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Autore: Sameko    12/06/2017    1 recensioni
Una Genocide rimasta incompleta.
Una Pacifist che si prospetta essere quella definitiva, quella che assicurerà il lieto fine a lungo sperato.
Ma gli ingranaggi erano già stati messi in moto da tempo. Fili che dal passato tendono verso il presente aspettano di intrecciarsi con un futuro ancora incerto. Ed è ora che iniziano le sfide più difficili, in cui anche una mano amica in più può fare la differenza.
L’importante è non perdere mai la propria determinazione.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Chara, Frisk, Sans, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo 18: Priorità




 
Per quanto ci avesse provato e stesse continuando a provarci, non riusciva a ricordare l’ultima volta in cui si era sentito così demotivato e distrutto ancora prima di uscire di casa; e il suo tentare di ricordare quell’ultima volta era davvero di poca importanza se niente – assolutamente niente – avrebbe potuto evitargli di dover passare un intero giorno a sgobbare come un mulo ( tutto grazie all’improbabile alleanza instauratasi tra la marmocchia e Undyne ). Avrebbe finito con lo strisciare a terra entro fine giornata, ne era certo, e avrebbe dovuto chiedere a Frisk di rimetterlo in sesto se voleva continuare a tirare avanti e non destare sospetti. Sperava di riuscire ad incontrare la piccola a casa di Undyne almeno per l’ora di pranzo, magari per farsi dare una sistemata abbastanza per reggere fino a sera...
Appena quel pensiero gli aveva sfiorato la mente, Sans non perse tempo a scacciarlo via con veemenza. No, doveva sforzarsi di cavarsela da solo, non poteva sempre accollare a Frisk una simile responsabilità – non gli piaceva doverlo fare quando era necessario, figuriamoci quando poteva risparmiarselo.
Sbuffando per la fatica, si appoggiò con l’avanbraccio contro il muro esterno della sua casa, che aveva finalmente raggiunto dopo un’ora e passa di camminata nella neve, dal portone a Snowdin. Di usare le scorciatoie non se ne parlava, richiedevano un enorme dispendio di energie da parte sua, energie che al momento non poteva spendere e nemmeno recuperare con un sonnellino... e poi, Undyne lo aveva esplicitamente avvertito che avrebbe controllato i nastri delle telecamere a fine giornata.  Avrebbe sempre potuto corrompere Alphys e fare il lavativo come al solito, ma… ecco... era un po’ a corto di collezioni deluxe di qualche anime che sarebbe potuto piacere ad Alphys e la discarica ne era attualmente sprovvista ( era già andato a controllare personalmente per assicurarsene ).
“ Grazie tante, nanerottola. ” Pensò rivolto a Chara, con un ultimo sbuffo. “ Mille grazie.
Oltre ad essere a corto di praticamente qualunque cosa, era anche disperatamente a corto di respiro.
Tirò su la schiena, alzando la testa e inspirando profondamente. Per ora, avrebbe continuato. Ce la poteva fare, poteva sopravvivere ancora tre quarti di giornata in queste condizioni. Non poteva essere così difficile.
« Stai di nuovo oziando durante il tuo turno di lavoro, Sans? »
Non gli occorse voltarsi per sapere che suo fratello gli aveva posto quella domanda con la sua classica posa a braccia severamente conserte, ma l’accenno di esasperato divertimento nella sua voce lo rassicurò del fatto che Papyrus, per fortuna, non era di umore intransigente.
Fu rapido Sans a sostituire la sua smorfia affaticata con il suo altrettanto classico sorriso, mentre si voltava per salutare l’altro scheletro, sforzandosi di tenere sotto controllo il suo stesso respiro.
« Ok, mi hai beccato, Paps. » Si arrese scherzosamente, abbassando una palpebra e allargando le braccia. « Non farai la spia con il tuo fratellone, vero? »
Papyrus scosse la testa con palese rimprovero.
« Te la sei cavata solo per questa volta, fratello. » Replicò fermamente, ma non passò molto tempo prima che la sua espressione inflessibile cominciasse ad addolcirsi. « E, proprio per evitare che Undyne ti impartisca una lezione ancora più dura, ho deciso che ti accompagnerò personalmente durante i tuoi turni, assicurandomi che tu svolga con diligenza il tuo lavoro! »
Sans si sentì gelare un poco all’altezza delle scapole nell’udire le intenzioni dell'altro scheletro.
« Ma, Paps, e i rompicapi? Li hai già tutti ricalibrati? » Domandò quindi, sperando in una risposta negativa. Normalmente, non gli sarebbe dispiaciuto trascorrere con suo fratello così tanto tempo assieme ma, con le circostanze attuali, avrebbe preferito scontare quella sottospecie di punizione da solo, piuttosto che in compagnia.
« Certamente, Sans! Tutti ricalibrati, i tuoi compresi! L’unico impegno rimasto nella mia agenda personale è salvaguardare il mio fratello maggiore dai richiami insistenti della pigrizia! » Rispose Papyrus, le mani poggiate orgogliosamente sui fianchi. « E, te lo giuro sulla nostra parentela, il Grande Papyrus non le permetterà di avere la meglio su di te! »
Sospirò internamente Sans, consapevole che trovare una scappatoia dall’entusiasmo di suo fratello sarebbe stato pressoché impossibile senza farlo insospettire, non quando Papyrus si atteggiava in quel modo.
Rinfilò le mani in tasca per darsi un’aria rilassata, stirando il suo sorriso più che poté per trasmettere tutto tranne che il suo disagio corrente.
« So già che non avrò nulla di cui preoccuparmi con te, Paps. »
Papyrus gli sorrise, gli angoli dei suoi occhi si raggrinzirono leggermente, e  a Sans dispiacque aver dovuto forzare un sorriso, quando invece avrebbe voluto rivolgergliene uno altrettanto sincero. Ma era stanco, era davvero stanco dentro e fuori e non poteva fare di più purtroppo… neanche per suo fratello.
« E sarà esattamente così! » Gli rispose Papyrus, incitandolo a mettersi in marcia verso Waterfall, poggiandogli una mano guantata sulla spalla.
