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Autore: LaVampy    12/06/2017    3 recensioni
storia di Yuri, la piccola tigre russa, dei suoi ideali, dei suoi obiettivi, della suo modo di vivere solitario. Ma si può vivere per sempre da soli??
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Otabek Altin, Un po' tutti, Victor Nikiforov, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Ennesima caduta, ennesimo dolore e l'orgoglio a pezzi che si infrangeva come un bicchiere di cristallo, tagliando con le schegge quella corazza in cui si racchiudeva, ogni volta che scendeva sulla pista, fosse questa di legno, cemento o di ghiaccio. 
 
 -Rialzati subito-urlò Lilia. -Le prime ballerine non piangono- urlò ancora più dura, calpestando il parquet della sala da ballo, per posizionarsi davanti a lui.  

-Non sto piangendo- ringhiò il biondo tra i denti, asciugandosi il viso con rabbia. 

-Mi sa che è inutile con te, non sei abbastanza motivato e io non ho tempo da perdere, io alleno solo i migliori- sbuffò allontanandosi. 

-Io sono il migliore- urlò alzandosi, incurante del dolore alla caviglia. 

-Tu non sei il migliore, lo sarai se e quando vincerai quella medaglia, per ora il migliore resta Viktor, e ha un vantaggio su di te di cinque medaglie- disse una voce dietro di loro. E in quell'attimo Yuri sentì la bile in gola, la voglia di urlare e prendere a pugni tutto e tutti. Anzi la voglia di prendere a pugni solo una persona, o meglio un ragazzo. La voglia di ridurre ad un ammasso di carne trista: Yuuri Katsuki. 

-Ci mancava solo il vecchio, a rompere i co...-ma fu interrotto dalla bacchettata della sua insegnante, sulla sua mano. Veloce e letale, come fuoco. 

-Non una parola, non dire un'altra parola. Prima ballerina non è solo saper ballare, ma è grazia, portamento e classe.
E sciogliti i capelli, se li vuoi tenere lunghi devi imparare a ballare con loro. Sono stata chiara?-disse con voce che non ammetteva repliche. 

-Cristallina come sempre-ringhiò ancora, andando in centro alla pista per riprendere i passi, che stava eseguendo. Ingoiando quel groppo alla gola che sentiva nascere dentro di se, mentre una lacrima silenziosa scivolava sulla guancia. 

In Cina, il maiale si sarebbe dovuto classificare in Cina per riuscire forse ad accedere ai campionati successivi, giurando a se stesso che il ghiaccio si sarebbe sciolto sotto le sue lacrime. Sibilò di dolore quando si tolse le scarpe da ballo che avevano marchiato i suoi piedi. Nonostante strati di cerotti, sanguinavano e pulsavano. Si sedette e delicatamente tagliò quel piccolo tessuto, trattenendo ogni smorfia di dolore. Aspettava sempre di essere da solo, nello spogliatoio, perché si poteva lasciare andare. Nessuno lo avrebbe visto piangere di dolore, e di paura. Quell'ansia che lo assaliva ormai ogni sera. Era solo un quindicenne solo, in un mondo di grandi mostri. Avrebbe lottato con le unghie e con i denti per strapparsi un pezzo per se stesso. Sussultò quando il freddo della forbice incontrò la carne viva, senza riuscire a trattenere un gemito di dolore. Una volta rimossa la parte più grande, si diresse nella doccia. L'acqua calda avrebbe certamente portato via il resta del cerotto, e avrebbe riscaldato i suoi muscoli tesi. Si sciolse i capelli, massaggiandosi la cute. Non c'era una sola parte del suo corpo che non dolesse. Si massaggiò con cura il collo, scendendo sulle spalle, passando per il petto. E quando portò le mani insaponate sulle natiche non potè urlare di dolore. Un vistoso ematoma partiva dal fianco destro per terminare sulla natica, ed era solo la parte che riusciva a vedere. Blu come la notte, prese coraggio, passo di nuovo la mano, questa volta delicatamente. Una volta terminato si guardò i piedi. Piccoli rivoli di sangue lasciavano le sue dita, mischiandosi con la schiuma. Si abbassò per tanto per toccarle, facevano male, le unghie martoriate erano nere, ma nulla era paragonabile al dolore che aveva nel cuore. Quella rabbia che cresceva ogni volta che nello spogliatoio vedeva l'armadietto di Viktor. Quello stronzo si era addirittura dimenticato della promessa, e aveva scelto un perfetto sconosciuto. Ma se Viktor aveva messo in discussione la sua carriera, lui non avrebbe fatto lo stesso. Alla fine era riuscito ad ottenere la sua coreografia, ma aveva perso un amico. Colpì con forza il muro davanti a se, imprecando per la sua stupidità. I segni dovevano restare in punti in cui non si vedevano e non il contrario. Anche quello faceva punteggio, e di certo non voleva dare modo a quella vecchia gallina di urlargli contro. Uscì dalla doccia poco dopo, asciugandosi i capelli con un asciugamano. Si fermò un attimo prese il telefono e si sedette sulla panca. Suo nonno sarebbe arrivato da li a breve. Accese google senza cercare nulla di specifico, ma la foto sorridente di Viktor, con il braccio sulle spalle del maiale lo colpì come un pugno, lasciandolo senza fiato. Perché doveva fare così male? Lacrime lente scesero, incapace di fermarle. Lacrime di un ragazzo quindicenne che cercava in tutti i modi di apparire un uomo, di essere grande ma che in realtà restava sempre e solo un bambino. 

