Titolo:
Miraculous Heroes 3
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 3.149 (Fidipù)
Note: Ed eccoci qua, pronti a una nuova settimana piena di
aggiornamenti...beh, come sempre del resto. E si comincia proprio con
Miraculous Heroes e con questo nuovo capitolo dove scopriremo altarini,
passati oscuri e incontri fra semafori e gatti. Sì, direi che tutto ciò
riassume bene il capitolo che andrete a leggere e, per vostra fortuna,
anche stavolta ho poco da dire. Anzi niente...mh, l'unica cosa è che non
so se in Francia faccio fare come corsi facoltativi all'università come
qui in Italia ma...Beh, di solito mi attengo alla realtà dei fatti ma, per
esigenze di copione, mi sono presa questa piccola licenza (un po' come
quando ho decretato la Fondazione Vuitton sede degli uffici di Gabriel e
Willhelmina/Bridgette).
Detto ciò, passo subito a elencarvi gli aggiornamenti di questa settimana:
mercoledì ci sarà un nuovo capitolo de La
bella e la bestia, giovedì come sempre l'appuntamento è con Laki
Maika'i, venerdì il secondo capitolo della settimana di Miraculous
Heroes 3 e, infine, sabato sarà il turno di Scene,
con la seconda parte di Antieroe.
Dopo tutto ciò, come sempre, voglio ringraziarvi tutti quanti: grazie a
voi che leggete, commentate (fatemi sempre sapere la vostra!) e inserite
questa storia in una delle vostre liste.
Grazie davvero di tutto cuore!
La moto nera scivolò veloce fra le auto,
fermandosi poi davanti l’enorme edificio che dominava il lato della
strada, oltre il quale la Senna si muoveva placida: la ragazza balzò a
terra, sistemandosi il giaccone e iniziando ad armeggiare con il casco:
«Sai che cosa non mi piace di avere una moto?» domandò Adrien,
osservandola mentre si toglieva il pesante copricapo.
«Cosa? Il fatto che i capelli siano un completo disastro?» domandò
Marinette, sorridendogli dolcemente: «Perché, sinceramente, a me non piace
per niente per questo.»
«No, il fatto che da quando ti accompagno a lezione, hai smesso di
indossare quei meravigliosi vestiti che lasciavano scoperte le tue
purrfette gambe» dichiarò Adrien, prendendo il casco che Marinette gli
aveva passato: «Dovevo comprarmi un’auto.»
«Sai com’è…» mormorò la ragazza, ridendo: «Non ci tengo a far vedere
alcune cose a tutta Parigi.»
«Quello nemmeno io.»
Marinette sospirò, alzando gli occhi al cielo: «Oggi vado a fare la spesa»
dichiarò, cambiando argomento: «Richieste particolari?»
«Camembert!» trillò allegro Plagg, facendo capolino da sotto il giaccone
del ragazzo e fissandola speranzoso, ignorando lo sbuffo infastidito che
si era levato dal suo portatore.
«L’avevo già segnato, Plagg» dichiarò la ragazza, sorridendo al kwami:
«Nient’altro?»
«Qualsiasi cosa commestibile è ben accetta» dichiarò il biondo,
sorridendole: «E niente crema per le rughe da mettere in frigo.»
«Non ne ho ancora bisogno!»
«Questo lo dici tu.»
«Cosa?» Marinette s’imbronciò, voltandosi poi verso la scuola e
raggiungendo velocemente l’entrata dell’edificio, voltandosi poi a
guardarlo e girandosi indispettita prima di entrare e sparire dentro
l’IFM.
Adrien ridacchiò, alzando una mano per abbassare la visiera del casco ma
si fermò a metà del gesto, notando la persona ferma nell’ombra
dell’edificio: Nathaniel era in disparte, l’album da disegno stretto al
petto e il cappuccio della felpa tirato sopra la testa, in modo da coprire
i capelli rossi.
Come se quell’abbigliamento potesse renderlo meno riconoscibile e più
anonimo.
