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Autore: Lola1991    04/06/2017    2 recensioni
-    SEQUEL DI “From the beginning”
Thorin e Laswynn sono diventati re e regina di Erebor; gli anni del loro regno trascorrono pacifici sotto la montagna e i loro figli sono oramai grandi e pronti ad assecondare la volontà della stirpe di Durin.
La prima figlia femmina, Eriu, viene promessa in sposa al figlio di Dáin, Thorin, sui Colli Ferrosi. Dopo aver accettato questa difficile decisione, alla giovane Eriu non resta altro che iniziare una nuova vita lontana da Erebor e imparare ad essere una buona compagna e una buona moglie.
Ma accanto alla comunità dei Colli Ferrosi sorgono le terre selvagge e i villaggi di Rhûn, abitate dagli Esterling e da uomini creduti malvagi e corrotti. 
Vran, giovane cacciatore, incontrerà per caso Eriu, salvandola da una morte certa. La guerra per l’anello incombe, e il male si diffonde sulla Terra di Mezzo e sui suoi abitanti.
Ma Vran e Eriu non hanno nessuna intenzione di seguire un destino imposto da altri…
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dain II Piediferro, Nuovo personaggio, Thorin III Elminpietra, Thorin Scudodiquercia
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo VI
 
Una decina di giorni prima del mio matrimonio tentai di fuggire dai Colli Ferrosi.
 
Mi ero preparata meticolosamente. Conoscevo bene la casa di Dáin e sapevo quando le guardie predisposte lungo il perimetro dell’abitazione si sarebbero date il cambio.
Mi ero fatta accompagnare da Bronnen fino alle scuderie del villaggio, con la scusa di prendere una boccata d’aria e un po’ del sole che finalmente brillava sui Colli Ferrosi, e lì avevo adocchiato un pony mansueto, ma che mi sembrava abbastanza forte per percorrere molte miglia. Il maniscalco mi aveva detto che si chiamava Dunas; dolcemente feci scorrere la mia mano lungo il suo manto nero come la pece, e mi tranquillizzai sentendolo calmo al mio tocco.
 
Avevo anche preparato sotto al mio letto un fagotto che conteneva l’essenziale per il percorso che avrei dovuto affrontare: qualche mela, un cambio di abiti e erbe curative. Se il viaggio fosse durato più del necessario, sarei stata in grado di sopravvivere nella foresta che mi separava dalle brughiere che mi avrebbero ricondotta a casa… a Erebor.
 
Il mio piano era semplice, ma mi sembrava abbastanza ingegnoso per avere successo.

L’occasione giusta per metterlo in atto mi si presentò quando meno me l’aspettavo. Una sera dopocena, mentre stavo tornando nella mia camera, il principe Thorin mi fece cenno di avvicinarmi, poiché doveva parlarmi. Ero così stupita de fatto che mi stesse finalmente rivolgendo la parola che lo raggiunsi senza fare troppe domande.
 
« Domani all’alba io e mio padre partiremo », mi disse con fare sbrigativo, « Dobbiamo riscuotere le tasse delle terre ai fittavoli nei villaggi qui vicini. Torneremo tra un paio di giorni, se tutto andrà bene ».
Annuii senza dire nulla, con sguardo interrogativo. Non capivo perché improvvisamente avesse deciso di rendermi partecipe della sua vita, quando per mesi non aveva fatto altro che escludermi da ogni singola decisione.
« Fa attenzione in nostra assenza ». Mi guardò un’ultima volta e sparì oltre il corridoio.
Velocizzai il passo verso le mie stanze, col cuore che batteva all’impazzata. Dunque sarebbe successo l’indomani… sarei ritornata finalmente a casa.
La mia vera casa.
 
