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Autore: Sospiri_amore    05/06/2017    1 recensioni
All'età di sedici anni Elena si trasferisce a New Heaven, USA, con il padre.
Qui vivono gli Husher, una famiglia con la quale sono grandi amici da sempre.
Elena frequenterà il Trinity Institute, una scuola esclusivissima, che la catapulterà in un realtà fatta di bugie, ambizione, menzogne e rivalità che la porterà a scontrarsi con parecchi studenti.
Un amico appena conosciuto le ruberà il cuore o qualcun altro riuscirà a farla innamorare?
Chi ha lasciato quello strano biglietto sul suo armadietto?
Chi ha scattato la foto scandalosa che gira per la scuola?
Elena riuscirà a non rivelare un grande segreto alla persona che ama?
© Tutti i diritti sono riservati
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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IERI:
Si può smettere di amare?




"Che ne dici K se domani pomeriggio ci troviamo con le altre a provare?", Stephanie sta saltellando come una bimba piccola, gironzola intorno a Kate che ride come una matta.

"Avete trovato altre ragazze per il vostro gruppo?", chiedo mentre finisco di sistemare gli appunti di chimica.

"Sì, le ho conosciute al Club di musica. Sono bravissime", Kate prende per mano Stephanie e la fa sedere vicino a lei, "Tra l'altro sanno pure suonare diversi strumenti".

"Bello. Peccato non abbia il dono della musica, del ritmo e dell'armonia, altrimenti ne avrei fatto parte pure io", mi sarebbe sempre piaciuto cantare, ma purtroppo sono pessima.

"Puoi fare la nostra supporter. Sarai la fan numero 1!", dice Stephanie con la sua voce dolce.

"Certo. Tra l'altro potreste chiedere a Demetra qualche suggerimento. Oggi pomeriggio devo passare da lei per un ripasso, posso vedere se ha un po' di tempo per voi".

"Bello, grazie! Ma non avevi smesso di andare a farle lezione?", mi chiede Kate.

"Praticamente sì. Da quando è al Teatro comunale con le prove è molto impegnata. Il più delle volte mi piazzo su una poltrona a fare i compiti", oltre a quello posso passare un po' di tempo con James in tutta tranquillità. 

Stephanie e Kate ridacchiano.

"Che c'è?", chiedo ad entrambe.

"Fare solo i compiti? E James? Se ogni volta che stai con lui non fai altro che sbaciucchiarlo per tutto il tempo", Kate mi da una spintarella.

"Quando passate per il corridoio tutti vogliono vedervi tubare. Siete una coppia famosa. Se non mi sbaglio è nato un fan club di alcune ragazze del primo anno", dice Stephanie.

"Stai scherzando? Chi vuoi che ci calcoli, io non...".

 

Adrian irrompe come un ciclone.

"Elena hai finito di fare il ritratto di Rebecca? A che punto sei? Miss Scarlett vuole sapere come procede il lavoro".

"Ciao Adrian. Tutto bene Adrian. Grazie per l'interessamento", dico ironica.

"Scusa è che devo controllare lo stato di avanzamento dei lavori. Corro da una parte all'altra da tutto il giorno".

 

I capelli arruffati, le occhiaie marcate non mentono. Quel ragazzo è stressato. L'altro assistente ha rinunciato all'incarico a causa dell'atteggiamento della regista. Dispotica è dir poco. Da quando, un mese fa, Rebecca ha avuto il ruolo da protagonista, Miss Scarlett è impazzita: i costumi sono da rifare, la scenografia da migliorare e la recitazione da supervisionare. Un mese di ansie per tutti, in particolare per Adrian.

 

"Stai tranquillo, il pannello deve asciugare bene. Non posso aggiungere i particolari prima. Basterebbe una ditata per rovinare la superficie", spiego al ragazzo mentre chiudo il libro di chimica.

"Grazie", Adrian si siede vicino a Stephanie e appoggia la testa sulla sua spalla mentre prende una liquirizia dalla sua scatoletta. Sembra un cucciolo assonnato, "Mi riposo solo cinque minuti", dice senza smettere di succhiare la caramella.

 

Kate, Stephanie ed io sorridiamo. Non si può non voler bene ad Adrian, è così candido che non potrebbe far male a nessuno, nemmeno ad una mosca.

La pace di quel momento viene rotta da delle urla gracchianti: "Adrian! Che fai? Ti ho dato un compito. Se l'hai finito vieni da me così potrai fare il prossimo", Miss Scarlett, con i suoi occhi chiari, lancia saette. Tiene in mano un manichino di plastica e una parrucca bionda.

 

Adrian scatta in piedi e corre prima a destra poi a sinistra.

