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Autore: Xion92    08/06/2017    4 recensioni
Introduzione breve: se immaginate un sequel di TMM pubblicato su Shonen Jump invece che su Nakayoshi, probabilmente verrebbe fuori qualcosa di simile.
Introduzione lunga: Un'ipotetica seconda serie, in cui il tema serio di fondo è l'integralismo religioso e il nemico principale è un alieno, Flan, intenzionato a portare a termine la missione fallita nella serie precedente. E' suddivisa in tre parti:
I. In questa parte c'è il "lancio" della trama, del nemico principale, l'iniziale e provvisoria sconfitta di gran parte dei personaggi, l'approfondimento della relazione tra Ichigo e Masaya, fino alla nascita della loro figlia;
II. Questa parte serve allo sviluppo e all'approfondimento del personaggio della figlia di Ichigo, Angel, la sua crescita fisica e in parte psicologica, la sua relazione con i suoi nonni e col figlio di Flan, i suoi primi combattimenti in singolo;
III. Il "cuore" della storia. Torna il cast canon e i temi tornano ad essere quelli tipici di TMM mescolati a quelli di uno shonen di formazione: spirito di squadra, onore, crescita psicologica, combattimenti contro vari boss, potenziamenti.
Coppie presenti: Ichigo/Masaya, Retasu/Ryou.
Nota: rating modificato da giallo a arancione principalmente a causa del capitolo 78, molto crudo e violento.
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aoyama Masaya/Mark Aoyama, Ichigo Momomiya/Strawberry, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buonasera fanciulle, e oggi, con la fine dell'anno scolastico, metto anche il capitolo nuovo (per la gioia di voialtre che mi seguono che ancora andate a scuola). Lo specchietto esplicativo stavolta lo metto qua sotto, che faccio prima. In una delle prime righe del capitolo, si parla del KFC, la catena di fast food, associata al Natale. Questo perché in Giappone di Natale è tradizione andare in questi fast food a mangiare pollo fritto. E il tutto solo per una vecchia campagna pubblicitaria molto ben riuscita!

Buona lettura!

 

Capitolo 76 – Una decisione rischiosa


Era ormai arrivato il 15 di dicembre. A Tokyo le giornate si andavano sempre più accorciando, stavano iniziando ad arrivare le gelate notturne, e anche di giorno non era più possibile andarsene in giro senza la giacca a vento, il berretto e i guanti.
Era il periodo dell’anno più buio e più freddo. Ma, a ravvivare l’ambientazione e a scaldare un po’ i cuori, ci si stava mettendo il Natale che era sempre più imminente. Tutte le strade dei vari quartieri erano addobbate con luci colorate, gli alberelli ai lati dei viali non si distinguevano più da sotto la coltre di lucine bianche che gli erano state legate intorno, i ristoranti della catena Kentucky Fried Chicken avevano ormai le liste piene di prenotazioni per la notte di Natale, ogni vetrina di pasticceria era piena di Christmas Cake, e i negozi di giocattoli e di cianfrusaglie strabordavano di oggetti adatti ad essere regalati.
Angel, che non aveva mai vissuto il Natale prima di arrivare in quella Tokyo, era più stupita per l’effetto che quella festa aveva di rinvigorire l’ambiente cupo dell’inverno che per la celebrazione in sé. Persino al Caffè, dai primi di dicembre, il boss li aveva messi sotto e aveva incaricato, lei e gli altri amici, di decorare il locale con nastri e palline colorate. Era stato un lavoraccio sistemare tutte quelle decorazioni nel modo che al boss andasse bene, visto che secondo lui, se erano sistemate in modo moderato, non attiravano abbastanza clientela. Ma, pensò, se tutta la gente era presa da quella frenesia per gli acquisti e le decorazioni luccicanti, un motivo ci doveva essere. Una volta che si trovava in giro per il centro con Ichigo, ebbe modo di chiederglielo.
“Ichigo, mi spieghi da cosa viene questa festa? Perché la festeggiate?”
L’altra ragazza, che le camminava a fianco, si arrestò e si grattò la tempia perplessa.
“Mi chiedi troppo, Angel. Il Natale è una bellissima festa, ogni anno la aspetto con impazienza, soprattutto da quando sono fidanzata. Ma non so proprio dirti da dove venga…”
Angel rimase delusa. “Non lo sai?”
“So solo che è una festa che viene dall’Occidente. Dovresti chiedere a Shirogane, lui lo sa di sicuro.”
Angel, a quella proposta, fece una smorfia. “Figuriamoci se il boss ha voglia di spiegarmelo… però non è l’unico fra noi a sapere queste cose, suppongo.”
Rientrata al Caffè, prima che iniziasse il turno si avvicinò a Zakuro. Era severa e fredda, d’accordo, ma Angel sapeva che ponendosi con lei nel modo giusto sarebbe di sicuro riuscita a cavarle una risposta gentile ed esauriente. Non come quel boss dei suoi stivali!
“Sai una cosa, Zakuro?” le disse attirando la sua attenzione. “Questo Natale che si sta avvicinando mi incuriosisce davvero moltissimo, ma non ne avevo mai sentito parlare prima. Mi spieghi da dove viene e perché si festeggia?”
Zakuro la guardò per un po’, con una traccia di comprensione negli occhi, poi rispose senza distacco: “il Natale non è una festa giapponese. Si festeggia nei paesi Cristiani, dove ha un significato religioso molto profondo. Io la festeggerò così, andando alla messa di mezzanotte e pregando. Ma qui ha solo un significato commerciale, e tutti i negozi e gli uffici rimangono aperti. Per come viene intesa in Giappone, non penso che a te debba interessare in modo particolare.”
“Oh… ho capito”, rispose Angel, anche se l’ultima frase le aveva fatto venire dei dubbi. Non aveva capito cosa Zakuro intendesse. Perché lei non avrebbe dovuto festeggiare il Natale?