Adrien smontò dalla moto, sistemandola sul cavalletto e, con tutta la
calma del mondo, poggiò il casco di Marinette sul sellino e si tolse il
suo, assieme ai guanti; si voltò poi, osservando l’ex-compagno di scuola
fermo nel solito punto e sorrise: «Se serve un alibi, sarò lieto di
fornirtelo» dichiarò Plagg, sparendo dentro il giaccone e facendo
sogghignare il ragazzo.
Lentamente raggiunse il rosso, tenendogli lo sguardo addosso per tutto il
tempo e notando come Nathaniel fosse assolutamente privo di qualsiasi
emozione: quando andavano ancora a scuola insieme l’aveva visto agitato
ogni volta che Marinette era nelle sue vicinanze, l’aveva visto
imbarazzato e arrabbiato quando Chloé lo aveva preso in giro, davanti
tutta la classe, per la sua cotta; deluso e amareggiato, quando lui aveva
iniziato a uscire con Marinette.
Ma mai, Adrien, lo aveva visto così vuoto.
«Kurtzberg» dichiarò, fermandosi davanti a lui e sorridendo appena: «Come
va?»
Nathaniel puntò l’unico occhio visibile su di lui e qualcosa guizzò
nell’iride smeraldo: rabbia forse?
Incrociò le braccia, inclinando la testa e rimanendo in attesa della
risposta dell’altro; l’osservò stringere maggiormente a sé il blocco,
voltandosi poi verso l’ingresso dove Marinette era sparita: «Sai avevo in
mente di dirti qualcosa…» mormorò Adrien, portandosi una mano al volto e
picchiettando le dita sulla guancia: «Ma mi fai veramente pena.»
«Lei non è tua.»
«Sì, hai ragione» decretò Adrien, sorridendo: «Marinette appartiene
unicamente a sé stessa, ma è mia moglie ed è mio compito proteggerla dai
tipi come te.»
«Tu…»
«Andiamo, dai. Dillo: tu non la meriti, lei ti ha sposato solo per il tuo
bel faccino» Adrien sorrise, assottigliando lo sguardo: «Anzi no, ne ho
una migliore: ti ha sposato per i tuoi soldi. Dai, forza. Perché non la
insulti dicendomi tutto questo? Andiamo. Dammi una valida ragione per
prenderti a pugni…»
«Tu!» Nathaniel gettò il blocco per terra, avventandosi sul biondo che
continuava a sorridere di fronte alla sua furia: «Lei sarebbe stata mia!»
«Tua. Mia. Sei proprio fissato sugli aggetti possessivi o sbaglio?»
Nathaniel strinse la mascella, alzando la mano destra e chiudendola a
pugno, Adrien lo fissò e attese il colpo, osservando sorpreso la mano di
una terza persona che si frappose e fermò il diretto del rosso:
«Seriamente, una rissa qui?» commentò la voce divertita di Felix Blanchet:
Adrien si voltò, guardando l’uomo in completo candido e la donna alle sue
spalle, che alternava lo sguardo da lui al rosso.
«Tutto bene, Adrien?» gli domandò Willhelmina, mentre Nathaniel lo
lasciava andare e si allontanava di qualche passo: «Si può sapere che
stavi facendo…»
«Quattro chiacchiere con un vecchio compagno di scuola» commentò il
biondo, sistemandosi il giubbotto e sorridendo a Nathaniel: «Non è vero?»
«Ah. Adesso si chiamano così» bofonchiò Felix, scuotendo la testa e
mollando la mano dell’altro: «Tu…» si fermò, studiando i capelli rossi e
lo sguardo di smeraldo: «Tu, semaforo con due gambe, vattene.»
Nathaniel strinse la mascella, scoccando una nuova occhiata di fuoco ad
Adrien, chinandosi poi per recuperare il blocco e andandosene poi
velocemente all’interno della scuola: «Lo terrò d’occhio io» dichiarò
Willhelmina, incrociando le braccia e fissando assorta la porta
dell’istituto: «Oggi devo tenere una lezione, quindi sarò qui tutto il
giorno.»
«Ah, ecco perché siete qui» commentò Adrien, sorridendo: «Ed io che
speravo si fosse acceso lo chat-segnale.»
«Non sarebbe una cattiva idea» dichiarò Felix, massaggiandosi il mento:
«Una zampa felina, sparata nel cielo che informa quando la città ha
bisogno dell’aiuto dell’eroe in nero. Lo farò installare non appena sarò
sindaco.»
