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Autore: TheSlavicShadow    08/06/2017    2 recensioni
Caso: Terra-3490.
Il 47esimo modello pacifico ha beneficiato principalmente dalla relazione tra Capitan America, Steve Rogers, e Iron Woman, Natasha Stark.
Agendo da deterrente per i comportamenti più aggressivi degli altri, ha consentito al Reed Richards di questa Terra di portare a termine con successo il programma di registrazione dei supereroi e di avviare l’Iniziativa dei 50 Stati.
{Il ponte - Capitolo due da Dark Reign: Fantastic Four n. 2 del giugno 2009}
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Wherever you will go'
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Giugno 1997

 

Si era seduta sul bordo del letto cercando con lo sguardo i propri vestiti. Li vedeva sparsi ovunque e non aveva in realtà molta voglia di alzarsi e recuperarli, anche se avrebbe dovuto. I suoi l’aspettavano per cena e per una volta non voleva arrivare in ritardo.

Avrebbe dovuto alzarsi, rivestirsi e tornare in dormitorio a cambiarsi.

“Non puoi dirgli che tarderai un po’?” Le labbra di Tiberius Stone erano sul suo collo e aveva chiuso gli occhi godendosi per un istante quel momento. Una sua mano era subito sul suo seno, e non era riuscita a trattenere un mugugno quando lo aveva stretto.

“Vuoi davvero che Howard mi diseredi? Già mi minaccia abbastanza spesso di farlo.” Aveva voltato la testa e lo aveva baciato, spingendolo sul materasso. Il giovane uomo non aveva opposto alcuna resistenza e lei si era sporta sopra di lui e lo aveva baciato. Un bacio che non aveva nulla di casto, ma i baci tra di loro non lo erano mai.

“E’ per Howard o per quel tizio con cui continuano a fotografarti sempre più spesso?”

“Non mi dire che sei geloso!” Gli aveva morso un labbro e lo aveva guardato negli occhi.

“Ci sarà anche lui domani alla cerimonia di laurea?” Tiberius le aveva accarezzato la schiena e le erano tornate in mente le parole di Jarvis. Non ci aveva mai pensato prima. Non aveva creduto che potesse esserci un qualche coinvolgimento emotivo in tutto quello.

“Sì, ci sarà anche lui. E’ un amico di famiglia.” Si era spostata solo un po’, anche perché la mano di Tiberius sulla sua schiena non le aveva permesso di allontanarsi del tutto. “Che ti prende? Non abbiamo l’esclusiva uno con l’altra. Non abbiamo mai avuto questo tipo di relazione.”

“Non ti hanno mai fotografata con altri. Non così spesso almeno e soprattutto non speculando su una possibile relazione.”

“Ty, a parte che non ti devo alcuna spiegazione visto con quante persone sei stato a letto solo nell’ultimo mese, ma tra noi non c’è nulla. E’ solo un amico.” Steve era solo questo. Tra di loro non c’era mai stato altro. Steve era venuto a farle visita più di una volta. Lentamente lo stava iniziando al mondo nerd e gli aveva fatto vedere Star Wars. Si sentivano quasi ogni giorno e le aveva fatto compagnia al telefono più di una notte mentre lei cercava di portare a termine la tesi di laurea. Oltre a Rhodes, era l’unico amico che aveva.

Si era spostata e aveva guardato il ragazzo con cui aveva quella sottospecie di relazione da quasi due anni. Era sesso. Era sempre stato solo sesso.

“Un amico che hai invitato alla cerimonia di laurea.”

“Perché? Volevi esserci tu? Per far felici i nostri paparini? Non essere ridicolo.” Si era alzata dal letto recuperando gli slip ed infilandoseli subito. “Ti prego, Ty. Che cazzo è sta storia che fai tutto il geloso all’improvviso? Neanche ci fossi stata a letto con Steve! Non l’ho neanche mai baciato, quindi figurati!” Stava continuando a rivestirsi senza neanche voltarsi verso il ragazzo che era ancora sul letto. Sapeva che la stava guardando. Poteva percepire il suo sguardo su di sé.

“Steve? Come il tuo eroe d’infanzia?” Le molle del letto avevano fatto rumore e aveva sentito i passi di Tiberius avvicinarsi. Si era voltata e lo aveva guardato negli occhi. “Tasha, sul serio? Solo perché assomiglia a Steve Rogers? Non sarà mica un parente di Capitan America?”

