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Autore: MadLucy    03/06/2017    0 recensioni
{MPREG | Light/L | minilong | fluffangst | what if | pregnant!L}
«Non è uno scherzo» obiettò L con calma. «Non si tratta nemmeno di una conseguenza così imprevedibile, dato che io e Light abbiamo avuto un rapporto sessuale. Almeno adesso sai di cosa sto parlando, vero?»
Light osservò con incredulità e orrore la nuova carta comparsa sul tavolo. "L'ha fatto apposta. L'ha fatto apposta. L'ha fatto apposta."
Questo giustificava tutto. L'assurdo comportamento di quella notte, il rivelarlo davanti a Misa... prima che Light potesse ordinarle di dissotterrare il quaderno e ricordare il vero nome di L. L'aveva fatto per fargli perdere la collaborazione del secondo Kira. Poi sopraggiunse le negazione, e si chiese stralunato come potesse una persona sana di mente concepire un piano così malato. Dove diavolo era disposto ad arrivare pur di arrestarlo?
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: L, Light/Raito | Coppie: L/Light
Note: What if? | Avvertimenti: Mpreg
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Epilogo.

 

 

 

 

Arrivarono a Winchester in treno. Il viaggio in Inghilterra, lungo e faticoso, aveva offerto l'occasione di una settimana a Londra. Misa ci era già stata diverse volte in passato, per qualche tappa dei tour, ma non le era mai parsa così bella come in questo autunno, con le foglie rosse che si squagliavano a pelo delle acque del Tamigi come tracce di piccoli, efferati delitti, e le cupole variopinte degli ombrelli aperti, come scudi opposti contro la bruma di umidità che galleggiava intorno a un sole imbrinato. Le vetrine dei negozi scaldavano già i volti e le mani potevano ancora stare fuori dalle tasche senza i guanti. Misa aveva comprato fish and chips a Covent Garden e si era appesa alle sbarre del cancello che circondava Buckingham Palace. Ma in quel momento era su un sedile del treno diretto a Winchester, ed era molto triste.

«Oh, Light,» diceva, «vorrei che fosse solo un incubo.» Nel dirlo, carezzava con mogia, tenace dolcezza la cute tiepida di una bambina addormentata con il capo sul suo grembo, con indosso i vestiti nuovi comprati a Londra, una gonnellina di taffettà a quadri e una maglietta con il muso di un orso. La stringeva con le braccia curve, a mo' di culla, con aria protettiva e un po' impostata, come una bambola dal busto di ceramica.

Light non rispondeva. La mite, ilare serenità che il suo volto aveva irradiato negli ultimi giorni era completamente spenta. Teneva le gambe dai calzoni di velluto beige accavallate rigidamente e fissava oltre il finestrino. Misa, imbambolata dal dolore, si teneva occupata a dividere in ciocche lisciate i capelli della bambina, fili neri e scintillanti, morbidi come piume ancora immature. Continuò a farlo finchè il treno arrivò a destinazione. A quel punto, Light le disse che non poteva accompagnarli fino alla loro ultima destinazione, perchè sarebbe stato troppo duro per lei. Misa scoppiò in lacrime, smarrita come una radice espiantata dalla terra, singhiozzando con l'intero volto, l'intero corpo. Era da tempo che non piangeva così.

«Devo andare, o la sveglierai» disse Light, atono.

«Mi mancherai tanto» bisbigliò Misa, con voce strozzata. «Mi mancherai tanto...»

Avrebbe voluto rincorrerlo mentre si allontanava, ma la paura la inchiodò dov'era. 

Il cancello era già socchiuso quando Light vi arrivò per la seconda volta nella sua vita. Il giardino era gradevole come lo ricordava, ma aranciato dalla stagione, e gli alberi si stavano spogliando. Vi passò oltre, inquietato. La porta d'ingresso invece era chiusa. Afferrò il battente con la mano libera. Avrebbe voluto che non fosse posseduta da quel tremito interno, che gorgogliava dal centro delle vene. Dovette aspettare una trentina di secondi prima che gli venisse aperto. Roger lo fissò, rattristato e stanco. Senza dire una parola, si fece da parte e lo scortò attraverso il corridoio che ricordava. 

