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Autore: MaxB    08/06/2017    6 recensioni
Non avete mai pensato, giocando con un videogame, leggendo un libro o guardando un film: "Questi due mi ricordano tantissimo i protagonisti di ***"?
Ecco come nasce questa raccolta di crossover: una rivisitazione di storie che hanno per protagonisti personaggi che mi ricordano da matti Gajeel e Levy. Alcune sono semplici sostituzioni di persona con dettagli cambiati, altre saranno leggermente stravolte.
Le ambientazioni saranno le più disparate, ma avranno come unico filo conduttore l'amore dei nostri due meravigliosi Gajeel e Levy.
1. Il Trono di Spade
2. Mulan
3. Uncharted
4. Titanic (...meno terribilmente triste dell'originale... circa)
Genere: Fantasy, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gajil Redfox, Levy McGarden, Pantherlily
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note pre-lettura: poco da dire, Uncharted è uno dei miei videogiochi preferiti, sono ossessionata (ho pure la collana (poi capirete che collana) che indosso giorno e notte). Uncharted è una serie di 4 giochi e in base al successo di questo primo esperimento vedrò se spoilerarvi il seguito. OCCHIO AGLI SPOILER PER CHI VUOLE GIOCARE!


Uncharted

Personaggi sostituiti
Nathan "Nate" Drake: Gajeel Redfox
Elena Fisher: Levy McGarden
Victor Sullivan: Panther Lily...van
Navarro: Zeref


 
- Ne sei certo?
- Dimmi, Gajeel, quante altre isole sperdute nell’oceano e occultate alle carte vedi su questa mappa?
Il tono tagliente di Lily gli fece fare una smorfia.
Gajeel Redfox, promettente scopritore di tesori per vie illegali, aveva appena riesumato la tomba del suo antenato, ser Francis Redfox, dal fondo dell’oceano. Come si era aspettato, il sarcofago era vuoto: ser Francis non era morto lì. Non era morto lì proprio per niente. All’interno della tomba aveva trovato una vecchia mappa spiegazzata e un taccuino pieno di fitti appunti ormai sbiaditi per colpa del buio e dell’umidità, ma almeno Gajeel aveva avuto la conferma di ciò che gli interessava: El Dorado esisteva, ed era seppellito su un’isola segreta a cui era possibile arrivare solo grazie a quella mappa che lui e il suo compagno stavano consultando.
Panther Lilyvan, detto Lily, era il suo più vecchio e fidato amico. Aveva dieci anni e passa più di lui, ma non per questo lo considerava un pivello, anzi. Il nerboruto e inflessibile uomo dalla stazza di una montagna, con la pelle scura come la notte e l’aspetto che sibilava “guai in vista”, l’aveva pescato da piccolo mentre girovagava senza meta apparente per le strade affollate di una cittadina sudamericana.
“Senza meta apparente”… in realtà lo scopo di Gajeel era quello di rubare il portafoglio del più che ventenne Lily, che all’epoca aveva ben più del doppio dei suoi anni. C’era anche riuscito, a fregarlo, a dire il vero, salvo poi il trovarselo davanti in tutta la sua muscolosa grandezza.
Dopo essersi ripreso il portafoglio e averlo fulminato con quegli occhi scuri, uno dei quali abbellito da una frastagliata cicatrice a mezza luna che spronava a girare al largo, lo aveva costretto a raggiungerlo all’interno di una taverna logora e sovraffollata. Gajeel aveva avuto paura per la prima e unica volta nella sua breve vita da bambino di dieci anni, ma l’aveva seguito in silenzio per paura delle conseguenze.
Quello che non si era aspettato erano le congratulazioni di Lily, che gli aveva sorriso sardonicamente e gli aveva piazzato davanti al viso un piatto fumante di chili e altre pietanze digeribili non prima di tre anni, che Gajeel aveva spazzolato senza tanti complimenti. Sebbene fosse solo un bambino, aveva già le spalle larghe e il corpo tonico, asciutto, il fisico di chi non è certo di trovare anche solo un pasto al giorno ma non resta con le mani in mano ad attendere la manna dal cielo.
Lily gli aveva fatto alcune domande di prassi, aveva indagato sulla sua famiglia, sulla sua abitazione, su chi fosse, tutti quesiti a cui il ragazzo aveva risposto con delle sonore masticate e delle occhiate ostili.
- Senti, bimbo, non ho tempo da perdere – si era spazientito Lily dopo diversi minuti. – Mi torneresti utile per alcune missioncine, e in cambio potrei prendermi cura di te. Non ho intenzione di mantenerti, sia chiaro, pivello, ma non dubito del fatto che potrai guadagnarti l’aiuto che ti sto offrendo. Ho solo bisogno di sapere se qualcuno potrebbe denunciare la tua scomparsa o sentire la sua mancanza.
Gajeel aveva ghignato in modo del tutto non infantile e Lily aveva capito di aver appena trovato un compagno per la vita, da addestrare e poi usare come braccio destro, guarda spalle, amico. Per un attimo il suo cuore troppo tenero lo aveva definito addirittura figliolo, cosa possibile se si considerava la facilità con cui si potevano abbordare le prostitute in quei paesini del sud.
Avevano siglato il loro patto quello stesso pomeriggio e Lily lo aveva tolto da quelle strade gremite di povertà e puzza di futuro nero, portandolo in America, dandogli una nuova vita. Gajeel si era dimostrato il più fedele e curioso dei compagni e Lily non si era mai rimangiato la parola data.
Tranne su un fatto: lo aveva mantenuto eccome, quel bambino, e senza chiedergli mai nulla in cambio.
 
- Gajeel, porca miseria – lo richiamò Lily, battendo una mano gigantesca sul tavolo.
Suo malgrado, il giovane imberbe sussultò e poi sbuffò. Per un attimo invidiò i cortissimi capelli dell’amico, e prese un elastico dalla tasca dei bermuda per legare i suoi, lunghi fino a metà schiena, folti come la criniera di un leone e neri come il mare di notte. La pelle scura nascondeva i segni della vecchiaia, ma quando Lily si accigliava Gajeel poteva quasi vedere i suoi tratti farsi più rugosi. Aveva più di trentacinque anni ormai, il suo vecchio.
- Ho capito, Lily! Datti una calmata o quella lì ci sente.
I ragazzi si voltarono entrambi verso l’oblò alle spalle di Gajeel, una delle tante finestre di quella bagnarola che la ragazza alle loro spalle era riuscita a procurare per il viaggio, finanziata dalla compagnia televisiva per cui lavorava.
