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Autore: Lola1991    09/06/2017    3 recensioni
-    SEQUEL DI “From the beginning”
Thorin e Laswynn sono diventati re e regina di Erebor; gli anni del loro regno trascorrono pacifici sotto la montagna e i loro figli sono oramai grandi e pronti ad assecondare la volontà della stirpe di Durin.
La prima figlia femmina, Eriu, viene promessa in sposa al figlio di Dáin, Thorin, sui Colli Ferrosi. Dopo aver accettato questa difficile decisione, alla giovane Eriu non resta altro che iniziare una nuova vita lontana da Erebor e imparare ad essere una buona compagna e una buona moglie.
Ma accanto alla comunità dei Colli Ferrosi sorgono le terre selvagge e i villaggi di Rhûn, abitate dagli Esterling e da uomini creduti malvagi e corrotti. 
Vran, giovane cacciatore, incontrerà per caso Eriu, salvandola da una morte certa. La guerra per l’anello incombe, e il male si diffonde sulla Terra di Mezzo e sui suoi abitanti.
Ma Vran e Eriu non hanno nessuna intenzione di seguire un destino imposto da altri…
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dain II Piediferro, Nuovo personaggio, Thorin III Elminpietra, Thorin Scudodiquercia
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo VII
 

Tremavo dalla testa ai piedi, senza riuscire a controllarmi. I miei occhi, spalancati per il terrore, fissavano un punto imprecisato della foresta.
Dovetti fare ricorso a tutto il mio coraggio per riuscire a voltarmi verso la voce che proveniva da dietro di me.
 
Apparteneva a un giovane, che mi fissava con sguardo incredulo. Sicuramente non si trattava di un nano: era un uomo. Sul viso un accenno leggero di barba confermava la sua età non del tutto adulta. I suoi occhi scuri mi fissavano, interrogativi, e le labbra erano arricciate in una smorfia indispettita. Aveva folti capelli colore del miele, in contrasto con la pelle abbronzata. Era vestito semplicemente: una casacca di cotone grezzo, brache maschili e stivali. Tra le mani teneva l’arco che aveva appena usato per uccidere la bestia.
Continuò a scrutarmi; tentò di aprire la bocca per dirmi qualcosa, ma non lo lasciai fare. Ero terrorizzata.
Mi voltai di scatto e corsi all’impazzata, facendomi strada tra una miriade di alberi e arbusti, ignorando sassi, rami, rovi e qualsiasi altra cosa potesse essermi da ostacolo alla fuga.
 
Sentii lo sconosciuto imprecare ad alta voce, dietro di me, e aumentai il passo. Respiravo affannosamente, non curandomi del viso, delle braccia graffiate o della veste sgualcita. Nella mia testa non c’era spazio per alcun pensiero o ragionamento: volevo solo allontanarmi il più possibile da quell’uomo.
Non riuscivo a capire dove mi stavo dirigendo: nella foresta non c’era un sentiero tracciato, o se anche ci fosse stato, l’avevo abbandonato da molte ore. La paura mi fece correre più velocemente di quanto mi fossi aspettata dal mio corpo, ma comunque non abbastanza in fretta perché lo sconosciuto che mi aveva salvato mi raggiungesse.
 
Ero a un punto di non ritorno: davanti a me gli alberi fitti sembravano interrompersi improvvisamente e mi fermai all’ultimo secondo, rischiando di cadere nel rigagnolo che avevo davanti agli occhi. Il mio fiato era pesante, il mio cuore tremava incontrollabile.
Pesanti rumori dietro di me mi fecero intuire che il mio inseguitore mi aveva raggiunta. Mi voltai di scatto, cercando di alzare il volto in un ultimo disperato tentativo di infondermi coraggio.
Se avesse voluto uccidermi, almeno, non sarei morta piangendo di paura come una bambina.
L’uomo si fermò a qualche passo da me, anche lui col fiato mozzo. Mi guardava curioso; tentò di avvicinarsi, ma quando mi vide indietreggiare si fermò all’istante, mettendo le mani avanti.
« Non voglio farti del male ».
Aveva una voce calda, rassicurante, con uno strano accento che non avevo mai udito prima. Mi tranquillizzai, senza però abbandonare la mia posizione di difesa.
« Come ti chiami? » mi chiese, cercando di essere gentile.
 
Decisi di mentire. Se avessi rivelato il mio nome, il mio vero nome, avrebbe potuto scoprire chi ero realmente, o risalire alla mia famiglia. Se fosse stato un bandito, avrebbe potuto facilmente chiedere un riscatto a Dáin, in cambio della mia salvaguardia. Non potevo rischiare.
« Bronnen. Ero in viaggio per raggiungere i Colli Ferrosi, ma il mio pony è scappato e mi sono persa » risposi, alzando appena la voce.
Mi osservò scettico, alzando un sopracciglio. Risposi al suo sguardo con fermezza, e dopo qualche istante il suo volto si rilassò.
« Queste sono terre pericolose. La foresta non è più un posto sicuro, cinghiali a parte », si guardò intorno con tristezza, osservando le fronde degli alberi che ci circondavano come se le conoscesse da molto tempo, « Non è una buona idea viaggiare da sola ».
Deglutii. Nella mia testa continuavo a chiedermi cosa quell’uomo volesse fare di me, e se alla fine me la sarei cavata. Sembrava una persona abbastanza gentile. Forse, se avessi insistito, mi avrebbe mostrato il sentiero per tornare a casa, considerando che avevo totalmente perso la cognizione di quale fosse la giusta direzione da prendere.
 