Durante il tragitto, l’esuberanza di suo fratello servì poco per allontanare i suoi pensieri densi di silenziose scuse. Gli dispiaceva vedere Papyrus così pieno di vita come sempre mentre lui, al contrario, si ritrovava incapace di apprezzare quei momenti che avrebbero dovuto essere spensierati per entrambi, non per uno soltanto di loro due. E si rendeva conto che stava praticamente regalando a Gaster un potere assurdamente enorme ogni volta che quei pensieri lo toccavano, permettendo che le azioni di quel diabolico essere arrivassero a condizionare così tanti aspetti della sua vita. Non poteva fare nulla per impedirlo ora, ma presto… presto avrebbe trovato una soluzione, doveva solo continuare a provare.
Sperava che almeno Papyrus stesse godendo della vista che le caverne di Waterfall offrivano – dal modo in cui camminava e parlava con il suo solito trasporto, aveva pochi dubbi a riguardo. Tuttavia, le sue certezze vennero meno quando, nella zona delle paludi dove i Fiori dell’Eco crescevano più rigogliosi che mai e le acque rilucevano d’azzurro, Papyrus gli pose una domanda che non lo aveva più sentito esprimere da molto tempo.
« Sans, possiamo parlare? »
Sans, a quel punto, aveva fissato la schiena di suo fratello con una lieve costernazione, che era estremamente consapevole di aver lasciato comparire sul suo volto.
Ogni traccia di quell’emozione sparì dai suoi lineamenti non appena suo fratello minore si voltò in sua direzione, con un’espressione impensierita, di rara serietà.
Sans non capiva. Fino a pochi minuti prima, gli era sembrato così felice, così normale… di punto in bianco ora, questa domanda e questo lieve cipiglio avevano sostituito l’euforia e il sorriso spontaneo che erano propri di suo fratello.
« Certo, Paps. Sai benissimo che puoi parlarmi di qualunque cosa tu voglia in qualunque momento. »
« Anche di te, per esempio? » Gli domandò immediatamente Papyrus, come se avesse saputo fin dall’inizio che sarebbe stata quella la sua risposta.
Sans scacciò via quella sensazione e fece del suo meglio per nascondere la sua impreparazione di fronte a quella nuova domanda.
« Sì… anche di me. » Rispose, col tono più disponibile del suo repertorio, accennando poi un vago sorriso di scuse. « Ho lasciato qualche altro calzino in giro, vero? »
Si era aspettato di vedere almeno una lieve irritazione serpeggiare negli occhi di suo fratello, ma le sue aspettative non corrisposero a realtà.
« No, niente calzini, Sans. Il perenne disordine in cui lasci casa nostra, persino in presenza delle nostre ospiti, non sarà oggetto di nessuna discussione oggi. » Sospirò Papyrus, abbassando le palpebre.
E Sans, anche se solo per un breve infinitesimale secondo, aveva voluto credere che sarebbe stato di nuovo ripreso da suo fratello per il suo disordine, invece che sentire ciò che gli venne in seguito riferito.
« Sans, sai che anche tu con me puoi parlare di qualunque cosa tu voglia in qualunque momento, giusto? »
« Certo. » Replicò, sicuro, convincente. « Perché questa domanda? »
In realtà, Sans aveva già una vaga idea della direzione che avrebbe potuto prendere quel discorso, ma questa previsione non lo stava per nulla aiutando a pianificare le sue successive risposte.
« Volevo assicurarmi che anche tu sapessi di avere un fratello sempre disponibile all’ascolto e al dialogo. » Rispose l’altro scheletro, con un sorriso orgoglioso. « La comunicazione è alla base di molte relazioni salde e durature, dopotutto! »
« Beh, wow, hai proprio preso la questione di petto, Paps. » Commentò, con un sorriso sornione, Sans.
Papyrus riaprì gli occhi, passando lo sguardo rispettivamente da lui alla propria mano, che aveva inconsapevolmente poggiato sopra al petto come era di sua abitudine fare per darsi un’aria di importanza. Ma la sua reazione a quella battuta non furono le lamentele a cui Sans era abituato, solo un sospiro pesante.
« Sans, fratello… » Mormorò Papyrus e l'altro scheletro si ritrovò spiazzato dall'intristirsi del suo tono di voce. « Quello che sto cercando di dirti è che sono preoccupato per te… enormemente preoccupato per te. Sono giorni che non ti vedo schiacciare un pisolino, sembri sempre stanco e sciupato, ho la sensazione che… tu mi stia evitando… »
Quando Papyrus alzò lo sguardo per guardarlo negli occhi, Sans temette di non essere riuscito a nascondere il suo turbamento, la sua colpa, vedendo la triste supplica scritta in quelli del suo fratellino.
« Voglio sapere cosa ti sta succedendo… v-voglio esserti d’aiuto, Sans. Mi capisci? »
« Papyrus… » Sussurrò ed era ormai troppo tardi per impedire a quel nome di sfuggire al suo controllo. Credeva di essere stato cauto, credeva di non aver fatto sorgere sospetti in nessun altro a parte Frisk… e, invece… come aveva potuto farsi beccare così in flagrante?
« Sono… anni che mi nascondi molte cose, e non posso più sopportare di vederti di tanto in tanto così malinconico, o nervoso, o infelice… so che mi vuoi bene e non vuoi farmi preoccupare... ma, forse, ti sentiresti meglio se condividessi le tue preoccupazioni con me. » Continuò Papyrus, accennando un sorriso mesto, ma che conservava un  marcato accenno di fiducia. « Potrei davvero fare la differenza, non pensi? »
« P-Paps… è complicato… » Mormorò lui, distogliendo lo sguardo, i pugni stretti leggermente nelle tasche della felpa. Era stato così colto alla sprovvista che, ora, non era in grado né di inventarsi una scusa, né di replicare con una risposta sincera.
« Può diventare un po’ più semplice, se provi a confidarti con il tuo fratello qui presente. » Tentò di convincerlo ancora una volta Papyrus, indicandosi con i pollici guantati. « Ti prometto che mi impegnerò al massimo delle mie capacità per offrirti tutto l’appoggio di cui hai bisogno! »
Sans lo guardò seriamente in difficoltà. Non sapeva cosa dire, cosa fare, come reagire… ma doveva dire qualcosa, o suo fratello avrebbe potuto interpretare il suo silenzio nel modo sbagliato.
« Paps… io… »
Le parole gli morirono in gola.
