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Autore: 50shadesofLOTS_Always    04/06/2017    3 recensioni
Dal testo: “« Tony? – mormorò Pepper - Cosa è successo laggiù? ». Lui continuò a fissarla, ma non aprì bocca.”
Il miliardario Tony Stark torna a casa dopo la Siberia, distrutto nel fisico e nel cuore. La sua mente ottenebrata dai demoni del proprio passato cerca una via d’uscita.
E la via d’uscita ha un paio di occhi azzurri.
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Questa fanfiction è nata diverso tempo fa ed è rimasta chiusa in un pc. Recentemente l’ho rispolverata ed è venuta fuori questa raccolta dove la parola chiave è sicuramente PEPPERONY. Non c’è una vera e propria trama, ma è sicuramente da collocare dopo il film Captain America: Civil War.
[ probabile OOC di Tony/fritto misto di ironia, miele e caffè amaro/nella speranza che quei due tornino insieme ]
Genere: Angst, Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Rhodey' Rhodes, Nuovo personaggio, Sorpresa, Tony Stark, Virginia 'Pepper' Potts
Note: Missing Moments, Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Iron Family'
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Last bottle of Whisky

And tell me you love me.
Come back and haunt me
Oh, and I rush to the start.

 
La voce cibernetica risuonò nel tardo pomeriggio, educata fin dal primo giorno della sua creazione.
« Buonasera, Signor Stark ».
Tony rientrò alla Villa dopo un lungo giretto per Los Angeles. Aveva sbollito la rabbia per l’atteggiamento del consiglio di amministrazione e la chiacchierata con Rhodey gli aveva fatto bene, gli aveva rimesso le idee a posto. Si diresse verso il laboratorio, allentandosi la cravatta e lasciandola sullo schienale del divano insieme alla giacca.
« Ciao F.R.I.D.A.Y – si tirò su le maniche della camicia, girando i polsini fino ai gomiti – Dì un po’ quanto te ne intendi di neonati? ».
Scese le scale, digitò il codice ed entrò nel laboratorio dove Ferro Vecchio stava ancora spazzando.
« Signore? »
« Saresti in grado di capire un’ecografia? » chiese, sedendosi mollemente sulla propria poltrona.
Voleva sapere il sesso, non tanto perché aveva una preferenza. Voleva saperlo per puro sfizio personale. In ogni caso era sicuro che sarebbe stato uguale a Pepper: gli stessi capelli, gli stessi occhi e lo stesso sorriso. Le stesse lentiggini.
« Posso tentare scaricando un aggiornamento dati, ma non le assicuro niente » rispose l’AI mentre collegava il cellulare al computer.
« Stupiscimi ».
Mentre una serie di numeri e dati scorrevano sulla schermata fluttuante, si diede una spinta e lasciò che la sedia girasse come una trottola. Non poteva andare avanti col progetto segreto perché doveva aspettare l’arrivo dell’ordine dei materiali. Emise un grugnito di disapprovazione.
« Spiacente, Signore. Ma non sono in grado di analizzare il fotogramma »
« Fa’ niente – disse, dandosi un’altra spintarella con fare annoiato - Fammi un favore, rimetti a nuovo la Mark VI ».
F.R.I.D.A.Y eseguì e una sfilza di finestre si aprirono e si chiusero fino ad una sola che mostrava l’avanzamento del processo. La sedia smise gradatamente di girare e gli occhi scuri del miliardario caddero su una cassetta di sicurezza su cui vi era stata impressa la scritta: proprietà di Howard Stark.
« Ferro Vecchio… - posò le mani sui braccioli - Prepara dei popcorn » aggiunse per poi alzarsi e avvicinarsi alla valigetta. La fissò poi coi pollici tremanti, sollevò le clip che emisero un lieve scatto. Prese un respiro profondo e la aprì. Dentro c’erano due vecchie pellicole e una decina di vhs, contrassegnate con diverse date, contenenti ore e ore di registrazioni; un quadernetto di appunti paterni e oggetti vari, che gli riportarono alla mente alcuni episodi della propria infanzia e adolescenza. Vide un mucchietto di foto, protetto da una custodia apposita. Alcune erano in bianco e nero, un po’ ingiallite. Le estrasse, cercando di non lasciare spiacevoli impronte e le sfogliò, quando gli sovvennero le foto che aveva visto a casa dei Potts, appese nei corridoi e come soprammobili. Le sua non erano come quelle che Liza aveva incorniciato. Non erano impregnate di gioia, o almeno non tutte. Quelle mostravano una famiglia comune e felice, le sue no. Suo padre appariva solo in veste di impresario o inventore accanto a lui. Trovò perfino una foto della festa per la propria laurea. Era il 1987, indossava la toga e il berretto universitario. Sua madre gli stava baciando una guancia mentre suo padre gli aveva stretto appena una spalla. Quello era stato il massimo dell’affetto.
Pepper invece aveva avuto una vita serena, fatta di amore e malgrado lui e Raymond fossero partiti col piede sbagliato, sentiva che adesso aveva la possibilità di avere un po’ di quell’amore. Solo un po’.
