Titolo:
Miraculous Heroes 3
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 3.634 (Fidipù)
Note: E' venerdì e quindi è il turno del nuovo aggiornamento di
Miraculous Heroes 3 e...beh, la situazione inizia a farsi caliente! E'
tempo di combattere per i nostri eroi, è tempo di un breve faccia a faccia
con Dì Ren ed è tempo per qualcuno di aprirsi...Di chi starò mai parlando?
Vi lascio al capitolo per scoprirlo!
E vi ricordo che domani verrà aggiornata Scene,
con la seconda parte di Antieroe.
Come sempre vi ricordo la pagina
facebook per rimanere sempre aggiornati e io vi do appuntamento a
lunedì con una nuova settimana di aggiornamenti!
Come sempre, un grazie grande quanto la Tour Eiffel a tutti voi che
leggete, commentate e inserite questa storia in una delle vostre liste!
Lila poggiò il volto contro il pugno
chiuso, osservando i due ragazzi davanti a lei finché uno dei due non tirò
su la testa dal proprio piatto e la fissò eloquente: «Sì, volpe?» domandò
Adrien, attendendo e notando che l’altra non si degnava di rispondergli:
«Lila!»
«Mi stavo domandando…»
«E quando inizia così, io mi preoccupo» bofonchiò Rafael, infilzando un
pezzo di frittata e portandosela alle labbra: «Di solito sono cose che non
voglio che si domandi.»
«Cosa ci trovate di bello in economia?»
«Mi serve per rilevare l’azienda di famiglia» commentò serafico Adrien,
infilzando un boccone di carne e portandoselo alle labbra, aggrottando lo
sguardo quando vide la borsa della ragazza, poggiata sul tavolo accanto a
lei, muoversi: «Ma che…?»
«Vooxi sta leggendo la Pietra Filosofale per la non so quale volta. Ho
sinceramente perso il conto.»
«Come io l’ho perso per La compagnia dell’anello» sospirò Rafael,
scuotendo il capo: «E ritieniti fortunata, Harry Potter sono solo sette
volumi.»
«Il Signore degli Anelli non sono uguali? Di numero, intendo.»
«Sono sei» dichiarò Rafael, giocherellando con il cibo nel piatto: «Ma
vorrei farti notare le dimensioni di quei libri. Fino a che non ho
comprato l’ereader mi dovevo portare dei mattoni dietro…»
Il kwami della volpe fece capolino dalla borsa, gattonando fino a che il
musetto non uscì e fissò il moro: «Ereader? Che cosa è?»
«Rafael, ti uccido se gli rispondi.»
«E’ una specie di tablet dove puoi leggere e portarti dietro tutti i libri
che vuoi» dichiarò il moro, sorridendo all’italiana davanti a lui:
«Allora? Vuoi uccidermi sul serio e inimicarti Sarah?»
«Attenderò che Sarah sia in quel periodo del mese e lascerò fare a lei»
decretò Lila, sorridendo e poi voltandosi e osservando i due personaggi
che erano entrati nella mensa: entrambi avevano il volto coperto da una
maschera sorridente bianca ed erano vestiti con una tuta attillata nera,
con delle fiamme che dal basso salivano verso l’alto, uno di un rosso
acceso e l’altro di un blu elettrico; gli stessi colori si ripetevano nei
capelli legati in una coda laterale: il rosso tenuta sulla spalla di
destra e il blu su quella di sinistra: «Nuovi studenti?» domandò,
voltandosi verso Adrien e Rafael, vedendoli entrambi in allerta: «Devo
dire che lo speravo vivamente.»
Rimase ferma, osservando i due che, in sincrono, attraversarono l’intera
stanza giungendo quasi al centro: entrambi alzarono un braccio e, mente il
rosso sprigionò una fiammata, il blu creò un dardo di ghiaccio.
«Oh. Bene.» sentenziò Adrien, scivolando sotto al tavolo con Rafael e
Lila: «Abbiamo fuocherello e ghiacciolino. Chi chiama il grande capo?»