Levy McGarden, in canottiera rosso sbiadito e pantaloncini corti, camminava scalza sul molo di legno vecchio, e per un attimo Gajeel temette di vederla cadere in acqua a seguito della rottura di una tavola del camminamento. La ragazza stava parlando al telefono per riferire al suo capo le ultime scoperte fatte, ossia la tomba vuota e la presenza di pirati nelle acque oceaniche.
Già, pirati! Armati di pistole e AK-47. La ragazza si era eccitata più per l’attacco che per la riesumazione della tomba. Be’, almeno finché un proiettile le aveva sfiorato la spalla.
Finalmente, mentre la osservava parlare al telefono per farsi concedere qualche permesso in più per la ricerca, Gajeel la vide corrugare la fronte e assumere un’aria preoccupata mentre si collocava il cellulare tra spalla e orecchio per legarsi i capelli in una coda alta come aveva fatto lui stesso poco prima.
Stava bene con la coda, si ritrovò a notare lui.
Lily lo pungolò al braccio. – Non ci sente, quella lì. E a proposito di lei, cosa pensi di fare? C’è quasi rimasta secca durante la spedizione. Sapevi che potevano arrivare i pirati, ma hai voluto portarla lo stesso!
- Certo! – sbottò Gajeel, innervosito dal caldo, dalla situazione e dall’ansia. – Finché tu mi dai buca per startene al sicuro sul tuo aeroplanino, come faccio a lavorare da solo? Comunque se l’è cavata, no?
Lily grugnì e spostò il peso da un piede all’altro, agitato.
- Gajeel, non possiamo coinvolgerla. Le hai addirittura confessato che non abbiamo i permessi necessari a stare qui! Cosa pensi che succederà, ora? La compagnia per cui lavora, quella che guarda caso ci finanzia dal momento in cui tu hai detto che avresti permesso loro di documentare la scoperta del secolo, ci starà alle calcagna e ci lascerà in mutande. Ci mancavano loro oltre a Zeref!
Il ragazzo strinse con forza i bordi del tavolo. – Pensi che ci sia Zeref dietro?
- Il più temuto contrabbandiere del Sudamerica? Ovvio, chi pensi che abbia dato delle armi di quel calibro a dei pirati appestati e senza soldi per i vestiti?
Gajeel si prese il viso tra le mani. – Non va bene, non va bene, non va bene…
Lily dovette trattenersi dal ridacchiare. Spostò lo sguardo fuori dalla barca e vide con sollievo che Levy non badava a loro, stava ancora passeggiando sul pontile e parlando al telefono reggendo in mano la telecamera. Quella ragazza era in gamba nonostante la giovane età, doveva riconoscerglielo. Proprio per quello non se la sentiva di metterla ulteriormente in pericolo.

- Okay, okay – mormorò Gajeel raddrizzandosi e portandosi accanto a Lily, dall’altra parte del tavolo. Si toccò l’anello che portava al collo, la reliquia appartenuta a quel suo antenato di cui aveva appena fatto riaffiorare la tomba vuota, la chiave per arrivare ad El Dorado. – Ora, la mappa ce l’abbiamo. Dobbiamo solo stare attenti a non farci seguire e possiamo trovare l’esatta ubicazione della città, no?
Lily annuì con un secco cenno della testa.
- Le armi le abbiamo, la barca pure, partiamo e diamoci una mossa a recuperare l’oro. Come te la cavi con lo spagnolo del millecinquecento?
Lily fece una smorfia. – Non bene, penso che il più ferrato sia tu – rivelò, riluttante. Odiava dover ammettere che, in quanto a lingue, era perso senza Gajeel, che parlava latino, greco, cinque diversi idiomi di almeno cinquecento anni prima e diversi altri dialetti ormai dimenticati ma fondamentali per svolgere quel lavoro. E fortuna che il suo socio era un asino che non aveva nemmeno concluso la scuola!
Gajeel, infatti, si aprì in un ghigno di vittoria e scherno, facendo luccicare i denti bianchi dai canini affilati. – Cosa faresti senza di me? – lo derise, mentre Lily roteava gli occhi.
- Cosa avresti fatto tu in questi quindici anni senza di me? – lo rimbeccò lui, ritorcendogli contro la domanda.
Fu il turno di Gajeel di alzare gli occhi al cielo.
- La lasciamo qui, allora? – chiese Lily, facendo un cenno con il capo in direzione della ragazza.
Lei si voltò proprio in quel momento verso di loro e li osservò basita per alcuni secondi, prima di sorridere con titubanza e alzare una mano in cenno di saluto. Gajeel e Lily sorrisero a loro volta, dei sorrisi stiracchiati e leggermente incerti, agitando le mani e fissandosi tra di loro.
Alla fine Lily si avviò verso il pannello di controllo della barca e la mise in moto, mentre Gajeel rimase ad osservare la ragazza che stavano boicottando.
Levy sgranò gli occhi quando sentì il motore accendersi, ma era già troppo tardi quando iniziò a correre: la bagnarola partì e lei raggiunse la fine del molo imprecando, chiudendo la chiamata e osservando la scia bianca di schiuma lasciata dalla nave disperdersi.
Almeno erano stati gentili a salutarla, pensò acidamente.
 
Parecchie ore dopo, Gajeel e Lily si ritrovarono nelle profondità della terra, su un’isoletta dimenticata da Dio ma contenente ricchezze senza pari, stando alle mappe riportate sul diario del defunto Francis Redfox.
- Non ne posso più – si lamentò Lily per l’ennesima volta, quando si ritrovò a guadare un fiumiciattolo sporco e puzzolente nato spontaneamente dopo secoli di trasudazione della roccia in quella simpatica caverna sotterranea prossima a cadere. Era pure buio.
- Smettila di lamentarti, vecchiaccio.
- Vecchio, io?! Vorresti tu arrivare alla mia età in una forma così smagliante, ragazzino.
Gajeel ridacchiò e diede fuoco ad una torcia impolverata che aspettava da secoli di essere utilizzata, e poté finalmente osservare l’espressione compunta e stufa del suo compagno. Il colore della sua pelle si abbinava perfettamente a quello dell’acqua che guadavano.
- Guai a te se fai cadere quella roba, piromane, o saltiamo in aria tutti. Mi sa che c’è pure del gasolio in questa melma putrida. Vorrei tanto che i tesori si trovassero in bella mostra in paradisi terrestri di facile accesso.
- E poi dove sarebbe il divertimento? – domandò Gajeel, facendo strada. – Qualche altra cosa che vorresti, Lily? Mi piace così tanto sentire i tuoi lamenti.
Lily ignorò il sarcasmo e mugugnò, alla ricerca di altri desideri cui dare voce. – Una doccia. Un letto. Una bistecca. E, perché no, una donna?