Con quel pensiero di speranza, si soffermò su un’altra diapositiva. Si rivide bambino, all’età di sei o forse sette anni. Sua madre lo teneva in braccio e ballava con lui un insolito valzer nel giardino della loro casa, baciato dal sole di primavera. Era bella, molto bella. Un artiglio gli torse le viscere, simile al dolore o alla tristezza, alla nostalgia di quei rari momenti di normalità. Qualcosa gli appannò la vista e fu costretto a mettere via le foto dove le aveva trovate. Stava per chiudere la valigetta quando il proprio sguardo venne catturato dai nastri avvolti nelle piccole bobine. Ciò che gli balzò alla mente, lo aveva già fatto un sacco di volte in quegli ultimi giorni. Come in quegli ultimi giorni, seppe che non era una buona idea.
« Anzi no… Portami qualcosa di più forte » mormorò, rivolto a Ferro Vecchio.

**

Salutata Tiffany, in quattro ore e mezza di volo, Pepper rientrò a Malibu Point. Condusse l’auto lungo il viale che arrivava fin davanti alla Villa. Le luci laterali del sentiero di ghiaia si accesero per illuminare il percorso per poi spegnersi in seguito al suo passaggio. Aveva ripreso l’Audi che aveva usato quella mattina per giungere all’aeroporto così da non scomodare Happy. Le proprie cose avrebbero impiegato un po’ di giorni per arrivare. Sarebbe dovuta restare a New York a dormire, ma non era riuscita a non pensare a Tony. Non che non riuscisse a stargli lontana per ventiquattrore, ma da quando si erano salutati quella mattina aveva la tremenda paura che, preso da un attacco di panico, potesse fare qualche stupidaggine. Ricordava perfettamente com’era finita l’ultima festa di compleanno. Atteggiamenti autodistruttivi come da manuale. Adesso, come allora, non le aveva detto niente. Le loro vite sarebbero cambiate drasticamente, vista la gravidanza non programmata, e Tony era più fragile di quanto l’opinione pubblica potesse credere. All’America, al mondo non importava se lui soffriva o meno. A lei sì e si sentiva male: lo aveva lasciato solo per la prima volta dopo un’intera settimana di pace e simbiosi. Scosse il capo, cercando di non far galoppare la fantasia. Stava sicuramente trafficando in laboratorio o magari stava guardando qualche cavolata alla tv.
‘Sta bene’, le disse la sua vocina.
‘Ho solo gli estrogeni alle stelle’, concordò lei.
Posteggiò l’auto davanti all’ingresso, poi prese la borsa e scese dalla vettura, che cominciò a scendere verso il basso. La piattaforma meccanica l’avrebbe riposta nel garage sotterraneo. Si avvicinò alla porta e dopo la scannerizzazione della retina, entrò in casa.
« Buonasera Signorina Potts. Tutto bene? » esordì F.R.I.D.A.Y.
« Buonasera. Sì, tutto bene – rispose superando il boudoir, accigliandosi - Perché? »
« Il Signor Stark mi aveva informato del suo arrivo per domani sera »
« Sono ripartita prima. Dov’è? »
« Il Signor Stark è in laboratorio » rispose, ma Pepper sapeva già che avrebbe risposto a quel modo.
Si avvicinò al divano su cui notò la giacca e la cravatta, che doveva aver indossato quel mattino.
« Da quanto? »
« Da quando è tornato dalla riunione ».
Pur aspettandosi anche quelle parole, c’era qualcosa che fece tintinnare i propri campanelli di allarme. Si sfilò velocemente i tacchi e lasciò la borsetta sul tavolino da caffè. Diretta in cucina, intravide l’anta accostata del frigo, che emetteva da dentro un bagliore asettico.
‘Pessimo segno’, pensò.
Raggiunse l’elettrodomestico e quando guardò dentro, vide subito l’assenza della bottiglia di whisky.
« E’ ubriaco? » domandò.
Tanto valeva dargli il beneficio del dubbio.
« Non ne sono sicura »
« Si è fatto male? »
« No, Signorina Potts. Altrimenti avrei già attivato il protocollo e chiamato il Colonnello Rhodes »
« D’accordo. Abbassa solo un po’ le luci, per favore » mormorò, chiudendo il frigo mentre l’AI eseguiva e i led diminuirono d’intensità. Si diresse verso il laboratorio, sentendo il pavimento gelido sotto i propri piedi. Posò un palmo sul corrimano e scese le scale, accorgendosi per la prima volta da quando era entrata che la Villa era immersa nel più totale silenzio. Non si sentivano né schianti metallici né odore di saldatrice. Al posto di quella disordinata cacofonia sentì poi uno strano ticchettio intermittente, come quello di un vecchio cinematografo. Dalle porte trasparenti intravide il piano di lavoro praticamente sgombro, come se non avesse mai lavorato quel giorno. Tony era seduto di spalle rispetto a lei, alla guida della vecchia decapottabile Ford Roadster del ’32 mentre davanti a lui era proiettato un vecchio filmino. Uno dei tanti che aveva deciso di consumare come le altre notti. Aveva sentito i passi della donna, seppure leggeri come quelli di una bambina. Un uomo di mezza età parlava alla camera, camminava nervosamente come se stesse provando un discorso. Ad un tratto in fondo all’inquadratura, Pepper vide sbucare un bambino e l’uomo giratosi, lo sgridò. Si era fermata a metà scalinata.