Dietro Papyrus, vi era ora un sorriso di sfregi e due cerchi di luce bianca che lo stavano freddamente fissando, soddisfatti, vittoriosi, crudeli.
« S a n s? C h e c o s ’ h a i? »
La domanda di suo fratello giunse come un eco lontano e attutito nella sua testa.
Non si fermò a chiedersi il come, il quando, il perché. Tutto ciò che seppe di dover fare, in quel preciso istante, era afferrare Papyrus e usare le sue scorciatoie per filare via, il più lontano possibile da lì. Non gli importava se sarebbe crollato a terra subito dopo per la mancanza di forze, portare in salvo sia Papyrus che sé stesso era la priorità assoluta!
Allungò rapidamente la mano per afferrare il braccio di suo fratello, ma le sue dita si chiusero solo intorno alla stoffa della sua sciarpa, perché Papyrus era già stato sbattuto contro la parete della caverna e lontano da lui da un’enorme appendice nera.
Sans sentì la sua anima tremargli nella cassa toracica e le ossa raggelarsi quando udì il lamento strozzato di suo fratello, rimbombante come qualunque altro suono stesse raggiungendo i suoi sensi in quei secondi che parevano minuti. La sciarpa di Papyrus si posò poco dopo a terra, in un mucchio scomposto, sfuggita alle sue falangi tremanti.
« Non lascerò che ve ne andiate così presto, giovanotto. »
Lo scheletro voltò lentamente la testa, con l’orrore e la paura scavati in volto. Gaster, mani intrecciate dietro la schiena, lo stava scrutando a palpebre perfidamente socchiuse, l’accenno di un sorriso a far incurvare la bocca irta di zanne.
« Non abbiamo nemmeno cominciato. »
 
 
La mattinata era iniziata meravigliosamente bene oggi per lei: si era alzata completamente riposata, pronta ad affrontare persino un bue se le si fosse parato davanti, ed era riuscita a prepararsi in orario perfetto per prendere parte agli allenamenti quotidiani di Undyne, recuperando così persino le ore di esercizio perse il giorno prima. Certo, da quando Toriel era venuta a conoscenza di questo loro passatempo, Undyne era stata costretta a rallentare i ritmi di lavoro ferrati che aveva loro imposto all’inizio, ma ciò non aveva costituito un ostacolo per il loro costante apprendimento, di cui Undyne si mostrava apertamente fiera. Fare attività fisica non le era mai dispiaciuto, passare del tempo in compagnia di persone amiche neppure, perciò era stata sollevata nel sapere che Toriel aveva deciso di non negare loro quei momenti di svago, a maggior ragione se Chara aveva bisogno di quei preziosi insegnamenti per imparare a conoscere meglio il suo nuovo corpo, la sua anima e, in misura ancora maggiore, sé stessa. Dove il suo sostegno non era potuto arrivare, quello di Undyne era intervenuto al momento opportuno per colmare quella mancanza e i cambiamenti che aveva innescato nell’animo dell’altra ragazzina erano innegabili. Lo leggeva negli occhi di Chara, più sereni e attenti rispetto al loro primo incontro, che le cose per lei stavano cominciando a volgersi per il meglio.
Stava chiacchierando con la sua migliore amica e la sua insegnante preferita nella casa di quest’ultima, quando un senso di opprimente costrizione si era fatto largo a livello del suo petto e della gola, sensazioni che in quel frangente non aveva potuto giustificare, non in un’atmosfera così rilassata e piacevole.
Paura, orrore e impotenza stavano ora bersagliando la sua anima con un’ostinazione così angosciante che Frisk fu costretta a chiudere gli occhi qualche secondo per resistere al loro imponente assalto ed evitare che la travolgessero. Che cosa stava succedendo tutto ad un tratto?
Quando li riaprì, il suo primo istinto fu quello di voltare la testa per controllarsi le spalle, con un lieve ma percepibile senso di minaccia.
“ Sans? ” Pensò spontaneamente, preoccupata.
Era di nuovo la Sintonia a permettere a quelle emozioni di raggiungerla, giusto? Significava che… che Sans era in pericolo?
La sola possibilità bastò a farle tremare le gambe sotto il tavolo. Perché dovrebbe trovarsi in pericolo, cosa lo stava minacciando?! Era forse… era forse il responsabile di quanto Sans non si era ancora deciso a rivelarle la causa di tutto…? Ma non importava adesso, basta ipotizzare, doveva muoversi ora e andare in suo soccorso ovunque si trovasse!
Non ci mise molto ad incontrare lo sguardo sottilmente accigliato di Chara, che doveva essere stata rapida a notare la sua inusuale agitazione.
Frisk le fece un lieve cenno col capo, a cui l’altra ragazzina rispose con il medesimo gesto. Bene, ora aveva la certezza che Chara le avrebbe dato il supporto di cui aveva bisogno. Non poteva andare da Sans da sola, se il pericolo a cui stava per andare incontro era davvero così imponente come credeva, allora la scelta più incosciente che potesse prendere era decidere di avventurarsi nelle caverne in solitario. Ora, le serviva qualcosa con cui difendersi. Era dai tempi del suo arrivo nell’Underground che girava completamente disarmata così da non dare una prima cattiva immagine di sé ( aveva imparato che un’apparenza non ostile rendeva ovviamente i mostri più inclini ad offrirle la loro amicizia ). Nonostante questo, lo sentiva dentro di sé che avrebbe dovuto rompere quel proposito e prepararsi adeguatamente per una possibile battaglia. Meglio essere previdenti che impreparati.
« Undyne, scusa, potresti creare una lancia per me? » Chiese alla donna-pesce, in quel momento completamente assorbita nelle sue stesse risa per qualche aneddoto che aveva appena finito di raccontare e che lei, chiaramente, non aveva potuto sentire.
Undyne la guardò sbattendo perplessa l’occhio e fermando la sua risata sguaiata.
« Uh, sì, certo. » Replicò, accingendosi a condensare la magia della sua anima in una lancia azzurrina. Gliela passò attraverso la stanza con un lancio elegante e Frisk la afferrò prontamente con il braccio sinistro, che piegò poi contro il fianco per prepararsi a salutare Undyne con il minor numero di preamboli possibile. « Non capisco a che ti… »
« Grazie, Undyne! Dobbiamo andare! » Annunciò Frisk velocemente, correndo verso la porta, afferrando nel mentre la sua preziosa borsa a tracolla e precipitandosi all’esterno, sicura che Chara avrebbe fatto lo stesso.
