbara, né tantomeno di Jefferson, notai un inconfondibile cappello grigio dirigersi verso l'uscita.
Lo seguii, stando attenta a non farmi notare e a non inciampare nel vestito; l'aria, fuori dal locale, era gelida e mi passai le mani sulle braccia nel tentativo di riscaldarle.
Roger Jefferson procedeva rilassato e con andatura arrogante verso la propria meta… Ad un tratto accennò anche un motivetto, che risuonò sinistro tra i vicoli bui.
Poi si fece più cauto e un paio di volte fu sul punto di scoprirmi mentre si inoltrava in mezzo alle case scure, fino ad infilarsi in un seminterrato rischiarato da una lampada fioca. Accostandomi all'uscio riuscii a captare la conversazione degli uomini all'interno e sebbene l'illuminazione fosse troppo scarsa e la finestrella troppo piccola e lurida per riconoscere i loro volti, individuai almeno tre figure all'interno: una era quella del delatore, mentre le altre due erano sedute ad un tavolo e davano le spalle alla porta.
-Jefferson! Ben arrivato!- esclamò una voce rauca e profonda, appartenente senza ombra di dubbio ad un ubriaco, poiché le parole erano sconnesse e strascicate.
-Poche chiacchiere!- sbraitò Jefferson, che sembrava aver perso tutta l'allegria di poco prima. Era evidente che quell'ambiente non gli piacesse e ciò rendeva i suoi modi molto più rudi, come se d'improvviso fosse tornato ad essere il pistolero di Rosenville.
-Dove sono i miei soldi? Ne ho bisogno subito!-
-Pazienta ancora, amico… Manca qualcuno!-
Mi sentii mancare quando udii un rumore di passi fermarsi alle mie spalle. Poi una mano scese a coprirmi la bocca e fui strattonata lontano dalla porta. Stretta contro il corpo del mio aggressore, sentii gli uomini all'interno esclamare:
-Avete sentito?-
-Non è nulla, sta' buono! Sarà stato qualche cane randagio!-
Delle labbra calde si accostarono al mio orecchio:
-Adesso ti lascio andare, Elizabeth. Ma, mi raccomando, non urlare!-
-Tony!- bisbigliai, mentre delle lacrime scivolavano sulle mie guance, residuo del terrore cieco che avevo provato. -Mi hai spaventato a morte!-
-Bene, così impari ad essere imprudente!- mi rimbrottò lui con aria grave -Potevi essere scoperta da un momento all'altro, così, sull'uscio! Dov'è Price?-
Mi lanciò un'occhiata stupita, in cui colsi anche un lampo di apprezzamento:
-E perché sei vestita in questo modo?-
-Io, Price e … Un'amica di mio fratello stavamo seguendo il delatore, Roger Jefferson. Ci siamo divisi ed io l'ho scovato e seguito fino a qui. Tu, piuttosto, cosa stai facendo?- sospirai, lanciando un'occhiata al vicolo dalla nicchia in cui eravamo nascosti. Non appena l'uomo misterioso fosse arrivato, ci saremmo potuti avvicinare ed ascoltare meglio i loro discorsi; speravo solo che non si lasciassero sfuggire qualche informazione importante mentre noi non potevamo sentirli.
-Più o meno la tua stessa cosa!- rispose Tony, con un mezzo sorriso -Ho tenuto d'occhio alcune famiglie che, si sa, sono legate alla malavita americana di questa città. Sono molto temuti e per la loro… Protezione, come dicono loro, vogliono i soldi della povera gente.-
Mentre parlava il suo tono si era fatto più duro e l'accento più marcato.
-Ho seguito uno dei più giovani, un idiota che pensa sempre e solo a bere. Sbraitava a gran voce che stanotte avrebbe avuto per le mani tanto di quel denaro da potersi comprare un'intera osteria… Solo che avrebbe dovuto consegnarlo ad un pezzente. Ho pensato che potesse essere collegato al guaio di tuo fratello ed avevo ragione!-
Ci zittimmo di colpo nel vedere il quarto uomo scivolare furtivamente nella stradina e poi oltre la porta cigolante; poi, con estrema prudenza, ci avvicinammo di nuovo ad essa. Purtroppo la luce dell'unica lampada ad olio presente lì dentro era di ben poca utilità nel distinguere i lineamenti del nuovo arrivato, sebbene ci stesse di fronte.
-Winter! Ben arrivato!- esclamò di nuovo l'ubriaco, sempre più allegro. Doveva essere quello che Tony aveva pedinato.