“Chiunque sia Steve non sono affari tuoi.” Aveva indossato la maglietta e aveva continuato a guardarlo negli occhi. “Se vuoi, lunedì partiamo insieme come previsto. Se hai cambiato idea fammi sapere per tempo.”

Si era spostata e aveva preso la propria borsa, infilandosela a tracolla e uscendo dall’appartamento di Tiberius prima che questi potesse aggiungere altro. Quella era stata la prima volta che il ragazzo le dicesse qualcosa riguardante un altro uomo o una possibile relazione. Non si era mai interessato a cosa lei facesse quando non erano assieme.

Si conoscevano da quando erano bambini. Ed erano sempre stati rivali in qualsiasi cosa facessero. Università compresa. Se Tiberius Stone era andato all’università a 16 anni, Natasha Stark non poteva essere da meno e a soli 14 anni era stata accettata al MIT. Laureandosi in soli tre anni con il massimo dei voti. C’era sempre stata rivalità, competitività. Eccellevano entrambi anche se in ambiti molto diversi.

Alla fine si sarebbero laureati insieme. E avrebbero usato uno degli aerei privati degli Stone per andare in vacanza insieme. O quello doveva essere il piano fino a quella mattina. Partire lunedì, subito dopo il weekend che avrebbe passato con i suoi genitori, e passare due settimane su un’isola tropicale a non fare assolutamente nulla se non rilassarsi in tutti i modi che conoscevano e gli erano più congeniali.

Ma ora non era più sicura che ci sarebbe stata una vacanza con Ty. Non era neppure sicura ci sarebbe stato altro ancora con Tiberius. Quella non era mai stata neppure una vera relazione. Si vedevano solo per fare sesso. Parlavano poco di loro. A volte parlavano degli studi. Tiberius era stato davvero carino con lei quando aveva sinceramente gioito della sua vittoria al concorso di progettazione robotica. Era venuto a prenderla per portarla a cena. Le aveva comprato un bellissimo mazzo di rose e un paio di orecchini di diamanti che lei aveva subito indossato. Avevano passato una piacevole serata con ottimo cibo e vino, che poi avevano concluso nel modo in cui preferivano entrambi.

Aveva recuperato il cellulare dalla borsa per controllare l’ora e vedere quanto fosse effettivamente in ritardo, solo per trovarvi un messaggio di Steve Rogers che le comunicava che erano arrivati a Boston. Aveva risposto velocemente, dicendogli che sarebbe stata puntuale a cena e aveva aumentato il passo verso il proprio dormitorio.

Tiberius aveva ragione su una cosa. Lei provava qualcosa per Steve Rogers. Qualcosa di molto forte. Qualcosa che era capace di farla sorridere solo perché Steve era nella sua stessa città. Perché le aveva scritto. Perché le aveva detto di non avere fretta e di guidare piano. Solo perché Steve aveva accettato di venire alla sua cerimonia di laurea.

Era una stupida cotta adolescenziale. Un giorno le sarebbe passata e avrebbe davvero visto Steve come solo un amico, ma in quel momento il suo cuore stava battendo come impazzito perché Steve era lì per lei. Non le importava del come o del perché, ma era lì per lei.

Dopo la cerimonia sarebbero tornati tutti a New York. Howard aveva già organizzato tutto per dare una festa in suo onore. Al suo summa cum laude in ingegneria meccanica a soli 17 anni. Sarebbe tornata a New York per l’estate e poi di nuovo al MIT per un paio di dottorati per i quali era già stata accettata e avrebbe iniziato finalmente a lavorare alle Stark Industries. Avrebbe potuto far valere il suo genio come un vero membro dell’azienda e non solo come la figlia del gran capo. E avrebbe avuto accesso a tutti i laboratori e officine di cui aveva bisogno per creare tutte le cose che stava progettando.

 

✭✮✭

 

Avevano bussato alla porta della sua stanza e per un istante aveva pensato di non farsi viva. Non aveva voglia di scendere e fare la carina di fronte agli amici dei suoi genitori. Tutti riuniti per festeggiare falsamente la sua laurea. Era così che funzionava in ogni occasione. Erano solo scuse per continuare a fare affari con partner di vario tipo. Erano stati invitati tutti i membri del consiglio d’amministrazione con le loro famiglie, qualche sponsor, qualche celebrità che per qualche motivo aveva incrociato il cammino con Howard più d'una volta. Era sicura che qualcuno avrebbe portato anche qualche ragazzo della sua età, o con una decina d’anni più di lei per cercare di mettere le mani sull’eredità che un giorno le sarebbe spettata di diritto. Funzionava sempre così e lei neppure ci faceva più caso.