« EHI! Dove state scappando voi due?! »
La giovane si morse leggermente il labbro mentre correva verso il crocevia con il cuore all’impazzata e le urla della guerriera alle sue spalle.
« Chara, le scorciatoie! Dobbiamo trovare Sans! »
« Sì! »
Non appena le loro mani si sfiorarono, i flussi temporali scompattarono immediatamente i loro corpi, facendole sparire dalla vista della guerriera.
Undyne avrebbe tagliato loro la testa più tardi.
 
 
« C-come… come h-hai…? »
« Come è possibile che mi trovi qui, mi stai chiedendo? » Terminò per lui Gaster, gli angoli del suo sorriso si arricciarono su sé stessi come quelli di un grottesco clown. « Molto basilare, in realtà. Sto semplicemente ‘prendendo in prestito’ del materiale da una mia vecchia conoscenza. » La testa dell’ex scienziato si piegò quindi in un angolo talmente innaturale che Sans trasalì internamente sentendone il successivo scrocchiare, simile al creparsi di un tronco d’albero. « A tempo debito, verrà tutto restituito, non temere. »
Sans fece del suo meglio per non sussultare quando udì dei suoni gorgoglianti lasciare le spaccature della bocca dell’ex scienziato, pallide imitazioni di una risata compiaciuta, ma senz’altro più nitide e minacciose rispetto alla loro controparte del Void. Non poteva più pensare, sperare, che quella fosse un’allucinazione troppo realistica per i suoi gusti. Gaster aveva preso il corpo di qualcuno, era lì, era reale ed abbastanza corporeo per mettere in pericolo coloro che gli stavano a cuore. Da quando era in grado di uscire dal Void, come aveva fatto a prendere quel corpo, come era possibile-
« S-Sans… d… ah… »
I farfugli di Papyrus arrivarono come dolorose stilettate alla sua anima, ma Sans non osò muovere un osso per timore di quella che sarebbe potuta essere la reazione del loro assalitore. Fare mosse azzardate ora sarebbe stato come decretare un’automatica disfatta in un immediato dopo. Doveva restare lucido, doveva restare controllato, se voleva trovare una via di fuga, ma era incredibilmente difficile farlo se le sue ossa non volevano smettere di sferragliare l’una contro l’altra, se la sua anima si stava praticamente ritraendo nel retro della sua gabbia toracica, se ad ogni respiro inalato era come se stesse ingoiando cotone. Cotone spesso, strisciante, che occludeva fastidiosamente la gola. Era Gaster, era la sua presenza, che si propagava ovunque, intorno e vicino alla figura dell’ex scienziato reale. Ed era impossibile da ignorare, ora che non vi erano barriere e dimensioni su dimensioni a confinarla dove non potesse diffondersi.
Gaster seguì il suo sguardo, assottigliando con divertimento gli occhi, ora muniti di bianche e permanenti pupille.
« Cosa succede, Sans? » Sibilò, con voce di velenoso velluto. « Non corri ad aiutare il tuo fratellino? »
Sans non rispose. Strinse i pugni, cercando di contenere il loro costante tremore, cercando di stare calmo, di cacciare indietro la paura, di non lasciarsi sopraffare da essa.
« Suppongo sia un no. » Sospirò Gaster, a palpebre abbassate. « E suppongo, anche, che non ti dispiacerà se giocherò un po’ con lui nel Void al posto tuo, non è così? Chissà quanto resisterà… »
Quelle parole fecero scattare dentro di lui qualcosa di talmente forte e potente da farlo uscire dal silenzio terrorizzato in cui era caduto.
« Non osare! » Sbottò, in uno scatto di rabbia mista a paura per l’incolumità di suo fratello e totale, orribile impotenza. Perché se poteva rispondere alle minacce di Gaster, non poteva comunque far nulla per ostacolarlo, non con la debolezza che gli stava appesantendo le spalle ad ogni secondo – e gli pesò ancora di più ricordarsi che nemmeno se fosse stato al massimo delle sue forze avrebbe potuto averla vinta su quel demonio.
Gaster lo studiò con la coda dell’occhio e un ghigno a fior di labbra, ignorando platealmente il suo avvertimento, fin troppo poco credibile per instillare una sola traccia di timore nell’altro mostro.
« Temi che gli faccia del male, Sans? Oppure, temi che faccia del male a te? »
Sostò proprio davanti a suo fratello, tenuto bloccato contro la parete dall’appendice che lo aveva sbattuto violentemente contro di essa in primo luogo. Sans vide il volto di Papyrus sfigurarsi dall’angoscia e dalla confusione.
« C-chi… sei? Perché s-stai facendo questo? » Sussurrò flebilmente quest’ultimo, con occhi che si sforzavano di non sembrare intimoriti.
Gaster si limitò a guardarlo dall’alto, con la stessa insistenza di un serpente che punta la preda che si è avvicinata incautamente al suo rifugio nella roccia. Lo sguardo di suo fratello minore si fissò poi su di lui, con la stessa taciuta domanda che aveva rivolto poco prima a Gaster.
Non ricevendo alcuna risposta, Papyrus provò nuovamente a parlare con il suo assalitore, cercando una soluzione quanto più diplomatica possibile persino in una situazione come quella.
« S-signore, prometto che se ci lascia andare ora, io e mio fratello Sans c-ci dimenticheremo immediatamente di quanto è accaduto! Chiunque può essere una brava persona sAAGH-! »
Con un gesto noncurante della mano di Gaster, l'appendice che stava bloccando Papyrus si era serrata improvvisamente intorno al collo di quest'ultimo, strappandogli quel lamento torturato.
Il solo vedere il dolore e la paura praticamente colare dagli occhi di Papyrus fu sufficiente a stabilizzare le emozioni e il battito incessante dell'anima di Sans quanto bastava per farlo concentrare. Doveva mostrarsi forte per Papyrus, doveva essere forte per Papyrus, come al solito, come sempre.
« Allontanati. » Disse, questa volta con fermezza, il tremore nella sua voce soppresso con la sola forza di volontà.
Gaster girò parzialmente la testa verso di lui, il sorriso deturpato era ora una sottile linea di nero.
« Altrimenti? » Lo sfidò il farabutto, con tono di derisoria minaccia.