Guarda la cartelletta che ha in mano.

Pensa.

Riguarda la cartelletta.

Prende appunti.

Sta per uscire dalla sala studio, quando Miss Scarlett lo agguanta per la giacca della divisa. Anche se piccoletta, quella donna ha una forza mostruosa.

 

"Devi andare dalle costumiste per vedere se hanno pronti i vestiti diRebecca è da quattro settimane che ci stanno lavorando. Già che ci sei porta questo in attrezzeria", Miss Scarlett lascia tra le braccia di Adrian il manichino con la parrucca bionda. Il ragazzo, senza aggiungere altro, corre come un pazzo fuori dalla stanza.

Kate, Stephanie ed io siamo con la bocca aperta. Non riusciamo a capire come Adrian possa sopportare tutto questo. Io avrei mandato Miss Scarlett a quel paese già da tempo.

 

"Tu chi sei?", senza il minimo tatto la donna si rivolge a Stephanie, che imbarazzata balbetta il suo nome, "Hai un bel viso, una bella presenza. Perché non ti sei inscritta al mio Club? Avresti potuto avere un ruolo nello spettacolo. Sai recitare?".

Stephanie, timida com'è, non dice una parola. È impietrita.

"Lei canta molto bene, come Kate", intervengo cercando di stemperare la tensione.

"Ah, bene bene. L'anno prossimo presentati ai colloqui. Abbiamo sempre bisogno di nuove voci. Tu invece, come vanno le foto alla Marquez?".

 

Kate si è rivelata un'ottima fotografa, i suoi scatti sono piaciuti così tanto a Miss Scarlett e alla preside, che è diventata la fotografa ufficiale del Trinity in occasioni ed eventi. Il Club di fotografia non ha molto gradito che una esordiente avesse quel ruolo, ma ha dovuto ingoiare il rospo e adeguarsi.

 

"Bene. Per ora stiamo facendo dei ritratti nel suo ufficio, spero che il materiale le piacerà", risponde Kate a voce bassa.

"Bene, bene", Miss Scarlett si guarda intorno è evidente che sta cercando qualcuno, "Bene, adesso devo andare. Mi raccomando Elena, finisci il prima possibile il ritratto di Rebecca".

Senza aspettare la mia risposta la donna raggiunge Nik che è appena entrato in sala studio. Lo abbraccia e bacia sulle guance, poi lo prende a braccetto iniziando a ridacchiare.

 

"Tutto bene Elena?", mi chiede Kate.

"Sì, tranquilla. Detesto Miss Scarlett, mi fa venire una rabbia", anche se mi da fastidio ammetterlo non mi piace che ronzi intorno a Nik. Inoltre ha un carattere orribile, è maleducata, arrogante e crede di avere sempre ragione.

"Già. Però insomma... È brava nel suo lavoro. Credo che qualcuno possa volerle bene e apprezzarla", dice Stephanie imbarazzata.

"Nessuno potrebbe voler bene a quella strega. Solo uno come il professor Martin avrebbe la pazienza di sopportarla. Dovrebbero farlo santo", dico categorica.

Stephanie alza le spalle mentre Kate ridacchia.

 

Lo schermo del mio cellulare lampeggia. Papà è venuto a prendermi.

Abbraccio le ragazze e corro fuori dal Trinity.

 

"Ciao", anche se abbiamo ripreso a parlare, papà ed io, siamo ancora un po' tesi. 

"Come va? Hai studiato?", mi chiede mentre mette in moto la macchina.

"Sì, ho fatto chimica. Da Demetra ripasso Storia".

"E lui?", mi chiede imbarazzato.

"James aveva l'allenamento di tennis. Non ti preoccupare non ci sarà dalla Signora McArthur", alzo gli occhi al cielo. 

"Volevo dire... Insomma... Uscite da circa due mesi, giusto?".

"Sì", rispondo lapidaria.

"Ecco, mi pare si sia comportato bene con te. Ti vedo serena. Forse... Dico forse... Potrei aver esagerato un pochino a giudicarlo. Del resto non stai più chiusa in camera a rileggere quei tuoi romanzi d'amore. Forse ti ha fatto bene. Ripeto... Forse", papà ha le guance rosse, anche sotto la barba posso vederle.

"Sì, mi fa star bene. Forse sei partito prevenuto", dico io ridacchiando.

"Hmm. Non mi fido ancora di James, ma potrei iniziare a tollerarlo".

 

So quanto sia costato a papà dire quelle cose, soprattutto pronunciare il nome di James. Con uno scatto gli schiocco un bacio sulla guancia color pomodoro.