«Io vado a fare la lezione» decretò Willhelmina, con un sorriso freddo in
volto: «Voi andate pure a buttarvi nella Senna. Tutti e due.»
«Adesso dice così» dichiarò Felix, chinandosi verso Adrien: «Ma stasera
cambierà sicur…»
«Felix, la Senna è dietro di te!» bofonchiò la donna, fissandolo male e
andandosene poi con la testa alta, sicura sui tacchi e ignorando il fatto
di dare una certa visuale di sé all’uomo.
«Il più bel sedere di tutta Parigi» commentò Felix, ridacchiando: «E se sa
che l’ho detto, è la volta buona che mi uccide. Definitivamente.»
«Quello di Marinette è più bello» dichiarò Adrien, sorridente: «Io almeno
rischio solo di venire appeso da quel cavolo di yo-yo.»
«Non ricordarmelo…» sospirò l’uomo, scrollando le spalle: «I primi giorni
in cui avevamo avuto i Miraculous, la signorina doveva fare pratica e non
ti dico quante me ne sono capitate…»
«Posso immaginarlo» commentò Adrien, ricordando Marinette la prima volta
che l’aveva incontrata sotto forma di Ladybug: impacciata, insicura e con
la tendenza a lanciargli la sua arma in testa.
«Penso di essere stato salvato da Kang, altrimenti non mi spiego come ho
fatto a sopravvivere a Bri» commentò Felix, poggiando le mani sui fianchi
e scuotendo la testa: «Però aveva fascino e coraggio. Mi sono sentito in
colpa verso Bridgette, quando ho iniziato a provare qualcosa per Ladybug e
poi quando…beh, abbiamo fatto quel che abbiamo fatto, non ho più avuto il
coraggio di incontrarla.»
«Quindi prima che Kang ti portasse via, non l’hai più vista?»
«Solo nelle vesti di Ladybug» dichiarò Felix, sorridendo tristemente al
ricordo: «Certo, la vedevo da lontano mentre usciva con la governante, ma
non mi sono mai avvicinato: la vedevo triste, ma avevo saputo da un
servitore di casa Hart che aveva avuto un litigio con il suo amico cinese
– Fu – e, quindi, avevo collegato il suo stato d’animo a quello. Non
potevo certo sapere che…»
«Che lei era la ragazza che amavi con tutto te stesso» concluse per lui
Adrien, annuendo con la testa: «Posso comprenderlo: mi sono odiato con
tutto me stesso perché non riuscivo a essere totalmente fedele a una delle
due. Ero cieco, veramente cieco: Marinette ha sempre dimostrato il suo
carattere ogni volta, solo con me sembrava sempre imbarazzata o insicura
con me e non ho mai collegato al fatto che era innamorata.»
«Siamo degli idioti.»
«Concordo» sentenziò Plagg, facendo capolino dal giubbotto e fissandoli
alternativamente: «E Felix…»
«Eccolo che ricomincia.»
«Me la sono legata al dito!» sbottò il kwami, fluttuando in aria e
mettendosi davanti al viso dell’uomo: «Come hai osato? Maledetto!»
«Devi sapere che, una volta, gli ho dato del Tofu spacciandolo per
camembert» dichiarò Felix, sorridendo al ragazzo: «Era un po’ problematico
trovare quel formaggio a Nanchino e quindi…»
«Quindi l’ha infilato nelle calze di un suo compagno d’armi e poi me l’ha
mollato come camembert.»
«La puzza era identica» commentò Felix, ridacchiando: «Il caro, vecchio
Sean aveva due formaggiere al posto dei piedi. Chissà che fine ha fatto?»
«Sicuramente è morto, genio.»
«Sì, questo lo so, Plagg» borbottò Felix, scuotendo la testa: «Mi chiedevo
dopo Nanchino, cosa avrà fatto.»
«Sarà tornato in patria, si sarà sposato e…»
«E si sarà divertito parecchio con la mogliettina?» buttò lì Adrien,
incrociando le braccia e ridacchiando.