Un imponente fascio di bruciante energia magica investì allora l’ex scienziato reale, non lasciandogli nemmeno il tempo necessario per un lamento.
L’istante successivo, Sans era già scattato in avanti verso Papyrus, con la mano sollevata per incontrare quella di suo fratello a mezz’aria, cercando di vincere il capogiro che aveva minacciato di fargli perdere l’equilibrio quando aveva fatto fuoco con il Blaster. Aveva energie sufficienti per a malapena una scorciatoia, doveva correre, doveva muoversi!
Tre, due, un millimetro.
E, l’istante dopo ancora, la mano di suo fratello non c’era più. L’appendice si era fulmineamente riavviluppata intorno al collo dello scheletro più alto e lo aveva trascinato parecchi metri più in là, accanto ad un Gaster di nuovo in salute, come se la potenza di fuoco del Gaster Blaster fosse bastata a procurargli appena una scottatura.
Sans boccheggiò dall’orrore, notando a malapena l’appendice che cercò invece di serrarsi attorno alla sua vita, approfittando della sua disattenzione. Scartò di lato e la evitò, riuscendo per miracolo a non perdere l’equilibrio mentre barcollava, tanto era stato impreparato in vista di quell’attacco a sorpresa.
Gaster lo guardò con un sorriso vagamente impressionato, prima di far cadere quel ghigno sottile dal suo volto cereo.
« Mossa futile, ragazzo. »
L’appendice aumentò per un breve secondo la pressione sull’osso cervicale di Papyrus, come se avesse risposto ad un’impennata improvvisa di rabbia. Suo fratello emise un urlo strozzato, portando le mani in alto per allentare la morsa che lo stava spietatamente soffocando.
L’anima gli tremò violentemente nel petto quando quel suono gli penetrò dentro come la peggiore delle accuse. Non sei stato abbastanza rapido, non sei stato preparato… hai FALLITO.
« Mossa incredibilmente futile, oltre che stupida. » Gaster sembrò essere sul punto di rilasciare un sospiro rassegnato, ma il distendersi delle sue spalle gli indicò il suo finale astenersi dal compiere quell’azione. « Ma non posso proprio biasimarti per qualcosa che non puoi controllare. D’altronde… » Un altro aumento di pressione e le dita guantate di suo fratello scavarono disperate nell’appendice intorno al suo collo, il suo tentare di liberarsi ancora una volta vano. Il sorriso di Gaster si caricò di una pungente nota di derisione vedendo il suo successivo sobbalzo. « Alla stupidità non c’è rimedio. »
Sans si sentì scuotere da brividi di paralizzante angoscia udendo gli ansimi sempre più rauchi di Papyrus. Non poteva vederlo e sentirlo in agonia, doveva fare qualcosa, qualunque cosa!
« Gaster, per favore, f-fermo! » Lo supplicò, la disperazione che cominciava ad insinuarsi malignamente nella sua stessa voce. « Papyrus non ha fatto nulla! L-lui non c’entra niente… Pap… »
Gaster piegò il capo con un pigro interesse, avanzando verso di lui, un piccolo scheletro ridotto ad un mucchio di ossa tremolanti. Poteva praticamente leggerlo sul volto ora di nuovo espressivo dell’ex scienziato che era questa l’immagine che gli stava dando di lui. E... forse, non era mai stato nulla di diverso da quello.
Gaster si piegò quasi a livello dei suoi occhi, ma non rinunciando a mantenere quei pochi centimetri d’altezza che gli consentivano di poterlo ancora guardare dall'alto in basso.
« Prosegui pure, Sans. » Lo incoraggiò e Sans si sforzò di sostenere in ogni modo il suo sguardo, senza vacillare ogni qualvolta un rantolo soffocato più forte dei precedenti lasciava la bocca di suo fratello.
Doveva parlare, doveva parlare, doveva salvare suo fratello ad ogni costo.
« Lascialo fuori da questa faccenda. N-non fargli altro male, n-no… » Mormorò, chinando inesorabilmente la testa, in segno di completa sottomissione, la debolezza nella sua voce messa in mostra senza riguardo, perché era quello il genere di atteggiamento che, sapeva, avrebbe compiaciuto quelli come Gaster, rendendolo ben più incline a soddisfare la sua richiesta. « Ti prego. »
Trascorse qualche secondo prima che Gaster tornasse a farsi sentire, la sua voce melliflua pochi centimetri sopra di lui.
« Credo si possa fare. »
Due dita ruvide come rami lo costrinsero a risollevare il capo e fissare le luci bianche degli occhi dell’ex scienziato. Non si oppose minimamente ad esse, temendo di causare una reazione indesiderata da parte del loro assalitore, mentre cercava di ingoiare il suo assillante orgoglio che, adesso più che mai, non lo avrebbe portato da nessuna parte.
« Non è stato poi così arduo rinunciare, vero? È stato sufficiente coinvolgere il tuo fratellino per renderti completamente inoffensivo. » Sussurrò e Sans non trattenne la smorfia amara che cancellò il suo sorriso. Inutile nascondersi dietro a maschere di risolutezza, se le tue debolezze sono già venute a galla. « Spero sarai di umore meno arrendevole, quando farò ciò che ti ho promesso qualche tempo fa. »
Gaster sfilò fortunatamente le dita da sotto il suo mento, dandogli le spalle.
« E chissà se riuscirò a strappare al tuo controllo, per l’ultima volta, l’appellativo che giustamente mi compete. » Disse, con un tono talmente impersonale da non lasciar trasparire nessuna emozione che Sans potesse identificare. Ma cosa si era aspettato di poter sentire, in fondo…? Perché illudersi così?