Gajeel si bloccò, rischiando di fare sbattere l’amico contro di sé, e si voltò. – Una donna? Tu?
- Non sono mica gay – ribatté l’altro, quasi imbarazzato.
- Ma non eri tu quello che non voleva più al fianco una donna dopo essere stato tradito proprio da una di esse?
- Erano affari, ti ricordo. E non mi pare, infatti, di avere una donna al mio fianco. Sto solo dicendo che in momenti come questi non mi dispiacerebbe avere una mogliettina pronta ad attendermi a casa, al mio ritorno, con una bella cenetta, un bel letto rifatto e profumato magari da lei riscaldato.
- Come sei romantico – lo prese in giro Gajeel, conscio del lato dolce che quel suo burbero amico cercava di nascondere dietro le occhiate arcigne. Ma il vecchio Lilyvan aveva il cuore troppo morbido, lo sapevano entrambi.
- Io? Senti chi parla! Quello che si è preso una cotta per la giornalista, al punto da volersela portare in missione.
Gajeel assottigliò gli occhi. – Non dire fesserie, era carina, tutto qua. Non ho preso nessuna sbandata.
Lily sbuffò e il compagno di fronte a lui si sentì quasi un bambino, nonostante l’abbondante metro e ottanta, al cospetto di quell’armadio. – Ho qualche anno più di te, ragazzo. So come funzionano certe cose e ho l’occhio lungo, checché tu ne pensi. La giornalista ha fatto centro su di te – lo schernì, pungolandolo all’altezza del cuore. – Ho visto come la guardi.
Gajeel sbuffò e riprese a camminare, abbassando la testa per non sbattere contro una trave di roccia che pendeva minacciosamente dal soffitto umido. – Comunque sia, mi sono giocato tutto lasciandola sul molo, no? Quindi addio Levy, visto che cotta?
Lily sbuffò una risata. – Volevi portartela dietro.
- Ma non l’ho fatto.
- Perché te l’ho impedito.
Gajeel non ribatté, confermando la teoria del suo amico.
– Ah, ragazzo, sei in guai seri.
 
Gajeel corse a perdifiato per distanziare il più possibile i nemici, sperando che il sangue che il suo cuore pompava a velocità folle non raggiungesse più il suo cervello e gli regalasse la tanto agognata assenza di pensieri.
El Dorado non era una città, avevano scoperto da poco lui e Lily, giunti alla fine di quel labirinto di roccia.
“Il dorato”. Non la città d’oro, ma la divinità d’oro, una statua che era venerata dalle antiche tribù ormai dimenticate. Statua che, ovviamente, era stata trovata da qualcuno prima di loro.
Una volta che avevano raggiunto nuovamente la superficie, ad accoglierli Gajeel e Lily avevano trovato una bella inalata di aria fresca e niente popò di meno che Zeref l’Immortale, così chiamato per via di tutte le sparatorie da cui era uscito praticamente illeso, e il suo seguito di tirapiedi. Zeref aveva giocato con loro, raccontando storielle di atroci morti inflitte a sue precedenti vittime, spacciandole per barzellette comiche, mentre i suoi scagnozzi ridevano a comando. Chissà quanti compagni avevano visto morire per colpa di una risata o un commento fuori copione.
I due compagni si erano categoricamente rifiutati di parlare di fronte all’interrogatorio del boss genocida, fedeli l’uno all’altro e alla missione per cui da anni progettavano quel viaggio. Non avevano esitato nemmeno quando Zeref aveva tirato fuori la pistola e l’aveva puntata a turno prima su uno e poi sull’altro, sapendo che non avrebbe mai fatto fuoco: entrambi gli servivano vivi per portarlo al tesoro.
Ciò di cui non si erano resi conto, però, era il livello di follia che annebbiava la mente del criminale, affetto da malattie psicotiche così profonde da renderlo instabile su tutti i livelli umani. Zeref era una bomba ad orologeria, ed era esploso proprio contro Lily, premendo il grilletto e centrandolo al cuore.
Il cacciatore di tesori, grosso più di tutti gli uomini lì presenti, pieni di giubbotti antiproiettile e protezioni per le giunture, era caduto in avanti emettendo un singolo gemito, ricordando a Gajeel la caduta di un albero: inesorabile, terribile, pesante e solenne.
Lo sparo aveva colto di sorpresa tutti, Zeref compreso, che aveva imprecato e sbraitato ordini che i suoi sottoposti avevano fatto fatica a registrare e mettere subito in atto.
Lanciando un’occhiata disperata al suo mentore, compagno e amico, Gajeel era scappato via approfittando del momento. Lily era morto, quello era sicuro. Non si era mosso di una virgola dal momento in cui era caduto, e la sua grandezza non lo rendeva certo immune alle pallottole, specie se a distanza ravvicinata.
Così, mentre scappava dalle voci degli sgherri che si era mentalmente ripresi e lo stavano inseguendo facendo più casino di una mandria di bufali inferociti, Gajeel cercava di non pensare, cercava di soffocare il dolore che sentiva già crescergli dentro. Non era un tipo sentimentale, non lo era mai stato, una vita dura lo aveva temprato rendendogli la pellaccia e il cuore ancora più duri.
Ma Panther gli era entrato nell’animo a modo suo, e la sua perdita era un colpo basso.
Un rumore a destra attirò la sua attenzione e, merito dell’adrenalina in corpo, Gajeel decise che era meglio agire in anticipo che ritrovarsi accerchiato da davanti e da dietro: svoltò bruscamente a destra in quella fitta foresta di alberi, liane e rocce e caricò il destro, pronto a colpire.
Quello che non si aspettava minimamente di trovare era Levy, pugno a sua volta carico, nella sua stessa posizione d’attacco, all’erta.
Si avvicinarono per piazzare il colpo, ma nella frazione di secondo in cui si riconobbero abbassarono la guardia involontariamente.
- Sei tu! – esclamò Gajeel, lasciando cadere il braccio. – Ma che ci fai…
Levy lo colpì con forza alla mandibola con quello stesso montante che aveva preparato per i nemici, scrollando poi la mano come per scacciare il dolore dell’impatto.
Gajeel gemette e si portò la mano alla bocca, come per raddrizzarla. – Ehi, ma che fai?! – sbottò, infuriato.
- Che faccio?! Non azzardarti mai più a…
Non concluse la frase perché Gajeel la prese fulmineamente per il polso e la spinse contro il tronco dell’albero alle sue spalle, stringendosi contro di lei, le braccia ai lati del suo viso perplesso, il corpo pronto a farle da scudo.
In quel momento passarono i soldati al servizio di Zeref, continuando a correre in avanti, ignorando la loro deviazione e di conseguenza la loro posizione esposta.