«Ladybug o Mogui?»
«Secondo te, volpe?»
«Dobbiamo trasformarci, prima» mormorò la ragazza, indicando la porta dei
bagni e ricevendo due cenni affermativi: l’italiana scattò in avanti,
ignorando il caos e le urla che avevano riempito la mensa e scivolò nella
toilette femminile, voltandosi e osservando i due che erano con lei:
«Questo è delle signore.»
«Trasformati e non rompere» sentenziò Rafael, invocando il nome del
proprio kwami che, risucchiato nel Miraculous del Pavone, lo trasformò in
breve tempo; l’eroe in blu aprì gli occhi, osservando il felino accanto a
sé e poi la ragazza che, ancora, non si era trasformata: «Lila!»
«Non lo faccio davanti a voi due!» sentenziò Lila, prendendoli per le
spalle e spintonandoli fuori dal bagno: «Vooxi, trasformarmi» ordinò,
osservando la piccola volpe entrare nella sua collana e la forza della
trasformazione avvolgerla, facendola diventare Volpina.
Allungò una mano, osservando la voluta di fumo arancio creare il lungo
flauto e, solo allora, uscì dal bagno con tutta la calma del mondo:
«Questa me la devi spiegare» sentenziò Peacock, mettendo mano
all’auricolare che teneva all’orecchio e attivandolo: «Sono in linea,
Mogui.»
«E anche io» aggiunse Chat, usando il proprio bastone come appoggio e
osservando i due nuovi nemici: «Creature di Quantum. Mensa della facoltà
di economia. Vi attendiamo calorosi e anche un po’ congelati.»
«Che stai dicendo?» domandò la voce di Ladybug, facendo sorridere il
felino: «Chat?»
«Vedi, my lady, abbiamo un fuocherello e un ghiacciolino a questo giro» le
spiegò l’eroe, sorridendo: «Devo dire che quei due mi ricordano il nostro
rapporto agli inizi: caliente come il fuoco ma anche freddo come il
ghiaccio.»
«Sto arrivando» sospirò Ladybug, ignorando ciò che aveva detto Chat Noir:
«Tortoise? Bee? Hawkmoth?»
«Sono quasi arrivata» decretò la Portatrice dell’Ape: «Se mi dite dov’è la
mensa vi raggiungo subito.»
Il nemico di ghiaccio si accorse dei tre, puntando la mano verso di loro e
sparando uno dardo: Peacock prese il ventaglio, deviando il colpo nemico e
vedendolo frantumarsi a terra: «Apetta, atterra davanti l’entrata e poi la
seconda porta a sinistra» le spiegò, mettendosi in posizione di attacco:
«Qui le cose si sono appena fatte animate.»
«Sto arrivando!»
Tortoise balzò a terra, osservando il piccolo Hawkmoth giungere assieme a
Ladybug e Jian: «Sono dentro?» domandò l’eroe in verde, voltandosi poi
quando sentì il rumore di vetri che si rompevano e osservare Peacock
balzare fuori, i due ventagli stretti in mano mentre uno dei nemici lo
seguiva fuori e lo puntava; Bee volò fuori e colpì il tipo in nero con i
capelli rossi con una sfera di energia, mentre Peacock lanciava i dardi
dei suoi ventagli.
«Oh. Siete venuti alla festa anche voi?» domandò l’eroe in blu,
riprendendosi e sorridendo ai nuovi arrivati: «C’è decisamente bisogno di
una mano: Fuocherello qui è al quanto ardente, mentre Ghiacciolo…» Peacock
tremò, fingendo di provare freddo: «Mai visto un tipo più glaciale.»
«Non è un tipo da festa, allora» decretò Tortoise, mettendo mano al suo
scudo e parando l’assalto di Fuocherello, prima che si schiantasse contro
Peacock: «Veramente caldo l’amico qua.»
«Già. Dovremmo invitarlo a un’uscita di noi ragazzi, non credi?»