«E con mezza Londra, anche. Diciamo che non era uno che lo teneva nei
pantaloni» commentò Felix, sorridendo al ricordo: «Come dimenticarsi le
sue prodezze a Nanchino…»
«Aspetta» Plagg si posò sulla spalla di Adrien, annuendo con la testa:
«Sean è quello che avevate trovato nella camera con tre prostitute?»
«Proprio lui, Plagg»
«Mi stavo domando…» la voce di Willhelmina fece sobbalzare Felix, che si
voltò verso la donna con un sorriso innocente in volto: «Cosa tu stessi
facendo ancora qui e ti trovo a chiacchierare…»
«Ti ricordi di Sean, Bri? Era quello che trovavi sempre con me, mentre…»
«Fila al lavoro, Felix.»
«Vado» sentenziò l’uomo, sorridendo dolcemente alla donna: «Alla prossima,
Adrien. Plagg.»
Adrien l’osservò raggiungere velocemente la macchina grigia e salire a
bordo, prima che questa partisse e s’immergesse completamente nel traffico
parigino: ridacchiò, pensando al rapporto che si instaurava di volta in
volta fra i Portatori del Gatto e della Coccinella, voltandosi poi e
trovandola al suo fianco, con le braccia conserte e uno sguardo molto
eloquente in volto: «Vado anch’io» decretò il biondo, correndo verso la
moto e sistemandosi il casco in testa.
Poteva distruggere il suo cellulare?
Ringhiò, mentre chiudeva con un gesto stizzito la pagina della storia che
stava leggendo e abbandonò il cellulare in grembo, incrociando le braccia
e voltandosi di lato: certa gente lavorava decisamente troppo con la
fantasia e la tipa che stava scrivendo della sua meravigliosa storia
d’amore con Hawkmoth era fra queste.
«Storia interessante» commentò Nooroo, facendo capolino dal cappuccio
della felpa e ridacchiando: «Mi chiedo cosa ne penserebbe Thomas se la
leggesse.»
Manon lo fissò, spostando poi l’attenzione sul ragazzo che stava giocando
a basket con altri compagni di classe: «Ce lo vedi a dire: Mara, sono
diventato un eroe solamente per proteggere te. La donna del mio cuore.»
recitò la ragazzina, sbuffando: «Andiamo! Al massimo potrebbe dire: Sono
diventato un eroe perché così posso atteggiarmi!» Nooroo ridacchiò,
facendo sorridere anche Manon: «E’ un vero peccato che non lo possa dire
al mondo intero: ce lo vedo a fare un annuncio stile Iron Man.»
«Beh…»
«Anche se, un atteggiamento del genere, lo vedo più da Adrien.»
Nooroo sorrise, scuotendo il capo: «Hai ragione» commentò il kwami,
sistemandosi contro il collo della ragazza: «Sai, non mi piace che tu
sappia le loro identità.»
«Perché potrei rivelarle?»
«No, perché potresti essere in pericolo, piccola Manon» dichiarò il kwami,
sospirando: «Hai dimostrato già di saper mantenere il segreto: da quanto
sospettavi di Marinette e Adrien?»
«Da tanto. Però non ho mai avuto una conferma certa, come l’altro giorno
alla boulangerie: il comportamento di Marinette, Thomas che chiama
immediatamente Adrien…» si fermò, lasciando andare un sospiro: «Era tutto
così sospetto e unito a ciò che pensavo prima…»
«Hai fatto semplicemente due più due.»
«Esattamente» dichiarò la ragazzina, portandosi una mano al collo e
carezzando il capino del kwami: «Ho sospetti anche sugli altri, devo
dire.»
«Oh…»
«Beh, ci sono persone che Marinette e Adrien non frequentavano prima di
ciò che è successo l’anno scorso» dichiarò Manon, inclinando la testa: «E
adesso sono diventati amici e con un rapporto veramente solido, uno di
quelli che non crei andando semplicemente a scuola e non in così poco
tempo…»
«Complimenti.»
«Grazie» dichiarò la ragazzina, sorridendo e spostando nuovamente
l’attenzione verso Thomas: «Vorrei essere d’aiuto, sai? Non solo creando
scuse per quando lui sparisce ma…»
«Sei come Alex…»
«Chi?»