Levy trattenne il respiro finché non si furono allontanati, le braccia piegate contro il suo petto, a contatto con quello di Gajeel, che le respirava all’orecchio e le solleticava il viso con i capelli sciolti. Quando calò il silenzio, passarono diversi istanti prima che Gajeel si decidesse a staccarsi dalla giovane, decisione presa solo dopo aver incatenato i suoi occhi a quelli di lei, confusi, intimoriti e allo stesso tempo divertiti.
- Ehm… scusa – farfugliò allontanandosi di qualche passo, grattandosi la nuca e chiudendo un occhio per la tensione.
Ora che la spinta adrenalinica era scemata, si sentiva stanco, vuoto e inutile.
- Lily è morto – esordì senza che lei pronunciasse alcuna domanda. – Zeref ci ha trovati e ci ha scaricato contro un’orda di scagnozzi. Figlio di…
- Zeref?! – lo interruppe lei, stupefatta. – Quello Zeref?!
- Quello, sì. Quel pezzo di sterco che ha una considerazione dei diritti umani e delle persone pari a quella che ha per le formiche. O per lo sfruttamento sostenibile e legale di risorse minerarie o forestali, dal momento che ha intenzione di essere eletto come “peggior nemico dell’umanità e della Terra per assenza di considerazione per la vita e le risorse che il nostro pianeta offre”.
Levy ridacchiò nonostante la situazione, attirandosi un’occhiata sorpresa da parte di Gajeel. Sentirla ridere era l’ultima cosa che si aspettava.
- Be’? – la incalzò, avvicinandosi a lei e sovrastandola. – Non fa molto ridere. Ti consiglio di tornare a casa, piccoletta.
La ragazza assottigliò gli occhi e raddrizzò le spalle, gonfiando le guance con ira. – Non azzardarti a dirmi cosa fare, razza di traditore infame e criminale. Mi hai mentito, mi hai abbandonata su un molo senza avermi dato lo scoop che mi avevi promesso, mi hai quasi fatta uccidere dai pirati che poi mi hai costretta ad uccidere piazzandomi un’arma da fuoco in mano! Sei disonesto e non accetto alcun ordine da te!
Gajeel ghignò e si voltò per cercare Lily e lanciargli un messaggio con gli occhi, certo che avrebbe capito. Ma nel momento in cui non lo vide, spaesato, si rese conto che non avrebbe più potuto lanciare occhiate eloquenti. Si rabbuiò immediatamente al ricordo dello sparo e della caduta del suo compagno, così chiuse gli occhi per scacciare l’immagine dalla sua testa.
L’ira di Levy si prosciugò come una vasca a cui viene tolto il tappo. – Mi dispiace per Lily – gli sussurrò posandogli una mano sul braccio.
Gajeel la guardò e annuì, senza bisogno di aggiungere alcunché. – Torniamo a casa.
Sbarrando gli occhi, la ragazza rimase immobile al suo posto mentre Gajeel si voltava per scrutare il piccolo sentiero in cui erano e cercare di capire dove andare.
Nel momento in cui s’incamminò e fece cenno a Levy di seguirlo, lei corse e lo bloccò per il braccio. – Torniamo a casa?! – ripeté, sbalordita.
Gajeel annuì seccamente.
- No! – sbottò lei. – Io non ho la mia storia, tu non hai il tuo tesoro, Zeref non ha una pallottola nel cuore e Lily è morto invano, allora!
Gajeel digrignò i denti e Levy per la prima volta ebbe leggermente timore di quel gigantesco uomo che sembrava uscito da un film e l’attraeva allo stesso modo in cui la tradiva e trattava come una bambina.
- Non parlare di cose che non…
- Oh, io parlo di quello che voglio, razza di cialtrone! – lo aggredì, pungolandogli il petto. – Ora, senza discutere, tu vieni con me, seguiamo quella cavolo di pista che tu e Lily avete trovato, perché so che l’avete trovata, altrimenti Zeref non gli avrebbe sparato per costringere te a parlare! Tu trovi il tesoro, gliela piazzi tra le chiappe a Zeref, eviti che la morte di Lily diventi stupida e vana e dai a me ciò che mi spetta, ossia lo scoop del secolo che finanzia questo schifo di viaggio.
Gajeel non batté ciglio mentre lei respirava pesantemente per la rabbia e gli trafiggeva il petto con lo sguardo zeppo di acidità e furia.
- Come facciamo, di grazia? Il posto in cui dobbiamo andare è dall’altra parte dell’isola e…
- Ho la macchina, genio. Almeno uno di noi ha il cervello!
Gajeel sbuffò e fissò il cielo in cerca di risposte circa il percorso da intraprendere.
Levy aveva ragione. Tornare a casa e lasciar perdere El Dorado, il tesoro che lui e Lily cercavano da anni, era come ucciderlo una seconda volta. Doveva andare fino in fondo a quella storia, per lo meno per il suo amico, e vendicarlo. Non sarebbe stato facile, specie con Levy alle calcagna e gli scagnozzi di Zeref in giro, ma la sua intera esistenza non era stata facile.
Agire lo calmava, pensare lo agitava. – Dov’è la macchina?
Levy sorrise, vittoriosa. – Se vuoi farmi il favore di seguirmi…
Gajeel la seguì, riluttante, osservando l’incedere sicuro di Levy nel bosco, apprezzando l’ondeggiamento della sua figura e la sua compagnia, suo malgrado. Per lo meno non era completamente solo.
- Guido io – lo informò quando il fuori strada senza tettuccio fece capolino dalla foresta.
- Perché?! Io guido meg…
- Perché me lo devi, dal momento che mi hai abbandonata sul molo, razza di voltafaccia.
Gajeel sbuffò. - Va bene, te lo concedo. Ma sappi che l’idea di lasciarti indietro è stata di Lily.
- Potevi fermarlo – fece notare lei, scrollando le spalle. – Probabilmente non volevi.
- Come hai fatto a trovarci? – chiese Gajeel, per cambiare discorso.
- Nel momento in cui hai trovato il diario di sir Francis, ti sei messo a studiarlo immediatamente, nel mezzo dell’oceano, prima che arrivassero i pirati. Hai farfugliato tremila pensieri e io ero alle tue spalle con la telecamera. Ho avuto abbastanza tempo, quando avete tagliato la corda, per studiare la registrazione e dare un senso ai tuoi borbottii.
Gajeel, ammirato, non rispose e salì in macchina, dalla parte del passeggero.
Levy sorrise con orgoglio mentre inseriva la marcia e faceva partire il fuori strada. – Ti farà comodo un cervello in questo viaggio, Gajeel.