Quella sera, a cena, Keiichiro si rivolse ad Angel.
“Angel-san, ho sentito quello che hai chiesto prima a Zakuro-san. Non hai capito bene quello che intendeva?” le chiese gentilmente.
Angel appoggiò le bacchette di fianco al piatto ed annuì. “In effetti, non tantissimo.”
“Quello che Zakuro-san intendeva, quando ha detto che a te il Natale non dovrebbe interessare, è che qui in Giappone questa è una festa per fidanzati. La vigilia, di sera, si esce a cena insieme, si va a fare delle passeggiate in posti romantici, ci si scambia regali, però tra fidanzati”, le spiegò Keiichiro.
“Ah…” fece Angel. “Ha senso. Ecco perché Ichigo è così contenta, ultimamente.” Si stava sentendo un po’ svuotata: in effetti, con quei presupposti, perché quella festa le sarebbe dovuta interessare? Lei non era mica fidanzata.
“Naturalmente non è così dappertutto. Ryou ed io siamo vissuti in America fino a pochi anni fa, e in Occidente è una festa da passare in famiglia. Soprattutto il cenone della Vigilia è molto importante. Si sta tutti insieme, si mangia a una tavola imbandita, si chiacchiera… che bei ricordi”, descrisse Keiichiro con tono nostalgico. Poi sentì Ryou di fianco a lui sbuffare infastidito mentre si portava il bicchiere alla bocca e, agitato, disse subito: “scusami, Ryou, non intendevo riportarti alla mente…”
“Ma certo! Così cambia tutto!” saltò su Angel ridendo dal suo posto, poi si avvicinò a Ryou e gli diede una pacca sulla schiena così forte che il ragazzo, che stava bevendo ignaro, sputò in un sol colpo tutta l’acqua che aveva in bocca.
Ryou, a cui un po’ di liquido era andato di traverso, iniziò a tossire e a darsi dei pugni sul petto. Poi, col viso arrossato, gli occhi pieni di lacrime e il petto che gli si alzava e abbassava freneticamente, si girò rabbioso verso Angel e buttò fuori, ansimando:
“Ragazza… io… io ti… prima o poi io ti…”
“Ma quante storie che fai, boss!” lo esortò Angel, premendosi un indice sulla tempia con aria saputa. “Perché invece non ci arrivi anche te? La tradizione giapponese del Natale è una pizza! Invece quella occidentale è una vera meraviglia! Stare la Vigilia in famiglia, mangiare tutti insieme, divertirsi…”
Quante sensazioni splendide le facevano venire alla mente quelle parole. Insieme ai nonni, Angel non aveva passato nessuna vera festività comandata, ma il concetto di festa lo aveva ben presente anche lei: festa era quando lei o il nonno tornavano dalla giornata di baratto annunciando che erano riusciti a contrattare più del previsto col commerciante facendosi dare più riso del normale; festa era quando andavano a cercare qualcosa da mangiare e riuscivano a trovare more o funghi in quantità sufficiente per sfamarsi; anche lo stare semplicemente tutti e tre insieme, nella loro tenda, stretti uno all’altro, nelle serate buie e fredde dell’inverno, ringraziando di essere una famiglia unita e salda, che si aiutava nelle difficoltà, era una festa.
E ora, nonostante la sua famiglia originaria fosse stata sfasciata, Angel era ben decisa a provare di nuovo quel legame di unione e di allegria che aveva il potere di riscaldare anche quelle brutte giornate; il nonno era morto e la nonna era lontana, non c’era modo per lei di riaverli. Ma ormai quello che sentiva per i suoi compagni di battaglia non era poi molto diverso da quello che aveva provato per i nonni.
Si rivolse ai due uomini.
“Boss! Keiichiro! Sentite qua! Che ne dite se la sera del 24 dicembre organizzassimo una bella festa qui al Caffè? Tanto è già addobbato da giorni, non c’è nemmeno bisogno che ci mettiamo le mani per decorarlo ancora. Prepariamo un sacco di roba da mangiare per la cena e pensiamo anche a dei giochi da fare dopo. E così passiamo il Natale insieme tutti e nove! Che ne pensate?”
Il viso di Keiichiro si illuminò a quella proposta. “È davvero una bella idea! La descrizione che hai fatto è proprio quella di un vero Natale all’occidentale. Da quanti anni non ne festeggio uno come si deve… Però Ryou…” obiettò alla fine.
“Infatti”, annuì lui, che nel frattempo si era ripreso. “Io e Retasu non ci saremo. È da mesi che abbiamo preso questo impegno. E anche Aoyama e Ichigo…”
Angel lo interruppe con un gesto della mano. “Fate pure, voi quattro. Vuol dire che noialtri cinque ci divertiremo anche per voi. Allora, che ne dici, Keiichiro?”
Il più grande non trovò nulla in contrario a quell’idea.
“Se ne sei davvero convinta, proponilo domani alle altre. Da parte mia, puoi star tranquilla che tirerò fuori il meglio della mia cucina”, rispose Keiichiro strizzandole l’occhio.
“E con uno chef così, di sicuro non correremo il rischio di non mangiare abbastanza”, rise Angel, passandosi la lingua sulle labbra.