«Un ragazzo esperto nei computer che aiuta tutti loro» dichiarò Nooroo,
sorridendo: «Anche lui voleva aiutare e ha trovato il modo di farlo.»
«Quindi dici che posso anche io?»
«Volere è potere, Manon.»
«C’è una visita per te»
Wei alzò la testa, osservando incuriosito il signor Mercier che, le mani
sui fianchi, lo fissava; il ragazzo posò la scatola piena di risme e si
tirò su, pulendosi le mani ai pantaloni e andando verso l’entrata del
magazzino, rimanendo basito quando vide la donna che lo attendeva: stretta
in un cappotto nero, Ada Rossi si fissava attorno, quasi come se volesse
essere ovunque tranne lì.
Lila aveva accennato al litigio che aveva avuto con la madre, l’ultima
volta che si erano incontrate ma lo sguardo della ragazza e quello del suo
kwami gli avevano impedito di indagare: quando Lila sarebbe stata pronta,
gli avrebbe detto tutto.
Conosceva ormai bene la ragazza e aveva imparato che, nonostante sapesse
che lui sarebbe stato sempre al suo fianco, lei aveva bisogno di battere
le sue battaglie da sola: l’indipendenza e l’orgoglio che dimostrava erano
parte di ciò che l’aveva fatto innamorare.
«Signora» mormorò, chinando il capo e osservandola, mentre piegava le
labbra in un sorriso appena accennato: «Non ricordavo di averle detto dove
lavoravo.»
«Ho le mie fonti» dichiarò Ada, guardandosi attorno: «Carino come posto.»
«E’ solo un magazzino» Wei scrollò le spalle, non capendo: «Lila…»
La donna negò con la testa, avvicinandosi e posandogli una mano sul
braccio, un tocco che a Wei non piacque per niente: «Non sono qui per
parlare di mia figlia…» mormorò Ada, carezzandogli lieve l’avambraccio con
la punta dei polpastrelli e poi con le nocche: «Sei veramente sprecato per
un posto del genere.»
«Signora?»
«Non sono così vecchia, Wei» bisbigliò Ada, alzando la testa e
sorridendogli pigra: «Certo, ho una figlia poco più piccola di te ma…»Wei
rimase impietrito, mentre la madre della sua compagna gli posava le mani
su entrambe le guance e tirava giù il suo viso: «Potrei farti diventare
ricco e tu dovresti semplicemente rendermi soddisfatta.»
Sbatté le palpebre, incerto su ciò che aveva capito ma tutto nella donna
era eloquente: «Mi lasci» mormorò tranquillo, osservandola sorridere: «Ho
detto di lasciarmi.»
«Wei…»
Gentilmente si liberò dalla stretta della donna, arretrando di un passo:
«Quando Lila mi parlava di lei, ho sempre pensato che esagerasse e fossero
solo le lamentele di una figlia poco considerata dai genitori, troppo
presi dal loro lavoro» si fermò, scuotendo il capo e fissandola
freddamente: «Sa, adesso sono felice che lei sia stata poco tempo con Lila
e che abbia passato tanto tempo con i nonni, invece che con i suoi
genitori…»
«Tu non sai niente di mia figlia. Pensi davvero che sia una santarellina?»
«So del passato di Lila, so degli errori che ha fatto e la donna che è
adesso è una persona che li ha accettati per crescere.»
«Mia figlia è esattamente come me.»
«No, Lila non è assolutamente una sgualdrina come lei» dichiarò Wei,
indicando con il mento l’uscita del piccolo parcheggio: «Spero di non
vederla più, signora Rossi.»
«E se gli dicessi che è stata una tua idea? Credi che crederebbe a te o a
me?»
«Lo faccia» dichiarò Wei, sentendo i rumori dietro di sé: «Il signor
Mercier ha visto tutto e Lila mi conosce.»
Ada storse la bocca, alzando il mento e fissandolo malevola: «Non è finita
qui, signor Xu» dichiarò, voltandosi e andandosene frettolosamente, sotto
lo sguardo glaciale di Wei.
«Se pensa di farmi paura…» bofonchiò il ragazzo, voltandosi e chinando il
capo di fronte all’anziano: «Mi perdoni per ciò che ha visto, signore.»