-Abbassa la voce, idiota!- ringhiò l'uomo corpulento che rispondeva al nome di Winter -Se continui così tutto il vicinato saprà gli affari nostri!-
-Adesso che è arrivato anche lei, si può finalmente concludere!- sbuffò Jefferson, camminando nervosamente per la stanza -Non mi piace che questi incontri vadano per le lunghe!-
L'individuo che fino a quel momento era rimasto in silenzio, con le spalle verso la porta, prese la parola:
-Che durino un'ora o dieci minuti, a lei che importa? O forse era così ansioso di iniziare la sua nuova vita che ha già speso denaro che non possiede? I soldi che le daremo devono essere guadagnati… Non ammettiamo errori!-
-Ma che errori ed errori!- sbuffò ancora Jefferson, ridacchiando sguaiatamente -In tribunale si dice solo la verità, no? Ed è esattamente quello che farò io!-
Winter borbottò qualcosa che non capii, troppo concentrata ad analizzare la voce dell'uomo sconosciuto: ero sicura di aver già sentito quel timbro basso e rauco… Ma dove?
-Stia solo attento a non chiacchierare troppo!- sibilò ancora lo sconosciuto, prima che il tonfo di una valigia sul tavolo ci avvisasse che lo scambio stava per terminare.
Io e Tony scivolammo silenziosamente fuori dal vicolo, ma non fummo abbastanza veloci ad allontanarci: eravamo ancora in mezzo alla strada quando la porta si spalancò.
Tony mi spinse contro il muro, fuori dall'alone di luce dei lampioni; mi sembrò di rivivere la mia prima sera a San Francisco, quando Connor mi aveva baciata.
Osservammo con il fiato in gola Winter, l'ubriaco e l'uomo in nero, con il bavero della giacca alzato, allontanarsi in direzione opposta alla nostra. Jefferson, invece, sostò qualche minuto davanti alla stradina, fumando una sigaretta dall'odore acre.
Eravamo ancora troppo vicini per andarcene senza far rumore e sarebbe bastato che l'uomo si voltasse per vederci... A quel punto saremmo stati spacciati.
Coglievo lo stesso pensiero nelle iridi preoccupate di Tony ed osservavo impotente la brace rossastra della sigaretta farsi sempre più flebile, fino a spegnersi. Jefferson la buttò a terra e schiacciò la cicca con il piede.
"Ti prego, procedi dritto!" mi ritrovai a pregare "Ti prego, non venire verso destra, ti prego…!"
Invece l'uomo si girò e si pietrificò nel notarci: non un suono sfuggì dalle nostre labbra mentre lui tendeva la mano verso la tasca dei pantaloni, per afferrare la pistola con cui ci avrebbe ucciso.
Percepii i muscoli di Tony tendersi, pronto a slanciarsi in avanti per attaccare Jefferson, ma non ce ne fu bisogno.
Dalle ombre si distaccò una figura alta e snella, inconfondibile:
-Connor!- sussurrai, esterrefatta, mentre Price soffocava con una mano il grido rabbioso di Jefferson e con l'altra gli impediva di spararci.
Accadde tutto in pochi istanti: Connor afferrò la pistola, tolse la sicura, la puntò alla tempia dell'uomo e fece fuoco. Il rumore dello sparo si confuse con il tonfo del corpo che cadeva.
Il sangue e altra materia viscosa e rossa schizzarono sul selciato e sul volto di Price, che ci osservava con le labbra strette in una smorfia.
"No" mi corressi "Sta fissando me."
-Elizabeth?- sussurrò infatti, preoccupato -Stai bene?-
Non risposi, come al solito persa nei ricordi di un pomeriggio d'autunno nella cittadina di Rosenville; possibile che ogni mia azione, ogni fatto dovesse ricordarmi quel terribile giorno?
L'uomo fece un passo avanti, verso di me, ma io istintivamente mi scansai, respirando affannosamente. Price si immobilizzò con le mani macchiate di sangue abbandonate lungo i fianchi e  colsi nei suoi occhi una scintilla di rimorso.
Quello stato di calma apparente si spezzò non appena si accese una luce qualche casa più in là: allora Tony mi afferrò per un braccio (io, infatti, non riuscivo a distogliere lo sguardo dagli occhi vitrei di Roger Jefferson) e fece un cenno d'intesa a Connor, che ci seguì senza più fiatare.
 