“Signorina Stark, se non apre immediatamente la sfondo questa porta.”

Roteandoli aveva alzato gli occhi al cielo e aveva buttato sul letto il fumetto che stava leggendo per andare ad aprire la porta e trovarsi di fronte il maggiordomo che la guardava con aria contrita.

“Come pensi di sfondarla? Non hai più 20 anni e non abbiamo alcun ariete in casa, da quello che mi risulta.”

“Perché non è ancora vestita? Gli ospiti saranno qui tra poco e suo padre la sta già cercando.” Jarvis era entrato nella stanza, chiudendo la porta e mettendo le mani sui fianchi. Si era guardando attorno e lei poteva scommettere qualsiasi cosa che fosse anche arrabbiato perché nessuno degli scattoloni con le sue cose era stato aperto e le cose messe al proprio posto. Lo aveva fatto apposta per dare fastidio a sua madre, anche se probabilmente il più infastidito era Jarvis. “Domani mattina svuotiamo questi scatoloni. Una signorina del suo livello non può vivere così.” Senza aggiungere altro era andato verso il suo armadio e lo aveva aperto. Natasha si era seduta sul letto e lo osservava mentre scrutava i vestiti riposti con cura. Sapeva che li aveva messi in ordine lui e che quindi sapeva esattamente cosa stesse cercando.

“Voglio mettere qualcosa di rosso, J.”

“Per stasera le consiglierei quell’abito da cocktail nero che sua madre ha comprato per questa circostanza. Le concedo le scarpe rosse, se proprio vuole qualcosa di rosso.” L’anziano maggiordomo si era voltato verso di lei dopo aver preso il vestito dall’armadio. “Spero che la doccia l’abbia già fatta.”

“Ho anche già messo lo smalto.” Aveva alzato entrambe le mani verso di lui, mostrando le unghie colorate di un rosso acceso.

“Ana non doveva metterle lo smalto quando era piccola.” Aveva scosso la testa appoggiando l’abito sul letto. “Sono sicuro che questa ossessione per il rosso nasca da quello smalto.”

“E’ una delle cose più belle del mondo.” Si era osservata le unghie e sperava così di perdere tempo.

“Natasha, si alzi da quel letto e si vesta. Vuol fare attendere anche il Capitano Rogers?”

Aveva spostato lo sguardo dalle unghie al maggiordomo e questi la guardava con un sopracciglio inarcato. A volte lo odiava perché sapeva esattamente quali tasti toccare.

“Può ingannare chi vuole, ma io so cosa prova per quell’uomo e quindi le consiglierei di non fare tardi. Qualche minuto di ritardo è accettabile, ma non di più, si ricordi. Quindi ora lei si alza da quel letto, si cambia e intanto le cerco le scarpe.”

“Pensi che papà abbia capito che Steve mi piace?” Si era alzata e aveva preso in mano il vestito. Era davvero bello ed elegante, ma da parte di sua madre non si aspettava altro che eleganza.

“Suo padre è ancora convinto che sia solo la fissazione verso un eroe e l’asseconda perché anche lui è ossessionato da Steve Rogers e finalmente l’ha rintracciato.” Jarvis aveva sospirato. “Io non conoscevo il Capitano Rogers, ma ascoltando il signor Stark e Miss Carter parlarne ho sempre desiderato conoscerlo di persona. Devo dire che è come lo descrivevano. Sa, quando lei era a Boston suo padre l’ha invitato diverse volte qui a cena. E devo dire che il Capitano ha spesso chiesto di lei oppure ci informava lui di come stava lei, signorina, visto che non si faceva viva con nessuno.”

“Ero impegnata a studiare!” Era velocemente andata verso il proprio bagno, lasciandone però la porta aperta. Fosse stato per lei si sarebbe cambiata in camera senza alcun problema, ma Jarvis, che l’aveva vista crescere e le aveva cambiato anche i pannolini, riteneva che non fosse consono per una signorina della sua età.

“Era impegnata in molte cose, mi risulta.”

“Sono quasi felice che Rhodes non vivrà più a pochi metri di distanza da me. Potrò fare quello che voglio senza che ti riferisca ogni mia mossa.”