Il giorno dopo, quando il turno fu finito, Angel aspettò che gli altri ragazzi si accomodassero sulle sedie per il rito della chiacchierata post-lavoro, e ripeté la proposta che aveva fatto ai suoi capi.
“Perché, noi che per la sera di Natale non abbiamo niente da fare, non facciamo una festa qua al Caffè?”
Tutti gli altri si girarono a guardarla stupiti.
“Ma sì!” insisté Angel. “Sapete come si festeggia il Natale in occidente? Si fa il cenone della Vigilia in famiglia. Qua non c’è questa usanza, quindi penso che siate liberi quella sera. Stiamo qua tutti insieme, mangiamo, giochiamo e parliamo fino all’ora di andare a letto. Perché poi il giorno dopo c’è scuola.”
“Ma pensa te”, fu il primo commento di Minto, facendo una risatina. “Pure la notte di Natale dovrei mescolarmi alla plebaglia!”
Ma Angel non se ne preoccupò, perché sapeva che quando Minto rideva in quel modo voleva dire che non la trovava un’idea cattiva.
“Sì! Sì! Sì! Bu-ling è assolutamente d’accordo!”, esclamò la più piccola eccitata, avvicinandosi a Angel e salendole sulla schiena. “Lei vi intratterrà per tutta la serata! Ci sono ancora tanti, tantissimissimi numeri che ancora non avete mai visto! Il meglio del meglio del repertorio di Bu-ling!”
“Quindi siamo a posto pure per l’intrattenimento. Oh! Ovviamente porterai anche i tuoi fratelli, mica li lasciamo soli ad annoiarsi a casa”, rincarò Angel mettendole le braccia sotto le gambe per trattenerla meglio. “Chissà se Heicha si ricorda di me…”
“Ma sì che si ricorda di te”, la rassicurò la più piccola. “E i fratelli di Bu-ling verranno molto volentieri.”
Zakuro fece un sorrisetto. “È una bella idea. Ascolterò volentieri le vostre chiacchierate. Almeno mi tornerà un po’ di America alla mente.”
“Però se pensiamo a dei giochi devi partecipare anche te”, le disse Angel. “In campeggio non hai voluto fare nessun gioco che proponevo la sera attorno al fuoco. Eppure erano tutti giochi che facevo da piccola coi nonni.”
“Ma figuriamoci se Zakuro-neesama parteciperebbe mai a giochi popolani e grezzi come questi”, intervenne Minto, con le mani sui fianchi e una smorfia disgustata.
“Quindi te non vieni?” le chiese allora Angel.
Minto ci pensò. “Sì, verrò. Ormai ho capito che le tue idee non sono proprio da buttare”, le sorrise infine. “A casa mia mi annoierei soltanto, qui no di sicuro.”
“Ehm, Angel-san…” si intromise Retasu. “È veramente un’idea carina, davvero. Però… però io…” e non riuscì a proseguire, anche se il suo rossore parlava per lei.
“Non preoccuparti”, la tolse dall’imbarazzo Angel. “Il boss mi ha detto. Andate pure a cena fuori.” Poi si girò verso Masaya e Ichigo, che finora non avevano parlato.
“Anche voi, vero?”
“Sì, anche noi”, rispose pronta Ichigo, stringendosi al suo fidanzato.
Masaya non disse nulla, ma lanciò ad Angel uno sguardo che chiedeva comprensione.
“Non preoccupatevi, voi quattro festeggerete come si fa qui in Giappone”, rispose lei. “Allora, per il resto ci siamo tutti? Siamo in cinque alla fine, più tutti i fratelli di Bu-ling saremo dieci. Sono sicura che verrà fuori una serata bellissima!”, concluse con entusiasmo, e Minto, Bu-ling, Zakuro e Keiichiro annuirono sorridendo.
Ryou, dopo essersi grattato la testa, aggiunse: “anche se non ci sarò alla festa, supervisionerò il tuo lavoro di organizzazione. Sennò quando torno non so come mi ritroverò la casa.”
“Oh, boss, che onore!” commentò Angel, in un modo che non si capiva se parlasse sul serio o se fosse ironica.