Cercai a tentoni sotto il letto il fagotto che avevo preparato, sistemandolo sotto il cuscino. Passai il resto della serata a tritare minuziosamente le erbe che ero riuscita a procurarmi: passiflora, menta e iperico. Sapevo che se assunte in dosi massicce, avrebbero potuto causare un sonno profondo per qualche ora. Me l’aveva insegnato mia madre.
Anche se mi sentivo tremendamente in colpa, le avrei messe l’indomani nella bevanda di Bronnen; sentivo di tradire la sua fiducia, ma non potevo permettermi che mi seguisse o mi ostacolasse.
 
Dormii molto male quella notte, e non appena arrivò l’alba mi affacciai dalla finestra, e vidi D
áin, Thorin e il loro seguito partire sul sentiero principale. Raghnaid era a casa, ma la settimana prima era stata molto malata e da parecchi giorni non lasciava le sue stanze.
Un problema in meno da considerare.
 
Avevo deciso di partire subito dopo mezzodì.
Quando Bronnen entrò per svegliarmi, le chiesi di portarmi altra acqua calda per lavarmi il viso; mentre usciva, versai il preparato d’erbe nel bicchiere e la invitai a fare colazione con me. Feci finta di bere, mentre lei trangugiava la sua parte. Per essere sicura che funzionasse, dovevo somministrarle un’altra dose durante il pranzo.
Rimasi nel salotto principale a leggere, e feci più chiasso del previsto, in modo che tutti gli ospiti della casa potessero dire di avermi vista durante la giornata.
 
Il sole era alto nel cielo, e faceva molto caldo. Chiesi a Bronnen il permesso di ritirarmi nelle mie stanze per riposare, e lei mi accompagnò di buona voglia. Non ci mise molto ad assopirsi; mi assicurai che dormisse profondamente, afferrai il fagotto e me lo misi sotto il mantello.

Il mio respiro si fece più pesante. Ero terrorizzata, ma allo stesso tempo piena di adrenalina. Stavo fuggendo.
 
Sapevo come eludere le mie ombre; avevo provviste, un pony, ed ero riuscita anche a procurarmi un’arma, in caso ne avessi avuto bisogno: era un coltello dalla lama sottile, poco più grande della mia mano, con la robusta impugnatura di legno. Non sapevo bene come utilizzarlo, ma sentirlo tra lo stivale e il calzettone mi diede una sicurezza maggiore.
 
Nella mia testa ripetevo in continuazione le direzioni da prendere.
Superare il magazzino a destra, evitare le cucine.
Percorrere l’ala est; arrivare fino alle scale, a nord.
 
Passai per la porta posteriore che conduceva dritta alle scuderie. Fu difficile convincere Dunas a muoversi: stava dormendo tranquillamente, e non ne volle sapere di essere condotto sotto il sole e di lasciare il suo comodo giaciglio di fieno. Fui costretta a sacrificare una delle mie mele, ma finalmente si mosse.
Non volevo montarlo subito, almeno non finché fossi entrata nella foresta. Lo condussi per le briglie dolcemente, inserendo il fagotto che portavo nelle bisacce laterali.
Proseguii verso nord-est per evitare la sentinella rivolta a sud.
 
Cercai di camminare senza far rumore, e il cicaleccio degli animali attutì i rami che si spezzavano sotto i miei piedi. Mi voltai un’ultima volta e guardai le mura della casa di D
áin: sapevo che non mi sarebbero mancate. Carezzai dolcemente il muso scuro di Dunas e lo montai.
Entrammo nella foresta; sapevo che era pericoloso attraversarla, e che quella era certamente la via più lunga per allontanarsi dai Colli Ferrosi, ma non avevo altra scelta: il rischio di incappare nelle guardie di D
áin era troppo alto.
Dovevo proseguire verso nord-est per almeno cinque miglia; da lì in poi, avrei dovuto arrampicarmi su un albero per vedere in lontananza la Montagna Solitaria e la strada che mi avrebbe ricondotta a casa.
 