Lui roteò gli occhi e restò in silenzio, pregando che Levy gli prestasse anche il sedere che aveva avuto fino a quel momento, oltre al cervello.
Ma anche avere accanto il suo sedere fisico non sarebbe stato male, si ritrovò a pensare.
Ghignò guardandola di sottecchi mentre lei guidava con determinazione. Gliel’aveva detto, a Lily, che gli sarebbe tornata utile quello scricciolo di ragazza.
Peccato non poterlo rinfacciare al suo amico.
 
- Ci siamo, via libera – la informò Gajeel entrando in quello che una volta era stato l’edificio per la direzione commerciale del porto, la dogana. Lì da qualche parte, in mezzo a quel mucchio di mobili vecchi e rotoli di pergamena ammuffiti, doveva esserci anche il registro delle navi autorizzate all’approdo, completo di nomi, date d’arrivo e partenza, e… carico minuziosamente annotato.
Se avevano fortuna, quel vecchio palazzo sbrecciato e rovinato da secoli di pioggia e vento era stato dismesso dopo l’arrivo della nave di sir Francis Redfox, che portava il carico di El Dorado, seppellito da qualche parte nel profondo della foresta al di là del porto.
Levy tirò un sospiro di sollievo e, asciugandosi l’acqua dalla fronte, si appoggiò ad una vecchia scrivania polverosa, ansimando per ritrovare il respiro.
Erano appena sfuggiti ad una sparatoria, l’ennesima, e lei aveva dovuto fare da cecchino mentre lui guidava la moto d’acqua che avevano gentilmente preso in prestito da un tirapiedi di Zeref per raggiungere l’edificio sperduto e cadente. Se due o tre pallottole avessero raggiunto i muri di quel posto, Levy era certa che si sarebbe trovata sommersa dai calcinacci dei muri crollati.
Gajeel la lanciò un’occhiata ammirata prima di cominciare a ravanare tra pile di vecchie carte nautiche, vettovaglie di natura indecifrabile e schegge di legno polverose. – Sei stata brava – si congratulò, dandole le spalle mentre lei si voltava a guardarlo. – Dal momento che è la tua prima missione, non avrei scommesso un dollaro su di te. Invece, se ora le mie chiappe sono salve, è solo merito tuo.
Levy sorrise, soddisfatta, e cominciò a cercare a sua volta. – Lo so – ammise, tronfia, facendolo sghignazzare. – Ma temo che sia in gran parte fortuna. È dura sbagliare mira quando hai in mano uno spara-granate. Se anche manchi il bersaglio di un metro, ci pensa l’esplosione a farli saltare in aria.
- Hai ragione, allora ritiro il complimento – ammise lui, ghignando quando la vide prepararsi a protestare.
Invece Levy lo chiamò con la mano. – Ho trovato qualcosa.
Gajeel si precipitò da lei, sovrastandola da dietro con la sua mole, e gli sembrò di vederla rimpicciolire tra le sue braccia, anche se non la stava realmente abbracciando. La vide arrossire, ma la tensione per la scoperta lo distrasse. – Il libro mastro… - mormorò, mentre la ragazza gli passava il registro incartapecorito e fragile quanto un castello di sabbia, per farglielo esaminare.
- In spagnolo del 1500 – aggiunse lei, come se la cosa non fosse ovvia. – Mi spieghi come facciamo a capire cosa fare se nessuno sa…
- Ecco la barca di sir Francis – la interruppe Gajeel, puntando il dito su un nome, che poi trascinò fino alle date d’arrivo e di partenza della barca che aveva ormeggiato in quel porto. – Trasportava oro, argento, pietre simili a… cosa vuol dire questa parola?... lapislazzuli, forse, chincaglieria varia e… eccola. Una statua, d’oro, del peso di due arrobas. Arrobas, sono più di due quintali se si fa il cambio.
- …leggere lo spagnolo del 1500? Tu sai leggere lo spagnolo del 1500?! – esclamò lei, stupefatta. Lei di lingue ne capiva una decina e ne parlava fluentemente sette, ma tra queste non rientrava lo spagnolo di cinque secoli prima.
Gajeel si concesse un ghigno di orgoglio, rispondendo alla sua domanda in una lingua simile allo spagnolo che Levy poté capire solo a grandi linee.
- Allora non sei un culturista ignorantone – farfugliò, tornando a concentrarsi sul vecchio registro portuale, invidiosa e offesa con se stessa per la sua mancanza di conoscenza di quella lingua morta.
- Un culturista? – sghignazzò lui. – Mi credi un culturista? Qui qualcuno è fisicamente attratto da me, o sbaglio?
Levy alzò la testa di scatto, rischiando di sbatterla contro il mento del ragazzo, e avvampò come una candela. – Ma che stai dicendo?! È solo che pensavo fossi uno di quei tipi tutto muscoli e niente cervello!
- La tua considerazione nei miei confronti mi commuove, Levy – soffiò lui, divertito.
Lei lo zittì muovendo una mano, accantonando la questione. – Dai, dimmi cosa capisci di queste lettere cadaveriche.
- Bel modo di descrivere una lingua morta.
- Grazie, avrei potuto fare la poetessa in un’altra vita.
Gajeel sbuffò una risata e le lanciò un’occhiata intensa e civettuola mentre si chinava di nuovo sul registro. – La nave di sir Francis è arrivata qua e non è più partita.
Girando la pagina, trovò un disegno della presunta statua di El Dorado, gigantesca e…
- Inquietante – commentò Levy, occhieggiando la faccia mostruosa e contorta incisa nel mezzo di quell’ammasso d’oro. - Io non la ruberei, se fossi in te.
Voltando le altre pagine, scoprirono che il disegno della statua era l’ultimo, e che quel libro mastro non era più stato toccato per secoli. Tutto si concludeva con l’arrivo di El Dorado alla dogana.
Gajeel iniziò a giocherellare con l’anello che portava al collo, legato ad un nastro di cuoio, come faceva sempre quando era agitato o nell’estremo bisogno di dare un filo logico a pensieri intricati.
- Qualcosa non va. La statua è qui, ne sono certo, ma non è più partita dopo essere approdata. Perché?
Levy distolse gli occhi dal disegno del monolite dorato, che pareva ipnotizzarla con i suoi occhi maligni, e si voltò verso Gajeel. Guardò incuriosita le sue dita che torturavano quell’anello di cui aveva appena notato la presenza, da brava osservatrice quale era, e si rabbuiò un po’.
- Appartiene a qualcuno che ti aspetta? – chiese, ringraziando che dalla sua voce non trasparisse alcuna tristezza, solo curiosità.
Gajeel la fissò senza capire, e Levy gli indicò l’anello per fargli comprendere a cosa alludeva.