Quella sera, mentre Masaya e Ichigo tornavano a casa, la ragazza chiese:
“come ti sembra che sia stata questa idea di Angel?”
“Penso che abbia avuto una bella idea. Alla fine, non è giusto che siamo solo noi quattro a godere del Natale”, rispose lui, pensoso.
“Già, ammetto che se avessero organizzato questa festa un altro giorno, mi sarei unita volentieri. Ma la notte di Natale preferisco di gran lunga passarla con te”, e si strinse al suo braccio. “Ti ricordi l’anno scorso?”
“Sì”, rispose Masaya. “Anch’io preferisco passarla insieme a te.”
E non c’era la minima ipocrisia in questo. Masaya, in quegli ultimi mesi, a furia di tenersi tutto dentro e di non comunicare a Ichigo quello che pensava di questa situazione che si era venuta a creare fra loro due ed Angel, era arrivato al limite della sopportazione. Se all’inizio era stato abbastanza facile per lui far finta di nulla con Ichigo dei sentimenti contrastanti che provava, col passare delle settimane e dei mesi il suo senso di vergogna si era fatto sempre più intenso e insopportabile.
Non sapeva nemmeno più lui cosa pensare: da un lato amava Ichigo come prima della discussione che avevano avuto, e sapeva che non sarebbe mai riuscito a fare a meno di quella ragazza così semplice che aveva avuto il potere di tirarlo fuori dal suo baratro. Dall’altro la consapevolezza che per lei Angel non era quello che era per lui metteva una barriera fra loro due ogni volta che provava a lasciarsi andare con lei. Tanto che si stava rendendo conto, man mano che il tempo passava, che non la abbracciava e baciava nemmeno più come una volta; se prima la prendeva e le dimostrava il suo amore nei momenti più impensati e in modo totalmente spontaneo – quella spontaneità che lei era riuscita in parte a trasmettergli – ora le rivolgeva delle effusioni quasi solo quando era lei a richiederle. E in ogni caso erano sempre un po’ fredde e distaccate.
Non aveva idea se lei si fosse accorta di qualcosa o meno; tutto quello che sapeva era che non era giusto, soprattutto nei suoi confronti, andare avanti così. Non poteva aspettare che Flan venisse sconfitto e che Angel se ne andasse: la sua dignità e il suo onore li doveva conservare, e Ichigo si meritava che lui fosse sincero con lei. Perciò, come l’anno prima aveva confessato alla sua ragazza quello che si teneva dentro, gliel’avrebbe confessato anche quest’anno. Avrebbe aspettato che arrivasse la notte di Natale. Sarebbero andati a mangiare insieme, avrebbero camminato un po’, e al momento opportuno si sarebbero fermati e lui le avrebbe raccontato tutto. Del litigio che avevano avuto e che ormai lei si era dimenticata, di tutto quello che aveva provato, e le avrebbe anche spiegato il suo modo di comportarsi degli ultimi mesi. Lui poteva solo confessare. Se prima, la notte in cui avevano litigato, gli era balenata nella mente l’idea di lasciarla per la rabbia e la frustrazione che aveva provato, ora di quell’intenzione in lui non era rimasta più traccia. Non era suo, ora, il compito di decidere. Era di Ichigo. Lui, nel suo cuore, era già pentito, e quello che ardentemente sperava era che Ichigo riconoscesse i suoi errori, lo perdonasse e accettasse di ripartire insieme a lui: non voleva perdere quella ragazza, il loro legame era qualcosa di troppo profondo perché potesse finire così. Desiderava con tutto se stesso proseguire la sua vita insieme a lei, poterla sposare appena possibile e dare vita a una famiglia con lei al suo fianco. Ma sapeva che ora la prossima mossa era di Ichigo, e lui avrebbe accettato ogni sua scelta. Se Ichigo fosse rimasta offesa dalla sua confessione e avesse deciso di lasciarlo, lui lo avrebbe accettato, perché lei ne avrebbe avuto ogni ragione. Angel ne avrebbe di sicuro sofferto, ma purtroppo, per quanto lui la amasse, avrebbe dovuto rassegnarsi.  Poteva solo aspettare che arrivasse il 24 dicembre, e una cosa l’avrebbe già fatta: non avrebbe più osato baciarla finché quella sera non fosse arrivata, finché lui non le avesse confessato tutto, e finché lei non lo avesse perdonato. Era il minimo che potesse fare.
Infatti, nel momento in cui si separarono al cancello della casa di Ichigo, lei si stupì del fatto che lui la abbracciasse ma non andasse più in là.
“Aoyama-kun, cosa ti succede?”, gli chiese meravigliata, mentre era stretta a lui.
“Nulla, Ichigo”, rispose Masaya stringendola più forte, sperando che questo distogliesse la sua attenzione dal fatto che lui non la baciasse.
Per fortuna, visto che la serata era gelida e quell’abbraccio caldo era durato a lungo, lei ne fu soddisfatta, e rientrò in casa senza porgli altre domande.
Masaya tirò un profondo sospiro e si allontanò verso casa sua.