“James è un bravissimo ragazzo. Dovrebbe prenderlo in considerazione come potenziale marito.”

Aveva riso uscendo dal bagno. Aveva indossato l’abito e si era legata i capelli in modo molto semplice, lasciandone la maggior parte sciolta sulle spalle. Aveva usato pochissimo trucco, optando per semplice eyeliner e rossetto. Anche solo perché non sapeva truccarsi e non le interessava particolarmente imparare.

“Quel nerd è peggio di me, te lo giuro. Se ci sposassimo passeremo tutto il giorno davanti alla tv con dei videogiochi.”

“Finisca di vestirsi.” Jarvis aveva nuovamente scosso la testa. “E so che non mi ascolterà, ma sarebbe opportuno che lei cambiasse collana.”

Senza rendersene conto aveva portato la mano al petto, dove tra le clavicole pendeva il bullone che le aveva regalato Steve. Non se lo toglieva quasi mai. Per quanto strano potesse sembrare un bullone da 2 centimetri attorno al collo, lei non se ne separava mai.

“Non credi potrebbe benissimo rappresentare la mia laurea in ingegneria meccanica?”

“Natasha…” Jarvis le si era avvicinato e le aveva accarezzato una guancia. “Lo so che è un regalo importante, ma…” L’uomo si era bloccato e l’aveva guardata con dolcezza. “Forse ha ragione, signorina Stark. Ora troviamo qualcos’altro da abbinare per farlo diventare un set. Mi passi la sua scattola malefica piena di bigiotteria.”

Si era allontanata con un sorriso. Jarvis la viziava sempre ed era spesso suo complice in tutto quello che faceva, sin da quando era bambina. Non era mai stato per lei un semplice maggiordomo. Era un membro della sua famiglia. Era qualcuno che non avrebbe mai voluto perdere. A volte aveva anche pensato che se mai si fosse sposata, avrebbe voluto che fosse lui quello ad accompagnarla all’altare.

Come la stava ora accompagnando nel salone della loro casa, facendole da chaperone. Lo aveva pregato lei di accompagnarla, perché voleva per una sera godersi una festa senza che nessuno le si avvicinasse per parlarle di affari o peggio matrimoni. Li trovava tutti alquanto squallidi, anche se sapeva benissimo quanta gola potesse fare a chiunque imparentarsi con gli Stark. Con un’azienda multimiliardaria in continua espansione come eredità, poteva capire quanto lei potesse essere una preda succulenta per chiunque. Solo che a lei non interessava. A lei importava solo delle sue creazioni. Aveva delle idee e voleva concretizzarle. Per quanto a nessuno piacesse che una ragazzina fosse spesso dietro alle idee e i miglioramenti dei progetti delle Stark Industries. Armi comprese.

Aveva fatto una smorfia quando aveva notato da lontano anche Nick Fury tra gli invitati. Quell’uomo le aveva più di una volta detto di andare a lavorare per loro, anche solo come consulente. Ma lei non voleva assolutamente lavorare per l’evoluzione del SSR. Poteva anche essere la figlia di Howard Stark, ma non avrebbe fatto tutto quello che faceva lui. Howard poi era un membro dell’SSR dalla sua fondazione. Era lì con Erskine e Phillips quando avevano trasformato Steve Rogers da uno scricciolo di Brooklyn a Capitan America. Era sicura che tutti glielo avrebbero sempre rinfacciato. Con un genitore con una fama simile, i paragoni si sprecavano. E se volevi ottenere qualcosa dovevi superare il tuo predecessore.

Ad un certo punto della serata Jarvis l’aveva lasciata da sola. Aveva raggiunto suo padre, Peggy Carter e Steve Rogers che sedevano su delle poltrone appartate e bevevano quello che da lontano sembrava whisky, e che doveva esserlo perché suo padre lo adorava. A vederlo da lontano Steve stonava tra gli altri tre, ma in realtà si stavano sicuramente scambiando racconti di guerra. Aveva sentito Peggy più volte urlare contro Howard che non erano più in guerra, che doveva lasciarsi alle spalle certi avvenimenti e andare avanti con la sua vita. E che Steve Rogers non sarebbe mai tornato.

Ora li osservava, seduti vicini a ridere e parlare. E Steve teneva una mano di Peggy Carter tra le proprie. Non voleva essere gelosa. Non aveva alcun motivo di essere gelosa. Steve Rogers non le apparteneva, non quanto era appartenuto a Peggy Carter.