«A proposito, quando ne facciamo un’altra?» domandò Tortoise, dando un
colpo secco con lo scudo e mandandolo lontano da sé: «E’ un po’ che non
vengo al locale.»
«Vero! Dobbiamo rifarci.»
«Mentre voi vi accordate per l’uscita…» dichiarò Ladybug, con una corda
rossa a pois neri in mano: «Io ho evocato il Lucky Charm e ho anche una
mezza idea su come usarla. Fuoco e Ghiaccio, hai detto?»
«Ti sto leggendo nel pensiero, Ladybug» sentenziò Peacock, osservando Chat
Noir balzare fuori dall’edificio con Volpina e Ghiacciolino: «Ehi, Chat!
Spingi mister freddo da questa parte!»
Il felino annuì, evitando un dardo di ghiaccio e scivolando alle spalle
del nemico, colpendolo con il bastone e mandandolo verso il gruppo, mentre
Ladybug lanciò una cima della corda a Jian e, assieme a lei, legarono
strettamente il gemello di fuoco: «Adesso tocca all’altro» mormorò la
coccinella, facendo un cenno a Chat e sorridendo quando, come se le avesse
letto nel pensiero, iniziò a duellare contro il nemico di ghiaccio,
aiutato da Hawkmoth, Volpina e Tortoise: i quattro lo costrinsero a
indietreggiare lungo un percorso preciso, mentre Peacock e Bee mantenevano
saldamente a terra l’altro nemico, finché anche Ghiacciolo non fu legato
nella corda e stretto assieme al gemello di fuoco.
La vicinanza fra i due iniziò a provocare delle volute di fumo, segno che
i due si stavano annientando a vicenda e, poco dopo, entrambi si
dissolsero sotto ai loro occhi: «Questa volta è stata…» mormorò Volpina,
roteando il bastone: «Veramente facile. Non credete?»
«Almeno una volta abbiamo risolto la situazione velocemente e senza tanti
problemi» mormorò Ladybug, raccogliendo la corda e lanciandola in alto,
osservando la magia risistemare tutto: «Ma non penso che sarà sempre
così.»
«Stai dicendo bene, mia cara Portatrice della Coccinella» dichiarò una
voce maschile, facendo voltare l’eroina a pois verso un punto della piazza
antistante la facoltà: Ladybug osservò la figura in nero che si stava
avvicinando, battendo le mani: rimase a fissarla sorpresa, con la bocca
aperta e portandosi una mano alle labbra, mentre il giovane dalla
capigliatura fulva si fermò davanti a tutti loro: «I miei ossequi, eroi di
Parigi. Io sono…»
«Dì Ren» dichiarò Jian, storcendo le labbra e fissando male il ragazzo:
«Hai paura di mostrarti a noi?»
«Dì Ren…» mormorò Nathaniel, piegando le labbra in un pigro sorriso: «E’
un nome carino quello che mi hai dato, ma in verità io mi chiamo Kwon. E
non ho paura, mia piccola figlia della città senza tempo, semplicemente è
un mezzo comodo per comunicare con voi…»
«Perché lui?»
«Perché non lui? Direi io» dichiarò Kwon-Nathaniel, allargando le braccia:
«Quando l’ho incontrato era confuso: amava una ragazza, ma non riusciva a
dimenticare il suo vecchio amore…»
«Io l’avevo detto» cantilenò Chat, chinandosi verso l’orecchio di Ladybug:
«L’avevo detto, no?»
«E non riusciva a superare il senso di inferiorità che provava per questa
fanciulla. Com’è che si chiama? Marinette, mi sembra.»
«Direi che non sa delle vostre identità» mormorò Alex, negli auricolari:
«Oppure sta fingendo e, fatemelo dire, date un oscar a quest’uomo nel
caso.»
Ladybug si portò una mano all’orecchio, assentendo a ciò che Alex aveva
detto loro e poi riportò l’attenzione su Nathaniel: «Che cosa vuoi Kwon?»