I giorni successivi Angel, nei momenti liberi, non fece che girare per i negozi con Ichigo – che si era prestata ad aiutare nella preparazione della festa anche se non sarebbe stata presente – a cercare ogni nastro o pallina colorata che le andasse a genio. Questo perché Keiichiro aveva parlato alla sua coinquilina della tradizione dell’albero di Natale, cioè di un abete ricoperto di decorazioni che veniva montato proprio per questa festa. Ichigo, che aveva passato il Natale precedente proprio sotto un albero di quel tipo, lo conosceva bene, ma Angel non ne aveva mai visto uno, e quindi il pensiero di avere un albero così dentro casa la riempiva di eccitazione.
Una volta che ebbero comprato un albero di plastica alto quasi tre metri e tutti gli addobbi per decorarlo – Ryou gli aveva imposto un albero finto, perché uno vero perdeva gli aghi –, tornarono al Caffè trionfanti. Ryou, quando vide che razza di mostro ingombrante gli avevano portato in casa quelle due, dovette trattenersi per evitare di sbattere fuori sia loro che l’albero.
“Ma siete impazzite?! Dovevate comprarne uno piccolo, alto un metro e mezzo da mettere in un angolo. Dove lo mettiamo un affare così?!”
“Ma che metro e mezzo e metro e mezzo?” rispose subito Angel. “Qua se si fa una roba, la si fa per bene. Il soffitto del salone è molto alto. Se questo albero lo mettiamo in mezzo farà una bellissima figura!”
Ryou sospirò esasperato e alzò le braccia al cielo. “E allora fa’ come ti pare. Basta che non dia fastidio ai clienti.”
“Figurati, Shirogane, anche loro saranno contenti”, lo rassicurò Ichigo.
Fu l’unico del gruppo a trovare qualcosa da ridire sulle dimensioni dell’albero. Gli altri ragazzi rimasero meravigliati e impressionati, e approvarono all’unanimità la scelta di Ichigo e Angel. Bu-ling, eccitatissima, si mise a saltellare attorno all’albero piazzato al centro del salone.
“Ci pensa Bu-ling a decorarlo! Sì, sì! Sarà il più bell’albero di Natale mai esistito!” ripeteva mentre saltava.
E addobbò tutto lei davvero. Prima dell’inizio del turno pomeridiano, si diede da fare per appendere ai rami le palline colorate e i nastri che Angel e Ichigo avevano comprato. L’altezza considerevole dell’albero per lei non era un problema: quando un ramo era troppo in alto per la sua portata, spiccava un salto e ci infilava una decorazione prima di ricadere giù. Ci mise meno di mezz’ora a completare il lavoro, e quando ebbe finito si girò verso Angel, che si era fermata in disparte a guardarla ammirata.
“Angel-neechan, bisogna ancora mettere la stella sulla cima, ma è davvero troppo alto per Bu-ling.”
“Allora vado a prendere la scala giù di sotto”, propose la ragazza, ma Bu-ling la fermò.
“Ma quale scala? Se prendi Bu-ling sulle spalle facciamo molto prima!” esclamò la più piccola battendosi il petto.
Angel era un po’ dubbiosa a quella proposta, ma in fondo Bu-ling aveva dato prova di capacità equilibriste ben maggiori di quelle che avrebbe dovuto usare ora. Perché non provare?
Allora si accucciò a terra lasciando che la ragazzina, con la stella stretta in mano, le si arrampicasse sulla schiena. Aspettò che le ebbe poggiati i piedi sulle spalle e strette le mani attorno alla testa e iniziò lentamente a sollevarsi. Non era preoccupata: sentiva che la presa di Bu-ling era ben salda e non percepiva alcuna esitazione da parte sua. Una volta che fu di nuovo in piedi, si avvicinò all’albero più che poteva. Allora anche Bu-ling si alzò in piedi sulle sue spalle e, protendendosi in avanti, cercò di raggiungere la cima dell’albero per infilarci la stella. Ma, anche tendendo il braccio al massimo, non arrivava alla cima. Allora si sporse ancora più in là.
Angel stava iniziando a sudare freddo. Sentiva che il baricentro si stava spostando troppo in avanti. “Sta’ ferma. Non ti sbilanciare così!” esclamò allarmata, tenendole ben strette le caviglie.
Bu-ling allora, invece di starla a sentire, cercò di allungarsi ancora di più, visto che mancavano pochi centimetri. Angel, istintivamente, fece un passo avanti per cercare di recuperare un po’ di equilibrio, e la ragazzina le sfuggì dalle spalle capitombolando in avanti. Finì dritta addosso all’albero, rovesciandolo e capitombolando insieme a lui per terra, mentre tutte le decorazioni si staccavano dai rami, facendo un fracasso terribile appena toccavano il pavimento.
A tutto quel rumore, Ryou uscì dallo studio come un turbine e, quando vide lo spettacolo che gli si stagliava davanti, si rivolse furioso ad Angel, che era l’unica ad essere rimasta in piedi.
“Ma che accidenti state facendo nel mio salone?!”
Angel, che era rimasta con un’espressione attonita e scioccata in viso, rispose a fatica: “e che cavolo ne so? Io ho solo fatto un passo in avanti… oddio, tutto per terra…”
Ryou non mostrò nessuna pietà. “Adesso sono cavoli tuoi! Guarda che macello! Figlia di tua madre, vi avevo detto di comprare un abete di quelli piccoli! Mi sarete state a sentire? Certo che non mi sarete state a sentire, sempre di testa vostra fate!”
A quelle parole, Angel si indispettì. “Lascia stare la leader, boss!”
Solo dopo aver parlato si ricordò che c’era pure Bu-ling lì con loro. La quale, dopo aver fatto venir fuori la testa dalle fronde dell’abete, chiese tutta curiosa: “che c’entra Ichigo-neechan con tua mamma, Angel-neechan?”
“Ma niente”, rispose subito Angel alzando le spalle.
Nonostante l’arrabbiatura di Ryou e il disastro combinato, Angel, che possedeva una grande forza fisica, e Bu-ling, che era molto veloce ed agile, ci misero poco a risollevare l’albero e a rifare tutto. Però, la seconda volta, quando fu il momento di mettere la stella sulla cima, andarono a prendere la scala di sotto.
Alla fine erano esauste, ma quell’abete decorato e sfavillante piazzato in mezzo alla sala faceva la sua ottima figura.
“Guarda qua che meraviglia! Anche i clienti ne saranno contenti. Considera un incremento delle vendite, boss!”, gridò Angel trionfante a Ryou, che, appoggiato alla parete, si limitò a sbuffare.