- Oh, no… - negò. – Magari! – aggiunse poi, scherzando, per sondare la reazione della ragazza, che parve quasi sollevata e poi infastidita. – Penso che si possa definire la mia eredità. Era di sir Francis.
- Wow – sussurrò lei, avvicinandosi a lui per rubargli l’anello dalle dita.
Gajeel, non abituato ad averla così vicina, trattenne il respiro e osservò il suo viso accaldato ed eccitato per via degli avvenimenti di poco prima, e gli occhi che, a dispetto di tutto, erano innocenti e calmi come se in realtà stessero consumando un pic-nic in un parco soleggiato, non riesumando tombe. La fascetta con cui si era sistemata i capelli per tutta la durata del viaggio ora fungeva da elastico per tenere ferma la sua coda spettinata, mentre la frangia le ricadeva scompostamente sulla fronte.
Era adorabile.
- Sic parvis magna… - la sentì mormorare, leggendo l’iscrizione sull’anello.
Strappato ai suoi pensieri, Gajeel rispose meccanicamente: - Da umili origini verso grandi imprese. Era il motto di sir Francis.
Levy, gli occhi che luccicavano, gli lanciò un’occhiata veloce prima di puntare nuovamente il gioiello che teneva tra le dita. Si alzò sulla punta dei piedi e, se possibile, si appoggiò ancora di più al petto di Gajeel, che le mise una mano sul fianco.
- Cosa c’è scritto dentro? – chiese, ignara della posizione equivoca in cui si era cacciata.
- 29 gennaio 1596. Un giorno dopo la presunta morte di sir Francis.
Levy sembrava una bambina a cui avevano appena dato un lecca lecca multicolore. Gajeel deglutì a vuoto mentre lei, se possibile, faceva aderire ancora di più i loro corpi. Gli ci vollero due arrobas di buona volontà per non posare sul suo fianco libero anche l’altra mano, tirandosela addosso per far scordare ad entrambi il motivo della loro presenza lì.
- E questi numeri? Sono coordinate?
Gajeel annuì, cercando di apparire calmo quando i suoi grandi occhi nocciola tornarono a scrutarlo in viso. – Sì, le coordinate della sua tomba. Quella che abbiamo fatto riaffiorare dall’acqua e dentro la quale abbiamo rinvenuto il suo diario con la mappa dell’ubicazione di El Dorado.
Levy si morse il labbro cercando di contenere il sorriso. – Fighissimo – commentò, lasciando andare l’anello. Sbiancò quando si rese conto di quanto si fosse appiccicata al ragazzo.
Imbarazzata, si scostò e si sistemò la frangia, arruffandola ancora di più. – Allora, adesso che facciamo?
Gajeel tentennò, indeciso se darle una dimostrazione pratica di ciò che aveva voglia di fare o trascinarla verso il luogo dove pensava che sir Francis avesse nascosto la statua, obbedendo a ciò che il suo cervello gli diceva di dover fare.
- Di qua – la spronò, facendole un cenno con la testa.
La prese per mano e la guidò fuori dall’edificio della dogana, dopo essersi assicurato di avere via libera.
Levy sorrise quando, adocchiando le loro mani intrecciate, si ricordò che Gajeel le aveva detto che avere le mani occupate era da stupidi, quando eri un cacciatore di tesori. Dovevi sempre, sempre averle libere per poter impugnare la pistola o prendere il diario degli appunti o qualche oggetto importante.
Dal modo in cui le stringeva dolcemente la mano, si chiese quanto potesse reputare importante lei, dal momento che stava impegnando il suo preziosissimo arto da cacciatore di tesori.
Scuotendo la testa, si disse che non era certo il momento di innamorarsi. Si diede della sciocca.
Con lo stesso tempismo, Gajeel pensò esattamente la stessa cosa.
 
Le ore successive furono un vero inferno. Gajeel e Levy rischiarono di lasciarci la pelle in più di un’occasione, ma le diverse difficoltà che affrontarono fecero capire al ragazzo di potersi davvero fidare della reporter, piccolina e temeraria come poche.
Non ebbe mai un crollo emotivo, non si rifiutò mai di seguire Gajeel, nemmeno quando lui si divertiva a trovare e affrontare il più impervio dei sentieri, o si cimentava in scalate spezza-collo senza l’ombra di una protezione.
La stima per quella ragazza crebbe minuto dopo minuto, e persino quando faceva qualcosa di apparentemente stupido e incosciente non riusciva ad arrabbiarsi con lei.
Sembrava che gli scagnozzi di Zeref non si esaurissero mai, eppure Levy non si era mai ferita e l’aveva aiutato a sfoltire le file nemiche in modo eccellente, senza mai lamentarsi, restando illesa e aiutando lui stesso a non ferirsi, coprendogli le spalle. Aveva impiegato anni a raggiungere con Lily il feeling in combattimento ed esplorazione che con Levy aveva raggiunto in pochi giorni.
 E poi, se Levy non fosse stata al suo fianco, non avrebbe mai ripreso ogni singolo albero di ogni maledetta foresta, ogni stupido accampamento nemico o edificio lontano. E non avrebbe mai scoperto che Lily in realtà era vivo, filmando per puro caso ciò che accadeva all’interno di una finestra di una vecchia biblioteca del 1600.
L’avevano raggiunto e, sebbene Levy avesse dubitato per un attimo della fedeltà del ragazzo, che era stato colto sul fatto di aiutare i loro nemici, Gajeel l’aveva abbracciato e gli aveva stretto la mano a lungo, comunicandogli con gli occhi il suo sollievo.
Il diario di sir Francis, custodito nella tasca della camicia di Lily nel momento in cui Zeref gli aveva sparato, aveva beccato il proiettile al posto dell’uomo. Successivamente Lily, intuendo le mosse di Gajeel, aveva convinto Zeref di essere dalla sua parte e di essere l’unico in grado di trovare El Dorado, cosa pressoché vera. Peccato che avesse dato ai suoi mercenari informazioni fasulle, dirottandoli su una pista fallace proprio cinque minuti prima dell’arrivo di Gajeel e Levy.
Insieme avevano aperto l’accesso delle catacombe nascoste sapientemente nelle viscere della vecchia biblioteca, camminando per ore tra ragnatele, vecchie torce, poco rassicuranti resti scheletrici di umani vissuti imprecisati secoli prima e terrificanti disegni di morte che sembravano essere stati incisi con il sangue sui muri di quelle gallerie antichissime. Avevano persino trovato il vero cadavere di sir Francis, pugnalato all’ingresso di un sentiero che con ogni probabilità conduceva alla statua d’oro di El Dorado.
E così era stato, effettivamente.
Peccato che loro tre non raggiunsero mai quell’idolo luccicante.