«Il potere. Quello assoluto che solo Daitya aveva e che ha sempre
sperperato» decretò il rosso, stringendo i pugni: «I vostri Miraculous mi
renderanno un dio su questa terra ed io, finalmente, avrò il ruolo che mi
spetta.»
«Di poche ambizioni il tipo» borbottò Peacock, poggiandosi le mani sui
fianchi: «Il tizio che vuole diventare divinità ci mancava, giusto?»
«Con l’invasione aliena e il dominatore di tutti i popoli» dichiarò Chat,
annuendo: «Avremmo finito l’album: la tizia vendicativa ce l’abbiamo, lo
scienziato pazzo c’è, il tipo che agisce come cattivo per l’amor perduto
pure, la pseudo-divinità adesso…»
«E tutti vogliono i Miraculous. Sempre, eh!»
«Scherzate pure» mormorò Kwon-Nathaniel allargando le braccia e creando
così un vortice d’aria, facendosi portare in alto: «Ma i Miraculous
saranno miei e, assieme alla Collana di Routo, io dominerò questo mondo e
il Quantum!» decretò, prima di sparire nel vento che aveva creato.
«Cioccolato! Voglio del cioccolato!»
«Non morirai se attendi qualche minuto» decretò Rafael, scacciando il
proprio kwami con un gesto della mano: «Oltretutto non ho neanche usato il
mio potere speciale…»
«Cioccolato!»
«Tieni, Flaffy» mormorò Sarah, prendendo una stecca di cioccolato dalla
dispensa e dandola allo spirito del Pavone, felice di avere ciò che
agognava; la ragazza lo fissò mentre volava per la stanza e si sistemava
davanti alla televisione dove, per l’ennesima volta, andava il primo
film del Signore degli Anelli: «Che c’è?» domandò, voltandosi verso il
ragazzo al suo fianco.
«Sto cercando di educarlo che non può avere tutto e subito» dichiarò il
moro, indicando con il mestolo i due kwami e scuotendo la testa: «E poi
oggi non ho usato il mio potere, non ne aveva bisogno.»
«Educare? Un kwami?»
«Sì» bofonchiò Rafael, tornando a occuparsi della cena e sentendo lo
sguardo di Sarah addosso: «Tutto bene?»
«Sì. Sto studiando le ricerche di tuo padre» mormorò la ragazza,
poggiandosi con i fianchi alla cucina e sospirando: «Spero di riuscire a
capire qualcosa e magari avere un indizio su dove sia.»
Rafael si chinò verso di lei, sfiorandole il naso con l’indice e
sorridendole: «Non ti preoccupare, apetta. Verrà risolta anche questa.»
«Lo spero» sospirò la ragazza, incrociando le braccia e scuotendo il capo:
«Che ne pensi?»
«Che forse non c’è da preoccuparsi per mio padre, queste sparizioni erano
all’ordine del giorno prima e forse non ha mai preso sul serio il suo
impegno in facoltà…»
«Stavo parlando di Dì Ren. Kwon…»
«Un altro cattivo con mille nomi» bofonchiò il moro, concentrandosi su ciò
che stava cucinando: «E non mi piace il fatto che abbia usato Nathaniel
come portavoce sembra…»
«Fatto apposta per destabilizzare Marinette, vero?»
«Già»
Marinette si sistemò il vestito, fissando malevola il ragazzo al suo
fianco, mentre si chiudeva i jeans: «Che c’è?» le domandò innocentemente
Adrien, sorridendole dolcemente: «Ah, ti ho spettinata un po’...» mormorò,
allungando le mani e sistemando i capelli.
«Non ci posso credere…»
«E’ una cosa normale.»
«A casa! Non nel bagno del ristorante.»
«Che posso dire? Non so resisterti quando indossi certi vestiti» dichiarò
Adrien, alzando le spalle: «E poi mi sembra che anche tu hai fatto la tua
parte, soprattutto quando mi hai infilato le mani dentro le mutan…»
«Adrien, zitto!» bofonchiò Marinette, prendendosi il volto fra le mani e
scuotendo la testa: «L’abbiamo fatto nel bagno. Nel bagno del ristorante
che c’è nell’hotel dei Bourgeois…»
«Io non capisco cosa ci sia di male, sai? Insomma, sono tuo marito, sono
di una bellezza assoluta…»
«Sei un gatto perennemente in calore.»