< Tony, che stai facendo lì dietro? Che cos’è quello? Rimettilo a posto, rimettilo dove lo hai preso! Dov’è tua madre… Maria! Vattene, via via! >.
Guardò più accuratamente Howard, che riprendeva nella sua presentazione. C’erano molti piccoli dettagli che le ricordavano il compagno, che sembrava non essersi ancora accorto di lei.
Nel frattempo, l’uomo del filmino era rientrato nell’inquadratura dopo essere scomparso per un breve istante, fermandosi davanti la cinepresa. Dietro di lui, Pepper riconobbe la Città del Futuro riportata alla sede Stark Industries dopo la faccenda di Vanko.
< Tony, ora sei troppo piccolo perché tu possa capire, così ho pensato di lasciarti questo film. – si voltò, indicando il progetto - L’ho costruita per te. E un giorno, ti renderai conto che rappresenta molto più che una semplice invenzione. Rappresenta tutta la mia vita. Questa è la chiave del futuro. Io sono limitato dalla tecnologia dei miei tempi, ma un giorno tu risolverai questo rompicapo e quando lo farai, potrai cambiare il mondo. – i suoi occhi sembrarono puntarsi direttamente su di lui, frantumando lo spazio-tempo - Quello che ora è, e resterà sempre, la mia più grande creazione: sei tu >.
Tony sorrise malinconico, fissando suo padre. Quel padre che gli aveva insegnato tutto: inventare, smontare, montare e aggiustare. Gli aveva dato tutto ciò che poteva, compresa una cura al palladio, ma non gli aveva mai donato un abbraccio o una parola d’affetto. Gli voleva bene, lo ammirava. Ma come il padre, non glielo aveva mai detto. Da bambino aveva desiderato diventare come lui, lavorare al suo fianco e renderlo orgoglioso. Ci aveva provato, con tutte le proprie forze. Non era bastato. Invece aveva avuto rimproveri e distacco. Inclinò la testa di lato, preso dal rimorso più crudele e lasciò che una lacrima gli rigasse il volto. Ne aveva piene le tasche di essere forte. Portò alle labbra la bottiglia di alcolico, bevendone un sorso per soffocare un singhiozzo quando si avviò un altro filmato. Un po’ più recente. Un salotto di una casa era illuminato dalla tenera luce del sole, di una domenica mattina, filtrata da delle tende celesti e riflessa sulla superfice lucida di un pianoforte a coda. A suonarlo, una bellissima donna con addosso una camicia color cipria e una gonna bianca. I capelli biondo cenere erano appuntati in un semplice chignon dietro la nuca. Canticchiava, facendo scivolare le dita sui tasti eburnei per poi fermarsi quando si accorse di essere il soggetto. Infatti arrossì.
< Oh, caro… Metti giù quell’affare, non sono fotogenica >
Tony pensò che avrebbe potuto piangere dalla gioia. Quella voce lo aveva cullato nei sonni infantili, gli aveva rivolto parole dolci come quegli occhi ambrati, simili al miele. Quelle labbra, mai colorate col rossetto, gli avevano rivolto sorrisi caldi e schioccato baci amorevoli sulle guance ogni volta che prendeva un bel voto a scuola. Anche da ragazzo, quando le guance aveva cominciato a diventare ispide, sua madre aveva continuato a sbaciucchiarlo. Era un suo privilegio.
< A questo rimedio io, no? > aveva risposto lui, irriverente.
Un altro sorriso mentre il proprio cuore sprofondava nell’abisso. Pepper capì subito, ancora sulle scale, che era lo stesso bambino del precedente filmato. Solo che in quello non doveva aver avuto più di sedici anni.
< Allora vieni qui e suona con me > lo esortò Maria, facendogli posto accanto a sé.
Lui sbuffò, sistemò la cinepresa sul piano forte cosicché fossero inquadrati entrambi, quando obbedì.
< Sai che non sono bravo > si lagnò, mostrando alla madre le proprie mani, già un po’ callose come quelle di un uomo dedito alla meccanica.
< Non dire stupidaggini, non ti si addice >.
Cominciò a suonare e Pepper spalancò la bocca. Era incredibilmente bravo e si chiese se ci fosse qualcosa che il compagno non sapesse fare. Si portò una mano sul petto come se farlo avrebbe rallentato la corsa del proprio cuore. Provò una certa emozione nel vederlo così in sintonia con sua madre, come non lo era con nessuno, forse neanche con lei. Cominciò a sentirsi una ficcanaso e pensò di doversi allontanare per lasciargli un po’ di intimità, ma quando Tony tracannò un altro sorso di whisky, ci ripensò. Non poteva lasciarlo lì.