Zeref e i suoi li avevano seguiti come delle ombre e, aggredendoli alle spalle, li avevano disarmati.
Poi avevano rivelato la vera natura di quella chimera ricercata per secoli: El Dorado non era una città, ma non era nemmeno una statua.
Era un sarcofago.
La tomba di una mummia il cui cadavere rilasciava delle spore che alteravano in modo virale il genoma di chi le inalava, trasformandole a loro volta in mummie zombieficate il cui unico obiettivo era quello di dilaniare e strappare. Possibilmente carne umana.
E Zeref voleva usare quella simpatica aria profumata per creare un esercito imbattile e rendere le spore un’arma biologica. Aveva trafugato El Dorado sotto agli occhi impotenti di Gajeel e Lily, che avevano osservato la statua spostarsi appesa ad una rete trainata da un elicottero mentre gli sgherri di Zeref tenevano la pistola puntata alla tempia di Levy.
Solo quando il sarcofago d’oro uscì dalla caverna, Gajeel si mosse.
Levy venne trascinata da Zeref a bordo dell’elicottero per intimare ai due ragazzi di non fare passi falsi, ma appena il veicolo aereo si allontanò Lily recuperò la pistola da uno dei nemici, dopo averlo steso con un unico colpo. Gajeel era uscito di lì prima ancora di dire all’amico di coprirgli le spalle. Intercettata la traiettoria della statua, il cui peso era così poderoso da complicare la stabilità del velivolo, Gajeel corse e si aggrappò alla rete che la tratteneva, iniziando a segarne i nodi col coltello.
- Sparategli! – gridò Zeref quando i suoi mercenari lo informarono dell’attacco del ragazzo.
I proiettili cominciarono a piovergli addosso dal lato scoperto, colpendo l’oro e rimbalzando via producendo un rumore simile al pop-corn quando esplode. Con la coda dell’occhio vide che l’elicottero era diretto verso la grossa nave che solcava placidamente le acque poco trafficate dell’isola, in attesa del carico d’oro per far partire i motori e salpare verso il continente.
Certo di avere le spalle coperte, Gajeel si spostò dietro alla statua, continuando a tagliare la rete, usando il sarcofago stesso come scudo.
Doveva finire in mare, quell’abominio, lì dove nessuno avrebbe potuto trovarlo, o recuperarlo, lì dove l’effetto venefico e corruttivo della mummia sarebbe stato innocuo.
Ma uno sparo ravvicinato gli fece perdere il coltello.
Una mira errata fece scoppiare una delle eliche del velivolo. Il pilota precipitò in mare e quell’ammasso di metallo volante stridette come un gabbiano ferito, iniziando a precipitare senza controllo.
L’aeroplano virò e, facendo scoppiare ovunque pezzi di lamiera e pale, planò verso il punto di atterraggio della nave, senza effettuare l’atterraggio sicuro che l’equipaggio si era aspettato.
Gli uomini investiti dalla traiettoria di quella bomba ad orologeria si buttarono in mare o corsero ai ripari, quando, fortunatamente, se ne accorsero. Poi un boato riempì le orecchie di Gajeel, la statua e l’elicottero si schiantarono e per un attimo tutto fu nero.
Fumo, calore, rosso ovunque e suoni attutiti furono le uniche cose che Gajeel percepì e vide. Quando le simpatiche lucciole scarlatte dello stordimento finirono di baluginargli davanti agli occhi come api impazzite, Gajeel riuscì a mettersi in piedi e fare il punto della situazione. Senza nemmeno riflettere infilò una piccola pistola Calibro 51 nel retro dei pantaloni, sottraendola ad un cadavere che era stato nel posto sbagliato al momento sbagliato, e scandagliò la barca deserta in procinto di diventare un relitto in via d’esplosione.
Levy era schiacciata dalle lamiere dall’aereo atterrato, le cui pale si muovevano lentamente, esalando gli ultimi respiri. In situazione precaria sul bordo della nave, il velivolo rischiava di finire in acqua da un momento all’altro. La ragazza non si muoveva, non gemeva, non imprecava, sembrava quasi addormentata. Gajeel ci sperava. Mosse un passo claudicante e doloroso verso di lei, ma il rumore inconfondibile del percussore di un’arma che veniva caricato lo fece bloccare sul posto, gli fece bloccare il cuore e il respiro nei polmoni. Tossì.
Zeref era in piedi in mezzo all’imbarcazione, un graffio sulla fronte gli sanguinava copiosamente sul volto, dando l’impressione che stesse piangendo fiumi di lacrime vermiglie.
Zeref puntò la pistola verso Gajeel, poi spostò lentamente la mira verso Levy. – Fermo o le sparo.
Gajeel alzò le mani in segno di resa, cercando di sfruttare l’adrenalina che gli scorreva in corpo per trovare una soluzione rapida, indolore e che non prevedesse un polmone bucato da una pallottola.
Alla fine agì d’istinto, come sempre. Lui ai piani pensava dopo aver agito, di solito.
E se era ancora vivo significava che l’improvvisazione funzionava.
Fulmineamente tirò fuori la Calibro 51 e sparò ai piedi di Zeref. Preso in contropiede, l’uomo arretrò di un passo. Bastò quella distrazione.
Gajeel gli si fiondò contro a testa bassa, come un toro in procinto di caricare un matador, e lo mandò a terra con un’unica testata. Afferrò in fretta la corda che legava la statua all’elicottero e la passò due volte attorno alla caviglia del nemico. Poi corse da Levy asciugandosi la fronte, sperando che il liquido che gli impregnò il dorso della mano fosse sudore e non sangue.
- Levy – la scosse, spostando lamiere e sedili divelti. – Levy, vieni fuori.
Riuscì a tirarla in piedi contando sulle sue uniche forze, e fu lieto di vedere che almeno la ragazza riusciva a stare in posizione eretta, anche se a fatica.
Il fatto che fosse viva era già tanto.
Gajeel le sorrise e le scostò i capelli dal viso, sollevato come non mai nel sapere che stava tutto sommato bene. Lei ricambiò il sorriso e alzò lentamente una mano, dirigendola verso il viso del ragazzo.
Uno sparo a distanza ravvicinata li fermò entrambi.
Gajeel si voltò verso Zeref, facendo da scudo a Levy con il suo corpo, stringendola alla sua schiena.
- Game over, Gajeel – mormorò Zeref, sorridendo vittoriosamente.
- Esatto – confermò lui, scostando Levy per dare una spallata al cadavere dell’aereo.