«Silenzio, Plagg.»
«E se qualcuno ci ha sentito o peggio ripreso? Oddio, e se qualcuno
l’avesse fatto? Magari uno di quei tipi che poi li caricano da qualche
parte su internet o peggio mi ricatterà e mi chiederà in cambio…» Adrien
la osservò fare un’espressione oltraggiata, prima di scuotere
vigorosamente il capo: «La mia vita è rovinata, sarò arrestata e tu
troverai sicuramente un’altra.»
«Come è arrivata da una sveltina in bagno con il marito a te che vai con
un’altra?» domandò Plagg, alzando la testa verso il suo Portatore: «Non
capisco.»
«I suoi film mentali sono sempre meravigliosi.»
«E’ tutta colpa tua!»
«Sto iniziando a rimpiangere la vecchia Marinette, sai? Almeno balbettavi
e …» Adrien si fermò, osservando lo sguardo di totale paura di Marinette:
«Cosa hai pensato?»
«Ti sei stancato di me…»
«Marinette, io ti amo» mormorò Adrien, prendendola per le braccia e
sorridendole: «E mi sembra anche di avertelo dimostrato cinque minuti fa,
ma tu ed io dobbiamo assolutamente lavorare sulla tua tendenza a farti
film mentali che girano sempre al peggio. Non sono stanco di te, nessuno
ti ha ripreso e nessuno ti ricatterà.»
«Ma…»
«Cuore mio, ti prego non pensare. Te lo chiedo per favore: andiamo di là,
godiamoci la nostra cena e poi torniamo a casa, ok? Casa nostra dove non
ci sono telecamere o entità invisibili» Adrien si fermò, imbronciandosi:
«Sei già partita con un altro film, vero?»
«Sì» mormorò Marinette, incassando la testa nelle spalle: «Scusa.»
Adrien scosse il capo, sospirando e poggiando la fronte contro quella di
Marinette: «Ti amo anche per questo e, se mai ti farò arrabbiare veramente
parecchio, ricordati che sono l’unico che è capace di sopportare questa
tua tendenza. Ok?»
«D’accordo» bisbigliò Marinette, carezzandogli la guancia: «Ed io sono
l’unica a sopportare il tuo ego spropositato.»
«Ed entrambi sopporteremo benissimo i due gâteau au chocolat che ci
attendono al tavolo.»
«Pensi ai dolci?»
«Ehi, ho consumato poco fa. Devo fare il pieno o non saprò come soddisfare
la mia mogliettina più tardi» dichiarò Adrien, facendole l’occhiolino e
aprendole la porta, ridacchiando davanti alla signora, ferma dall’altra
parte e con lo sguardo oltraggioso; il biondo la vide entrare nel bagno,
borbottando qualcosa su giovani senza ritegno mentre Marinette diventava
completamente rossa in volto: «Ho il sospetto che ci abbia sentiti…»
«Tu dici?»
«Te lo dico sempre che urli troppo, my lady» dichiarò Adrien, sogghignando
quando la vide andarsene a testa alta: «Almeno ha messo di pensare a
Nathaniel…»
«Quindi era tutto un piano per distrarla?» domandò Plagg, facendo capolino
dalla tasca della camicia: «Bel piano, complimenti.»
«Grazie mille.»
«Non era un complimento, moccioso.»
Alex osservò in basso, deglutendo nervosamente e voltandosi poi verso la
ragazza che l’aveva portato lassù, su una delle tante travi orizzontali
che formavano la Tour Eiffel: «Non c’era un posto un po’ più…» si fermò,
stringendo il braccio della ragazza: «Come dire? Più basso per parlare?»
«Qui saremo tranquilli.»