Ricordava le infinite storie che l’ex agente dell’SSR le raccontava e dalle sue parole si percepiva sempre l’infinito amore che provava per Steve. Anche se poi si era sposata e si era costruita una vita, il suo amore per Steve non era mai svanito. Lo vedeva anche ora nel modo in cui lo guardava e gli sorrideva.

Era gelosa e non ne aveva alcuna ragione al mondo.

Si era spostata dal suo angolo protetto per andare a prendere qualcosa da bere e mangiare. Erano tutti impegnati a parlare tra di loro e nessuno le stava prestando molte attenzioni. Poteva almeno approfittarne per mangiare qualcosa in pace e poi sarebbe fuggita a nascondersi nella dependance in giardino fino alla fine della serata. Odiava le feste estive. Si svolgevano sempre tra salone e giardino e lei non sapeva mai dove nascondersi. D’inverno fuggiva semplicemente in giardino con la scusa di andare a prendere una boccata d’aria fresca, e poi si nascondeva da qualche parte fino a quando non sentiva tutte le macchine allontanarsi.

“Tasha, è la tua festa, dovresti sorridere di più.”

Si era voltata, con la bocca piena come quella di un criceto, solo per trovarsi di fronte Peggy Carter che le sorrideva dolcemente.

“Zia Peg, è pieno di vecchi. Sembra di stare nel reparto di geriatria di un ospedale. O peggio, in una casa di riposo.” Aveva recuperato un altro crostino con il salmone affumicato e se lo era schiaffato in bocca senza alcuna eleganza. “E poi con chi dovrei intrattenermi? Col Ciclope che sta cercando di reclutarmi per fargli da consulente? Ma mi ci vedi vestita da Men in Black, perché io non mi ci vedo proprio in giacca e cravatta? Non così anonimi per lo meno.”

Peggy le aveva sorriso, spostandole una ciocca di capelli che a suo avviso probabilmente era fuori posto. “Ci sono diversi giovanotti che morirebbero pur di passare qualche minuto in tua compagnia.”

“Così la darei vinta a mamma e Howard, e sai che va contro la mia religione dargli soddisfazioni di questo tipo.” Aveva guardato allora oltre la spalla della donna che le stava di fronte. Aveva notato Steve guardare nella loro direzione ed era sicura che per un solo istante i loro sguardi si fossero incrociati e poi Steve aveva spostato lo sguardo, riprendendo a parlare con Howard e Jarvis.

E lei doveva essersi tradita, perché Peggy aveva voltato la testa, aveva per qualche istante guardato nella direzione di Steve, e poi si era voltata di nuovo verso di lei, sorridendole anche più dolcemente di quanto non avesse fatto in precedenza.

“Vai a salvare Steve, Tasha. Forse gradirebbe più la compagnia di qualcuno più vicino alla sua età.”

Aveva fatto una smorfia guardando prima la donna e poi di nuovo nella direzione in cui era seduto Steve. Si odiava per essere un libro tanto aperto per chiunque. Tranne che per Steve, da quello che aveva potuto notare.

“Non credo. State parlando ancora di quella volta vicino ad Azzano X? Quando Steve era zuppo come un cucciolo abbandonato e disegnava scimmie ammaestrate?”

Peggy aveva riso di gusto. Quella storia gliel’aveva raccontata così tante volte che le sembrava di averla vissuta in prima persona.

“Più o meno. Dovresti seriamente salvarlo dalle grinfie di Howard. Gli sta raccontando cose molto imbarazzanti di quando l’ho aiutato nel ‘46.”

“Sono sicura che Steve preferisca rimanere in tua compagnia ora che finalmente vi siete ritrovati.”

Peggy Carter l’aveva osservata e poi era scoppiata di nuovo in una risata che le veniva dal profondo del cuore.

“Natasha Stark, ti prego! Sei gelosa di me che ora potrei essere sua nonna?” Aveva scosso la testa e l’aveva guardata mettendole entrambe le mani sulle spalle. “Non so cosa tu ti sia messa in testa, signorina, ma non c’è più quel tipo di interesse tra di noi. Steve sarà sempre nel mio cuore e io sarò nel suo, ma sono passati troppi anni per poterli recuperare. Io sono felice che lui sia vivo, sono felice di averlo potuto rivedere. Ma non sarò io la persona che gli starà accanto, e lui parla fin troppo spesso di te.” Le aveva accarezzato una guancia. “Non perdere tempo come ho fatto io, perché poi finirai per pentirtene per gran parte della tua vita.”