Tony trattenne il fiato quando la sentì scendere gli ultimi gradini. Stava iniziando un altro video. Il peggiore. Quello della verità. Era terribilmente consapevole che di lì a poco avrebbe visto tutto quello che aveva visto lui, che avrebbe provato lo stesso gelo che aveva sentito lui. Doveva fermarla o magari fermare il video, ma non ci riuscì. Un po’ perché l’alcol aveva ridotto la sua mobilità e un po’ perché pensò che fosse il solo modo per farle capire quanto stesse soffrendo. Lui non ce l’avrebbe mai fatta. Se si fosse lasciato andare allo scorrere degli eventi, lei avrebbe conosciuto ciò che voleva e forse, sarebbe rimasta.
‘Non puoi farle questo. Soffrirà per te’, lo sgridò la coscienza.
Ma Tony non riuscì a premere il telecomando, innocuo accanto alla propria gamba sul sedile in pelle.
Pepper, a disagio, valutò sul serio l’idea di andarsene a letto. Eppure qualcosa la stava inchiodando sul posto. Il terzo filmino sembrava quello di una telecamera della polizia stradale. Le immagini non erano nitide come le precedenti, ma riuscì comunque a distinguerle. Sembrava una strada, circondata dalla boscaglia, probabilmente fuori città. Vide una data segnata sul fondo dell’inquadratura: 16 Dicembre 1991. All’improvviso una macchina si schiantò contro un lampione, restando comunque nell’inquadratura. Mentre Pepper cercava di capire cosa aveva a che fare quel filmato coi due precedenti, un uomo col volto metà coperto smontò da una Harley e raggiunse la macchina, da cui era sgusciato il conducente. Si avvicinò all’uomo e afferrandolo per i capelli, lo spinse contro la carrozzeria della vettura.
Tony era ancora in apnea. In attesa dei frame che sapeva sarebbero seguiti, secondo per secondo. Lo aveva guardato coì tante volte che adesso lo conosceva a memoria.
< Howard… > mugolò la stessa voce di prima, quella di Maria Stark.
Sentirla implorare era come ricevere uno schiaffo in faccia, un proiettile alla testa e un pugno allo stomaco nello stesso momento. Non mosse un muscolo. Non osò voltarsi. Era una tortura, ma continuò a guardare.
Pepper aveva le ginocchia ridotte a gelatina e sobbalzò quando l’individuo cominciò a percuotere il padre di Tony con violenza. Lo vide sbattere la testa e fu costretta a coprirsi la bocca con le mani per evitare che le uscisse un gemito. Contò cinque colpi, poi vide il corpo di Howard scivolare a terra. Morto. L’aggressore fece il giro, raggiungendo il passeggero. Pepper distolse gli occhi, incapace di guardare anche la sorte di Maria. Poi udì uno sparo e quando puntò gli occhi sul proiettore, il video era finito come il proprio fiato. Aveva visto Iron Man combattere, ma questo andava ben oltre la sua capacità di immaginare una tale violenza. Come si poteva essere così brutali, indifferenti?
« Pep? - colta di sorpresa, quasi cacciò un urlo – Tesoro, vieni qui… ».
Nell’invitarla era stato calmo. La voce un po’ arrochita dalla bevanda e molto simile ad un lamento, ma comunque gentile come solo lui poteva essere in una situazione simile. Sopraffatta dalle lacrime, raddrizzò le spalle e si asciugò le guance umide di sale. Tentennando e vergognandosi ad ogni passo, obbedì a quella che alle proprie orecchie era suonata come una supplica. Aprì la portiera e si sistemò sul sedile.
Tony abbassò la bottiglia, mandando giù il whisky come aveva fatto negli ultimi tre quarti d’ora. Mancavano solo cinque dita al fondo. Si voltò verso Pepper e tirò su col naso.
‘Bravo. Adesso è sconvolta’, lo criticò ancora la coscienza.
« Sei tornata – lei annuì lentamente -  Meno male… ».
« Te lo avevo promesso »
« Sei arrabbiata? No, non rispondere… Lo so: non dovevo bere » rispose con voce scostante e flebile.
« No, non dovevi » mormorò mesta quello che doveva essere un rimprovero, ma per cui di fatto aveva usato un tono dolce e sommesso.
« Credimi se non fossi incinta, ti offrirei un goccetto ».
Mandò giù un altro sorso per affogare la coscienza. Ora c’erano tre dita dal fondo. Alcuni bracci robotici riavvolsero i nastri e riposero il cinematografo quando Pepper si rivolse a F.R.I.D.A.Y. Tony cominciò a gesticolare con la mano non occupata dal collo della bottiglia.
« E’ che… Quando sono tornato, non c’eri… Ho cominciato a pensare, a riflettere… E quando lo faccio, finisce che… - si interruppe, sospirando - Scusa ».