«Mi chiedo chi verrà a darci noia oltre ai piccioni…» borbottò il ragazzo,
sistemandosi gli occhiali e sorridendole: «Ti ho mai accennato il fatto
che sono umano?»
«Sì, lo so.»
«E penso tu sappia che, se io cado da quassù, mi faccio male. Muoio. Cose
del genere, insomma.»
«Non ti farei mai cadere, Alex» dichiarò Xiang, sorridendogli e
sistemandosi a gambe incrociate: «Sei al sicuro con me.»
«Bene, perché sarebbe un po’ complicato spiegare ai miei che sono morto,
cadendo dalla Tour Eiffel perché una ragazza cinese mi ci ha portato stile
principessa…» bofonchiò il ragazzo, abbozzando un sorriso nervoso: «Mio
padre sarebbe capace di resuscitarmi e uccidermi con le sue stesse mani.»
«Tuo padre è un negromante?»
«E’ un modo di dire, Xiang.»
«Oh» mormorò la ragazza, rimanendo a bocca aperta e annuendo con la testa,
chiuse le labbra e si voltò verso la città sotto di loro che, lentamente,
stava cedendo al tramonto e alle sue tinte calde: «Dì Ren si è fatto
spavaldo» mormorò, poggiando i gomiti contro le ginocchia e sentendo Alex
muoversi a disagio accanto a lei: «Ha usato il vostro amico come tramite…»
«Ciò mi fa pensare cosa pensi del caro Nathaniel» borbottò l’americano,
facendosi più vicino a lei: «E non credo rientri fra le persone che stima
di più.»
«Tutti sono pedine nel gioco di Dì Ren. Anche noi.»
«Che tipo simpatico» borbottò Alex, stringendole l’avambraccio: «Davvero,
non potremmo andare a parlare da qualche altra parte? Un posto magari a
zero centimetri di altezza.»
«Hai paura, Alex?»
«Quando non sono Mogui? Sì. E anche tanto.»
Xiang sorrise, tirando su una gamba e stringendola nell’abbraccio delle
braccia, mentre poggiava il mento sopra il ginocchio: «A Shangri-la ero
solita salire molto più in alto di così: mio fratello adorava montare
sulle spalle della grande statua del nostro primo sovrano e da lì
osservare tutto.»
«Avevi un fratello?»
«Più di uno, in verità.»
Alex annuì, osservando anche lui la città, lasciando andare un lento
sospiro: «Eravate un grande nazione» mormorò, scuotendo il capo e
fissandola: «Com’è possibile che tutto sia andato…»
«Come è possibile che vi siete estinti. Questo vuoi chiedermi Alex.»
«Messa così…» mugugnò il ragazzo, sospirando: «Volevo essere delicato e
dire ‘estinti’ non mi pareva il caso.»
«Avere una lunga vita non è sinonimo di invulnerabilità» dichiarò la
ragazza, scuotendo la lunga chioma bionda: «Il mio popolo ha sofferto la
sua sete di potere: troppe guerre per espandere i domini e sottomettere le
popolazioni nascenti, questo ha portato all’estinzione della mia gente.»
Alex annuì, tirando su le gambe e poggiando gli avambracci su di esse,
osservando il panorama davanti a sé: «Mi chiedo come sia. Vivere per così
tanto tempo.»
«Doloroso e molto solitario» dichiarò la ragazza, sorridendo appena:
«Quando sono nata, della mia gente era rimasta solo un esiguo gruppo e,
nonostante ciò, mia madre ha ordinato la guerra contro il nascente impero
cinese e questo ha portato alla rovina di Shangri-la: sono morti in tanti
e pochi sono rimasti fra le mura della città; sono rimasta sola quando
avevo mille e cinquecento anni…»
«Mh. Più o meno che epoca era?»
«Vediamo…» Xiang sospirò, alzando la testa verso il cielo e osservando la
struttura di metallo sopra di lei: «Voi prendete come punto di riferimento
la morte di quel vostro santone, vero?»