Ora che avevo smesso di correre e stavo riprendendo un po’ di fiato iniziavo a provare i primi dolori: la testa mi stava per scoppiare, avevo le braccia coperte di graffi e la gonna completamente sgualcita, di cui gran parte era stata probabilmente portata via da un ramo nel corso della mia rocambolesca fuga.
Sicuramente non avevo un gran bell’aspetto.
 
« Sei ferita. »
Seguii lo sguardo dell’uomo, che si era fermato sulla mia gamba destra. Ben visibile anche dalla mia prospettiva, il polpaccio era deturpato da un taglio abbastanza profondo, che lo attraversava completamente, grondante di sangue fresco e rappreso.
Non avevo mai sopportato la vista del sangue, soprattutto se si trattava del mio.
Posai gli occhi un’ultima volta sullo sconosciuto che mi fissava allarmato, e il mondo divenne improvvisamente buio.
 
*
 
Mi svegliai qualche ora più tardi. Ci misi qualche istante ad aprire gli occhi: ero ancora stordita dalla situazione. Tentai di osservare la stanza intorno a me. Giacevo in un letto comodo, appoggiato a una parete. L’abitazione era semplice: il pavimento era coperto di canne e la parete era fatta di rami intrecciati di nocciolo; un fuoco scoppiettava poco lontano, rendendo l’atmosfera piacevole. Una grande tenda di pelle conciata separava la stanza dal resto della casa.
Cercai di alzarmi a sedere, ma fu più difficile del previsto: ogni singolo muscolo del mio corpo mi intimava di stare ferma. Dopo qualche tentativo ci riuscii, ma non ci fu verso di muovere le gambe. Mi resi conto che non indossavo più la veste sgualcita che avevo nella foresta, ma una candida sottoveste di lino che mi arrivava oltre ai piedi.
Lontano sentivo alcune voci di uomini. Cercai di ascoltare ciò che dicevano, ma parlavano in una lingua a me sconosciuta, una parlata secca e per nulla rassicurante. Rabbrividii.
Non sapevo dove mi trovavo, e del giovane uomo che mi aveva trovato nel bosco non c’era traccia.
 
Fuori stava facendo buio, e la notte incalzava. A quest’ora, sui Colli Ferrosi, qualcuno avrebbe dovuto dare l’allarme della mia scomparsa. Ripensai a Bronnen e gli occhi mi si riempirono di lacrime. Doveva essere molto in angoscia.
« Oh, sei sveglia. »
Trasalii al suono di quella voce. Il mio salvatore, se così potevo definirlo, mi osservava da dietro la tenda, con fare curioso. Abbozzai un sorriso di ringraziamento, mentre questo si avvicinava.
« Per quanto ho dormito? ».
« Non più di tre ore. Ti abbiamo fasciato la gamba… dovresti essere in grado di appoggiare il piede a terra. Fammi dare un’occhiata. »
 
Nonostante le fattezze robuste, esaminò la mia ferita con estrema delicatezza.
« Hai preso una brutta botta: hai urtato la gamba contro la radice di un albero? Credo di si. Ma sei stata fortunata…. Un altro se la sarebbe rotta in almeno tre punti e sarebbe rimasto azzoppato per tutta la vita.**  »
Il polpaccio mi bruciava, e per quanto la ferita non mi paresse grave, mi sentivo incredibilmente stanca.
« Dove mi trovo? » domandai inquieta, riappoggiandomi ai cuscini del letto.
« Nelle terre degli Esterling » rispose l’altro, incurante, mentre mi puliva la fasciatura.
Gli Esterling… ne avevo sentito parlare, molto tempo prima, dal mio istitutore di Erebor. Sapevo che abitavano le terre di Rhûn, e che i loro rapporti con i nani dei Colli Ferrosi non erano mai stati del tutto pacifici… se avessero scoperto chi ero davvero, probabilmente avrei rischiato di morire.
Cercai di ricacciare quell’orribile pensiero, inorridita e terrorizzata dalla situazione in cui mi trovavo.
 
La stanchezza stava prendendo ancora una volta il sopravvento. Il giovane parve accorgersene, perché smise di tastarmi la gamba.
« Dovrei lasciarti riposare ancora qualche ora… hai perso molto sangue. »
Annuii debolmente, mentre le palpebre iniziavano già a farsi pesanti.
 
« Oh, mi sono dimenticato » disse lui, fermandosi prima di sparire oltre alla tenda, « Il mio nome è Vran ». 




Qualche piccolo appunto sul capitolo.
** La descrizione della ferita alla gamba di Eriu, sicuramente non grave come potrebbe sembrare a una prima descrizione, è tratta da "Le quercie di Avalon", di Marion Zimmer Bradley.

Per quanto riguarda la descrizione fisica di Vran, ho fatto soprattutto riferimento al modo con cui Tolkien descrive questo popolo, e in particolare:

"Generalmente essi non sono molto alti ma robusti, hanno la pelle di colore olivastro, e occhi e capelli scuri."

Vran me lo sono sempre immaginata con i capelli appena un pò più chiari, la sola differenza :)
Spero che il nuovo capitolo vi piaccia!
Lola


 
   
 
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