Si volse e Pepper vide i suoi occhi bordati di rosso, velati dalle lacrime e con le pupille dilatate che quasi inghiottivano le iridi nocciola. Erano uguali a quelli di Maria. Il cuore le salì in gola nel vederlo così sofferente, malato e avvelenato dall’amarezza. Aveva la camicia bianca, sgualcita e macchiata da una goccia di whisky. Il colletto aperto e con una parte sollevata a sfiorargli la mascella. Stavolta non era stata davvero colpa sua.
« Dammi »
« No, aspetta… - in pochi secondi, mandò giù il liquido rimasto - Tieni » disse, porgendole la bottiglia vuota.
Poi crollò su un fianco, poggiando la testa sulle ginocchia di Pepper che prese ad accarezzargli la testa. Le dita affusolate della compagna gli pettinarono i capelli, sfiorandogli la tempia ripetutamente, in un contatto così amorevole che aveva tanta voglia di gridare per liberarsi. Aveva raggiunto la panacea.
« Come va lo stomaco? » gli chiese, accorgendosi della distensione dei muscoli di Tony. Era come se fosse riuscita ad alleviare le sue pene solo con un semplice gesto.  
« Mmh… Non lo so, ma credo che tra poco dovrò fare pipì – girò appena la testa per poterla vedere con la coda dell’occhio - Non volevo che lo scoprissi così… ».
Lei non rispose perché temeva che avrebbe potuto sentire quanto quelle immagini l’avessero scossa. Non tanto per sé, ma per lui. Vedere ciò che lui aveva dovuto vedere e poi sopportare…
« Andiamo, forza… » lo spronò, tirandolo su. Scese dalla macchina, fece il giro appena in tempo per sostenere Tony che aveva aperto la portiera, senza riuscire a trovare il pavimento.
Ventidue scalini e un corridoio più tardi, Pepper riuscì a fargli raggiungere il bagno comunicante con la loro camera. Gli lasciò un po’ di privacy dopo avergli fatto mettere la testa sotto il getto della doccia. Lo aveva fatto così tante volte negli anni addietro che ormai lo faceva quasi in automatico. Tornata in camera, indossò il pigiama e si distese sul letto per aspettarlo. Stava per andare a controllare che non si fosse addormentato o svenuto sulla tavoletta del water, quando apparve sulla soglia. Era un po’ pallido, ma nemmeno messo poi così male. Si era cambiato, indossando dei pantaloni di tuta puliti. Avrebbe voluto indossare anche una maglietta, ma il mondo continuava ad ondeggiare intorno a lui. Si lasciò cadere sul materasso, la faccia gli si schiacciò contro il guanciale. Si sentiva uno schifo. In mezzo al vuoto psichico temporaneo, emerse un pensiero. Girò la testa di lato, scoprendo che Pepper lo stava osservando nel buio.
‘Non mi lasciare di prego…’, implorò nella propria testa.
« Che cosa ha detto il dottore? » domandò, strisciando verso di lei.
« Sta bene… - lo scrutò, cercando di capire quanto fosse in grado di comprendere - E’ una femmina ».
Pepper vide gli occhi di Tony spalancarsi per la gioia, seguiti da un sorriso d’orgoglio che gli andava da un orecchio all’altro.
« Una piccola Stark – mormorò, carezzandole la pancia - Sono un uomo finito ».
Rise e malgrado l’assurdità sorrise anche lei. Tony si abbandonò addosso a Pepper, senza ritrarre la mano dal suo addome.

*

Si svegliò di soprassalto col respiro affannato. Gli sembrava di aver corso la maratona. Era madido di sudore nonostante fosse a torso nudo. Batté le palpebre un paio di volte per tentare di scacciare l’incubo che lo aveva sorpreso. Solo quando percepì il corpo caldo di Pepper riuscì a calmarsi. Si era addormentato raggomitolato contro di lei, con la testa poggiata sul suo petto. Facendo attenzione sgusciò via dall’abbraccio e si alzò, sistemandole le coperte addosso senza svegliarla. Si diresse verso il bagno e socchiuse la porta. Si liberò dei pantaloni e si infilò sotto la doccia. Dopo un primo getto freddo che gli servì a tornare lucido, girò la manopola per scaldare l’acqua. Doveva ancora smaltire la sbornia, ma almeno le vertigini erano svanite e lo stomaco era a posto. Non aveva vomitato per il momento, ma il mal di testa era imminente. Si disse che doveva eliminare l’alcol, soprattutto se combinato con quei filmini. Aveva provato a cancellarli, ma come poteva? Farlo significava ignorare tutto, anche sua madre. Ma lo scotch, il bour bon, la vodka e company dovevano sparire da quella casa. Dalla sua vita.
Ad un tratto, prima che i suoi pensieri mutassero piega, sentì un paio di braccia attorno ai fianchi. Erano esili, ma erano riuscite a sollevarlo un sacco di volte. In tutti i sensi.
« Non volevo svegliarti… » si scusò, carezzandole la pelle dei polsi.
« Non importa – si volse - Andranno via » aggiunse poi, riferendosi agli incubi.