Successe tutto così in fretta che Zeref non ebbe nemmeno il tempo di reagire. L’elicottero precipitò in acqua, trascinando con sé la corda in tutta la sua lunghezza. Zeref, la cui caviglia era incastrata in quella catena di morte, venne strattonato fino al bordo della nave e oltre, giù in acqua, seguito a breve distanza da El Dorado.
- Adios – bofonchiò Gajeel, tirando un sospiro di sollievo.
Una manina delicata gli si posò sulla schiena e lui si voltò lentamente verso Levy. Le brillavano gli occhi, che esprimevano un misto di incredulità, gioia, qualche residuo di paura e un leggero divertimento.
- Grazie – esclamò con sarcasmo, facendo inarcare le sopracciglia al ragazzo. – Per avermi quasi fatta uccidere con questa storia!
- Uh… ehm… - mormorò lui, colpevole, grattandosi la nuca.
Levy scoppiò a ridere. – Ma grazie anche per avermi salvata – aggiunse annuendo, come per convincere se stessa.
Si alzò sulle punte dei piedi e lo baciò sulla guancia, lasciandolo impalato in mezzo alla nave deserta e libera dai nemici per dirigersi verso il parapetto, nel punto in cui ovviamente era ancora intatto.
Gajeel la raggiunse da dietro e le passò un braccio attorno alle spalle, ghignando. – Mi dispiace che tu abbia perso la videocamera dopo aver trovato Lily. Sarebbe stata una bella storia da raccontare.
Lei scrollò le spalle. – Inverosimile, ma interessante, senz’ombra di dubbio. Be’, me ne devi un’altra, non credi?
Lui, stupito, la osservò dall’alto, facendola ridere ancora. – Un’altra?! Saresti pronta a farti crivellare di pallottole di nuovo?
- Mi pare che non sia successo – osservò lei. – E non sono nemmeno diventata una mummia puzzolente e nevrotica, quindi, perché no?
Gajeel ghignò e si chinò per baciarla, notando la felicità e il sollievo nei suoi occhi.
Il clacson di una barca li interruppe, però, e voltandosi videro che Lily si stava avvicinando a bordo di una barchetta, sventolando la mano con aria divertita.
- Che tempismo! – urlò Gajeel, separandosi da Levy. Le labbra gli dolevano per la mancanza di quel contatto che aveva agognato per giorni.
- Avete una strana idea di romanticismo – commentò Lily, facendo ridacchiare entrambi. Levy intrecciò le dita a quelle del ragazzo. – Se vi date il primo bacio su una nave piena di cadaveri dovete andare in guerra in Africa, in una fossa comune, per la proposta di matrimonio?
Gajeel fece una smorfia. – Dacci un taglio Lily.
Il suo amico ridacchiò. – Niente tesoro?
- Niente tesoro – confermarono entrambi, leggermente sconsolati.
- Mh – meditò Lily, fermando la barca e avvicinandosi a dei teli esposti sul cassone posteriore. – Allora ci accontenteremo di questo.
Appena finì di parlare tolse i teli che coprivano tre casse di monete d’oro e una di reliquie del 1500, in terracotta, argento, oro e pietre preziose.
Gajeel imprecò e si mise le mani tra i capelli, mentre Levy urlava di gioia.
Lily rise. – Venite giù o vi lascio qui e parto col tesoro?
- Non provarci, vecchio – lo ammonì l’amico, scavalcando il parapetto per buttarsi in acqua. Lily allungò un braccio e lo aiutò a issarsi a bordo nel momento in cui riemerse. I due si diedero delle poderose pacche sulla schiena, un “sono contento che tu non sia morto” alla maschile.
Poi entrambi alzarono lo sguardo su Levy. – Non vieni, piccoletta?
- Credo di essermi storta una caviglia – ammise lei con aria colpevole.
Gajeel scosse la testa. – Quindi devo tornare su a prenderti e portarti giù? Non potevi dirmelo prima che mi buttassi?
Levy si imbronciò. – Scusa tanto se non so leggere nel pensiero e tu non mi hai avvisato che ti saresti buttato! Ma non preoccuparti, abbandonami pure qui, un’altra volta! Ciao!
Detto ciò si allontanò saltellando su una gamba sola, sotto lo sguardo divertito di Lily ed esterrefatto di Gajeel. Poco dopo si udì un tonfo e un’esclamazione di dolore.
Gajeel sbuffò: - Sarà meglio che vada a prenderla prima che si faccia ammazzare – brontolò, gettandosi in acqua per cercare una scaletta da cui salire.
Lily riavviò il motore della barchetta ridendo. – Ne hai trovata una tosta, Gajeel – commentò ad alta voce prima di fare il giro dell’imbarcazione.
Lily rise ancora quando lo sentì lanciare imprecazioni al genere femminile. La sua risata si perse in quella giornata di sole, con le acque tinte di sangue, infestate da una minaccia fortunatamente resa innocua e la consapevolezza che Gajeel e Levy fossero perfetti l’uno per l’altra.
- Gajeel datti una mossa! – urlò Levy subito dopo, infuriata.
- Ma secondo te mi sto facendo il bagno, Levy?! Mi sono buttato in acqua giusto per farmi una nuotata!
- Se non la smettete vi lascio qui soli e salpo col tesoro!
- Lily non provarci! – gli intimò Levy, da qualche parte sopra la nave.
- Non c’è nemmeno una scala! – si lamentò Gajeel. – Come faccio a salire se non c’è una scala?! Buttamene giù una!
- E secondo te come faccio?! La fabbrico?
- Gajeel – lo chiamò Lily.
Gli lanciò un’oggetto piccolo e brillante che il ragazzo afferrò al volo, da dentro l’acqua. Un cellulare.
- Cos…?
- Chiamatemi quando avete finito. Di sfogarvi, intendo. Sessualmente.
- Cosa?! – gridò Levy, facendo del baccano di dubbia provenienza.
Lily scoppiò a ridere e si allontanò verso la riva più lontana, mentre il vento e le onde soffocavano gli improperi di Gajeel e le urla di Levy.
Sarebbe tornato a prenderli, ovvio.
E Gajeel probabilmente lo avrebbe anche ringraziato.
 


MaxB
Scusate per il megaritardo. Ho poco da dire, sinceramente.
Amo Uncharted alla follia, ho riassunto un intero videogame in 12 pagine Word, se vi piace la storia potrei anche fare i seguiti. Per ora non credo siano in programma.
Per il prossimo capitolo dovrete... eheheh attendere non so quanto, sorry. Non sento i flussi giusti ultimamente (?) e anche solo finire questo cap è stato un calvario.
Perdonatemi vi prego.
Grazie mille a tutti, con le vostre recensioni mi date sempre la carica e la voglia di migliorare ancora.
A presto (davvero, spero a presto e mi impegnerò per questo),
MaxB
  
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