Arrivata la mattina del 24 dicembre, ormai tutto era quasi pronto. Anche il cibo. Nonostante Keiichiro avesse molto da fare con la pasticceria, aveva preso davvero sul serio il suo compito di cuoco per il cenone della Vigilia, e occupava ogni minuto del suo tempo libero per preparare tutti i piatti tipici di una cena di Natale all’americana. Angel sapeva che nel menù aveva incluso il tacchino ripieno di castagne, il purè di patate, la salsa di mirtilli, lo zabaione e forse anche qualcos’altro. Non si preoccupava del mangiare, sapeva che con Keiichiro tutte loro erano in ottime mani. C’era più che altro una cosa che le dava da pensare.
“E in aggiunta a tutto questo, che bevande vogliamo comprare?” aveva chiesto al suo tutore durante la stesura del menù.
Ryou, che era stato lì con loro anche se non avrebbe partecipato alla cena, aveva risposto subito: “le bibite, no? Coca, aranciata, cose così.”
“Non mi hai capito”, aveva risposto Angel, impaziente. “Io intendo qualcosa che dia allegria, magari un po’ di spumante, che ne so? Per fare un bel brindisi!”
“Te lo puoi scordare!”, aveva risposto Ryou, duro. “Tu la sera di Natale non berrai proprio nessun alcolico! E scordati anche di toccare le mie birre di sotto! Le conterò prima di partire, e se al mio ritorno ne mancherà anche una soltanto, sarà peggio per te!”
“Ma boss!” aveva protestato Angel, innervosita. “Ma se te vai al ristorante a cena, che te ne frega di quello che facciamo noi qui? Ma è possibile che devi sempre metterti in mezzo? Perché per una volta non ti fai una spadellata di cavoli tuoi?”
“Oh, sono cavoli miei, invece!” aveva risposto Ryou senza cedere. “Pensi che non ti conosca? Tu non ti sai regolare, se inizi a bere non finisci più e poi siamo noi che dobbiamo portarti all’ospedale. Quindi per quella sera dell’alcol ne farai a meno, e basta!”
Angel allora, imprecando sottovoce, si era voltata supplichevole verso Keiichiro. “Ti prego, che festa sarebbe senza un po’ d’alcol a mettere allegria? Magari solo per il brindisi. Non possiamo comprare una bottiglia di spumante?”
Keiichiro, che era più lento a perdere la pazienza rispetto a Ryou, aveva risposto comprensivo. “Angel-san, vedrai che ci sarà allegria anche senza bevande alcoliche. Non è bene che ne beviate, credimi.”
“Dai, solo una bottiglia. Dai!” aveva insistito Angel, che non ne voleva sapere di rinunciare.
Allora lo sguardo di Keiichiro si era indurito appena, e le aveva risposto severo: “ti ho detto di no. Non insistere oltre, Angel-san.”
Allora lei aveva dovuto zittirsi e lasciar perdere.