Tony rimase sorpreso. Credeva a volte che Pepper potesse in qualche modo leggergli la mente.
« Lo spero… ».
Le prese le braccia e se le portò alle spalle. Poi lasciò scorrere la punte delle proprie dita lungo i suoi arti, scendendo sul costato per poi poggiare le mani sui suoi fianchi. La avvicinò a sé, portandola sotto il getto dell’acqua che scrosciò sui loro volti. La sentì ridacchiare come una scolaretta.
« E’ un po’ fredda »
« Vediamo di scaldarti allora » disse suadente, spostando l’erogatore verso l’indicatore rosso.
Pepper fu scossa da un brivido quando l’acqua divenne quasi bollente e le labbra di Tony si posarono sulle sua. In prossimità del getto, ricambiò il bacio. Si scostarono, e solamente lei si ritrovò con le spalle contro la parete del box. Le braccia muscolose del compagno la proteggevano mentre le sue mani le massaggiavano la schiena. Fece vagare gli occhi sul suo volto, poi con una mano gli spostò i capelli scuri dalla fronte.
« Ora so perché non me lo volevi dire. Scusa se ho cercato di… »
« No, non scusarti – un angolo della sua bocca balzò verso l’alto - E poi qualcuno prima o poi, doveva scoprire che sono stato sedicenne »
« Eri molto carino » ammise con un sorrisetto altrettanto divertito.
« Eri? Carino? Così mi ferisce, Potts »
Tony sorrise e si chinò per stampare quel sorriso sulle labbra di Pepper, che gli incorniciò il viso con entrambe le mani. Quelle di lui le scompigliarono i capelli umidi, le carezzarono ancora le spalle e la schiena. Rimasero sotto il getto d’acqua bollente, che presto fece surriscaldare anche quella situazione. Poi si bloccarono sulla sua vita e con decisione, la sollevò. Pepper si avviluppò a lui, circondandogli il bacino con le proprie gambe quando la schiacciò contro le mattonelle del box doccia. Le proprie dita gli tirarono piano i capelli sulla nuca, ormai zuppi mentre Tony le faceva passare un braccio attorno al busto. Con la mano libera cercò la sua, portandogliela a lato della testa nello stesso istante in cui entrò in lei con forza. L’attrito strappò un sonoro gemito di piacere ad entrambi e li costrinse ad intrecciare le dita in una salda presa. Pepper per metà ancora nel mondo di Morfeo, non riuscì a comparare un sogno fatto a quello che stava vivendo in quel momento. Con la mano libera, si aggrappò al suo bicipite mentre Tony affondava il viso nel suo collo, ridotto ad un treno che deraglia. La baciò senza fretta mentre raggiungevano insieme il picco massimo. Pepper gemette, frastornata ma felice come poco prima quando col proprio tocco era riuscita a rasserenarlo. Si strinse a lui e scivolarono piano piano verso il basso, fino a sedersi sul piatto della doccia. Sedeva a cavalcioni nel suo grembo con l’acqua calda che ancora si riversava su di loro. Tony, la nuca poggiata alle mattonelle, sollevò le palpebre che aveva socchiuso per un attimo e puntò lo sguardo sul volto davanti al proprio. Le scostò i capelli bagnati dalla fronte mentre i loro respiri tornavano regolari.
« Te l’ho mai detto che sei bellissima? » domandò con un bisbiglio.
« Forse sei ancora ubriaco ».
Ridacchiò, ma non disse che lo pensava anche lui. Più o meno sbronzo, per Tony era davvero bellissima.
‘Come diavolo sono riuscito a non saltarle addosso dodici anni fa?’, si chiese nella testa.
Lasciò cadere la testa in avanti, il viso affondato fra i suoi seni e si lasciò cullare.

*

Quando Tony si svegliò una seconda volta, il sole invadeva la stanza. Le imposte erano aperte e l’oceano era sospinto da una leggera brezza autunnale. Si stirò le braccia, allungandole verso l’alto poi il suo sguardo si fissò prima sul soffitto e poi sulla porta della camera dove appoggiata allo stipite, Pepper lo stava osservando. Le braccia conserte e i capelli rossicci, ancora umidi sulle punte, che le ricadevano su una spalla. Sorrise quando notò che indossava una maglietta dei Black Sabbath, che la copriva fino a metà coscia. Pensò che niente la rendeva ancora più sexy delle proprie magliette.
« Carina la T-shirt. Ma a me sta meglio » commentò e lei si lasciò sfuggire un sorriso adorabile.
«Tutto a posto? – lui annuì - Dai, alzati… Ho preparato la colazione »
« Neanche un baciotto? » chiese, mettendole il broncio e sperando di poterla attrarre verso il letto per un buongiorno decisamente più stuzzicante.
« Muoviti. Abbiamo del lavoro arretrato » disse lei, aprendo un cassetto e lanciandogli un paio di boxer.
« Abbiamo? - Pepper arcuò un sopracciglio prima di avviarsi di sotto – Ai suoi ordini, Generale! ».