«Secondo la religione sarebbe il figlio di Dio ma…» Alex sospirò,
scuotendo il capo: «Chi sono io per farti lezioni di religione? Comunque
sì, prendiamo come punto di riferimento la nascita di questo individuo e
infatti sono passati duemiladiciassette anni da allora.»
«Duemiladiciassette, eh?» mormorò Xiang, sorridendo poi: «Ok, doveva
essere più o meno un periodo come cinquecento anni prima che questo tizio
nascesse.»
«Uao.»
«Il mondo era così giovane all’epoca…»
«Io non ero neanche un girino nei pensieri del mio antenato, mi sa.»
Xiang sorrise dolcemente, voltandosi verso di lui: «Tu però hai vissuto,
Alex. La tua vita è piena, incredibile; io ho semplicemente vissuto dentro
una grotta, per molto tempo sola, finché Kang non è giunto da me: avevo
passato mille anni da sola, prima che lui giungesse a Shangri-la.»
«Sei stata da sola per mille anni?»
«Sì.»
«E’ tanto tempo.»
«Non dirmelo!» sentenziò la ragazza, sorridendo: «Ma poi Kang è arrivato
e, sebbene si allontanasse spesso, tornava sempre da me e un giorno
portò…»
«Felix!»
«Esattamente! E la mia grotta si animò: Felix mi raccontava del mondo che
c’era fuori e di quello che aveva visto, di Bridgette…» si fermò,
ridacchiando: «Era molto romantico quando parlava di lei, non come ora.»
«Ora è il gatto che è in lui a parlare. Se noti anche Adrien è uguale:
quando è solo è tutto un osannare la sua dolce e meraviglia Marinette, ma
quando è con lei…»
«Kang mi ha narrato una volta di Marinette e Adrien.»
«Cosa?»
«Lui vedeva nel tempo, ma non voleva mai condividerlo con nessuno:
passato, presente e futuro. Lui vedeva tutto, però era solito dire che il
tempo era un affare suo» decretò, sorridendo: «Però una volta mi parlò di
loro due: ‘un amore così grande e forte da far rivivere ciò che era
passato’»
«Far rivivere ciò che era passato? Ma che…?»
«Non ammattire, Alex. Kang era incomprensibile alle volte.»
«Sai che io adoro questo genere di cose? Indovinelli, enigmi, sembra di
stare in un GDR ma senza Master rompiscatole.»
«Farò finta di aver capito di cosa stai parlando…»
«Scoprirò cosa voleva dire.»
«Buona fortuna, Alex.»
Il ragazzo sorrise, voltandosi verso di lei e sistemandosi gli occhiali:
«Me lo merito un bacio di buon augurio?» domandò, fissandola in attesa e
osservandola mentre si alzava e si puliva gli abiti: «Xiang?»
«Forse il giorno in cui riuscirai a scendere da qui» decretò la cinese,
balzando nel nulla, sotto lo sguardo allibito del giovane.
L’aveva veramente lasciato lì?
A metà Tour Eiffel?
Alex scosse il capo, sbuffando e recuperando il cellulare dalla tasca del
giubbotto: in certi casi c’era solo una cosa da fare! Cercò il numero
nella rubrica e poi si portò il telefono all’orecchio, aspettando che la
persona dall’altra disturbasse: «Ciao, come va?» domandò, quando sentì la
voce dall’altra parte della linea: «Senti, avrei un piccolissimo favore da
chiedere…»
«Alex, sto facendo i compiti.»
«Sempre detto che sei un bravo studente, Thomas.»
«Cosa vuoi?»
«Puoi venire sulla Tour Eiffel e akumatizzarmi? Oppure portarmi
direttamente giù?»
«E che ci fai lì?»
«A quanto pare, portare un ragazzo a un’altezza dalla quale non può
sfuggire e andarsene via è l’idea di appuntamento romantico di Xiang. O
almeno credo» spiegò l’americano, guardando in basso: «Ti prego, vieni a
salvarmi.»
«Arrivo subito.»