Nell'ufficio di Watari, Mello lo sogguardava con il mento in alto, come una statua di sale. Solo le narici si muovevano impercettibilmente. Light non l'aveva mai incontrato di persona, pur avendolo nominato parecchio.

«Non credi di averci già insultati abbastanza? Dovevi anche mettere alla prova la nostra pazienza facendoti vedere qui?» sibilò rabbioso.

«Sono qui per stringere un accordo civilmente» proferì Light, ponderando ogni parola, autoritario ma pacato. 

«Mi sembra ironico sentirti parlare di civiltà, dopo tutto quello che hai fatto.»

«Sarebbe un discorso troppo lungo e complicato per affrontarlo ora.»

«E perchè venire da noi se non per un discorso lungo e complicato?»

«Si tratta del processo. Vorrei che ritiraste l'accusa contro di me, e in cambio ritirerò la mia nei confronti dell'intero istituto» illustrò Light, conciso. 

Mello lo squadrò, disgustato. «Davvero troppa strada per una stronzata del genere.»

L'accusa della Wammy's House nei confronti di Light Yagami era di essere Kira, e a sostegno di ciò, con in mano il video della distruzione del Death Note, pretendeva che le regole del quaderno messe in dubbio da L fossero ancora sperimentate con il permesso del governo. L'accusa di Light verso la Wammy's House era di favoreggiamento e complicità di reato nei confronti di L, colui che egli aveva indicato essere il vero assassino che aveva agito sotto lo pseudonimo di Kira. 

«Se lo farete -smettendo di mettere a repentaglio la mia carriera e in pericolo la mia vita, visto che le vostre insinuazioni hanno attirato su di me le ritorsioni dei parenti delle vittime di Kira o di chi si oppone con la violenza ai suoi ideali- vi darò in cambio qualcosa che desiderate» promise Light.

«E cosa sarebbe?» sputò Mello, scettico. 

«Tutto quello che ho.» Pronunciate quelle parole, sincere e desolate, Light svolse ciò che portava appeso al petto, un grande sacco da trekking, con la lampo slacciata, che sosteneva con un braccio. Svolgendo una coperta di cotone, scoprì un pochino la testa della bambina sul treno. I suoi tratti erano un incontro di quelli orientali e quelli occidentali, e il risultato era un delicato equilibrio di occhi lievemente allungati ma grandi, gonfi come acini d'uva sotto le palpebre azzurrine, un incarnato dai riverberi dorati ed espressive sopracciglia che si muovevano spesso.

Mello rimase di stucco. Automaticamente, abbandonò la sua posizione sullo scranno dietro la scrivania e la aggirò per avvicinarsi. Sembrava conteso tra il giubilo, l'impossibilità di realizzare e uno struggimento derivato dall'idea che non avrebbe potuto rifiutargli nulla.

«Come ho già detto, si sono verificati tentativi di attentare alle nostre vite. Tengono d'occhio la casa e i nostri spostamenti. La situazione sta degenerando. Senza contare il fatto che nei luoghi pubblici, a scuola, nell'intrattenere rapporti sociali, il suo essere additata come la figlia di Kira le causa non pochi problemi. Sono giunto alla conclusione che per ora non posso più tenerla con me» spiegò Light. Il tono era monocorde, ma lo sguardo era scavato dal tormento. 

Mello s'indispettì. «Non venirmela a raccontare. Stai vendendo tua figlia in cambio del nostro silenzio. Non mi aspettavo niente di meno da te.» 

Light non si infuriò: al contrario, sorrise pieno di amarezza. «Come si vede che non hai figli. Non pretendo affatto la tua comprensione. So soltanto che qui sarà al sicuro. Siete le uniche persone oltre alla mia famiglia che non trarrebbero nessun vantaggio nel farle del male.» 

«L'unica persona che le ha fatto del male sei tu, Yagami» mormorò Mello. Pensò a come Light avesse ritorto il video della distruzione del quaderno, a suo dire falso, come prova del fatto che L aveva sempre cercato di incastrarlo, fin dall'inizio, impuntandosi sul fatto che il colpevole fosse lui, mentre in realtà Kira sarebbe stato L per tutto il tempo, presentatosi in veste di detective per avere un alibi di ferro. Pensò a come Light avesse infangato il nome della persona che in quell'istituto tutti più rispettavano, e che tanto bene aveva fatto per il mondo. 