Tony indossò i boxer e in fretta, anche un paio di pantaloni in tuta poi scese le scale a saltelli. Giunse in cucina dove Pepper aveva imbandito la tavola. Caffè, uova e bacon per lui, una brioche per sé.
« Ha chiamato Elias e mi ha chiesto una seconda riunione » esordì lei, sedendosi a tavola e cominciando ad elencare tutte le loro incombenze. Picchiettava di tanto in tanto l’indice sul tablet, sfogliando l’agenda virtuale e imperterrita, parlava di lavoro. Solo lavoro.
Tony si azzardò a risolvere quel rompicapo, stringendo un poco gli occhi, eclissati dal bordo della tazza fumante. Qualcosa non andava in lei, una stonatura in quella melodia.
« Alle quattro hai quell’incontro coi tedeschi e alle… »
« Pepper? » le richiamò, brusco ma non alterato.
« Sì? » rispose lei, guardandolo da sotto le ciglia.
Lo spettacolo promosso dagli occhi di Pepper gli annebbiò il cervello. Era come affacciarsi da una finestra rivolta al cielo limpido e terso.
« Che cos’hai? »
« Che… Cos’ho? » ripeté confusa.
« Sei distante, che c’è? » domandò insistente. Doveva venire a capo di quel rebus.
« Niente, ti sto solo informando dei nostri impegni per oggi » rispose Pepper tranquilla. Troppo tranquilla.
« Okay, continua »
« Dicevo, alle cinque poi… Dovremmo… ».
Le parole le morirono in gola e Tony abbassò la tazza ormai quasi vuota, scrutandola e con prudenza inseguì perfino un’unione visiva.
« Dovremmo? » la incitò a finire.
« Secondo te cos’ho? »
« Hai appena detto che non avevi niente »
« Già, perché non è niente. Perché ieri sera non è successo assolutamente niente » ribadì con voce quasi nevrotica, abbassando lo sguardo sul tablet.
« Se dici di nuovo niente, ti credo1 » disse cercando di farla sorridere, ma fallì.
Pepper si grattò la fronte, poi si alzò senza neanche finire la colazione.
« Lascia perdere, vado a lavoro »
« Ma… »
« Non disturbarti a cercarmi » sbottò, avviandosi verso l’ufficio oltre il salotto.
Tony finì di bere il caffè, fissando la brioche che lei aveva lasciato. La afferrò e con voracità, cominciò a mangiarla. Aveva bisogno di zuccheri per arginare la rabbia, così da non smantellare tutto ciò che poteva e non. Si pulì il pizzetto dallo zucchero a velo, usando una salvietta. Mentre masticava l’ultimo boccone, si alzò indispettito e scese le scale per il piano inferiore.
« F.R.I.D.A.Y, non è che hai un manuale su come capire il cervello di una donna? »

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Guardò ancora una volta l’orologio. Erano passate dieci ore e Tony le aveva contate minuto dopo minuto. In tutto quel tempo aveva sperato che Pepper scendesse da lui per parlare. Per una volta desiderava che gli urlasse addosso le sue mancanze. Ma non lo aveva fatto e si era messo a lavorare per ultimare la sorpresa. Gli ci voleva altro tempo e se non lo aveva, doveva inventarselo. Rimise a posto la penna ossidrica poi con un segno scocciato, ordinò a Ferro Vecchio di rimettere tutto a posto. Non senza minacciare di strappargli i circuiti nel caso in cui avrebbe mandato all’aria quel lavoro. Gli serviva solo un altro mese, ma in quell’arco temporale lui doveva trovare il modo di tenersi Pepper. E rivoluzionare il sistema delle ventiquattrore richiedeva una ri-codificazione globale. Smise di fare ciò che stava facendo perché il suo cervello si era praticamente fuso con l’obiettivo di capire come agire. Si spinse indietro con la sedia e si alzò per poi uscire dal laboratorio a grandi falcate.
‘Fase uno: stupiscila, disobbedendo alla sua precedente richiesta di non cercarla’.
Risalì la rampa, fece vagare lo sguardo sul salotto e tese le orecchie. Sentì la sua voce oltre la porta dell’ufficio e senza tante cerimonie, spinse il battente che si chiuse alle sue spalle mentre si avvicinava alla scrivania. Gli sembrò di avere un déjà-vu quando la vide seduta sulla poltrona in pelle nera, con indosso la T-shirt della propria band preferita e un paio di slip, intenta a conversare a dir poco animatamente.
‘Fase due: sii risoluto, ma accomodante. Non troppo accondiscendente, altrimenti ti sbrana’.
« No, no. Non scenderemo al 40%... – quando girò la sedia, fu costretto a inghiottire un fiotto di saliva – Neanche per idea! No. Riveda i suoi termini e mi richiami » concluse, riattaccando la cornetta.
Si accomodò sulla poltrona, portando una gamba nuda sotto il bacino e fissandolo col viso impassibile. L’altra gamba la poggiò su un bracciolo. Tony sentì la propria sicurezza vacillare quando ebbe di fronte quella che, fin da quando l’aveva conosciuta, era una delle sue fantasie erotiche.