Eravamo nuovamente soli. Soli in una casa buia e fin troppo silenziosa per i miei gusti: Barbara, pallida e preoccupata, ci aveva accolto con sollievo davanti all'uscita del The White Light, prima di salire in carrozza e tornare a casa; Tony mi aveva lanciato un'occhiata penetrante ed affettuosa prima di lasciarmi sull'uscio dell'appartamento di Price.
-Sicura di voler rimanere con lui? Potrebbe…-
-Non è pericoloso, Tony. E credo che abbia davvero bisogno di me, in questo momento…-
Ero seduta al tavolo del salotto e tamburellavo nervosamente le dita sul legno; Connor, invece di buttarsi come al suo solito sul divano, era rigidamente appoggiato allo schienale della poltrona a pochi passi da me.
-Potresti smetterla, per favore?- gracchiò ad un certo punto, in un tono spento ma ugualmente autoritario. Sospirai:
-Hai ucciso un uomo.-
"Perfetto, Lizzie: proprio il modo migliore per affrontare l'argomento!"
Connor balzò in piedi e si avvicinò minacciosamente:
-Stava per uccidere sia te che quel ragazzino imberbe e stupido! Cosa avreste fatto se io non fossi stato lì fuori a cercarti, invece che continuare a soffocare in quel locale nauseante?-
-Stavi cercando me?- domandai, spalancando gli occhi. Fino a quel momento avevo dato per scontato che stesse seguendo anche lui Jefferson.
L'uomo si chinò verso il mio viso, gli occhi che scintillavano cupi dietro alle ciocche di capelli ormai spettinati.
-E chi altri? Ti ho vista imboccare l'uscita di corsa, ma c'era troppa folla e non sono riuscito a seguirti subito… Ho vagato tra le strade e stavo diventando pazzo per la preoccupazione, quando ho visto Jefferson dall'altro lato della via. E poi ho visto voi e…-
-L'hai ucciso!- ripetei, incapace di accettare la sua freddezza. Connor emise un gemito esasperato:
-Sì, l'ho ucciso, dannazione! Dovresti esserne contenta: senza più testimone il processo di Mark si arenerà per un bel po'!-
-Non potrei mai essere felice della morte di un uomo!- replicai, fissandolo con aria di sfida -E tu?-
L'uomo sembrò perdere di colpo tutta la sua aggressività:
-Non lo so…- mormorò, accasciandosi di nuovo sulla poltrona. -Una volta non avrei mai potuto, ma adesso…-
La sua voce si perse in un mormorio indistinguibile.
Restammo così per quelle che mi parvero ore, ma quando accennai ad alzarmi per andare a dormire (era ormai mattina e quasi iniziava ad albeggiare), Connor ridacchiò istericamente.
-Cosa pensi di me, piccola Lizzie?-
Il suo tono metteva i brividi ed io non risposi. Lui insistette, lanciandomi un'occhiata colma di disperazione:
-Cosa penseresti di me, se ti dicessi che questo non è il primo uomo che ho ucciso?-
 
 
Angolo Autrice:
Questo capitolo è piuttosto denso di avvenimenti… L'unica buona notizia è che Jefferson non potrà più testimoniare contro Mark! xD E preparatevi, perché nel prossimo capitolo Price farà un'inaspettata confessione…
 
Crilu 

 
   
 
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