Natasha aveva abbassato lentamente lo sguardo. Sapeva di cosa stesse parlando Peggy. Sentiva la nostalgia nel suo tono ogni volta che la donna le aveva parlato di Steve. Sapeva quanto la donna lo avesse amato. Glielo aveva confermato anche Jarvis. E Peggy stessa le aveva detto che aveva rubato delle foto di Steve dal suo fascicolo. Quelle foto erano state le uniche cose che aveva di un uomo che non aveva mai potuto amare come avrebbe voluto.

“Magari potrei effettivamente salvarlo da Howard. Anche solo per infastidire papà. E anche Fury.”

“Questo è lo spirito giusto, bambina mia!” Peggy l’aveva presa per mano e senza darle il tempo di cambiare idea l’aveva trascinata fino alle poltrone dove aveva lasciato i tre uomini. Steve si era alzato non appena le aveva viste avvicinarsi.

“Capitano, che ne diresti di farmi compagnia per un drink?”

“Tasha, stavamo parlando.” Howard l’aveva subito guardata, e non doveva neppure abbassare lo sguardo per sapere che fosse infastidito dalla sua interruzione.

“Howard, lascia che i giovani si divertano. E’ una festa e stai monopolizzando Steve per parlare di qualcosa successo 50 anni fa.” Peggy si era seduta sulla poltrona che aveva occupato per gran parte della serata. “Avranno sicuramente cose più interessanti di cui parlare tra di loro, e Tasha potrebbe essere un’ottima mentore per quanto riguarda la tecnologia in cui Steve presenta ancora diverse lacune.”

“Grazie, Peg. Mi fai sempre sentire come il ragazzino di Brooklyn che non sapeva come parlare alle signore.” Steve aveva sorriso alla donna e Natasha non aveva potuto non notare il profondo affetto che le riservava.

“Sempre a tuo servizio, dolcezza.” Peggy aveva alzato il bicchiere appena riempito da Jarvis verso il Capitano e gli aveva sorriso.

Steve aveva scosso la testa e le si era avvicinato. Le aveva sorriso e il suo sguardo era caduto sulla sua collana.

“Andiamo a fare una passeggiata in giardino? Ho bisogno di sgranchirmi le gambe.”

“Brutta cosa l’età, vero? E’ un miracolo che tu riesca a deambulare così bene senza l’ausilio di un bastone, Capitano.”

“Non smetterai mai di rinfacciarmi la mia età, vero?”

“No, ma perché sei tu che spesso continui a comportarti da vecchietto. I giovani non escono per sgranchirsi le gambe. Si esce per andare a bere di nascosto o per fumare o per fare altre cose che non puoi fare di fronte ai genitori.” E per dimostrargli quanto le sue parole fossero veritiere, prima di uscire in giardino aveva recuperato due bicchieri puliti e una bottiglia di vino.

“Sei impossibile, Natasha Stark.”

Steve le sorrideva, mentre lei lo prendeva per mano e lo conduceva in giardino. Quella sera era illuminato da molte lanterne. Gli ospiti erano ovunque, ma nessuno sembrava prestare attenzione a loro due. E se anche lo avessero fatto a lei non interessava minimamente. Steve stringeva la sua mano e la seguiva mentre si allontanavano dalla massa per fermarsi sotto un albero in fiore.

Solo allora Natasha aveva lasciato la sua mano per sedersi sull’erba.

“Potevi avvertirmi, almeno avrei messo la giacca per terra.” Steve le si era seduto accanto, appoggiando la schiena contro il tronco dell’albero.

“E rovinare la tua bella giacca? Di vestiti come questo ne ho un armadio pieno e non so neppure cosa farmene.” Con maestria aveva stappato la bottiglia e versato del vino nei calici. “Brindiamo, Capitano.”

“Brindiamo a te, alla tua laurea e al bellissimo discorso che hai tenuto l’altro giorno.” Steve aveva sfiorato il suo calice con il proprio. La guardava negli occhi anche mentre bevevano un primo sorso di vino, e subito dopo anche Natasha si appoggiava più comodamente sotto l’albero.