A questo pensava. E così avrebbero passato una serata di festa senza una buona bottiglia di spumante che tenesse viva l’atmosfera. Ma che problemi avevano i suoi capi? Perché non volevano che almeno per la sera di Natale ci fosse un po’ d’alcol a girare fra loro?
Alla fine arrivò il tardo pomeriggio del 24. Il turno di lavoro era finito, e fra non molto sarebbe iniziata la serata di festa. Masaya, Ichigo, Retasu – che per quella sera aveva fatto a meno degli occhiali e si era messa le lenti a contatto – e Ryou si erano messi degli abiti pesanti ma distinti per la cena fuori, e ora si stavano preparando ad andarsene.
“Mi raccomando, non fatemi trovare il macello quando torno”, si raccomandò Ryou ai cinque che sarebbero rimasti al Caffè. Poi si voltò verso Retasu e le disse gentilmente: “possiamo andare”, e Retasu annuì, col viso un po’ arrossato.
Masaya si rivolse ad Angel: “anche noi andiamo. Fai la brava, e divertiti!”
Angel annuì. “Anche voi, passate una bella serata.”
In risposta a quelle parole, Masaya fissò Angel negli occhi con uno sguardo che le mise soggezione e che la costrinse a distogliere il suo.
Anche Ichigo, eccitata oltre ogni dire, salutò i suoi cinque compagni: “sì, divertitevi! Angel, domani mi racconterai cos’avete fatto mentre andiamo a scuola. Anche io ti racconterò la mia serata. Beh… non proprio tutto, sai com’è”, disse l’ultima frase ridacchiando imbarazzata. “Andiamo, Aoyama-kun!”
Il ragazzo si allontanò con lei, ma con negli occhi una tensione di fondo che lo faceva apparire più come se dovesse andare a sostenere un esame che a passare una serata romantica e lieta.