Dunas camminava lentamente, e mi lasciai cullare dalla sua andatura. L’adrenalina sembrava essere improvvisamente sparita, e tremavo di paura e stanchezza. Osservai la fitta foresta intorno a me e assaporai l’aria pura e fresca che filtrava attraverso le fronde; era passato così tanto tempo dall’ultima volta che mi ero sentita completamente libera.
Camminammo lentamente per qualche miglia; ero spossata, ma non volevo fermarmi: più mi allontanavo dai Colli Ferrosi, meglio sarebbe stato.
Nel bosco c’erano mille rumori: piccoli insetti, grossi animali… ogni scricchiolio mi faceva sobbalzare, e mi aggrappavo più forte alla criniera di Dunas. Lui sembrava tranquillo e proseguiva come niente fosse.

Erano passate almeno un paio d’ore; la luce cambiava attraverso le fronde, e tuttavia mi sembrava di non aver percorso molta strada. Probabilmente avrei dovuto passare la notte accampata nella foresta, e avrei dovuto accendere un fuoco per scaldarmi… se ne fossi stata capace.
 
Da sola, a cavallo di un pony che procedeva a rilento, le mie certezze cominciarono a sgretolarsi: il mio piano, così meticolosamente congeniato – o almeno, così mi era parso fino a qualche attimo prima – faceva acqua da tutte le parti. Sarei sopravvissuta? Sarei riuscita a rivedere Erebor? Il mondo iniziò a crollare sotto i miei piedi e mi sentii incredibilmente stupida.
Un rumore un po’ più forte mi fece sobbalzare. Era poco distante dalla mia posizione, e questa volta anche Dunas si mostrò irrequieto. Tentai di calmarlo accarezzando la sua criniera corvina, e funzionò, fino a quando un rumore più forte lo fece imbizzarrire. Alzò le gambe anteriori e io caddi a terra in pochi secondi. Tentai di richiamarlo, terrorizzata, ma Dunas galoppava lontano, indietro, verso l’inizio della foresta da cui eravamo partiti.
 
Ci misi qualche istante a capire la gravità della situazione in cui mi trovavo: avevo perso tutto. Il mio pony, le mie provviste, la coperta che mi avrebbe riscaldato. Non avevo altra che il coltello che tenevo – ma che non sapevo affatto usare – tra lo stivale e il calzettone. Rimasi a terra qualche istante, in panico. Sentii un’altra volta il rumore che aveva spaventato Dunas: sembrava un animale di taglia abbastanza grossa. Mi rimisi in piedi ed estrassi il coltellino, tenendolo tremante tra le mani.
 
Serrai gli occhi e girai su me stessa in cerca della bestia: la vidi poco distante. Era un cinghiale bello grosso, e mi fissava. Anche in lontananza, riuscivo a vedere chiaramente le zanne bianche e micidiali con le quali avrebbe sicuramente cercato di attaccarmi. Istintivamente, tentai di scappare.
Il cinghiale prese la carica; continuavo a correre, senza capire dove stavo andando. Inciampai nella radice di un albero e finii lunga a terra, mentre il coltellino mi scivolava dalle mani.
 
Allora è così, pensai in un lampo di lucidità, il mio piano è fallito e sto per morire.
 
Sentivo il respiro dell’animale farsi più vicino e i rumori della sua carica creare un brusio di sottofondo. Ma poi sentii anche qualcos’altro: una sorta di sibilo, come di un oggetto che fendeva l’aria. Improvvisamente non riuscii più a distinguere il rumore del cinghiale. Rimasi a terra qualche istante, e poi ebbi il coraggio di alzarmi.
Mi voltai: la bestia era distesa a qualche passo da dove mi trovavo, con una freccia conficcata nella testa.
Percepii un altro rumore dietro di me, e una voce del tutto sconosciuta mi parlò.
 
« Cosa diavolo pensavi di fare? ».





Eccomi qui! 
Per scrivere questo capitolo mi sono molto ispirata al primo volume del ciclo di Outlander, di Diana Gabaldon, che sto leggendo in questi giorni.
Un uomo misterioso entra nella vita di Eriu... chi sarà mai?
Lo scopriremo prestissimo!

 
   
 
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