«Tranquillo, Wei» il signor Mercier si passò una mano fra i capelli
canuti, scuotendo la testa: «Povera ragazza, ci credo che ha abbandonato
la famiglia appena possibile: con una madre come quella l’avrei fatto
anche io.»
«Già…»
«Beh, adesso ha te, però.»
«Sì, signore.»
«E se prova a metterti contro la tua fidanzata, dimmelo: sono certo che le
servirà la carta per pulirsi quel didietro cadente e sarebbe veramente
brutto se non ne trovasse in tutta Parigi.»
«Grazie mille, signore.»
Rafael osservò l’italiana sistemarsi nel posto davanti a lui e sospirò:
«Sei un incubo» dichiarò, sentendo Adrien sbuffare accanto a lui: «Ma fra
tutti i corsi facoltativi che potevi scegliere proprio questo?»
Lila ridacchiò, sistemando il blocco degli appunti sul tavolo e poi
voltandosi verso i due ragazzi: «Andiamo, sarà divertente!» dichiarò,
poggiando i gomiti sulla superficie dietro di lei e sorridendo: «Faremo
gruppi di studio assieme, festini…»
«Sono sposato.»
«Sono fidanzato.»
«Tu non sei fidanzato» dichiarò Lila, indicando Rafael: «Non ho mai visto
nessun anello al dito di Sarah, quindi non lo sei.»
«Viviamo assieme.»
«Siete conviventi, esattamente come me e Wei finché il signor Pazienza e
controllo non mi darà un anello.»
«Devo forse leggere qualcosa tra le righe?» domandò Adrien, sorridendo:
«Del tipo: dite a Wei di comprarmi quel maledetto coso da infilare
all’anulare.»
«Sapevo che potevo contare su di voi» cinguettò Lila, sbattendo le
palpebre: «Come sta Marinette?»
«Ha dormito come un sasso tutta la notte» le rispose Adrien, sorridendo:
«Tutta quella situazione l’aveva veramente sfinita e ieri è crollata;
purtroppo ha il brutto vizio di non voler mostrare quando è debole…»
«Già» mormorò Lila, scuotendo il capo: «Mi ricordo come si faceva in
quattro quando andavamo tutti a scuola assieme e quante volte Alya la
rimproverava perché non chiedeva mai aiuto.»
«Almeno questa situazione si è risolta» commentò Rafael, poggiando le
braccia sul banco e il viso contro di esse: «Ormai resta solo sconfiggere
Dì Ren, trovare mio padre…»
«Trovare tuo padre?»
«Ieri sono andato con Sarah a casa sua ma è sparito» borbottò il moro,
passandosi una mano fra i capelli e tirandoli indietro: «Non mi
meraviglierei se avesse seguito un’idea del momento e fra un po’ mi
arrivasse una chiamata da qualche parte del mondo, ma stava male e poi ha
preso quel lavoro all’università…» si fermò, scuotendo la testa:
«…insomma, non è più libero come prima e poi ha lasciato tutte le cose nel
suo appartamento.»
«Serve una mano, piumino?»
«No, tranquilla, volpe. Ho chiamato mia madre, anche se ho parlato con uno
degli studenti che ha sotto la sua ala…»
«La signora Fabre» esclamò Adrien, giocherellando con la penna: «Non
riesco a immaginarla.»
«Alta, mora, sguardo severo, se può creare un topo con tre teste è
felicissima» elencò Rafael, facendo un gesto vago con la mano: «Ti
presento mia mamma.»
«Direi un tipo interessante...» commentò Lila, sorridendo: «Come ha
conosciuto tuo padre?»
«Fidati, non vuoi saperlo.»
«Fidati, voglio saperlo.»
«Per pagarsi gli studi mio padre…» Rafael si fermò, sospirando: «Beh,
faceva lo spogliarellista e mia madre era un’abitué del locale dove lui
lavorava: da cosa è nata cosa, hanno fatto…» il ragazzo scosse il capo: «E
nove mesi dopo sono arrivato io.»
«Tuo padre? Uno spogliarellista?»
«Già»
«Inizio a capire tante cose, pennuto.»
«Tu non capisci proprio niente, gattaccio.»