Le apprendici che erano parti integranti del corpo rubato dallo scienziato gli si arrampicarono addosso come le spire di un serpente affamato, ma neanche ad esse si ribellò, nemmeno quando andarono a stritolargli l’anima dopo che l’ebbe lasciata priva della difesa magica che la proteggeva naturalmente. Il respiro gli venne a mancare per qualche secondo nel momento in cui sentì il netto tranciarsi di gran parte dei flussi di magia che sostenevano il suo corpo e che avrebbero potuto consentirgli di fuggire, almeno fino a pochi attimi prima… ma non c’era stato motivo per lui di fuggire pochi attimi prima, non con suo fratello in pericolo nelle grinfie di quel pazzo. E con quel poco di magia che riusciva ancora ad accedere, ora, avrebbe potuto a malapena muoversi, figuriamoci usare una scorciatoia. Era in trappola, si era lasciato mettere in trappola, ma era questo il prezzo da pagare, era quanto doveva sacrificare perché potesse salvare suo fratello, perché potesse risparmiargli le sofferenze che sarebbero invece toccate a lui. Gaster poteva prendergli tutto il resto, ma non poteva prendergli Papyrus, quello avrebbe frantumato la sua anima in cocci che niente e nessuno avrebbe mai potuto rimettere insieme.
« Piuttosto, stavo pensando… perché non tenervi entrambi, invece? »
La sua mente non fu in grado di processare quei suoni per un lungo, interminabile secondo, ma quando la realtà di quelle parole lo colpì, l’orrore divampò come una verace fiamma sul suo volto, tanto che non riuscì a contenere l’urlo affranto che lo scosse fin nel profondo.
« No no no! Tu…! A-avevamo…! »
« Un patto? » Concluse per lui Gaster, con un’espressione di cruda estasi in volto, visibile nonostante l’angolazione sfavorevole da cui lo scheletro tremante lo stava fissando. « Certo, Sans… ma… dividere due fratelli così inseparabili? Sarebbe un vero atto di crudeltà, quello. Ci divertiremo tutti assieme in alternativa, proprio come ai vecchi tempi. »
« M-ma… a cosa ti serve lui?! »
« Non ci arrivi, giovanotto? » Lo derise Gaster, sghignazzando leggermente. « Prova a pensarci… forse, ti verrà in mente qualcosa. »
L’angosciante disperazione cominciò a divorarlo a morsi dall’interno a quel punto.
N-no no no, non poteva lasciare che prendesse Papyrus, non poteva lasciare che gli facesse del male, n-non poteva! Doveva farsi venire uno stralcio di idea, ci doveva pur essere ancora qualcosa che poteva fare in quella situazione senza nessuna, misera via d’uscita!
… e si rese conto, con una sensazione di arrampicante freddo, che qualcosa… q-qualcosa c’era, che poteva ancora tentare di fare… e doveva prendere una decisione, scegliere e ordinare le sue priorità… ma non aveva bisogno di ordinarle, perché erano sempre state in ordine sin da quando ne aveva memoria.
In quel tragico, infinitesimale momento, fece una scelta, la scelta più sofferta, inevitabile, dolorosa che aveva mai dovuto prendere in tutta la sua vita.
Con ogni briciolo di volontà ancora in suo possesso – doveva farlo, doveva riuscirci per lui! – richiamò la sua magia perché si facesse largo a spintoni dalla sua anima imprigionata verso l’esterno, materializzandosi in un osso appena più grande di una lama vicino a Papyrus.
Suo fratello fece a malapena in tempo a dedicargli uno sguardo angosciato, confuso, gli occhi larghi e sfocati, a cui Sans non fu in grado di guardare nell’istante in cui fece schizzare l’osso in direzione del petto di Papyrus, sfruttando tutta la magia a cui riuscì ad aver accesso per non mancare, non esitare, per non essere presente e, soprattutto, cosciente quando sarebbe accaduto l’inevitabile. E, per fare questo, aveva consumato ogni frammento di energia magica disponibile per quell’attacco, costringendo così il suo corpo ad un completo blackout.
Prima che la sua mente si spegnesse, prima di cadere in un vuoto che nemmeno il barlume di un pensiero avrebbe potuto rischiarare, aveva sentito i suoi occhi inumidirsi di lacrime.
 
 
Erano vicine, talmente vicine che sentiva il torrente delle emozioni di Sans occluderle la gola e i polmoni – e nessuna di esse poteva neanche lontanamente definirsi positiva. Faticava a concentrarsi sulla corsa, a muovere le gambe per fare un'altra falcata a causa dello spingere incessante di quelle sensazioni, ma non aveva intenzione di arrendersi ad esso.
Con la coda dell’occhio Frisk notò, di sfuggita, il bagliore dorato di un punto di salvataggio.
Arrestò la corsa per raggiungerlo ma, poco prima di toccarlo, la sua mano esitò. Non seppe nemmeno lei perché lo fece, era solo una percezione che non poteva identificare a farla momentaneamente desistere e restare lì impalata. Forse… doveva darle retta… e...?
« Frisk! Sbrigati! Se quell’imbecille è davvero nei guai, non possiamo fermarci ancora a lungo! » La chiamò con urgenza Chara, che la aveva ormai sorpassata di qualche metro nella foga della corsa.
Frisk si riscosse e decise, comunque, di fissare un punto di salvataggio. Salvare prima di un punto critico era sempre stata una precauzione che la aveva aiutata parecchie volte in passato. Perché, dopotutto, non doveva esserlo anche ora?
 
 
Nell’istante in cui aveva affannosamente schiuso gli occhi, lottando contro la gelatina di pensieri che gli stava infestando il cranio, la risata di spilli di Gaster era stato il primo suono che aveva udito. Non sapeva quanto tempo fosse trascorso da quando aveva perso i sensi, non aveva padronanza del suo corpo, e non riusciva a sentire altro che quella risata velenosamente allettata, che faceva agitare qualcosa dentro di lui con un consistente, primordiale timore.
Percepì vagamente lo spostamento a cui venne sottoposto, così come le appendici che ancora lo tenevano intrappolato. Era come se la sua coscienza non fosse davvero lì, separata dal tangibile da una bolla d’aria, attraverso cui ogni sensazione giungeva terribilmente ovattata, tanto da provocargli lente ma costanti fitte di nausea.
Riconobbe la mano di Gaster mentre la sua testa veniva sollevata dalla posizione ciondolante in cui la aveva lasciata ricadere contro lo sterno, così come la presenza dell’altro mostro tanto, troppo ravvicinata, che fece rabbrividire le sue ossa pur senza che potesse coscientemente muoverle.
« Sveglia, ragazzo. »
L’intensa scarica di energia che lo inondò dopo quel sussurro gli mozzò il fiato, le sue palpebre schizzarono verso l’alto e il suo corpo venne percorso da un lungo, estenuante spasmo, mentre una piccola parte della magia forzata a restare nella sua anima si stava precipitando fuori di getto.