“Oh, è solo il naturale corso degli eventi se sei me. Penso che ci fosse gente più meritevole di me per quel discorso, ma se sei Stark e sei considerata un genio è ovvio che quel ruolo spettassea me. Per la cronaca mi ha aiutato Rhodey a scrivere il testo. Se lo avessi scritto io sarebbe andato più o meno così: “Grazie per questi tre anni di feste, alcool e sesso. Il caffè della mensa fa schifo, fate qualcosa per migliorarlo. Cercate di migliorare anche la misoginia che avete nel cervello. E ci rivediamo a settembre per il mio dottorato.” E avrei sbattuto il microfono sul podio come fanno i rapper alla fine delle loro esibizioni. Ma Rhodes ha detto che non potevo. E’ sempre lui quello responsabile del duo.”

“James ti vuole davvero molto bene.”

“Sì, puoi dirlo forte. Siamo stati inseparabili per tutti questi anni di studi, e ora quello stronzo ha deciso di arruolarsi. Ma ti pare che devo essere circondata da militari sempre? Forse dovrei arruolarmi anch’io.”

“Onestamente non credo faccia per te. Troppa disciplina e regole.”

“Mi conosci bene, devo dire.” Aveva alzato un’altra volta il bicchiere verso di lui e aveva bevuto subito dopo.

“E’ bello vedere che Peggy e Howard non si siano persi di vista nonostante il passare degli anni.” Steve aveva parlato dopo un attimo di silenzio.

“Peggy dice sempre che non può lasciarlo senza supervisione per più di un tot di tempo. Ma so che in realtà sono affezionati uno all’altro tutto sommato. E Peggy è l’unica donna che mio padre abbia mai davvero rispettato.” Aveva guardato verso la casa. Suo padre riservava a Peggy sempre un trattamento diverso. Lo aveva notato nel corso degli anni e glielo aveva anche raccontato Jarvis che quando erano giovani Howard ci aveva anche provato con Peggy, ma più perché era nel suo carattere provarci con tutte che per reale interesse sessuale verso la donna. Peggy era sempre sopra le altre.

“Non dire così. Rispetta anche tua madre e te.”

“Oh, no no, Capitano! Matrimonio di pura convenienza per generare un erede maschio, ma sorpresa sono uscita io e hanno già faticato ad avere me.” Aveva guardato Steve e aveva sorriso un po’. “Papà si è sposato tardi e mamma non riusciva a rimanere incinta. Gli sono capitata quando papà aveva già superato i 60. Immagina la sua gioia. Riesce finalmente a concepire un erede a cui lasciare tutto, e gli nasco io. Una femmina. Un genio, ma femmina.”

“Howard parla spesso di te. Lui riconosce le tue doti e ti ammira. Non gli piace il modo in cui lo stai antagonizzando.” Steve le aveva sorriso. “Lunedì parti, no?”

Natasha aveva annuito, spostando lo sguardo da quello di Steve.

“Sì, con Ty. Staremo via due settimane per festeggiare le nostre lauree. E sì, per dare fastidio alle nostre famiglie.” Non riusciva a guardarlo. Parlargli di un altro uomo la metteva molto a disagio e solo raramente avevano parlato di Tiberius.

“Forse sono un po’ troppo all’antica, ma penso che dovresti mettere in chiaro la tua relazione con quel ragazzo. So che adesso i tempi sono cambiati, ma non voglio che la gente parli male di te.”

“Ormai ci sono così abituata che neppure mi interessa cosa scrivono. Interessa di più a mamma e papà, e al consiglio d’amministrazione dell’azienda. Sai, potrei dare una brutta reputazione alle Stark Industries.”

Aveva sospirato e si era voltata di colpo quando aveva sentito la mano di Steve sulla sua. Le aveva guardate e poi aveva guardato Steve. La guardava in modo serio, ed era bellissimo anche così. Ormai non si stupiva neanche più di trovarlo bello con qualsiasi espressione decidesse di esibire.

“Probabilmente devi solo trovare la persona giusta, ma sei giovane ed è giusto che tu faccia le tue esperienze.”

“Ho già trovato la persona giusta, ma lui non ha trovato me.”

“Allora è proprio uno sciocco e non sa cosa si perde.”

“Oh, lo è moltissimo.”

Gli aveva sorriso e aveva distolto lo sguardo prima di fare qualche sciocchezza, come baciarlo o dichiarargli i propri sentimenti. Questa era una cosa che non avrebbe mai potuto fare per paura di perdere anche quel poco che avevano costruito insieme.

 
   
 
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