Angel rimase a guardarli allontanarsi e, una volta che le due coppie ebbero svoltato l’angolo, annunciò ai suoi amici: “andati!”
“Sì! Siamo soli soli noi cinque!”, gridò Bu-ling. “Adesso Bu-ling va a prendere i suoi fratelli! Sarà di ritorno in un attimo!” e uscì di corsa dal portone diretta verso casa.
Allora Angel rientrò nel Caffè e osservò l’atmosfera. Finito il turno, lei, Minto e Zakuro avevano spinto cinque tavolini insieme in modo da formare un’unica grande tavolata, l’abete decorato troneggiava in mezzo alla sala, e un profumo delizioso arrivava dalla cucina.
Minto e Zakuro si erano già sedute a tavola, visto che non mancava molto all’inizio della cena. Keiichiro era in cucina a sistemare le ultime cose.
A quel punto una scintilla brillò negli occhi di Angel. Aveva ricevuto un no categorico riguardo una questione, ma non aveva nessuna intenzione di rassegnarsi.
Facendo finta di niente, sgusciò dalla sala e si rifugiò al piano di sopra. Una volta che fu sola, andò in bagno, raggiunse lo specchio sopra il lavandino e osservò il suo riflesso. Ora doveva compiere una scelta, doveva prendere una decisione: sia il boss che il tutore le avevano proibito di bere durante la cena di Natale. Ma lei non aveva nessuna intenzione di passare quella serata senza nemmeno un bicchierino di spumante, o l’avrebbe considerata riuscita a metà.
Qui, ora, si vedeva la differenza fra i veri uomini e i disgraziati. Doveva rinunciare a una sua volontà e a un suo desiderio per obbedire in toto ai suoi capi, come avrebbe fatto un vero guerriero, o per una volta poteva mandarli a quel paese e procurarsi in qualche modo lo spumante?
Che scelta difficile ora doveva fare. Capi o spumante? Spumante o capi?
L’appassionante e grave quesito oppresse la mente della ragazza per un tempo di cinque secondi.
“Spumante!” esclamò infine convinta al suo riflesso nello specchio.
D’accordo, sarebbe venuta meno ai suoi princìpi di cieca obbedienza nei confronti dei suoi superiori. Ma, per quanto si sforzasse, non riusciva a mettere la sottomissione ai suoi capi sopra un bicchierino di alcolico in una serata di festa. Se ne sarebbe pentita, lo sapeva. Ma, per una volta, non sarebbe mica morto nessuno, no?
Perciò, senza fare rumore, uscì dal bagno e si guardò in giro. Tutto bene. Erano ancora tutti di sotto, e Bu-ling coi suoi fratelli non era ancora rientrata. Si introdusse allora nella stanza di Keiichiro, e pescò il suo portafogli dal cassetto del comò. Lo aprì e, con gran sollievo, vi trovò dentro la sua carta di identità. Non avrebbe mai potuto sperare che un negoziante le vendesse una bottiglia di alcolico, visto che non aveva ventun anni. Ma, se avesse mostrato questa carta e avesse dichiarato che la voleva comprare per lui, di sicuro gliel’avrebbero venduta.
Rimise a posto il portafogli e andò di corsa in camera sua. Aprì la busta in cui teneva conservata con cura la paga di tutti quei mesi e ne pescò qualche banconota. L’unica cosa che un po’ la preoccupava era la reazione che Keiichiro e il boss avrebbero avuto al vedere che aveva disobbedito a un loro esplicito ordine. Si sarebbero arrabbiati molto, di sicuro.
Ma neppure quella prospettiva fece desistere Angel dal suo proposito. “Come diceva il nonno, vuol dire che faranno due fatiche!”, risolse con un’alzata di spalle.
Aprì poi la finestra della camera, preparandosi a buttarsi di sotto, senza neanche preoccuparsi di prendere la giacca. Non poteva scendere le scale e uscire dalla porta, se ne sarebbero accorti tutti. In questo modo invece, con un po’ di fortuna, nemmeno si sarebbero resi conto che sarebbe mancata per un po’. Stava per lanciarsi, quando un dubbio le attraversò il cervello in un lampo.
“Non allontanarti da sola. Non stare mai lontana da noi”, sentì le voci preoccupate del boss e di Masaya nella testa.
Allora si fermò, perplessa, sul bordo della finestra. Era vero. Aveva trascurato questo importante fattore. Di tutte le regole, facili e difficili, che lei doveva rispettare, una era la più ferrea, la più fondamentale: mai stare da sola. Da quando, la primavera precedente, era stata attaccata da Waffle al parco, lei non si era mai separata dai suoi compagni. Sia che fosse in casa, sia che fosse in giro, Angel era sempre stata in compagnia di qualcuno, perché questo era l’unico modo in cui poteva tutelarsi. A differenza dei suoi amici, lei non poteva chiedere aiuto, non poteva mettersi in contatto con loro. Se adesso fosse uscita e fosse andata a comprare la bottiglia di spumante, sarebbe stata completamente sola e isolata. Per la prima volta, in almeno otto mesi. E i suoi amici nemmeno sapevano che stava per uscire. Se le fosse successo qualcosa, chi l’avrebbe trovata più?
A quel punto, la parte ragionevole e razionale della sua mente si mise in moto e, aggiungendosi alle voci di Ryou e di Masaya, si mise a ripeterle di lasciar perdere, di rimanere in casa al sicuro.
Ma, dopo lunghi minuti di esitazione, Angel, troppo tentata dalla prospettiva di una buona bottiglia di alcolico, trovò una soluzione: il negozio più vicino non era molto lontano. Andando veloce, tra l’acquisto e tutto, ci avrebbe messo non più di dieci minuti. Cosa mai poteva capitarle in dieci minuti? Non c’era il tempo materiale perché potesse accaderle qualcosa di spiacevole.
Avrebbe fatto svelto, sarebbe rientrata fra poco e avrebbe passato una bellissima serata coi suoi amici, con tanto di brindisi prima dell’inizio della cena.
Perciò, dopo aver messo a tacere le tre voci nella sua mente – la sua, del suo capo, di suo padre – senza più esitare e coi soldi e la carta d’identità ben stretti in mano si lanciò dalla finestra, ritrovandosi sola sul praticello sottostante.

 

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Non dico come andrà a finire questa cosa. Vi dico solo che questa parte della storia era da più di un anno che non vedevo l'ora di scriverla. Il prossimo capitolo arriverà presto, dopodiché farò la prossima cover (e stavolta ci metterò meno tempo, perché d'ora in poi inchiostrerò direttamente sul foglio invece che al computer. Ad inchiostrare al computer ci metto i giorni, a mano una mezz'ora scarsa).

Al prossimo aggiornamento!

   
 
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