E come bambino non si vergognò di correre tra l'abbraccio del nonno, che da sempre lo aveva sostenuto ,anche quando tutti dicevano che non era lo sport adatto a lui, che lo seguiva orgoglioso. Che sapeva come abbracciarlo per ricomporre la sua anima distrutta da un mondo troppo grande per lui, così come si incastrano i pezzi per un puzzle. Guardando quell'unico e solo sorriso che amava. 

-Andiamo Yura-gli aveva detto il nonno, baciandolo sulla testa. -Hai ancora i capelli bagnati-. 

-Scusa nonno ho fatto tardi, è tanto che aspetti?-chiese sottovoce. 

-Sono appena arrivato- mentì il nonno, felice di vedere suo nipote sorridere. -Ma ti alleni troppo duramente- disse, accendendo il motore. 

-Non abbastanza, voglio l'oro nonno, posso farcela- disse piano, prendendosi le ginocchia con le braccia. 

-Non ho dubbi Yura, sei il migliore, sei mio nipote. E io sarò sempre orgoglioso di te- disse sorridendogli, dirigendosi verso casa. 

E quando finalmente fu a letto, avvolto dal colore e del profumo di casa, si lasciò andare a quelle sensazioni piacevoli.

Accese il computer mettendoselo sulla pancia. Scorrendo le foto dei suo possibili rivali. E quando dopo alcune ricerche giunse alla pagina di Altin Otabek, il suo cuore ebbe un sussulto. Al contrario di Giacometti, Viktor e altri come Crispino, ove su internet c'era vita, morte e miracoli. Di lui si sapeva solo che aveva diciannove anni e nulla di più. Guardò quel viso spigoloso, cercando di immaginarselo con un sorriso, ma nonostante le innumerevoli ricerche non ne trovò. Come mai di quel ragazzo non si sapeva nulla? Chiuse di scatto il portatile, turbato.

Perché gli interessava così tanto scoprire qualcosa su di lui?. Diede la colpa alla sua mania di voler conoscere il volto degli avversari, ma sapeva di mentire solo a se stesso. Si mosse e schiuse la lampada accesa sul comodino, ma per quanto cercasse di dormire il suo corpo era teso. Troppo teso. Scese con la mano sulla pancia. Toccandosi attraverso i boxer, era veramente troppo teso. Chiuse gli occhi, respirando sempre più affannosamente, mordendo la coperta con i denti, per non emettere alcun suono. C'era vicino, lo sentiva, sentiva i muscoli dello stomaco contrarsi. Aumentò la velocità della mano e quando finalmente si lasciò andare, in un urlo soffocato, chiuse la palpebre. Pronto come sempre a vedere il viso di Viktor, ma quella volta, non c'erano due occhi color del ghiaccio, ma neri come il carbone. Si sedette sul letto, cercando di regolarizzare il respiro.

Cosa diavolo era appena successo? 
 

 
   
 
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