Cercò di sottrarsi alla stretta di Gaster non appena sentì quell’energia magica ridargli quel poco di vigore sufficiente a divincolarsi, ma la mano che gli stava reggendo il volto lo costrinse malamente all’immobilità, obbligandolo a guardare un punto appena sopra di sé.
E fu in quel preciso momento che vide gli occhi morenti e opachi di Papyrus incontrare i suoi, sbarrati, inghiottiti dall’orrore più dilaniante che avesse mai sperimentato. No, non era p-possibile, aveva perso conoscenza solo per pochi secondi, non avrebbe dovuto essere cosciente per vedere q-questo, non avrebbe dovuto vedere suo fratello in un simile stato, non per causa sua, non per causa solo sua!
Strattonò la testa, divincolandosi, cercando di non vedere, di non pensare, di non aver marchiata a fuoco nella memoria quell’immagine che lo avrebbe perseguitato persino nell’aldilà. Gaster, tuttavia, non gli permise di distogliere lo sguardo.
« Ammira bene il tuo operato, Sans. »
Sans si paralizzò, la cassa toracica improvvisamente compressa da un oppressivo quanto accecante shock, i battiti impazziti della sua anima che gli stavano rimbombando dolorosamente nel cranio.
Operato… operato?! Aveva pugnalato a morte suo fratello, il suo Paps sempre sorridente e appassionato in ogni cosa che faceva, il fratellino che amava con tutto sé stesso, tutto per salvarlo da un destino di gran lunga peggiore, e non aveva nemmeno il diritto di risparmiarsi l’agonia di vederlo morire davanti ai suoi occhi?! Non voleva guardare, non ci riusciva, ma non poteva fissare nient’altro che Papyrus, così come le sue orbite ricolme di una mescolanza di emozioni troppo devastante per lui da tollerare. Colpa, incomprensione, dolore, amarezza, costernazione, e Sans poté persino vedere tra queste quanto suo fratello stesse furiosamente cercando di razionalizzare ciò che era accaduto e stava accadendo, combattendo l’incombente sgretolarsi del suo corpo.
E Sans non poté impedirsi di sgolarsi a forza di urlare, tentare in ogni modo di dirgli che la colpa era solo sua, solamente sua, che tutto questo lo aveva fatto per il suo bene, che Frisk lo avrebbe riportato indietro, che lui sarebbe stato al sicuro! Ma niente stava uscendo dalla sua bocca… né una parola… né un suono… né un singhiozzo… era muto, completamente ridotto al silenzio, la stretta di Gaster intorno alla sua anima stava inibendo la sua capacità di parola. Si sentiva morire dentro, tanto era il dolore che non riusciva ad esternare, tanto stava lottando per poter dire a Papyrus tutto quanto, dimenandosi, scalciando, piangendo per la sensazione di costrizione e soffocamento che lo stava lacerando dall’interno. E Gaster glielo stava facendo fare, lo stava lasciando dimenarsi miserevolmente nella sua presa, senza far nulla per impedire il contrario.
Quando Sans vide le palpebre calare sulle orbite vitree di Papyrus, il suo ribellarsi si arrestò, la sua mente entrò in uno stato di dolorosa e torbida trance, che lo isolò da qualunque cosa che non fosse l'afflosciarsi del corpo di suo fratello, il ricadere molle delle mani lungo i suoi fianchi, lo sbriciolarsi delle ossa angosciosamente immobili.
Il body da battaglia di Papyrus cadde a terra con un sordo Clung!, tra la polvere che nel fango nero risaltava come sangue su una maglia bianca. Fu allora che Sans chiuse tremando gli occhi, singhiozzando nel silenzio asfissiante, oppressivo, di cui non poteva spezzare le dolorose catene. Papyrus sarebbe tornato indietro, come ogni volta… ma lui… lui non sarebbe tornato indietro. Il suo destino era ormai segnato e il pensiero di non aver potuto giustificare le sue azioni davanti a suo fratello, di non aver mai potuto dirgli una parola di addio, di aver persino provato ad evitare di dover fare entrambe le cose, lo stava facendo morire a poco a poco ad ogni istante trascorso. I ricordi delle spiegazioni che avrebbe dovuto dargli non sarebbero stati di alcuna utilità a Papyrus, perché avrebbe dimenticato, per fortuna avrebbe dimenticato ciò che gli aveva fatto… era infatti a lui che sarebbero dovuti servire, per non avere un altro rimpianto e un’altra colpa a stringergli le viscere del suo animo prima della fine. Nessuna consolazione, nessuna consolazione, non per lui, mai per lui… ed era un egoista, il più egoista di tutti per desiderare in questo momento qualcosa per sé stesso, invece di pensare a come Papyrus si era dovuto sentire vedendosi ucciso dal suo stesso fratello. Aveva capito che lo aveva fatto per lui, se n’era reso conto per pietà di d-dio?
Sans non lo avrebbe mai saputo.
Nel momento in cui il supporto della mano di Gaster venne a mancare, la sua testa tornò a ciondolare senza vita contro il suo sterno.
« Povero, ingenuo Sans… tanto ingenuo da non realizzare che la scelta era sempre stata tra me e te. » La voce di Gaster fu un sibilo arido, crudo, davanti a cui Sans non poté mantenere qualsiasi suo proposito di provare ad ignorare le parole dell’ex scienziato. « Se non lo avessi ucciso tu, lo avrei fatto io… ma speravo, in fondo, che avresti preso l’iniziativa... ti ho dato la possibilità di giustiziarlo in mia vece e tu l’hai colta al volo. »
Le lacrime ripresero a pungergli dolorosamente all’interno delle orbite, premendo per uscire e vincere quella volontà senza origine che stava impedendo loro di cadere. Poteva sentire il sorriso raggelante dell’ex scienziato bruciargli dietro il cranio e il suo, invece, tremolare come una foglia secca in balia della tormenta. Se solo avesse aspettato, se non avesse preso l’iniziativa, non si sarebbe mai macchiato di un crimine tanto atroce, non avrebbe deluso questo Papyrus, non avrebbe riavuto indietro questo conosciuto e schiacciante senso di repulsione verso nessun altro che sé stesso.
E avresti lasciato che fosse Gaster a dargli il colpo di grazia quando più gli aggradava?