‘Fase tre: concentrati e distogli l’attenzione dal suo… Corpo perfetto che conosci a menadito tanto che lo potresti disegnare sotto la T-shirt’
‘Dannazione, Stark! Il sangue al cervello, AL CERVELLO!’, sbraitò la sua razionalità.
Scosse il capo per riacquistare il controllo dei propri ormoni.
« Mi concederai trenta secondi come la volta scorsa o posso… »
« Credevo fossi impegnato coi tuoi giocattoli » lo interruppe lei.
« Non riesco a lavorare se so che un piano sopra la mia testa, siede la mia donna »
« Tua? »
« …incazzata come una iena »
« Iena? – si scostò la frangetta dagli occhi - Che cosa vuoi? » chiese, senza accennare a cambiare posizione.
Tony non sapeva se lo stesse facendo di proposito o fosse così a proprio agio da non accorgersi che lo stava mettendo in una brutta situazione. Gli risultò difficile non scavalcare la scrivania che li separava, trascinarla sul pavimento e fare l’amore con lei. Di nuovo. Si sentiva come Homer Simpson su un tapis roulant, incitato a correre con un donut glassato appeso a un filo davanti alla faccia.
« Credevo di averti chiesto scusa per ieri sera » disse poi, dandosi un certo contegno.
« Non è per questo » mormorò lei.
Si aspettava delle urla, magari anche un oggetto contundente in testa lanciato a tutta velocità come aveva più volte minacciato di fare. Rimase sorpreso da quella risposta.
‘Fase quattro: trova il problema’.
« Pep, non sono veggente ancora… » rispose nascondendo il sarcasmo con la gentilezza.
« Cos’è che non vuoi dirmi stavolta? Qual è la tua nuova distrazione? ».
Era immobile su quella poltrona. Aveva un’espressione bislacca ma proprio per quel motivo, sapeva di avergliela già vista. I lineamenti erano ridotti ad una maschera di forza, attraversata da numerose crepe e che presto sarebbero cedute fino a sbriciolarla.
‘Fase cinque: fai l’uomo e falla sentire al sicuro’.
Tony camminò attorno alla scrivania fino a raggiungerla e con una mano, fece girare la sedia.
« Tesoro, ascoltami – prese il suo volto tra le mani, costringendola a guardarlo dritto negli occhi - Non sto costruendo niente di potenzialmente mortale. Non ho prenotato nessun viaggio in Afghanistan e non sto per morire avvelenato » disse serio. Sapeva che necessitava di rassicurazioni soprattutto dopo le condizioni in cui lo aveva trovato. Sospirò quando vide i suoi occhi riempirsi di lacrime.
‘Fase sei: sentiti un po’ verme perché non puoi dirle tutto’
« No, non farlo… Non lo sopporto »
« Perché non parli con me? » mugolò mentre un paio di lacrime rotolarono sulle sue guance.
« Per queste… - rispose, asciugandole gli zigomi coi pollici - Ogni volta che ti parlo dei miei casini, finisce che incasino anche te »
« Non respingermi… Non di nuovo » lo pregò con un sussurro e Tony poggiò la fronte contro la sua.
Le pettinò i capelli con la punta delle dita, poi la lasciò rifugiarsi contro il proprio petto.
‘Fase sette: portala fuori a cena e trattala come una regina’.
« F.R.I.D.A.Y, cancella tutti gli appuntamenti per oggi e domani » disse, sentendo Pepper aggrapparsi alle sue spalle mentre l’AI eseguiva.

Angolo Autrice: Ta dàaaaaaa! Ecco finalmente il momento che tutti (soprattutto _Atlas_  xD) stavate aspettando: Tony "ha toccato il fondo" e Pepper ha scoperto cosa è successo in Siberia. Doveva accadere prima o poi, no? Inoltre è stato rivelato il sesso del bambino, che ufficialmente è una piccola Stark! *-* Spero che il capitolo non sia stato troppo pesante, ma d'altronde sono fatta così: sadica. Dovreste averlo capito ormai ahahah
Vi anticipo anche l'idea di dividere questa storia in due 'parti', se così si può dire: perchè in un certo senso cambieranno i soggetti e le situazioni presi in esame. Quindi siamo ufficilamente quasi a fine ff, ma non vi preoccupate perchè ho già tutto pronto! Perciò non dovrete soffrire nell'aspettare il Sequel, che sarà  anch'esso una raccolta di diversi momenti Pepperony dove forse, ci incastrerò anche gli altri Avengers :)
A questo punto, date le informazioni tecniche, non mi resta che ringraziare leila91, DjalyKiss94 e ancora _Atlas_, che recensiscono spassionatamente e senza pudore (ve amo na' cifra ahahahah :*). In senso buono, ovviamente ;)
Ringrazio anche tutti voi che siete arrivati fin qui!
Al prossimo capitolo,
50shadesOfLOTS_Always

   
 
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