Dal canto suo, Light si era reso conto di quanto odiasse l'idea di esporre Aimi ai rischi di una vita così pericolosa come quella di Kira. E aveva capito che non avrebbe mai potuto imporglielo, impartirglielo quando la sua mente era malleabile. Una volta raggiunta l'età della ragione, le avrebbe offerto l'opportunità di scegliere. Non sarebbe stata degradata ad un soldatino indottrinato. Avrebbe seguito il proprio ideale etico come le sembrava giusto. Doveva essere lei a decidere se diventare l'erede. L'amore che provava per lei superava qualsiasi ambizione di rendere eterno il suo potere. E poi anche lui pensò a L. Alla sua ultima volontà. Che un po' fosse stato influenzato anche da questo? L pensava che sarebbe stata la scelta migliore. 

«Qua riceverà un'educazione adeguata alla sua intelligenza» aggiunse Light, rammentando le sue parole. «Sarebbe un peccato privarla di sviluppare appieno il suo potenziale.» 

Mello serrò gli occhi in due fessure. «E se mi chiederà dov'è suo padre, cosa le dovrei dire?»

«La verità. Che la amo sopra ogni altra cosa e che tornerò a prenderla quando tutto sarà risolto.» Light contemplò una delle sue piccole guance, come se sapesse che sfiorandola l'avrebbe ridotta in polvere. «Non posso rischiare che si svegli... È molto sensibile, e molto dolce. Se mi guardasse negli occhi, non riuscirei a lasciarla qui.» 

Mello non disse niente. Aprì semplicemente le braccia. Light, dopo qualche istante di esitazione, sfilò la bambina dal sacco e la lasciò, con un movimento lento e cauto, fra le mani di un altro uomo. Si sentì come se gli stesse cedendo il suo respiro e la sua intera dignità. Mello esaminò il carico tra le sue braccia. Esalava un sottile profumo di fragrante estate, quello di quando ci si espone per lungo tempo al sole, come se la sua pelle ne avesse assorbito il calore e lo conservasse come un'impronta. 

«Non le racconteremo un'infamia del tipo che L era Kira, lo sai, vero?» domandò aspramente, senza distogliere lo sguardo da lei.

«Lo so, e non mi interessa. Raccontatele quello che volete, ma proteggetela a costo della vita» ordinò Light. Pensò a quando L gli aveva chiesto cosa fosse, e lui avesse risposto "disperato". Gli sembrò che fosse passato un secondo. Gli sembrò che fosse legittimo che ad Aimi fosse data la possibilità di non disprezzare L. Si chinò e baciò la tempia scoperta di sua figlia. Il rumore cadenzato del suo respiro era quello della carta di riso della parete shoji che fruscia, di uno spiffero d'aria in un'ampolla di vetro. Trattenne il suo odore un'ultima volta, poi mosse le labbra, senza far rumore, e disse ti voglio bene.

«Ditele quello che volete, ma non lasciate nemmeno per un istante che creda che io non le voglio bene» specificò poi ad alta voce, rivolto a Mello, che non reagì. Se ne andò senza aggiungere altro, come un fantasma, senza pace e senza più scopo, libero della sua ultima debolezza. 

Mello rimase solo nella stanza. Ci sarebbe stato, d'un tratto, molto tempo per molte cose. Sarebbe andato da Near e gli avrebbe fatto il resoconto della visita. Avrebbero deciso, insieme -come Roger pretendeva che facessero qualsiasi cosa- cosa sarebbe stato più appropriato fare. Watari sarebbero stato pazzo di gioia. Le avrebbero fatto qualche domanda per capire come stesse. Ma prima di tutto questo, in quei pochi minuti prima di tutto, era soltanto sua. Mosse goffamente le braccia, pur rendendosi conto che ormai era un po' troppo grandicella per essere cullata.

«Sapevo che saresti tornata» le confessò. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'Autrice: e con questo siamo giunti al termine! Ringrazio chi ha recensito, chi ha messo la storia in seguite, ricordate e preferite e chi ha letto. 

Lucy

 

 

  
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