Sans rimase in silenzio davanti a quel pensiero disgustato. Non c’erano risposte, non c’erano risposte adatte né scenari migliori di questo, perché il fare nulla, il permettere a Gaster di avere l’ultima parola sul destino di suo fratello, sarebbe stata una sconfitta orrenda quanto o magari più di questa. E l’unica cosa che accomunava tutti questi scenari, era che non c’erano state possibilità di fuga o di vincita sin dall’inizio, Gaster gliele aveva precluse tutte e lui… lui non era stato abbastanza attento nel notare di quante di esse era stato effettivamente privato.
« Papyrus sarebbe stato solo uno scomodo peso… tuttavia, permettergli di andarsene indenne era proprio fuori discussione. Non potevo lasciare in vita testimoni, no? » Proseguì Gaster, con il tono di chi non esige una risposta perché ama ascoltare solo il suono della propria arrogante voce. « E farti credere che potevate avere una possibilità di cavarvela, con il tuo tentativo fallimentare di salvataggio e il tuo sacrificio… oh, non ho potuto seriamente resistere, perdona questo mio piccolo screzio. »
Sans strinse le palpebre, cercando di bloccare la voce di Gaster fuori dalla sua testa. Non doveva parlargli con quel tono così orribilmente costruito per sembrare naturale e rilassato, quel tono che ricordava praticamente a stento – ma che ricordava, eccome se ricordava – e non doveva, non d-doveva, perché non stava zitto?!
L’altro mostro, prendendo atto della sua reazione, continuò, sempre più insistente nel fargli ripercorrere gli eventi di quegli ultimi minuti. E il suo tono era ancora una volta quello analitico, sempre sottilmente compiaciuto e gelido.
« Sono piacevolmente sorpreso che non hai perso il tuo ‘sangue freddo’ in questi anni… un’esecuzione a dir poco impeccabile, se non fosse per il deludente piagnisteo che è seguito… ma immagino possa giustificare la tua reazione. » Sans si ritrasse, ruotò il collo di lato quando percepì il volto di Gaster in prossimità del suo, le spalle che gli stavano tremando per il pianto e per quella vicinanza disgustosa che lui non voleva avere con questo essere, lo stesso essere che stava nutrendo senza pietà la colpa e il disgusto che gli stavano avvinghiando il petto. « È nuova per te la sensazione di uccidere tuo fratello… ma non è una sensazione che ti è completamente estranea… e io lo so bene. Quanta autocommiserazione stai sentendo? Quanto brucia avere questo crimine marchiato nella tua memoria? »
Sans serrò nuovamente le palpebre, cercando di porre quante più barriere possibili tra lui e Gaster ma, così facendo, visi che non voleva vedere, visi tra cui ora si era aggiunto anche quello di Papyrus, si materializzavano senza pietà nel buio in cui aveva sperato di potersi rifugiare. E, se avesse aperto gli occhi, ad attenderlo ci sarebbe stata comunque la vista del volto di Gaster ad attenderlo. E ascoltarlo pronunciare con così tanto malsano divertimento quelle parole intrise di una curiosità falsa e derisoria era già come, o peggio, che ingoiare veleno tutto d'un fiato. E bruciava, bruciava da morire.
L’ex scienziato si allontanò dal suo volto, con un ultimo e quasi impercettibile sogghigno.
« Comunque sia, il tempo è quasi terminato. » Disse, sussurrando. « Ti devo fare i miei più sentiti ringraziamenti per aver gelosamente conservato ogni informazione che mi riguarda. Con la mia presenza in questo mondo eradicata dalla storia e la tua ostinazione nel volertela cavare con le tue sole forze, nessuno saprà mai che cosa ne sia stato di te. Nemmeno Papyrus, quando verrà riportato in vita da quella ragazzina, ricorderà nulla di quanto è avvenuto. E tutto… solo grazie a te. »
Una risata tagliente lasciò la bocca ghignante di Gaster, mentre cominciava ad avviarsi verso una destinazione sconosciuta a Sans, ma che lo scheletro poteva comunque ben intuire: un ingresso per il Void nascosto chissà dove. Sans provò inutilmente a divincolarsi nelle restrizioni, ma le sue erano lotte portate avanti solo da un istinto che lo stava praticamente pregando di non cedere. Ma lui, da parte sua, non aveva più un grammo di forza in corpo da utilizzare.
La risata di Gaster era andata infine scemando, ridotta ad un mormorato quanto compiaciuto sibilare.
« Solo… grazie a… »
Una fila di alte e massicce ossa blu si profilò davanti e alle spalle all’ex scienziato reale, che fu costretto ad indietreggiare bruscamente per non far subire danni ad entrambi.
Sans fissò costernato quella barriera impenetrabile, prima di provare in ogni modo a guardarsi attorno, per quanto le appendici che lo stavano intrappolando gli consentivano. Fermò i suoi sforzi solo quando una voce conosciuta si elevò da qualche parte dietro di lui.
« Lascia libero lo scheletro, concime da giardino. »







Sameko's side
... ihihih, chi è che pensava che questo sarebbe stato un altro capitolo tranquillo? Spero di avervi cullato in un bel senso di tranquillità con gli aggiornamenti precedenti, giusto per aumentare il fattore sorpresa ( se a qualcuno cominciava a "mancare" Gaster, siete stati accontentati, ma la prossima volta state attenti a ciò che desiderate ). ^^" Se qualcuno se lo sta chiedendo, no, direi che non mi pento di nulla di ciò che ho scritto, spezzare la finta armonia che io stessa avevo costruito mi è piaciuto anche troppo XD. Forse, è solo il titolo che credo lasci un po' a desiderare e che, ancora una volta, non mi soddisfa pienamente, ma dovevo evitare di anticipare il contenuto del capitolo già in partenza, quindi... o titolo decente, o effetto sorpresa ( e ho ovviamente scelto la seconda ). 
A parte questo, l'estate è iniziata! Gioite tutti quanti insieme a me, perché finalmente l'autrice qui presente, così come probabilmente molti altri autori, potrà concedersi molte più ore di scrittura ( e, magari, dedicarsi anche ad alcune piccole fanfiction che ha in programma da mesi di pubblicare sempre qui su Undertale ). 
Bene, per stasera ho finito. 
Al prossimo capitolo e baci! :)

Sameko 

 
   
 
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