"Stai ferma. Rischi di farmi fare un incidente", mi dice in finto tono burbero, "Tra poco siamo arrivati, fai la brava".

Cercando di trattenere le risate, mi affosso sul sedile.

Mi concentro sul paesaggio, la neve è ormai un ricordo passato, anche se fa ancora freddo le giornate sono più limpide. La città lascia spazio alle grandi ville, ormai conosco a memoria la strada.

Di solito vado al Teatro comunale a vedere le prove, ma oggi Demetra voleva una lezione privata.

 

Il cancello si apre appena ci fermiamo fuori da villa McArthur, i domestici ormai riconoscono la macchina di mio padre.

"Ciao papà, stasera mi accompagna a casa Micheal, l'autista".

"Ok, fai la brava", papà mi pizzica il naso tirandomelo.

Di tutta risposta gli faccio una linguaccia.

 

Sul portone d'ingresso mi aspetta la domestica che mi prende il cappotto: "La Signora stasera non c'è, non sapevo del suo arrivo. Se cerca Mrs Demetra la trova al piano di sopra", mi spiega gentile.

 

Meglio così. Penso.

A volte la vecchia si intromette troppo.

 

Salgo a due a due i gradini, a passo veloce mi dirigo verso la sala dove Demetra prova. Non sento il solito rumore di pianoforte o gli esercizi vocali di riscaldamento, ma delle voci di persone e i versi di un bambino.

Possibile che ci siano altre persone? 

Con cautela mi avvicino alla porta ed origlio. Non capisco nulla di quello che dicono, le voci sono come impastate. 

Timidamente busso.

 

"Avanti", dice Demetra.

Apro la porta. 

La stanza è immersa nel buio, sulla parete bianca scorrono delle immagini di diverse persone. Sequenze di altri tempi, filmati girati parecchio tempo fa. 

Riconosco Demetra, era molto più giovane ma bella come sempre, c'è anche suo marito George, con più capelli e meno rughe, e un piccolo James che sgambetta incerto.

 

"Mi scusi, non volevo...", sto per andarmene quando Demetra mi blocca. È seduta sulla poltrona verde che di solito uso per studiare.

"Ciao Elena. Come mai sei qui?", con un telecomando la donna abbassa il volume lasciandolo di sottofondo.

"Avevamo appuntamento per oggi pomeriggio. Se ha da fare però posso tornare un altro giorno".

"No, vieni pure", Demetra mi fa cenno di sedersi vicino a lei, "Hai visto che carino era James da piccolo?".

Nel buio della stanza faccio fatica a non inciampare nei tappeti. Appena raggiungo la poltrona verde mi accoccolo lì vicino: "Certo, sembrava un angioletto".

 

Per qualche minuto osserviamo il filmato.

Un piccolo James sta facendo i primi passi e non posso fare a meno di commuovermi nel vederlo. George lo tiene per le mani, lo incita a fare dei passi da solo. Quando cade il piccolo piange, poi si rialza per ricadere e piangere di nuovo. 

È tutto così tenero che mi si stringe il cuore. Penso ai miei genitori, ai filmati della mia famiglia, ai ricordi che ho vissuto. Briciole di memorie risalgono nei pensieri e colpiscono direttamente al cuore.

 

"È proprio un bel video", dico io con gli occhi lucidi.

Demetra fissa quelle immagini, ma è come se pensasse ad altro. Sul suo volto leggo, tra un riflesso di luce e l'altro, che sta vagando lontana: "Hai ragione, un bel video", poi si passa le mani sui capelli, "Credi... Credi che si possa smettere di amare? Intendo smettere di amare ciò che si è desiderato tanto. Cosa dovrebbe fare una persona che non ha più questo sentimento?".

 

Le domande mi colgono alla sprovvista. 

Il filmato mostra George sorridente che tiene in braccio il piccolo James. Tutti e due salutano con la mano.

 

Demetra tossisce.

"Ti dispiace allungarmi quella tazza di tè?", con la mano mi indica il tavolino dietro la mia schiena.

Con molta cautela passo la tazza alla donna che, con un gesto rapido, ingoia un paio di pastiglie: "Tra poco andrà meglio. I brutti pensieri svaniranno".

 

Non so che dire. L'atmosfera è molto strana. 

Demetra pare immersa in un mondo e pensieri che non riesco ad interpretare. 

"Non dire niente a James. Di tutto questo intendo. Lui non capirebbe", mi dice mentre finisce di sorseggiare il suo tè.

 

Io, nel buio della stanza, sento un grande peso dentro che non so spiegare.

È come se conoscessi il copione, ma non ricordassi la storia.

È come se affogassi, lentamente trainata verso il basso.

 
   
 
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